I siti protetti dell'Unesco dell'Italia

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    AUGUSTA TAURINORUM

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    Città di Verona



    Verona è una città del Veneto che con i suoi 264.650 abitanti (2008) è il secondo comune per popolazione della regione e del Triveneto. L'area metropolitana veronese è di 1070,9 Km² e conta una popolazione di circa 500.000 abitanti.
    Capoluogo dell'omonima provincia, una delle sette in cui è suddivisa la regione, Verona è visitata ogni anno da centinaia di migliaia di turisti, molti dei quali stranieri, per la sua ricchezza artistica e le varie manifestazioni annuali, come ad esempio la stagione lirica areniana.
    La città deve la propria importanza storico-economica alla sua posizione geografica e al suo assetto idrogeologico. Tra i monumenti più conosciuti della città vi sono l'Arena e la casa di Giulietta.

    Storia


    Verona è stata abitata fin dalla preistoria con alcuni insediamenti sull'altura che domina il fiume Adige: il colle San Pietro. Si dibatte ancora oggi su quale sia la popolazione che ha dato vita al primo insediamento in zona: l'ipotesi più accreditata vede all'origine un insediamento della popolazione dei Reti, tesi sostenuta anche dallo scrittore romano Plinio il Vecchio, oppure una popolazione di Galli Cenomani, ipotesi sostenuta invece da Tito Livio. Altre ipotesi parlano di un'improbabile origine etrusca (dovuta alla presenza in zona degli Arusnati, popolo di origine incerta e da alcuni ritenuto etrusco) e, infine, l'ipotesi paleoveneta afferma che la città sarebbe stata fondata dalla popolazione locale degli Euganei.
    Fu, però, solo con la fondazione della colonia romana nell'ansa dell'Adige (89 a.C.) che iniziò il periodo di grande splendore della città. Da piccolo e sconosciuto insediamento, i romani ne fecero un capolavoro d'arte costruendo grandi monumenti, alcuni ancora oggi visibili. La città fu in seguito particolarmente utilizzata nel III secolo d.C., come base militare da utilizzare contro i barbari, e venne rafforzata dall'imperatore Gallieno, che fece ampliare le mura cittadine.
    Dal V al XII secolo Verona passò in continuazione sotto il dominio di popolazioni barbare: dai Visigoti di Alarico I e le distruzioni portate da Attila, passando per il dominio degli Ostrogoti di Teodorico il Grande, fino ad arrivare all'occupazione dei Longobardi guidati da Alboino. Nel 774, proprio a Verona, i Franchi di Carlo Magno sconfissero l'ultimo re dei Longobardi, Adelchi, fatto che decretò la fine del periodo Longobardo.
    Dal 1136 Verona divenne Comune, entrando in una fase di transizione dal feudalesimo. Da allora si susseguirono svariate guerre e la città fu spesso utilizzata come fortezza. Dominata inizialmente da Ezzelino da Romano, passò poi tra le mani degli Scaligeri (1262), che ampliarono notevolmente la città e i suoi domini. Dal 1387 Verona divenne territorio dei Visconti, quindi dei Carrara, ed infine, nel 1405, della Serenissima. Sotto il dominio di Venezia seguirono quasi quattro secoli di relativa pace, con una breve ma sanguinosa parentesi (1509-1516) al tempo della guerra della Lega di Cambrai, quando la città fu occupata dalle truppe imperiali.
    Nel 1796 la città venne conquistata dalle armate di Napoleone, che nel 1797 la cedette agli austriaci con il Trattato di Campoformio, dopo che la città aveva tentato una coraggiosa rivolta antifrancese (le Pasque Veronesi). Col successivo Trattato di Lunéville (1801) Verona venne divisa in due lungo il corso dell'Adige: la parte destra ai francesi, la sinistra (che i francesi chiamarono dispregiativamente Veronette, da cui il nome Veronetta) agli austriaci, e così rimase fino al 1805 quando questi ultimi cedettero l'intero Veneto alla Francia.
    Con il Congresso di Vienna (1815), Verona fu stabilmente in mano austriaca e lo resterà fino al 1866, diventando il vertice strategicamente più importante del Quadrilatero, l'area di maggiore importanza militare asburgica che doveva fungere da cuscinetto contro gli assalti dei Piemontesi che miravano alla conquista del Lombardo-Veneto austriaco.
    La storia di Verona italiana ebbe inizio il 16 ottobre 1866 con la conquista del Veneto da parte dei Savoia a seguito della terza guerra di indipendenza: di qui in avanti la città passò un periodo di relativa tranquillità, supportato però da una crisi economica che durò fin dopo la seconda guerra mondiale, e che ebbe come principale conseguenza l'emigrazione di centinaia di migliaia di veronesi.
    Nel 1882 Verona fu colpita da una tremenda alluvione, e l'Adige allagò buona parte della città. Negli anni successivi, per proteggere la città da altre piene, vennero edificati i cosiddetti muraglioni, e la città dovette così rinunciare ad uno dei suoi aspetti più caratteristici, di "città che viveva sull'acqua".
    Durissima fu la parentesi della seconda guerra mondiale, durante la quale fu una delle città più colpite dai bombardamenti. Dopo la caduta del fascismo (1943), Verona era infatti diventata centro nevralgico dei "repubblichini" nazifascisti. Il processo intentato contro Galeazzo Ciano e altri gerarchi fascisti accusati di aver tramato con Badoglio per far arrestare Mussolini, decretò l'esecuzione sommaria della "fronda" sulle rive dell'Adige.
    Con esso il regime di Salò divenne, se possibile, ancora più violento e persecutorio. L'attuale santuario di Lourdes sul colle di san Leonardo (protettore dei carcerati), già sede di una chiesa omonima dal XII secolo, espropriato da Napoleone e trasformato dagli austriaci nel 1838 nel fortilizio di San Leonardo, fu trasformato nel 1943 in carcere politico adibito alla persecuzione di cittadini ebrei, antifascisti e prigionieri di guerra.
    Nel secondo dopoguerra, con l'ingresso dell'Italia nella NATO, Verona acquistò nuovamente importanza strategica, vista la relativa vicinanza della cortina di ferro. La città divenne sede del Comando delle Forze Terrestri Alleate del Sud Europa (FTASE) e vide per tutto il periodo della guerra fredda una forte presenza militare, soprattutto statunitense, che sta scemando solamente in questi ultimi anni.
    Oggi Verona si presenta come un'importante e dinamica città, economicamente molto attiva, e anche meta turistica di rilievo grazie alla sua storia millenaria, ove il passato romano convive a fianco della Verona scaligera, che per molti versi ne riprende i motivi architettonici e artistici.


