Animali in pericolo di estinzione

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    Il damalisco di Hunter (Beatragus hunteri Sclater, 1889) è un'antilope africana, presente in una regione ristretta fra il fiume Tana (Kenya) e il fiume Juba in Somalia, e nel Parco di Tsavo Est (Kenya). In inglese si chiama Hunter's hartbeest o hirola; in swahili nyamera.

    Descrizione

    Il damalisco di Hunter è molto simile al damalisco comune o topi. Ha un'altezza al garrese di circa 1 m e un peso compreso fra 70 e 110 kg. Ha un manto fulvo omogeneo, con toni più scuri sulle zampe. Sul muso, una linea di pelo bianco unisce i due occhi. La coda (più lunga di quella del topi) è bianca, con la punta nera. Sia maschio che femmina hanno corna sottili e puntute, incurvate verso l'alto e verso l'esterno; quelle del maschio sono più spesse e più lunghe, e possono arrivare a 70 cm di lunghezza.

    Habitat e alimentazione

    Il damalisco di Hunter vive in aree di savana, sia erbosa che semiarida e arbustiva, e si nutre di erba corta. Possono passare lunghi periodi senza bere.

    Comportamento


    I damalischi di Hunter sono animali gregari. Le famiglie, costituite da un maschio e un certo numero di femmine con i piccoli, arrivano in genere fino a 15-20 individui; a seconda del periodo dell'anno, le famiglie si uniscono a formare branchi anche di centinaia. Durante i periodi passati in branco, le famiglie talvolta si scambiano dei membri, cosa che contribuisce ad arricchire la varietà genetica delle famiglie.

    Predatori


    Gli adulti sono predati soprattutto da leoni e ghepardi. I piccoli sono esposti anche agli attacchi delle iene e delle aquile. Nell'area di diffusione dei damalischi, inoltre, il bracconaggio è piuttosto diffuso e costituisce una importante causa di morte per questi animali.

    Stato di conservazione

    La popolazione di damalischi di Hunter era considerata in pericolo già nel 1963. Da allora, ha subito due periodi di contrazione. Nel periodo 1976-1978, la popolazione è scesa da 14.000 a 2.000 individui, per causa tuttora ignote. Nel 1995, probabilmente a causa di un incremento del bracconaggio, la popolazione è ulteriormente scesa fino a 300 individui. Oggi i damalischi di Hunter sono una delle specie più rare e più prossime all'estinzione del pianeta. Il Kenya sta portando avanti alcuni progetti di conservazione, difendendo una piccola popolazione (meno di un centinaio di capi) nel parco di Tsavo Est.
    La Zoological Society of London, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera Beatragus hunteri una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione.

    Classificazione

    Il damalisco di Hunter viene talvolta classificato come sottospecie del Damaliscus lunatus, e denominato Damaliscus lunatus hunteri.
    Nel 1999 è stato proposto di considerarlo l'unico membro di un genere distinto Beatragus, e quindi riclassificarlo come Beatragus hunteri.


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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 14:01
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    Il bisonte europeo (Bison bonasus) è un mammifero artiodattilo appartenente alla famiglia Bovidae.

    Descrizione

    Il bisonte europeo è simile per forma e dimensioni a quello americano; se ne differenzia solo per il corpo un po' meno tozzo e per la testa meno massiccia, oltre che per altre caratteristiche meno evidenti. Un maschio adulto può arrivare a 3,50 m di lunghezza più mezzo metro di coda, 2 m di altezza al garrese e una tonnellata di peso.

    Abitudini e habitat

    Come la maggior parte dei bovini, è un animale gregario ma, anche a causa dell'ambiente forestale in cui vive, non arriva mai a formare branchi di più di qualche decina di individui. Il suo stretto parente, il bisonte americano (Bison bison), invece, abitatore di sconfinate praterie aperte, si riuniva in branchi immensi di migliaia e migliaia di esemplari ed è proprio questo suo comportamento che li rendeva comodi bersagli della caccia umana. Nel periodo compreso tra agosto e settembre i maschi si avvicinano ai branchi di femmine e ingaggiano violenti combattimenti, lanciandosi l'uno contro l'altro a testa bassa e spingendosi poi furiosamente testa a testa. La maturità sessuale viene raggiunta da entrambi i sessi già dopo il secondo anno di vita. La gestazione dura 9 mesi circa, al termine dei quali nasce un solo vitello, raramente due, del peso di circa 40 kg, e che viene allattato dalla madre oltre i sei mesi. La durata della vita è di circa 20-25 anni.
    Si nutre di cortecce, licheni e erbe.
    In natura, il bisonte europeo è praticamente privo di veri nemici naturali. È difficile che un branco di lupi riesca a isolare e abbattere qualche giovane esemplare, e l'orso, predatore solitario, difficilmente si arrischia a sottrarre un piccolo alla madre. Splendidamente adattati a resistere anche agli inverni più rigidi e nevosi, i bisonti europei si muovono con sicurezza nella coltre di neve, senza affondare troppo grazie all'ampia superficie dei loro zoccoli,

