GHOSTBUSTERS

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  1. AmySaf
     
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    bellisismo. Divertente ancora adesso
     
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    Culla Bianconera

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    E chi chiamerai? Ricordando Ghostbusters

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    Mia madre aveva l’abitudine di portarci al cinema con un quarto d’ora di anticipo.
    Quando arrivavamo là, siccome all’epoca era permesso, per non stare in sala d’attesa a romperci i maroni entravamo subito: ci vedevamo il finale del film, poi rimanevamo e lo riguardavamo da capo. Se era figo guardavamo di nuovo anche il finale, se no uscivamo.
    I genitori del mio compagno di classe Fabio invece ci portavano al cinema a orari completamente a caso, entrando indifferentemente. Rimase storica quella volta che entrammo in sala per Indiana Jones e l’ultima crociata e, dopo un breve scambio di battute tra Harrison Ford e Sean Connery, comparve la scritta “fine primo tempo”.
    Mio zio invece ci portava là direttamente un’ora prima che aprisse il cinema.
    Ghostbusters l’ho visto con lui: dopo un’ora di fotta per vedere mostri e fantasmi alimentata sproporzionatamente dalla noia apocalittica della piazza di Carpi vuota, una domenica pomeriggio di novembre nel 1984, in attesa che ci lasciassero entrare.

    Ghostbusters non è ovviamente la prima commedia “horror” della storia.
    Sulla scia dei Blues Brothers, che a una struttura umoristica aggiungeva un budget quasi da kolossal che permetteva complesse scene catastrofiche, era comunque il primo a giocarsi l’accoppiata in maniera “seria”, ovvero curando la parte effettistica tanto quanto la commedia. Lo faceva affidandosi a Richard Edlund, che si era fatto le ossa sulla trilogia di Guerre Stellari, I predatori dell’arca perduta e Poltergeist, ma soprattutto grazie a un Dan Aykroyd fissatissimo sulla materia e appassionato motore dell’operazione.
    E il suo miracolo stava proprio nell’equilibrio dei generi, e nel modo in cui essi coesistevano e si incastravano senza sacrificarsi.
    Si riusciva ad accontentare sia il fan della risata che, come nel mio caso, quello delle creature fantastiche.
    Ci si poteva permettere di dare carta bianca a Bill Murray e lasciare che si mangiasse il film con le sue improvvisazioni (gran regalo del modesto Aykroyd, una delle più grandi spalle di sempre), ma contemporaneamente si faceva in modo che le scene fantastiche fossero curate e credibili, che spaventassero e inquietassero e creassero un senso di vero pericolo per i protagonisti.
    E infine, proprio come nei Blues Brothers, si usava il grande budget per creare di contrasto l’effetto comico più epico di sempre.
    Là c’era l’inseguimento infinito, con macchine della polizia a schiantarsi senza soluzione di continuità e i nazisti dell’Illinois a precipitare da un’altezza impossibile: qua, nell’apice della tensione, quando il potente dio Gozer si prepara ad evocare il temibile “distruggitore” - l’equivalente sumero del Kraken – appare il Marshmallow Man. L’omino dei “gnocchi di lichene” che al me di sette anni ricordava più che altro l’omino Michelin. Un tenero e puffoso Godzilla di panna pronto a mutare il sorriso beato nella smorfia furibonda del più improbabile portatore di apocalisse della storia del cinema.

    Però lo ammetto: il motivo principale per cui Ghostbusters è invecchiato benissimo non è solo per gli effetti speciali di gran livello o per le trovate di sceneggiatura, ma è per lo stato di grazia di Bill Murray e il suo personaggio che oggi – chiedetelo anche al simpatico ma timido e regolarissimo Chris Pratt di Guardians of the Galaxy – sarebbe decisamente scorretto. Un fumatore, molestatore sessuale, pigro e sarcastico antieroe che si presenta dando scosse elettriche a un innocente solo per cuccare una studentessa e, mentre Ray e Egon si smazzano gli aspetti teorico-tecnici, pare fare l’acchiappafantasmi puramente per prolungare il suo immaturo stile di vita. Che alla fine, a parte un approccio progressivamente più umano al suo rapporto con la bella Sigourney Weaver, non incontra neanche particolari motivi per essere corretto.
    Una cosa importante però la insegna: mai possedere le possedute.

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    Una cosa importante però la insegna: mai possedere le possedute.


    ...veramente è più un indirizzo che una regola!
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    El Psy Kongroo

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    CITAZIONE (C@te @ 9/9/2014, 13:24) 
    Una cosa importante però la insegna: mai possedere le possedute.

    pensavo più a non incrociare i flussi
     
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