    Monumenti e luoghi d'interesse



    Verona è una delle maggiori città d'arte d'Italia per le sue ricchezze artistiche e archeologiche. La città ha uno sviluppo complesso, ma due opere murarie ne accentuano la divisione tra parte romana e moderna (fino alla seconda metà dell'Ottocento): da una parte le mura romane che circondano il cuore della città tra porta Borsari, porta Leoni e le mura di Gallieno, dall'altra la cosiddetta circonvallazione interna con fortilizi rinascimentali (completati sotto gli austriaci).
    Nella Verona antica è sensibile l'opera restauratrice di Cangrande della Scala: il forte impatto visivo dato dal colore rosso dei mattoni degli splendidi palazzi gotici è temperato dal sapiente utilizzo dell'antico marmo bianco romano; opera, questa, frutto della politica scaligera di ritorno ideale ai fasti imperiali. Da qui la nuova urbs marmorea, rifulgente nel bianco lastricato di piazza delle Erbe, al centro della quale troneggia luminosa la fontana di Madonna Verona, composta di parti provenienti dalle antiche terme romane.

    Epoca romana


    Verona presenta numerosi monumenti di epoca romana, costruiti tutti dopo il I secolo a.C., quando ci fu la ricostruzione della città all'interno dell'ansa dell'Adige. Il monumento più famoso in assoluto, diventato simbolo della città stessa, è l'Arena, il terzo anfiteatro romano per dimensione dopo il Colosseo e l'anfiteatro capuano, ma il meglio conservato tra questi, tanto che viene utilizzato oggi per ospitare il famoso festival lirico areniano, oltre a numerosi concerti.
    Altro famoso monumento è il teatro romano, del I secolo a.C., ma tornato alla luce solo nel 1830, quando gli edifici che letteralmente lo ricoprivano vennero abbattuti. D'estate si tengono nel teatro una serie di spettacoli che prendono il nome di estate teatrale veronese.
    Sono entrambe del I secolo d.C. le due porte romane che si aprivano nelle mura della città (mura di cui rimangono ancora visibili alcuni resti): porta Borsari e porta Leoni. Della prima è ben conservata tutta la facciata, mentre della seconda rimane purtroppo solo metà della facciata interna. Un'altra porta romana è l'Arco dei Gavi, posto sulla via Postumia che portava verso il centro abitato, e dedicato ad alcuni membri della gens Gavia.
    Sempre di epoca romana è il ponte Pietra, l'unico ponte romano ancora ben visibile della città, poiché del ponte Postumio, crollato nel 1153, si può vedere oggi solo la base dei piloni durante le secche dell'Adige. Il ponte Pietra è composto da cinque archi, quattro dei quali furono fatti saltare nel 1945 dai tedeschi in ritirata, e vennero poi ricostruiti con le pietre recuperate dal fiume. Caratteristico e pittoresco è l'utilizzo di diversi materiali.
    Presso piazza Erbe, corrispondente all'antico foro romano, sono presenti nei sotterranei di numerosi edifici le fondamenta di strade, fognature e i resti di case e di una basilica romana. Una parte di esse sono visibili lungo il percorso del centro internazionale di fotografia Scavi Scaligeri, un museo sotterraneo creato dal recupero dell'area negli anni '70, lavori intrapresi per poter dare un assetto definitivo ai numerosi resti archeologici romani e medioevali presenti nelle fondamenta della zona del palazzo del Tribunale.

    Epoca medioevale


    Il basso medioevo ha lasciato a Verona pochi ricordi, a causa del devastante terremoto del 3 gennaio 1117 che ebbe come epicentro proprio il veronese, e vide la città fortemente danneggiata. A causa del terremoto crollò addirittura parte dell'anello esterno dell'Arena, lasciandone in piedi solo una porzione, che fu danneggiata ulteriormente in un successivo terremoto nel 1183, creando così l'attuale suggestiva forma dell'Arena con la sua "ala". Inoltre molti palazzi e quasi tutte le chiese, i monasteri e i monumenti vennero seriamente danneggiati, se non distrutti: questo fatto ha lasciato lo spazio per una forte diffusione del romanico come stile della ricostruzione.
    I principali monumenti sono dunque databili successivamente al XII secolo. In particolare questo periodo vide un grande sviluppo di edifici di culto, il più famoso dei quali è forse la basilica di San Zeno, considerata uno dei capolavori del romanico in Italia, e legata all'omonima abbazia, di cui rimangono la torre ed alcuni chiostri.
    Importante è anche il Duomo, il cui nome sarebbe più propriamente cattedrale di Santa Maria Matricolare, nato dalle ceneri di due chiese paleocristiane crollate per colpa del terremoto.

    Epoca scaligera


    Quello scaligero è stato un periodo positivo per Verona sotto il profilo urbanistico: esso infatti ha visto la costruzione di molti edifici e monumenti tutt'oggi visibili. Il centro storico, (in particolare piazza Erbe, piazza dei signori e piazza San Zeno), presenta edifici nati durante la Signoria, come il palazzo del Podestà, che venne abitato certamente da Alberto I della Scala, e fu probabilmente adibito a dimora dei signori della città. Nel palazzo trovarono ospitalità anche molti uomini illustri, tra cui spiccano personalità di primo piano come Dante e Giotto, che durante il suo soggiorno eseguì, secondo Giorgio Vasari, alcuni ritratti di Cangrande I, che però sono andati perduti. Altro importante palazzo scaligero è il palazzo di Cansignorio, la cui costruzione venne decisa da Cansignorio, terminato probabilmente nel 1363. Questo edificio originariamente era un palazzo-fortezza, dotato di tre grandi torri agli angoli del fabbricato. In alcuni scritti è chiamato anche Palazzo Grande, proprio per la sua imponenza. Del palazzo originario rimane un solo torrione, risistemato durante i lavori del 1882, mentre il resto dell'edificio risale al XVI secolo.
    Importantissimo fu il sistema difensivo costruito dagli Scaligeri, che faceva perno su Castelvecchio, fatto costruire da Cangrande II della Scala insieme al ponte Scaligero. Il castello venne costruito tra il 1354 ed il 1376, e concepito non tanto per la difesa della città da nemici, ma come difesa verso i cittadini stessi; infatti il ponte Scaligero originariamente aveva la funzione di facilitare un'eventuale fuga del signore verso la Germania, dove regnava il genero di Cangrande II, Ludovico il Bavaro. Il ponte Scaligero venne costruito nell'arco di tre anni, tra il 1354 ed il 1356, e la sua robustezza gli consentì di passare indenne cinque secoli di storia, fino alla notte del 24 aprile 1945, quando, alla fine della seconda guerra mondiale, i tedeschi, per coprire la ritirata, fecero saltare tutti i ponti di Verona. La sua robustezza è dovuta all'ampiezza delle arcate e alla mole dei piloni, studiati in modo da resistere alla diversa forza d'urto dell'Adige nei vari punti dell'ansa: infatti verso Castelvecchio, dove passa la maggior mole d'acqua, l'arcata è più lunga rispetto alle altre due, ed i piloni sono più grossi.[28] Castelvecchio ospita inoltre il più importante museo di Verona, il museo civico di Castelvecchio, uno dei più interessanti dell'arte italiana ed europea. Restaurato con criteri moderni, presenta circa trenta sale e diversi settori: scultura, pittura italiana e straniera, armi antiche, ceramiche, oreficerie, miniature e le antiche campane cittadine.
    Un importante edificio commissionato dagli scaligeri è la torre del Gardello, che segna una delle prime conquiste del progresso tecnologico meccanico: è infatti il primo orologio pubblico, consultabile da tutti. Non molto distante da questo sorgono le arche scaligere, un complesso funerario in stile gotico, destinate a contenere le arche (ovvero le tombe) dei più illustri rappresentanti della casata: racchiuse da un recinto in ferro battuto in cui ricorre il motivo della scala, simbolo della casata, i sarcofagi si trovano a terra o su piani rialzati. Le arche sono state indicate come uno dei più insigni e significativi monumenti dell'arte gotica.