    Storia della diffusione


    Originariamente diffuso in quasi tutte le foreste d'Europa, fino alla bassa Scandinavia e alle isole britanniche, e in parte dell'Asia sud-occidentale, viveva in modo compatibile con l'uomo primitivo, che ne ha lasciato numerose testimonianze in graffiti e dipinti ritrovati in grotte spagnole e francesi. Ancora Giulio Cesare, nei suoi Commentarii, scriveva che i bisonti erano numerosi in Gallia e in Germania. Poi il progressivo disboscamento e l'accanita caccia cominciarono a provocarne la rarefazione e la successiva scomparsa in Scandinavia, Gran Bretagna, Francia e Germania, dove pare che l'ultimo bisonte sia stato ucciso nel 1755. Già a quell'epoca l'estremo rifugio del bisonte europeo era ormai ristretto alla foresta di Bialowieza, ai confini tra Polonia e Bielorussia, ma re polacchi e zar di Russia continuavano a organizzare numerose battute di caccia.
    Nel 1914 a Bialowieza erano rimasti 785 bisonti, ma furono tutti sterminati nel caos del dopoguerra, con l'ultimo esemplare abbattuto il 21 febbraio 1919.
    Fortunatamente diversi esemplari sopravvivevano in cattività in parchi e zoo. Nel 1921 il polacco Jan Sztoleman costituì la «Società internazionale per la protezione del bisonte d'Europa», e con sei individui provenienti dal parco del Duca di Hochberg in Polonia e da alcuni zoo tedeschi e svedesi costituì il primo nucleo riproduttore del maestoso bovino europeo. Il tentativo, uno dei primi di salvataggio di una specie con esemplari provenienti dalla cattività, ebbe un miracoloso successo. In un apposito recinto costruito a Bialowieza ebbe inizio la riproduzione dei bisonti e si formò una piccola mandria. Già nel 1952 fu possibile liberare i primi esemplari all'interno della foresta, dove nel 1957 si ebbe la prima nascita in libertà, e 10 anni più tardi si contavano 169 bisonti.
    Oggi i bisonti europei vivono liberi, oltre che nella foresta di Bialowieza, anche nel Parco nazionale di Biesczady in Polonia, e in alcune zone di Bielorussia, Ucraina, Lituania, con una popolazione totale di oltre 1000 individui, di cui il 69% in libertà, e nel Caucaso con circa 2200, di cui il 50% in libertà. Inoltre vi sono circa 1500 bisonti in cattività o semicattività in parchi e zoo del mondo. Ciononostante la specie è tuttora classificata minacciata (EN) nella lista rossa IUCN a differenza del «cugino» americano, di cui esistono circa 40-50.000 esemplari (erano 60 milioni).

    Stato di conservazione

    Purtroppo di questo bisonte si organizzano ogni anno delle battute di caccia anche all'interno del parco naturale che lo ospitano. Questo spesso è motivo di sommosse, proteste e discussioni tra gli statisti e le organizzazioni animaliste.


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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 14:02
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    Il banteng (Bos javanicus) del Sud-Est asiatico e delle isole indonesiane è un animale più piccolo e più leggero del gaur, non supera 1,7 m di altezza alla spalla e non pesa più di 900 kg. È più snello e la gobba del maschio è meno pronunciata. Ha forma simile a quella della vacca domestica europea. Il colore del mantello varia dal bruno-rossiccio delle femmine e dei maschi non ancora adulti, al color noce scuro dei maschi vecchi. Ha "calze" bianche sulle zampe, una macchia bianca nella regione anale e una macchietta bianca sul muso. Le sue corna sono relativamente corte e rivolte verso l'alto e, nel maschio, la zona che sta fra le corna è priva di peli.
    Le 3 sottospecie esistenti di banteng vivono isolate fra di loro. Il banteng di Giava è piuttosto raro, sopravvive solo allo stato selvatico nell'isola di Giava, in alcune zone protette nelle riserve Udjung Kulon e di Baluran. Anche il banteng del Borneo è in pericolo e la sua presenza è consistente solo nel Parco Nazionale di Kinabalu, mentre la razza dell'isola di Bali è stata ormai completamente addomesticata ed è conosciuta come bue di Bali. La sottospecie continentale, il banteng di Myanmar, una volta diffusa in tutto il Sud-Est asiatico, sopravvive ora solamente in piccole comunità sparse, in zone di foresta tranquille come la riserva di Pidaung, in Myanmar e il Parco Nazionale di Khao Yei, in Thailandia.
    Nelle aree dove il banteng è in diretta competizione alimentare con i bovini domestici, gli allevatori controllano che le loro bestie abbiano la precedenza. Inevitabilmente, quindi, i bovini selvatici vengono spinti sempre più nella foresta e il loro numero diminuisce in continuazione. Come il gaur, anche il banteng è vittima delle malattie trasmesse dagli animali domestici.
    Occupa habitat simili a quello del gaur e preferisce le foreste fitte con radure aperte dove può nutrirsi di erba e di fogliame. Queste condizioni si trovano soprattutto nelle foreste degli altopiani e il banteng si arrampica anche fino ad altitudini di 2000 m per trovare il cibo più adatto. Come altri bovini selvatici, è attivo soprattutto ad crepuscolo e di notte. Durante il giorno, resta di solito immobile a ruminare all'ombra degli alberi nel fitto dei bambù, mentre è capace di pascolare per tutta la notte.
    Grazie alla sua mansuetudine, il banteng è stato addomesticato in ogni parte del suo areale ed è stato introdotto come animale domestico nell'Australia settentrionale, dove è però tornato allo stato brado. Il banteng domestico è stato incrociato con molte altre specie di bovini, soprattutto gli zebù. Spesso anche gli animali selvatici si incrociano con quelli addomesticati, per cui le varietà ibride sono molto numerose e possono essere tenute in allevamento oppure tornare libere e quindi lo scambio genetico è molto frequente. Anche se animali come il banteng non si estinguono allo stato selvatico, gli incroci potrebbero gradualmente mutare la specie. Le riserve naturali sono quindi molto importanti in quanto bloccano questo processo e contribuiscono a mantenere pura la razza selvatica.

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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 14:03
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    Il bradipo dal cappuccio (Bradypus torquatus) chiamato in lingua locale Ai, è una specie di bradipo sudamericano.

    Descrizione

    Misura fino a 50 cm e pesa fino a 5 kg.
    Come tutti i bradipi, ha una testa piuttosto piccola con orecchio esterno quasi assente e coda piccola e seminascosta dalla pelliccia.
    La pelliccia di questo bradipo è ruvida e folta e spesso colonizzata da alghe, acari, zecche, scarafaggi ed addirittura da alcune falene.
    Deve il nome al colore scuro della pelliccia attorno alla faccia, il collo e le spalle. Il resto della pelliccia è grigiastro.
    Sul terreno si trascina con le zampe anteriori ed è formidabilmente lento. È un ottimo nuotatore.
    In caso di pericolo,il bradipo dal cappuccio rimane immobile, a volte si appallottola, confidando nel potere mimetico della sua pelliccia. Se messo alle strette, però, può infliggere colpi formidabili con i lunghi artigli delle zampe anteriori.

    Diffusione e habitat


    Il bradipo dal cappuccio vive solitario sugli alberi della foresta pluviale atlantica degli stati di Bahia, Espirito Santo e Rio de Janeiro nel Brasile orientale, spesso sugli alberi di Cecropia. Questi animali scendono a terra solo per defecare, oppure per raggiungere un altro albero, nel caso l'operazione non sia possibile andando di ramo in ramo.

    Conservazione


    La Zoological Society of London, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera Bradypus torquatus una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione.

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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 14:06
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    Il bufalo indiano (Bubalus bubalis), la cui forma selvatica è detta arni ed è a volte classificata come specie a sé stante (Bubalus arnee), è un grosso erbivoro della sottofamiglia dei bovini.


    Descrizione


    Un bufalo indiano adulto può pesare fra i 300 ed i 600 kg; l'arni pesa di norma il doppio, ossia fra i 600 kg per le femmine (che sono più piccole) fino a 1200 kg per i maschi, con un'altezza al garrese fino a 1,7 m. Un'altra differenza fra le due specie (o sottospecie, a seconda dell'autore) sta nel fatto che il bufalo indiano domestico presenta un ventre arrotondato, che di solito manca nella forma selvatica pura.
    Le tre sottospecie di bufalo indiano (carabao, arni e bufalo indiano vero e proprio) sono spesso considerate specie a sé stanti: infatti il carabao ha 48 cromosomi, mentre l'arni ed il bufalo domestico ne hanno 50. Tuttavia, le varie sottospecie si incrociano facilmente e danno ibridi fertili.

    Diffusione

    L'arni sopravvive con popolazioni sparse nel subcontinente indiano, oltre che in Vietnam, Cina, Filippine, Taiwan, Indonesia e Thailandia.
    Il bufalo indiano invece è molto diffuso in tutta l'Asia meridionale. Nel corso dei secoli il B. bubalis è stato introdotto in numerose aree tra cui il Brasile, il Medio Oriente, la Tunisia e l'Italia meridionale (dove esisteva in tempi preistorici, si era estinto in epoca classica e fu reintrodotto dai Longobardi). Più recentemente è stato introdotto in Australia (precisamente nel Territorio del Nord) ove alcuni esemplari sfuggiti dagli allevamenti hanno iniziato a riprodursi allo stato brado dando luogo a popolazioni selvatiche. Più incerto è lo status delle popolazioni selvatiche del Sud-est asiatico: si ritiene che siano frutto di incroci fra individui domestici sfuggiti alla cattività ed individui selvatici.
    Si pensa che ci siano all'incirca 160 milioni di bufali domestici nel mondo, concentrati in Asia (95% del totale). La popolazione di arni, invece, è stimata a meno di 4000 esemplari. Le minacce per le popolazioni selvatiche, più che dai predatori, provengono dalla riduzione dell'habitat e dall'incrocio con i bufali domestici.