    Epoca veneziana


    L'epoca della dominazione veneziana a Verona fu molto feconda soprattutto per l'edilizia privata e militare. In particolare, protagonista assoluto del XVI secolo fu l'architetto veronese Michele Sanmicheli, che abbellì Verona di numerosi palazzi, e venne scelto dalla Serenissima per la costruzione delle porte d'ingresso alla città.
    Porta Nuova è un esempio dello stile sanmicheliano: eretta tra il 1535 ed il 1540, la sua posizione andava a generare l'importante corso Porta Nuova, che si conclude ai portoni della Bra. Le due facciate sono costruite in ordine dorico: quella verso la città in tufo, mentre la facciata rivolta verso la campagna in pietra bianca. La porta è importante anche storicamente perché durante una serie di rivolte, dette pasque veronesi, contro le guarnigioni napoleoniche, rimasero intrappolati all'interno circa duecento soldati francesi, che avevano cercato di difendere la porta.
    Ci fu successivamente anche la costruzione di porta Palio, tra il 1542 ed il 1557, che, nonostante la minore importanza rispetto porta Nuova, appare più interessante sotto il profilo culturale ed artistico: di pianta rettangolare, verso l'esterno presenta tre archi con colonne doriche, all'interno cinque archi, ognuno munito di due colonne. La facciata esterna riprende schemi compositivi desunti dal teatro romano di Verona.
    Vi è poi Porta San Zeno, conclusa nel 1542, la cui facciata Sanmicheli ha interpretato come un arco di trionfo, con colonne di ordine ionico, e molte decorazioni (come medaglie, stemmi e fregi). In questo caso come materiale sono stati utilizzati, oltre a pietra bianca, anche mattoni rossi, molto utilizzati soprattutto negli edifici scaligeri.
    Sempre opera del Sanmicheli sono palazzo Canossa, palazzo Pompei, palazzo Bevilacqua, e palazzo Della Torre. Quest'ultimo, però, secondo alcuni critici è ritenuto opera di Domenico Curtoni nel XVII secolo. L'autore più probabile potrebbe essere però Bernardino Brugnoli, un parente del Sanmicheli, che lavorò spesso con lui, e dunque prese in parte il suo stile e la sua tecnica.
    Sicuramente opera di Michele Sanmicheli fu invece palazzo Canossa, costruito su commissione della famiglia dei marchesi di Canossa, una delle famiglie più antiche ed illustri d'Italia. L'edificio ospitò tra l'altro, nel 1822, il celebre congresso di Verona, a cui parteciparono quasi tutti gli stati d'Europa. Sanmicheli cercò di allineare, mediante la facciata monumentale, i fondali opposti di porta Borsari e dell'arco dei Gavi, dando un'impostazione scenografica alla via che permane tutt'oggi. Un soffitto fu affrescato dal famoso Tiepolo, ma è andato perduto durante i bombardamenti che colpirono la città durate la seconda guerra mondiale.
    Palazzo Bevilacqua è uno dei palazzi più raffinati e ricchi di particolari della città, con una facciata realizzata in due ordini, quello inferiore più massiccio, e quello superiore maggiormente slanciato ed elegante. Il palazzo accoglieva celebri dipinti, tra cui La pietà della lacrima di Giovan Francesco Caroto, il Paradiso del Tintoretto, un ritratto di Donna con bambino di Paolo Veronese.
    Palazzo Pompei segue lo stile neoclassico di Sanmicheli, e grazie alla donazione dai proprietari, alla loro morte, al comune di Verona del palazzo, l'edificio ospita oggi il museo civico di storia naturale, con oltre due milioni di reperti geologici, paleontologici, zoologici, preistorici e di botanica.
    Una storia particolare ha poi palazzo Turchi, commesso dal cavaliere Pio Turchi, e costruito pochi anni dopo la battaglia di Lepanto del 1571, dove la flotta della Serenissima sconfisse la flotta ottomana; Pio Turchi fu portavoce della comunità veronese alle grandi celebrazioni della vittoria a Venezia. Il palazzo era decorato da statue di personaggi turchi, facenti parte del bottino della battaglia di Lepanto, e ad alcune di queste venne decapitata la testa, che fu esposta in piazza delle Erbe, proprio nel luogo dove venivano solitamente mostrate le teste dei condannati a morte.
    Altri palazzi, situati rispettivamente in piazza dei Signori e piazza Erbe, sono la loggia del Consiglio e palazzo Maffei. La loggia del Consiglio possiede colonne di marmo, molte sculture e affreschi, tra cui due altorilievi bronzei raffiguranti l'Arcangelo Gabriele e la Vergine Annunciata, tolti però nell'Ottocento. La loggia può considerarsi uno dei simboli maggiori del rinascimento veronese. Palazzo Maffei è un palazzo del XV secolo, ingrandito nel 1629 su decisione di Marcantonio Maffei. Costruito in stile barocco, è allo stesso tempo imponente ed elegante, su tre piani, con una facciata talmente bella da catturare l'attenzione del turista occasionale e non. Di fronte al palazzo si trova una colonna sormontata dal leone di San Marco, a cui i veronesi sono particolarmente legati.