    Rapporti con l'uomo


    Da secoli questo animale viene allevato per il suo latte, utilizzato per fare mozzarella oppure caglio o yogurt: per questi scopi, è stata selezionata una razza di bufalo da latte, chiamata murrah. La razza selezionata a tal fine in Italia ha ricevuto la denominazione di bufala mediterranea italiana. In Asia, i bufali sono diffusissimi come animali da soma, infatti sono molto più adatti dei buoi a muoversi nelle zone umide e fangose. Inoltre dal loro sterco si ricavano mattoni per le abitazioni, fertilizzanti ed addirittura combustibile per il fuoco. Dalla loro pelle si ricava cuoio di buona qualità: la carne di bufalo, ha qualità nutrizionali di gran lunga superiori ad altri tipi di carne; il suo contenuto calorico è inferiore a quello dei bovini, così come il contenuto di grassi. La carne di bufalo è una carne rossa molto tenera e succosa grazie alla sua maggiore capacità di ritenzione idrica rispetto ad altre carni. Ma la sua caratteristica principale è un bassissimo contenuto di grassi saturi a fronte di un elevato livello proteico e di una consistente percentuale di ferro. La sua digeribilità, il suo ottimo sapore ed il basso tenore di colesterolo ne fanno un alimento adatto a tutti e soprattutto a bambini ed anziani e sportivi.I numerosi prodotti di carne bufalina sono tutti gustosi e sani a partire dai tagli di carne fresca fino agli insaccati più tradizionali e si prestano ad essere cucinati in ogni modo, dalle ricette di tutti i giorni fino ai piatti di alta cucina senza perdere la loro tenerezza ed i loro pregi nutrizionali. Il latte viene usato sia fresco come alimento, che lavorato sotto forma di ghee. Proprio grazie alla sua resistenza in ambienti umidi, il bufalo indiano è stato scelto dall'esercito brasiliano come animale da soma per missioni nella foresta amazzonica.
    Il bufalo indiano è da sempre considerato, a ragione, un animale molto irritabile e scontroso, che può attaccare anche senza motivo (fama questa che condivide col bufalo africano e l'anoa). Un maschio adulto può difendersi con successo perfino dall'attacco di una tigre, riuscendo in alcuni casi ad uccidere l'aggressore.

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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 14:08
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    L'anoa di pianura (Bubalus depressicornis) vive unicamente nella foresta vergine dell'isola di Sulawesi, in Indonesia.
    Pur essendo simile al «cugino» bufalo indiano, di cui è una versione in miniatura (poco più di 1 m di altezza al garrese, 300 kg di peso), viene spesso confuso con un cervo le rare volte che viene avvistato. Il pelo, di colore scuro o marrone-rossiccio, presenta una caratteristica inversione del senso di crescita sulla groppa. A volte sono presenti macchie chare sotto gli occhi, sulle zampe o sul posteriore. Le corna sono rivolte all'indietro ed abbastanza dritte: nelle femmine mancano quasi del tutto.
    Il comportamento dell'anoa è molto simile a quello del bufalo indiano, anche se manca la tendenza a riunirsi in branchi: è infatti un animale strettamente solitario, se si eccettuano le coppie in amore e le femmine con cuccioli. L'anoa di pianura è stato dichiarato specie in pericolo nel 1960, quando ne rimanevano poco più di 5000 esemplari: tuttavia, il numero di questi animali è in continua diminuzione a causa dell'espansione umana e della caccia indiscriminata.

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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 14:29
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    Il Bubalus mindorensis, noto come tamarù, anoa di Mindoro o bufalo nano, è un bovino endemico dell'isola di Mindoro, nelle Filippine. Si pensa che in tempi recenti sia vissuto anche sulla vicina isola di Luzón.
    A causa della caccia indiscriminata e della riduzione dell'habitat, attualmente è estremamente raro e schivo e si è ritirato nelle pianure erbose più remote.
    Al contrario delle credenze popolari e della passata classificazione, il tamarù non è una sottospecie del carabao o del bufalo indiano, bensì appartiene ad una specie ed un sottogenere diversi. Si differenzia dai due "cugini maggiori" per una serie di caratteristiche: le dimensioni minori, la tendenza alla vita solitaria, il pelo più folto, i segni chiari sulla faccia, le corna curve a forma di V e di minori dimensioni.
    Il tamarù è considerato da molti l'emblema delle Filippine, poiché la piccola taglia e la tenacia di questo animale sono caratteristica comune di molti filippini. Il tamarù è la mascotte di molte squadre locali, nonché della Toyota Tamaraw (una macchina commercializzata solo nelle Filippine). Tra il 1980 e il 1990, inoltre, il tamarù è apparso sulle monete filippine da un peso.

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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 14:30
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    L'anoa di montagna vive unicamente nella foresta vergine dell'isola di Sulawesi e sulla vicina isola di Butung, in Indonesia.
    Pur essendo simile al "cugino" bufalo indiano, di cui è una versione in miniatura (poco più di 1 m di altezza al garrese, 300 kg di peso), viene spesso confuso con un cervo le rare volte che viene avvistato. Il pelo, di colore scuro o rossiccio, presenta una caratteristica inversione del senso di crescita sulla groppa. A volte sono presenti macchie chare sotto gli occhi, sulle zampe o sul posteriore. Le corna sono rivolte all'indietro ed abbastanza dritte: nelle femmine mancano quasi del tutto.
    Il comportamento dell'anoa è molto simile a quello del bufalo indiano, anche se manca la tendenza a riunirsi in branchi: è infatti un animale strettamente solitario, se si eccettuano le coppie in amore e le femmine con cuccioli.
    L'anoa di montagna è stato dichiarato specie in pericolo nel 1960, quando ne rimanevano poco più di 5000 esemplari: tuttavia, il numero di questi animali è in continua diminuzione a causa dell'espansione umana e della caccia indiscriminata.

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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 14:31
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    Il coniglio di fiume o coniglio fluviale, in inglese riverine rabbit (Bunolagus monticularis, Thomas 1903) è un mammifero della famiglia dei Leporidae, endemico della regione del Karoo (Sudafrica). È l'unica specie del genere Bunolagus.

    Descrizione

    Un esemplare adulto pesa 1.5-1.8 kg. ed è lungo 35-45 cm, escluse la coda (7-10 cm) e le orecchie (10-12 cm).
    Ha una pelliccia color crema, più scura in corrispondenza della coda. Si riconosce agevolmente per la presenza di una striscia bruno scura che va dall'angolo della bocca alla base delle orecchie.

    Abitudini


    È un erbivoro che si nutre di fiori e foglie della vegetazione ripariale che cresce lungo i corsi d'acqua stagionali del Karoo. Ha abitudini notturne e trascorre le ore diurne in tane poco profonde scavate al di sotto di cespugli. Conduce una esistenza solitaria, con areali distinti (anche se parzialmente sovrapposti) per i maschi e le femmine.
    Al contrario della maggior parte dei Leporidae, è una specie poco prolifica: ogni femmina partorisce uno o due piccoli all'anno. Considerato che la vita media è di 3 anni ogni femmina da alla luce durante la sua vita non più di 3-4 piccoli.

    Distribuzione e habitat

    L'areale del Bunolagus monticularis è ristretto alle zone semidesertiche del Karoo centrale. Occupa una nicchia ecologica molto ristretta, costituita dalle zone prossime ai corsi d'acqua stagionali.

    Status e conservazione

    La popolazione attuale è stimata essere inferiore ai 250 esemplari e pertanto la specie, in base ai criteri della IUCN red list, è considerata in pericolo critico di estinzione.
    La Zoological Society of London, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera il B. monticularis una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione.

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    Il Possum pigmeo di montagna (Burramys parvus Broom, 1896) è un marsupiale della famiglia dei Burramyidae, endemico dell'Australia. È l'unica specie del genere Burramys.

    Descrizione

    È un piccolo marsupiale, lungo circa 10 cm e pesante 45 g, conuna coda prensile di circa 14 cm. È ricoperto da una fitta pelliccia di colore grigio sul dorso e color crema sul ventre, dove è presente un marsupio provvisto di quattro capezzoli.

    Abitudini

    Sono animali notturni, che si nutrono di insetti, frutta, noci, nettare e semi.

    Distribuzione e habitat

    La specie è endemica dell'Australia sud-orientale (Victoria e Nuovo Galles del Sud).

    Status e conservazione

    Il Burramys parvus fu descritto per la prima volta nel 1896 da Robert Broom sulla base di un reperto fossile risalente al Pleistocene. Si riteneva si trattasse di una specie estinta sino a quando, nel 1966, un esemplare vivo fu trovato sul Mont Hotham, nello stato di Victoria (Australia).
    La popolazione attuale è stimata in meno di 2.000 esemplari, suddivisi in tre popolazioni isolate nel sud-est dell'Australia: una nel Nuovo Galles del Sud (Kosciuszko National Park), e le altre due in Victoria (area dei Monti Bogong - Higginbotham e Monti Buller-Stirling ).
    La Zoological Society of London, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera Burramys parvus una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione.

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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 14:34
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    Il cammello (Camelus bactrianus) è un mammifero della famiglia dei Camelidi alto circa 2 metri, diffuso in Asia centrale e utilizzato per la carne, il grasso, il latte, la lana e come animale da trasporto. Un antenato del cammello vivente in Nordamerica era l'Aepycamelus.

    Descrizione [modifica]

    Fra gli Artiodattili è uno delle specie più grandi. Può raggiungere i 3, 4 metri di lunghezza, l'altezza alla punta della gobba raggiunge anche i 2-3 metri e pesa in media 400-500 kg. Si distingue dal suo parente più prossimo, il dromedario, per la presenza di due gobbe sul suo dorso.

    Diffusione e habitat


    Il cammello vive nelle zone desertiche e steppose della Mongolia, dell'Asia centrale e della Turchia. Il nome scientifico "Bactrianus" gli fu dato da Carlo Linneo nel 1758 perché lo riteneva originaria della Battriana, una regione fra l'Afghanistan e l'Uzbekistan. Animale forte e resistente, è in grado di trasportare carichi fino a due quintali per diversi giorni. Rispetto al dromedario ha un pelame più folto, che diventa particolarmente lungo nella zona inferiore del collo. I cammelli vivono di solito in branchi di una ventina di esemplari. La gestazione dei cammelli dura 13 mesi e partoriscono di solito un solo piccolo.