    Epoca austriaca

    Verona fu sotto servitù militare per tutto il periodo in cui vi fu la dominazione austriaca, per cui lo sviluppo edilizio privato fu scarso, a fronte però di un grande sviluppo delle strutture militari. In particolare furono ricostruiti e potenziati tutti i bastioni (che erano stati semidistrutti dai francesi) e venne creata ex-novo un'impenetrabile rete di forti, in particolare a ovest della città (rivolti verso il crescente stato sabaudo) e sul colle San Pietro. Uno degli edifici che può riassumere il pensiero architettonico asburgico è l'arsenale Franz Josef I, gigantesco complesso militare, con un perimetro di 392 metri per 176 metri, e munito di numerose torri di guardia; composto da nove edifici, sul lato maggiore si trova l'edificio di comando, internamente si trovano tre isolati destinati agli uffici amministrativi e progettuali, ed ai loro lati trovano posto magazzini e scuderie. L'arsenale si ispira all'architettura tedesca, ma anche allo stile neogotico, stili fino ad allora lontani alla realtà veronese, tanto che vennero utilizzati in parte mattoni rossi nella costruzione, materiale molto utilizzato nell'epoca scaligera, in modo da non allontanare troppo lo stile architettonico da quello cittadino.
    Simile all'arsenale nell'architettura è il Castel San Pietro, una caserma ispirata in parte ai castelli tedeschi. Nell'edificio erano presenti le camerate per l'esercito, alloggi ed uffici per gli ufficiali, depositi e officine. La caserma poteva essere utilizzata da due compagnie di fanteria e 32 artiglieri, per un totale di di 460 soldati. Il piazzale davanti a castel San Pietro poteva essere utilizzato dall'artiglieria per colpire la città dall'alto in caso di guerra (o rivolta).
    Due palazzi importanti, costruiti inizialmente ad uso civile e per chiudere piazza Bra, anche se poi utilizzati dall'esercito asburgico, sono il palazzo della Gran Guardia e palazzo Barbieri, originariamente chiamato Palazzo della Gran Guardia Nuova. La costruzione del palazzo della Gran Guardia è stata molto lunga e travagliata, iniziata già nel XVII secolo. Nel 1848 i lavori erano ancora in corso, e furono fermati perché l'edificio venne utilizzato dall'esercito austriaco durante la prima guerra d'indipendenza. La Gran Guardia fu finalmente conclusa nel 1853. Grazie alla sua mole ed alla sua forma è riuscita a tenere testa all'Arena, che si trova a poche decine di metri di distanza, oltre i giardini di piazza Bra. Palazzo Barbieri è un edificio in stile neoclassico progettato dall’ingegnere Giuseppe Barbieri; la sua costruzione iniziò nel 1836 e venne portata a termine nel 1848. Durante l’occupazione austriaca il palazzo fu adibito prevalentemente ad usi bellici e solo dopo l'unione del Veneto al Regno d'Italia si scelse, per la sua importanza e la sua centralità, di destinarlo a sede degli uffici comunali.
    Edificio molto importante è il teatro Nuovo, inaugurato il 12 settembre 1846, con la rappresentazione dell'Attila di Verdi. Nel teatro si svolsero numerosi episodi di insofferenza verso il dominio austriaco: il primo, già all'inaugurazione del teatro, vide il veronese Vittorio Merighi comporre un sonetto patriottico dedicato alla prima donna dello spettacolo, che entusiasmò il pubblico. Questo fatto portò disagio alla polizia austriaca (che nemmeno si era accorta dell'accaduto), dato che il componimento riportava:
    « Donna, il vento ora mugge, e la procella
    gravida rota, e tuon freme che intima
    ad Austria morte, e Italia a vita appella »


    Alla chiusura della stagione teatrale vi fu una nuova dimostrazione. Merighi si beffò nuovamente della polizia: scrisse una nuova ode, praticamente un inno all'Italia personificata e contro lo Straniero, che codardo e maligno ha perenne sull'Italia il sogghigno. Il giornale di Verona, controllato dalla polizia austriaca, non poté negare l'accaduto, ma non spiegò nemmeno il vero motivo dell'entusiasmo ed il contenuto dell'ode. Il 18 marzo 1848 giunse a Verona ad assistere ad un dramma nel Teatro Nuovo addirittura il viceré del Regno Lombardo-Veneto, e la polizia, per creare consenso, divulgò la voce che era venuto a portare vantaggi alla città. Lo stesso giorno arrivò la notizia che Vienna stava insorgendo, che Metternich era fuggito, e l'imperatore Ferdinando I aveva dovuto concedere la Costituzione. L'annuncio si sparse per Verona, e la cittadinanza si radunò al Teatro Nuovo durante lo spettacolo. Le cronache raccontano di un vero delirio, e di una folla festosa ed inneggiante all'Italia e a Pio IX. Il teatro venne per questo chiuso sino alla fine del 1849.

    Cultura [modifica]
    « Si come è vero che la città di Verona, per sito, costumi, ed altre parti è molto simile a Firenze, così è vero che in essa, come in questa, sono fioriti sempre bellissimi ingegni in tutte le professioni più rare e lodevoli. »

    (Giorgio Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori)

    Verona viene vista dal Vasari come città simile alla sua Firenze dal punto di vista geografico, urbanistico, e soprattutto per costumi, fioritura artistica e vivacità intellettuale. Vedeva nella città, romanica, gotica, ma anche classica e monumentale, la cotraddizione all'egemonia veneziana. Effettivamente numerose sono le differenze tra Verona e Venezia, nonostante il dominio di quest'ultima sia durato nella città per ben quattro secoli: l'arte e l'architettura veneziana fanno pensare all'Oriente ortodosso, alle origini bizantine e quindi greche, mentre Verona, distante solamente un centinaio di chilometri, colpisce per le mastodontiche chiese romaniche e gotiche.
    A Verona hanno lavorato nei secoli numerosi artisti, veronesi e non. Nel XII secolo lo scultore romanico Niccolò portò nella città una nuova arte, occidentale e romanza: è in questo periodo che si sviluppa la Verona romanica, mentre sotto la signoria scaligera la città sviluppò e mantenne a lungo un aspetto gotico e araldico, con uno stile che raggiunse la massima espressione nel Castel Vecchio (e soprattutto nel suo monumentale ponte) e nelle Arche Scaligere. La civiltà pittorica veronese vede dal Trecento attivi artisti come l'Altichiero, e, nel Quattrocento, personalità come Stefano da Zevio, e soprattutto il Pisanello, uno dei massimi esponenti italiani del Gotico internazionale. Più tardi, durante il Rinascimento, lavorano Domenico Morone ed il figlio Francesco Morone, oltre all'eclettico Giovan Francesco Caroto. L'arte veronese mantiene costantemente delle peculiarità che la rendono riconoscibile dall'arte portata da Venezia nei domini di Terraferma, grazie all'opera di artisti come il Veronese, Tiepolo, Alessandro Turchi, e più tardi Giambettino Cignaroli e Angelo Dall'Oca Bianca, tanto che è lecito parlare di una "scuola veronese".

    Verona e Shakespeare

    Anche attraverso William Shakespeare, Verona è oggi una città ampiamente conosciuta ed ammirata nel mondo. Shakespeare non visitò mai Verona, ma la conobbe attraverso scritti di Luigi da Porto, Masuccio Salernitano e Matteo Bandello, che lo ispirarono per la sua opera più famosa, se si può inserire una gerarchia nelle sue opere: Romeo e Giulietta.
    Shakespeare si immaginava Verona come una sorta di Venezia con canali e gondole, forse ispirato dai pittori veneziani alla corte di Londra. Egli aveva probabilmente un rapporto particolare con l'immagine che si era creato della città, tanto che ambientò o diede origine a diversi suoi personaggi a Verona. Vanno ricordate anche le due commedie I due gentiluomini di Verona e La bisbetica domata, ambientata a Padova, ma con il personaggio maschile centrale, Petruccio, veronese.
    Proprio in funzione scespiriana sono presenti nel mondo ben 27 località di nome Verona: le varie Verona statunitensi, canadesi ed australiane nascono dalle sue opere. L'amore di Shakespeare è ricambiato dai veronesi: l'Estate teatrale veronese ha il programma diviso a metà fra lui e Carlo Goldoni e Shakespeare è ricordato spesso nella vita veronese.
    L'appellativo Verona città dell'amore dipende essenzialmente dal grande drammaturgo inglese. Ciò è ricordato dai versi messi in bocca a Romeo scritti su una lapide posta sulla parte interna dei portoni della Bra:

    « There is no world without Verona walls,
    But purgatory, torture, hell itself.
    Hence-banished is banish'd from the world,
    And world's exile is death: then banished,
    Is death mis-term'd: calling death banishment,
    Thou cutt'st my head off with a golden axe,
    And smilest upon the stroke that murders me »

    « Non c'è mondo per me aldilà delle mura di Verona:
    c'è solo purgatorio, c'è tortura, lo stesso inferno;
    bandito da qui, è come fossi bandito dal mondo;
    e l'esilio dal mondo vuol dir morte. E quindi
    dire esilio è dire morte con altro termine, falso ed improprio;
    e tu, a chiamar esilio la mia morte, mi mozzi il capo con un'ascia d'oro,
    e sorridi del colpo che m'uccide. »


    Lo straordinario fascino che la tragedia di Shakespeare esercita da sempre nell'animo dei veronesi e dei molti visitatori ha portato ad individuare diversi siti in cui, secondo l'interpretazione di alcuni, si sarebbero realmente svolte le vicende dei due amanti veronesi. Il più famoso e più visitato è certamente la casa di Giulietta in via Cappello, con il celebre balcone; poco lontana è la Casa di Romeo, in via Arche Scaligere, che riporta sulla facciata i versi:

    « Oh, where is Romeo?...
    Tut, I have lost myself, I am not here;
    This is not Romeo, it's some other where. »

    « Oh! Dov’è Romeo?...
    Taci, ho perduto me stesso: io non son qui
    e non son Romeo, Romeo è altrove. »

    (Romeo e Giulietta - atto I, scena I - William Shakespeare)

    La Tomba di Giulietta si trova invece nell'ex convento dei Cappuccini, poco fuori le mura scaligere. Qui, nella cripta, è ospitato il sarcofago che secondo la leggenda avrebbe accolto le spoglie della giovane. Oggi il complesso è utilizzato dal Comune di Verona per celebrare i matrimoni civili.
    Sono effettivamente esistite a Verona due famiglie di nome Montecchi e Capuleti (o Cappelletti): i Montecchi, importanti mercanti veronesi, furono veramente coinvolti in lotte sanguinose per il controllo del potere a Verona, anche se non si hanno notizie di rivalità con la famiglia dei Capuleti. Si ha poi conoscenza della presenza dei Capuleti fino agli anni della permanenza di Dante a Verona, nella attuale casa di Giulietta, dove la loro presenza è testimoniata dallo stemma del cappello sulla chiave di volta dell'arco nel cortile dell'edificio, dove, a inizio Novecento, è stato ricostruito il famoso balcone: quindi la casa di Giulietta è la reale casa dei Capuleti, anche se la storia d'amore è frutto della fantasia scespiriana. L'identificazione degli altri edifici non ha invece alcun fondamento storico, e si tratta semplicemente di costruzioni medievali riadattate in tempi più o meno recenti a beneficio dei visitatori.

    800px-Ala_dell'Arena_di_Verona



    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 20:37
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    Isole Eolie



    Le Isole Eolie, dette anche Isole Lipari, sono un arcipelago di origine vulcanica, situato nel Mar Tirreno, in provincia di Messina, a Nord della costa sicula. Comprendono ben due vulcani attivi, Stromboli e Vulcano, oltre a vari fenomeni di vulcanismo secondario.
    L'arcipelago è composto dalle seguenti isole:

    * Alicudi
    * Filicudi
    * Lipari
    * Panarea con gli isolotti basaltici di Basiluzzo, Dattilo e Lisca Bianca.
    * Salina
    * Stromboli (con il vicino scoglio di Strombolicchio)
    * Vulcano

    Destinazione turistica sempre più popolare, le isole attraggono fino a 200.000 visitatori annuali.
    Le Eolie sono state nominate patrimonio dell'umanità dall'UNESCO per i fenomeni vulcanici, ma tale nomina rischia di essere revocata per via del progetto di costruzione di un nuovo grande porto turistico a Lipari. La situazione è tutt'ora in evoluzione, ma il recente finanziamento per l'istituzione di un Parco Nazionale delle Isole Eolie potrebbe portare all'annullamento del progetto del porto.

    800px-Eolie



    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 20:37
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    Assisi, Basilica di San Francesco e altri luoghi francescani



    Assisi (26.946 abitanti) è una città dell'Umbria in provincia di Perugia, situata sul fianco occidentale del monte Subasio. È conosciuta per essere la città in cui nacquero, vissero e morirono san Francesco patrono d'Italia e santa Chiara .

    Storia

    Umbri e romani

    Numerosi reperti archeologici indicano che Assisi trae le sue origini da un piccolo villaggio abitato dagli Umbri già nel periodo Villanoviano (IX - VIII secolo a.C.). La città si sviluppò a ridosso dei territori controllati dagli Etruschi, e orbitò sotto il loro potere fino al 295 a.C. quando, con la battaglia di Sentino, i Romani imposero il loro dominio anche nell'Italia centrale. Per Asisium (così era chiamata dai romani) fu un periodo prospero: innalzata a Municipium, diventò un importante centro economico e sociale dell'Impero romano. Il suo toponimo ha origini prelatine, e conservando un'incerta etimologia, viene interpretato in due differenti modi. Città del falco, o dell'astore oppure dalla base latina ossa ovvero torrente con ovvio riferimento all fiume Assino.
    Con il crollo dell'Impero romano anche Assisi conobbe la buia età delle invasioni barbariche e, nel 545, fu saccheggiata dai Goti di Totila. Conquistata dai Bizantini, passò poco tempo dopo sotto il dominio longobardo divenendo, nell'XI secolo, libero comune. Dopo un periodo di guerre, nel 1174 fu assediata e conquistata da Federico Barbarossa, che diede l'investitura della città al duca Corrado di Lutzen, detto anche Corrado di Urslingen. Pochi anni dopo, tra il 1181 e il 1182, nasce ad Assisi Francesco - figlio di Pietro di Bernardone e Madonna Pica - il futuro santo che, con la sua opera, segnerà la storia del luogo e dell'umanità.