    Presenza in Italia

    Introdotto in Italia fin dall'epoca romana come animale da soma, da guerra e da circo, fu utilizzato saltuariamente fino al '700.

    Conservazione

    La specie è considerata in pericolo critico in base ai criteri della IUCN.
    La Zoological Society of London, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera Camelus bactrianus una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione.

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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 14:37
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    Il picchio dal becco avorio (Campephilus principalis principalis) è uno degli uccelli più appariscenti degli Stati Uniti: purtroppo è anche uno dei più rari e si teme addirittura che sia estinto.
    È uno dei più grossi componenti della famiglia Picidi dell'ordine Piciformi: misura 50 cm di lunghezza, ed è superato solo dall'affine picchio imperiale del Messico (Campephilus imperialis), che raggiunge i 55 cm. Il piumaggio è nero lucido, con due vistose strisce bianche su collo, dorso e ali. Il becco è bianco e a forma di scalpello, le zampe sono grige. L'alta cresta sagittale è rossa e appuntita nel maschio, e nera e leggermente ricurva nella femmina, che depone da 1 a 4 uova (normalmente 2-3) in una cavità scavata nel tronco di un albero. Il picchio dal becco avorio si nutre di insetti e larve che estrae con il lungo becco dalla corteccia e dal legno degli alberi. Gli indiani usavano il suo becco e le sue piume per decorare i loro costumi da cerimonia. Descritto per la prima volta nel 1731 da Mark Catesby come «il più grosso picchio dal becco bianco», il picchio dal becco avorio viveva originariamente nelle foreste e zone acquitrinose di tutti gli Stati Uniti sud-orientali, da Carolina del Nord a Kentucky, Illinois, Missouri, Arkansas e Oklahoma fino al golfo del Messico e alla Florida, dove se ne trovava il maggior numero. Sempre considerato raro, il picchio dal becco avorio ha subito il massimo declino dalla fine del 1800 al 1915. Nel 1941 si stimava che ne sopravvivessero solo 24 in cinque località sparse e isolate, e nel 1948 scomparve l'ultima popolazione conosciuta, in una zona di 300 km² in Louisiana, a seguito del taglio della foresta per far posto alle coltivazioni di soia. L'ultimo avvistamento provato con fotografie, in Louisiana, risale al 1972. Quelli successivi non sono confermati, anche se talvolta si è registrato su nastro il caratteristico richiamo del picchio, e le località non sono note (o vengono tenute segrete per non richiamare curiosi e collezionisti). Questi ultimi hanno avuto la loro parte nella eliminazione della specie da molte località negli ultimi anni del XIX secolo. Il picchio dal becco avorio è protetto dalla legge federale e dalle leggi degli stati in cui vive (o viveva).
    Il picchio dal becco avorio di Cuba (Campephilus principalis bairdii) è una sottospecie del picchio nordamericano. Abitava originariamente le foreste di pini e altre essenze su gran parte di Cuba, ma, scacciato da queste a seguito del taglio degli alberi per far posto alle coltivazioni di canna da zucchero, dal 1900 esiste solo nella provincia d'Oriente dell'isola. Per quanto si sa, oggi sopravvive ancora solo nella riserva Cupeyal. Sembra che non ve ne siano più di 8 coppie, forse solo 6. Il taglio degli alberi non è più permesso nelle riserve di Cupeyal e Jaguani, istituite dal 1963. Ambedue le sottospecie di picchio dal becco avorio sono classificate «in pericolo di estinzione» nel Red Data Book dell'IUCN. Non sono protette dalla CITES in quanto la loro sopravvivenza è incerta e il commercio inesistente.
    Specie affine è il picchio imperiale che viveva nelle foreste di conifere e querce della Sierra Madre Occidentale negli stati messicani di Sonora, Chihuahua, Durango, Zacatecas, Jalisco e Michoacan, a oltre 2000 metri di quota nella parte nord e a oltre 2500 nella parte sud. Mai abbondante in alcuna località, scacciato dal taglio delle foreste e sterminato dalla caccia, non si sa se esiste ancora in qualche parte del suo areale originario. Si ritiene che sopravviva in zone remote di Zacatecas e Durango, e forse Chihuahua. L'ultimo avvistamento comprovato risale al 1958, e gli altri avvistamenti (1977) mancano di prove concrete. Se c'è una popolazione, certamente è piccolissima. Un'apposita spedizione organizzata dalla National Audubon Society e composta da G. Plimpton, V. Emanuel e J. Rowlett, nel 1975-76 ha inutilmente cercato di rintracciare questa specie nel suo areale. La specie è protetta dalla legge messicana (difficile da far rispettare), ed è classificata «in pericolo» nel Red Data Book dell'IUCN.

    Stato di conservazione


    Il picchio becco d'avorio (Campephilus principalis) ha fatto la sua ricomparsa dopo che era stato dato "per disperso" dagli esperti che per sessant'anni l'avevano perso di vista. Grazie a un video che ne testimonia la presenza nel bel mezzo del National Wildelife Refuge, oasi dell'Arkansas (Stati Uniti), si è potuto verificare che questo picchio, uno dei più grandi al mondo, svolazza libero e probabilmente ha già nidificato. Il filmato risale all'11 febbraio 2004: tra i rami, sotto gli occhi increduli di un birdwatcher, compare il grosso uccello con la tipica cresta rossa e gli studiosi esultano. L'avevano già soprannominato Sacro Graal per le difficoltà (che credevano insormontabili) a rintracciarlo. Ora è tornato e il governo ha stanziato 20 milioni di dollari per la sua tutela.

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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 14:39
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    Lo sciacallo egiziano (Canis aureus lupaster), noto anche come lupo egiziano o dib, come lo chiamano i locali, è una sottospecie criticamente minacciata, notturna e dalla tassonomia altalenante di sciacallo dorato che vive solamente in Egitto settentrionale e in Libia nordorientale. Questa sottospecie è stata spesso scambiata per un lupo grigio. Un tempo era molto diffuso in tutto l'Egitto e nella penisola arabica, ma la caccia ha ridotto drasticamente il suo numero.

    Caratteristiche

    Solitamente presenta un manto grigio-beige molto sfumato o giallo sporco ed una corporatura molto esile. Si incontra molto raramente solo in aree localizzate. Pesa 10-15 kg. I naturalisti del passato, confusi dall'aspetto simile a quello del lupo arabo, ritennero che fosse imparentato con esso. Attualmente non esistono alcune leggi protettive riguardante questo animale e le ultime stime dicono che rimangano ancora solamente 30-50 sciacalli egiziani. È stato scritto che talvolta, in Egitto, la morfologia di questo animale variava molto.

    Il parente più stretto dello sciacallo egiziano è lo sciacallo dorato siriano, sottospecie suriacus.

    Mitologia

    Lo sciacallo dorato egiziano si tratta, forse, dell'animale che nella mitologia egiziana ha dato gli attributi al dio Anubi. Anubi veniva rappresentato come un uomo con la testa di uno sciacallo dorato. Il dio-sciacallo era una delle divinità più importanti. Lo sciacallo dorato egiziano di Anubi era di colore nero, con lunghe orecchie e muso appuntito.
    L'animale Anubi si aggirava nei pressi delle piramidi e faceva loro la guardia. Alcuni hanno raccontato che lo sciacallo egiziano viveva in gruppi numerosi e si nutriva delle carogne nelle vicinanze degli insediamenti umani.


    Ricerche e studi genetici


    C. a. lupaster sembra essere la sottospecie di C. aureus di maggiori dimensioni (Ferguson, 1981). Lo sciacallo egiziano venne originariamente descritto come C. lupaster ed è più grosso, più pesante ed ha zampe più lunghe del C. aureus comune (Ferguson, 1981). Basandosi sulla forma del cranio, della mandibola e dei denti, Ferguson sostenne che questo taxon doveva essere considerato come una piccola specie di lupo del deserto. Ciò è alla base dell'errata classificazione dello sciacallo egiziano come una forma di lupo.
    Soprattutto le caratteristiche del cranio e dei denti ne confermano l'appartenenza allo sciacallo dorato, nonostante la mandibola allungata e dal fondo piatto.
    Una divergenza nella sequenza del 4,8% tra gli sciacalli egiziani e israeliani suggerisce che la designazione Canis aureus lupaster per gli sciacalli egiziani non è molto equilibrata. Inoltre, è stata riscontrata una certa ibridizzazione nelle popolazioni egiziane, la quale indica degli eventi di introgressione con altri sciacalli e cani inselvatichiti, o tra sciacalli e lupi grigi.
    In uno studio è stata investigata la struttura genetica delle popolazioni di sciacallo dorato egiziano, la quale è stata confrontata con quella degli esemplari che vivono in Israele e con quella dei lupi dell'Arabia Saudita e dell'Oman. Le analisi tramite l'uso del citocromo b nell'mtDNA confermano che nelle popolazioni di sciacallo egiziano e di Israele non vi è alcuna variabilità genetica, ma solo dei differenti aplotipi, che indicano forse due indipendenti eventi di evoluzione a collo di bottiglia (Masters Courses in Biodiversity & Conservation, progetti egiziani).
    Il lupo egiziano (Wilson & Reeder, 2005), sulla base delle ricerche del DNA, viene ora classificato come una sottospecie di sciacallo dorato e non di lupo grigio. Lo sbaglio era stato causato dal caratteristico profilo da lupo grigio, con zampe lunghe ed orecchie più grandi di quelle degli altri sciacalli

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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 14:41
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    Il lupo himalayano, ritenuto originariamente una forma di lupo tibetano, potrebbe trattarsi di una distinta specie di canide, Canis himalayensis. È originario di una piccola zona dell'India settentrionale (Jammu e Kashmir ed Himachal Pradesh) e del Nepal orientale, sui monti dell'Himalaya. Le ricerche sul DNA hanno suggerito che questo lupo potrebbe rappresentare (insieme al lupo indiano) un'antica linea di lupi rimasti isolati in India. Il lupo himalayano ha una popolazione di soli 350 esemplari, ma se ne trovano anche altri 21 in zoo dell'India e del Bangladesh