    Medioevo e Rinascimento

    Nel 1198 il popolo di Assisi, stanco dei soprusi del duca di Lutzen, si ribellò scacciandolo dalla città. Durante la fine della prima metà del 1200 l'Assisi guelfa subì vari assedi da parte delle truppe Saracene e Tartare facenti parte del grande esercito di Federico II. Le truppe imperiali devastarono a più riprese il contado ma la città grazie alla valenza delle sue milizie ed il carisma di Santa Chiara resistette alle incursioni. Negli anni a seguire Assisi vide alternarsi al controllo della città sia i Guelfi che i Ghibellini. Successivamente la città passò sotto il dominio della Chiesa, dei Perugini, di Giangaleazzo Visconti, dei Montefeltro, di Braccio Fortebraccio da Montone, passando infine sotto il controllo di Francesco Sforza. Nel novembre del 1442 Assisi, difesa in quel periodo da Alessandro Sforza, subisce l'assedio delle truppe comandate dal Piccinino. Dopo molti giorni di vani tentativi le truppe assedianti, anche grazie all'aiuto di un frate traditore, riescono a penetrare all'interno della cinta di mura. Assisi viene pesantemente devastata e saccheggiata ma il Piccinino si oppone comunque alla completa distruzione della città rifiutando i 15000 fiorini offerti dai perugini al riguardo.
    Profondamente segnata dalle lotte intestine che videro sempre in contrasto i Nepis (della Parte de Sopra schierati con i Ghibellini) ed i Fiumi (della Parte de Sotto legati ai Guelfi), Assisi venne stabilmente assegnata alla Chiesa al tempo di papa Paolo III nel XVI secolo. Nel 1860, con plebiscito unanime, aderì al nascente Stato italiano.

    Il Novecento

    Durante la seconda guerra mondiale, nel periodo seguente all'8 settembre 1943 e all'occupazione tedesca, Assisi è letteralmente invasa dai profughi, tra i quali oltre 300 ebrei. Il vescovo Giuseppe Placido Nicolini - coadiuvato dal segretario, padre Aldo Brunacci, e dal guardiano del Convento di San Damiano, padre Rufino Nicacci – trasforma Assisi in uno dei centri principali della resistenza civile italiana all'Olocausto. Travestiti da frati e suore, nascosti nei sotterranei e nelle cantine, mimetizzati tra gli sfollati, provvisti di documenti falsi, gli ebrei rifugiatisi ad Assisi sono protetti da una vasta rete di solidarietà che si estende anche ad altre zone dell'Umbria ed ha contatti, anche attraverso il ciclista Gino Bartali, con le centrali di resistenza e finanziamento della DELASEM in Liguria e Toscana. Il compito è arduo. Tra i rifugiati ci sono donne, bambini, vecchi, ammalati, che necessitano cura e assistenza per le necessità quotidiane. Si organizza persino una scuola dove i bambini ebrei possano ricevere istruzione religiosa ebraica. Grazie anche alla complicità dell'ufficiale tedesco Valentin Müller, che dichiarerà Assisi una zona franca ospedaliera, nessun ebreo sarà deportato da Assisi.[3] Il vescovo Giuseppe Placido Nicolini e i padri Aldo Brunacci e Rufino Nicacci, ricevono nel dopoguerra l'alta onorificenza di giusti tra le nazioni dall'Istituto Yad Vashem di Gerusalemme, unitamente a Luigi e Trento Brizi che nel loro piccolo di negozio di souvenir vicino a piazza Santa Chiara hanno provveduto alla stampa di tanti falsi documenti di identità [4] Nel 1985 il film The Assisi Underground di Alexander Ramati ricostruisce le vicende e i protagonisti di quegli anni. Nel 2004 la Medaglia d'oro al Valor Civile è conferita alla città di Assisi per l'impegno civile dimostrato dall'intera popolazione.

    800px-Assisi_San_Francesco_BW_1



    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 20:38
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    Villa d'Este



    La villa d'Este di Tivoli è un capolavoro del Rinascimento italiano e figura nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.

    Storia

    La villa fu voluta dal cardinale Ippolito II d'Este, figlio di Alfonso I e di Lucrezia Borgia (Ferrara 1509 - Tivoli 1572). La storia della Villa si intriga con le vicende del cardinale: per l'essenziale contributo dato dal cardinale d'Este alla propria elezione, nel 1550, Papa Giulio III del Monte volle ringraziarlo nominandolo governatore a vita di Tivoli e del suo territorio. Il cardinale arrivò a Tivoli il 9 settembre e vi fece un'entrata trionfale, scoprendo però che la residenza del governatore era un vecchio e scomodo convento benedettino, ora tenuto dai francescani, parzialmente riadattato. Ippolito era abituato a ben altro, nella sua Ferrara, ma l'aria di Tivoli gli giovava e inoltre, grande cultore di antichità romane, era molto interessato ai reperti che abbondavano nella zona. Sicché decise di trasformare il convento in una villa. La villa sarebbe dovuta essere la gemella del grandioso palazzo che stava contemporaneamente facendo costruire a Roma, a Monte Giordano; così come il palazzo romano doveva servire ai ricevimenti per rinsaldare le amicizie dell'Urbe, così Tivoli doveva fungere da piacevole luogo d'incontri e colloqui più lunghi e meditati.Non a caso il luogo in cui sorse la villa aveva il nome di "Valle Gaudente".
    I lavori della Villa furono affidati all'architetto Pirro Ligorio affiancato da un numero impressionante di artisti ed artigiani. La realizzazione della villa seguì però le vicissitudini curiali del cardinale governatore, destituito nel 1555 dal papa Paolo IV Carafa, poi ripristinato nella carica da papa Pio IV nel 1560, poi danneggiato nelle prebende dai pessimi rapporti di papa Pio V con i francesi, che erano da sempre i suoi grandi alleati. Si dovettero inoltre acquisire i terreni necessari da ben due chiese appartenenti a ordini diversi, operazioni che durarono fino al 1566, e convogliare le acque dell'Aniene con nuovi cunicoli che provenivano dalle cascate. Anche i materiali da costruzione creavano problemi: il permesso, ottenuto dal Senato di Roma, di utilizzare il rivestimento di travertino della tomba di Cecilia Metella per i lavori di costruzione della villa, venne successivamente revocato (non prima di aver asportato tutto il rivestimento della fascia inferiore del monumento, lasciandolo come oggi si presenta).
    Il cardinale ebbe appena il tempo di godersi la solenne inaugurazione della villa avvenuta nel settembre del 1572, con la visita del papa Gregorio XIII, e poi morì, a novembre dello stesso anno.
    I primi proprietari della villa, furono tre cardinali d'Este governatori di Tivoli: il fondatore, Ippolito II, Luigi fino al 1586 e infine Alessandro, fino al 1624. Quest'ultimo riuscì a mantenerne la proprietà diretta alla casa d'Este anche per quando, in futuro, la famiglia non fosse stata più presente nel collegio cardinalizio, e realizzò manutenzioni e innovazioni decorative, tra le quali è degno di nota l'apporto di Gian Lorenzo Bernini.
    Successivamente la villa e i suoi impianti, passati agli Asburgo, furono lasciati deperire e le collezioni antiquarie furono disperse, fino a quando un Hohenlohe, a metà '800, se ne innamora, la ripristina e per il resto del secolo la pone di nuovo al centro di intense attività artistico-mondane; uno dei frequentatori affezionati fu, all'epoca, Franz Liszt che alla villa si ispirò per alcuni brani delle Années de Pèlerinage
    Nel 1918, dopo la prima guerra mondiale la villa passò allo Stato Italiano che diede inizio ad importanti lavori di restauro, ripristinandola integralmente ed aprendola al pubblico.
    Un'altra serie di restauri fu invece eseguita nel dopoguerra per riparare i danni fatti da alcune bombe cadute sul complesso durante l'ultimo conflitto mondiale.

    800px-Villa_d'Este_01



    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 20:38
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    Città tardo barocche del Val di Noto (Sicilia)



    Il Val di Noto è il territorio della Sicilia orientale che geograficamente corrisponde alla punta a sud dell'isola, individuata tra la provincia di Ragusa, di Siracusa e parte delle province di Catania e di Caltanissetta. Tra tutte le città del Val di Noto, i comuni di Caltagirone, Militello in Val di Catania, Catania, Modica, Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa e Scicli nel 2002 sono entrati nella lista dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO grazie al barocco siciliano. Sono inoltre in corso di inserimento i centri storici dei comuni di Acireale in provincia di Catania, Ispica in provincia di Ragusa e Mazzarino in provincia di Caltanissetta.

    Storia

    La particolarità di questa "identità" comune per le città, deriva soprattutto dalla mirabile ricostruzione avvenuta in seguito al terremoto del Val di Noto del 1693. Vi sono infatti degli esempi mirabili dell'arte e dell'architettura tardo-barocca di cui costituiscono un momento di sintesi, presentando notevoli caratteri di omogeneità urbanistica ed architettonica.
    A fronte di queste caratteristiche, il circuito delle città del Val di Noto è stato iscritto nel registro dell'Unesco. Questo importante risultato sta determinando una positiva ricaduta economica nell'intera area, a fronte di un aumento delle presenze turistiche nella zona e per la nascita di molteplici strutture ricettive.
    Tuttavia a minacciare l'integrità paesaggistica vi è il tentativo, da parte di una società petrolifera texana, di avviare una serie di progetti per l'estrazione di petrolio dal sottosuolo. Questa richiesta che mal si concilia con le sue aspirazioni turistiche è stata inizialmente appoggiata dalla Regione Siciliana e successivamente bloccata dall'allora assessore Regionale Fabio Granata nel 2003. Ad oggi la società, ancora decisa a portare avanti il suo progetto, ha fatto inizialmente ricorso al TAR della Sicilia, successivamente ha annunciato lo "stop" alle trivellazioni; tuttavia questa decisione viene comunque contestata dagli ambientalisti perché il fermo riguarda una parte del territorio interessato.

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    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 20:40
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    Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia



    Con il termine Sacro Monte, pur non essendovi una definizione univoca, si intende solitamente un complesso a carattere religioso connotato da:

    * lo snodarsi di un percorso devozionale lungo le pendici di un'altura, in un ambiente naturale isolato e di rilevante interesse paesaggistico;
    * la presenza di strutture (aventi una qualche monumentalità) come chiese, cappelle al cui interno si illustrano, con forme suggestive di espressività artistica (sculture, dipinti, ecc.), le scene connotanti in modo evocativo al percorso devozionale;
    * una tradizione secolare di pellegrinaggi e di testimonianze di fede.

    I criteri indicati si ritrovano implicitamente anche nella seguente definizione:

    « Un Sacro Monte è un complesso devozionale posto sul versante di una montagna con una serie di cappelle o edicole in cui vi sono rappresentate, con dipinti e sculture, scene della Vita di Cristo, di Maria o dei Santi. Riproposizione della Nuova Gerusalemme, i Sacri Monti offrivano la possibilità ai pellegrini di visitare i Luoghi Santi con la riproduzione, in scala minore, degli edifici in cui si era svolta la Passione di Cristo. Essi sono collocati su di una altura elevata, in una posizione appartata rispetto al centro urbano, in un ambiente più naturale, e vi si giunge prevalentemente mediante un pellegrinaggio »

    (Amilcare Barbero, ATLAS, Convegno Internazionale "Religioni e Sacri Monti"; Supplemento n.2 al n.137 di Piemonte Parchi - Giugno/Luglio 2004)

    Lo scopo dei Sacri Monti, che si cominciarono a costruire in Italia a partire dalla fine del Quattrocento, fu all'inizio quello di offrire ai pellegrini un'alternativa più sicura rispetto ai viaggi in Terra Santa; poi divenne quello di offrire ai fedeli un percorso di meditazione e di preghiera che si snodasse attraverso la rappresentazione per immagini della Vita e della Passione di Gesù; altre volte il percorso devozionale è dedicato alla Vergine ed ai "misteri" del Rosario, oppure alla Trinità, ed anche alla vita di alcuni Santi particolarmente venerati (segnatamente a San Francesco, oppure a San Carlo Borromeo), della
    Alle cappelle si aggiungono solitamente chiese e santuari capaci di ospitare i pellegrini.

    I Sacri Monti prealpini di Piemonte e Lombardia come "Patrimonio dell'Umanità"


    Oggi molti Sacri Monti, oltre che luoghi di culto, sono considerati luoghi di interesse storico, artistico e naturalistico meritevoli di speciale tutela.
    In Europa il numero di Sacri Monti, di Calvari, di Via Crucis e, in genere, di complessi devozionali aventi una qualche tradizione storica e monumentalità è molto elevato: un censimento effettuato nel 2001 ha consentito di individuarne ben 1815, e si tratta di un censimento certamente incompleto.
    Molti di tali complessi - per storia, tradizione di fede, opere artistiche presenti, qualità paesaggistiche - sono di straordinario interesse.
    L'UNESCO nel 1999 ha incluso nella sua lista dei beni appartenenti al Patrimonio dell'Umanità il Kalwaria Zebrzydowska in Polonia.
    Per rimanere in Italia, esistono in diverse regioni Sacri Monti di grande pregio culturale, storico, artistico e naturalistico. Ricordiamo ad esempio il Sacro Monte di San Vivaldo di Montaione in Toscana oppure quello delle Sette Chiesette di Monselice in Veneto. Anche il Santuario della Madonna di San Luca a Bologna presenta molti connotazioni tipiche di un Sacro Monte.
    Straordinaria è la presenza, in Piemonte e Lombardia, di Sacri Monti prealpini. Essa si collega per molti versi al ruolo affidato alle opere d'arte di strumento pedagogico capace di coinvolgere emotivamente e spiritualmente i fedeli, secondo una concezione maturata nella Chiesa dopo il Concilio di Trento, che trovò un'infaticabile opera di promozione in San Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, e in alcuni vescovi delle diocesi da lui dipendenti.
    L'UNESCO, nel 2003,ha inserito anche un gruppo di nove di tali complessi nell'elenco dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. Formano tale gruppo il:

    * Sacro Monte di Varallo, Varallo
    * Sacro Monte di Orta, Orta San Giulio
    * Sacro Monte di Crea, Serralunga di Crea
    * Sacro Monte di Oropa, Biella
    * Sacro Monte di Belmonte, Valperga
    * Sacro Monte di Ghiffa, Ghiffa
    * Sacro Monte di Domodossola, Domodossola
    * Sacro Monte di Varese, Varese
    * Sacro Monte di Ossuccio, Ossuccio

    I Sacri Monti prealpini di Piemonte e Lombardia sono stati giudicati meritevoli di comparire nella lista del Patrimonio mondiale dell'UNESCO perché rispondenti ai seguenti criteri

    * Criterio (ii): La realizzazione di un'opera di architettura e arte sacra in un paesaggio naturale, per scopi didattici e spirituali, ha raggiunto la sua più alta espressione nei Sacri Monti dell'Italia settentrionale e ha avuto una profonda influenza sui successivi sviluppi nel resto d'Europa.
    * Criterio (iv): I Sacri Monti dell'Italia settentrionale rappresentano la riuscita integrazione tra architettura e belle arti in un paesaggio di notevole bellezza. In un periodo critico della storia della Chiesa Cattolica testimoniavano un tentativo di recupero dei valori cristiani.