    Storia

    In passato, gli scienziati avevano riconosciuto 32 differenti sottospecie di lupo grigio. Le differenze tra le varie sottospecie si basavano principalmente su aspetti morfologici. Il lupo himalayano si riteneva solitamente appartenente alla sottospecie Canis lupus chanco. Questa sottospecie occupava l'area del Kashmir e si spingeva fino alle regioni orientali della Cina e della Mongolia. Fino ad ora il lupo himalayano non era mai stato studiato geneticamente. Nuove prove basate sul DNA mitocondriale mostrano che il lupo himalayano si tratta di una nuova sottospecie o perfino di una specie vera e propria. Si sostiene che il lupo himalayano si sia separato dal lupo grigio circa 800.000 anni fa. Di conseguenza, potrebbe trattarsi di una differente specie a tutti gli effetti. Se questo fosse vero, potrebbero sorgere nuove domande sul perché questa specie non fosse stata in grado di diffondersi sul globo alla stessa maniera del suo parente, il lupo grigio.

    Habitat

    L'habitat del lupo himalayano (noto anche come lupo tibetano) è confinato ad aree ristrette dell'India e del Kashmir, ma si spinge anche fino alla Cina ed alla Mongolia. Si ritiene che quando questa specie si evolse, rimase circondata da ghiacciai e da altre barriere fisiche che non le permisero di espandersi e di perpetuarsi altrove. Gran parte del suo habitat viene condivisa con un'altra specie scoperta recentemente, il lupo indiano. Non sappiamo come abbiano fatto queste due specie a non incrociarsi tra loro nelle zone dove coabitano. Questo fatto ha permesso alle due specie di rimanere distinte geneticamente da tutti gli altri lupi e cani che si trovano sul pianeta.


    Evoluzione


    Fino a tempi recenti si credeva che tutti i lupi e i cani facessero parte dello stesso clade lupo-cane, il che significa che tutti i cani domestici discendono dai lupi. Quando venne studiato il lignaggio himalayano, si scoprì che quei lupi non mostravano alcuna affinità genetica con i lupi grigi o i cani. Questo indica che il lupo himalayano non ha giocato alcun ruolo nell'addomesticamento dei cani. Ai tempi della separazione del lupo himalayano, 800.000 anni fa, l'habitat del Nepal dei giorni nostri stava attraversando un periodo di turbolenze geologiche e climatiche. La regione himalayana, dimora anche del lupo indiano e del lupo grigio, è la sola area geografica dell'intero pianeta dove coesistono tre specie distinte di lupi, il che supporta la teoria che ritiene che l'evoluzione del lupo moderno sia avvenuta nella regione indiana.

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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 14:42
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    Il lupo messicano (Canis lupus baileyi) è la sottospecie più rara e più geneticamente distinta di lupo grigio in Nordamerica. È anche una delle sottospecie più piccole, raggiungendo una lunghezza massima non superiore ai 135 cm e un'altezza massima di circa 80 cm. Il peso varia dai 27 ai 45 kg.

    Storia

    Fino a tempi recenti, il lupo messicano era diffuso nei deserti di Sonora e di Chihuahua dal Messico centrale fino al Texas occidentale, al New Mexico meridionale e all'Arizona centrale. Dagli inizi del XX secolo, la riduzione delle prede naturali come i cervi e i wapiti portò molti lupi ad attaccare il bestiame domestico, provocando gli sforzi intensivi delle agenzie governative e individuali per sradicare il lupo messicano. Anche i cacciatori perseguitarono il lupo, poiché uccideva i cervi. Anche i trapper, governativi e privati, hanno dato una mano nella sradicazione del lupo messicano (bisogna notare che studi recenti compiuti da esperti di genetica hanno mostrato che l'areale dei lupi messicani si spingeva più a nord, fino al Colorado).
    Questi sforzi ebbero molto successo e dagli anni cinquanta il lupo messicano in natura è stato eliminato. Nel 1976 il lupo messicano venne dichiarato una specie minacciata e da allora lo è sempre rimasto. Oggi sopravvivono in natura solamente 15 lupi messicani o pochi di più.

    Reintroduzione nel Sudovest

    Nel marzo 1998 l'U.S. Secretary of U.S. Fish and Wildlife Service iniziò la reintroduzione dei lupi messicani nell'area di Blue Range, in Arizona. L'obiettivo principale di questo programma era di reintrodurre a partire dal 2005 100 lupi messicani nelle Foreste Nazionali di Apache-Sitgreaves e di Gila, in Arizona e in New Mexico.
    Il 30 marzo 1998 i biologi del governo liberarono 11 lupi grigi - 3 maschi adulti, 3 femmine adulte e 3 lupacchiotte e 2 lupacchiotti di un anno di vita - all'interno dei recinti di acclimazione dell'area di 18.000 km² designata federalmente Blue Range Wolf Recovery Area, nell'Arizona centrorientale.


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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 14:44
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