    La storia

    Esaminiamo più da vicino la presentazione dei Sacri Monti prescelti fatta dall' Advisory Body Evaluation dell'UNESCO.

    I Sacri Monti sono apparsi tra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo, con l'idea di creare in Europa luoghi di preghiera alternativi ai luoghi santi di Gerusalemme e della Palestina, ai quali l'accesso dei pellegrini diventava sempre più difficile a causa della rapida espansione della cultura mussulmana. I frati minori, custodi del Santo Sepolcro, selezionarono tre siti - Varallo in Valsesia, appartenente al ducato di Milano, Montaione in Toscana, e Braga nel nord del Portogallo - per costruirvi una "Nuova Gerusalemme", con una concezione ed una topografia simili a quella originale. Qualche anno dopo, particolarmente dopo il concilio di Trento del 1535, questo modello devozionale, e segnatamente quello di Varallo, disegnato attorno al 1480, fu utilizzato per altre ragioni, specialmente in quelle diocesi che cadevano sotto la giurisdizione della curia di Milano. Si trattava questa volta di combattere l'influenza della Riforma protestante favorendo la creazione di altri sacri monti come concreta espressione di devozionalità. Essi erano dedicati non solo a Cristo, ma anche al culto della Madonna, dei Santi, della Trinità e del Rosario.
    Questo progetto ideale, tradotto in norme specifiche per le tipologie e gli stili architettonici, fu fortemente sostenuto da Carlo Borromeo, vescovo di Milano. Avendo in mente le idee emerse dal Concilio di Trento, egli volle continuare la costruzione del Sacro Monte di Varallo prima di dare avvio ai lavori sugli altri. Questa fase andò avanti lungo tutto il XVII secolo, sino a metà del XVIII secolo. A quello di Varallo seguirono i sacri monti di Crea, Orta, Varese, Oropa, Ossuccio, Ghiffa, Domodossola e Valperga. Se essi seguirono all'inizio determinate regole di base, svilupparono in seguito loro propri aspetti artistici ed architettonici. Altri sacri monti furono progettati e costruiti durante tutto il XVIII secolo, ma molti di essi rappresentavano esempi di concezioni differenti, prive delle motivazioni religiose, della autenticità di una composizione che segue ben precise regole, e prive della presenza di quegli elementi di magnificenza architettonica ed artistica che essi avevano nella prima fase del XVI e del XVII secolo.

    Il Sacro Monte o "Nuova Gerusalemme" di Varallo

    I lavori iniziarono nell'ultima decade del XV secolo, per ricostruire il paesaggio della Terra Santa su un dirupo roccioso che sovrasta la cittadina di Varallo. Furono erette molte cappelle con statue pressappoco a grandezza d'uomo, e furono eseguiti affreschi che raffiguravano i diversi luoghi biblici. Il tema prescelto fu modificato alla fine del XVI secolo, sotto l'influenza della Controriforma, adottando quello della Vita e della Passione di Cristo. Molti artisti e scultori di grande rilevanza contribuirono ai lavori. Attualmente, il tracciato comprende le prime ricostruzioni di Nazaret e di Betlemme in un paesaggio boschivo, un'area corrispondente ad un giardino elegantemente progettato e 45 cappelle che si affacciano sul cammino principale. La cima della collina è dedicata ad una rievocazione della città di Gerusalemme.

    Il Sacro Monte di Santa Maria Assunta, Serralunga di Crea

    Le origini del Sacro Monte di Crea risalgono al 1589, anno in cui vide la luce un progetto di costruzione di 25 cappelle che dovevano illustrare i Misteri del Rosario su uno dei colli più alti della regione del Monferrato. Ma il progetto cambiò nel corso del tempo, e il complesso comprende oggi 23 cappelle e cinque romitori. Fanno parte del complesso anche gli edifici del santuario della Assunzione della Vergine, costruito originariamente in stile romanico, che ha subito poi modifiche nel corso del XV, XVII, XIX e XX secolo. Le cappelle conservano statue in terracotta policroma e dipinti che risalgono al primo periodo. I gruppi statuari furono completati con altre statue (in gesso) durante la campagna di restauri condotta nel XIX secolo. I boschi sui quali sono situate le cappelle contengono numerose specie floreali rare.

    Il Sacro Monte di San Francesco, Orta San Giulio

    Questo complesso, il solo dedicato a San Francesco d'Assisi, fu costruito in tre fasi. La prima, che ebbe inizio nel 1590 per volere della comunità locale e che continuò fin verso il 1630; essa è contraddistinta, come stile, dal manierismo. Nella seconda fase, che durò fino alla fine del XVII secolo, lo stile predominante fu il barocco, stile che si sviluppò poi, durante il terzo periodo, sino alla fine del XVIII secolo, in forme più libere fondendosi con altre influenze . Il complesso consiste di 21 cappelle, l'antico Ospizio di San Francesco, una porta monumentale ed una fontana. Questo sacro monte è l'unico a non aver subito cambiamenti nella suo assetto topologico dopo il XVI secolo. Il giardino, con una magnifica vista sul lago di Orta, ha una qualità eccezionale.
    Purtroppo all'interno di molte delle cappelle sono visibili segni di vandalismo.


    Il Sacro Monte del Rosario, Varese

    Luogo di pellegrinaggio sin dal Medioevo per la chiesa di Santa Maria del Monte e poi per il monastero delle Romite Ambrosiane fondato nel 1474, il Sacro Monte di Varese fu costruito dopo il Concilio di Trento. I lavori iniziarono nel 1604, lungo i due chilometri di un percorso acciottolato che mostra i Misteri del Rosario, divenuti popolari a partire dalla battaglia di Lepanto (1571). Grazie a munifiche donazioni, la costruzione fu assai più rapida di quella di altri sacri monti, e tredici delle cappelle furono terminate entro il 1623. Nel 1698 i lavori risultavano completati nella loro forma attuale. Come avviene nel Rosario, le cappelle sono divise a gruppi di cinque. Lo stile architettonico delle cappelle, degli archi trionfali e delle fontane è variegato, ispirato ai modi stilistici del manierismo. Le statue e gli affreschi che ornano le cappelle costituiscono nel loro complesso un'elevata testimonianza dell’arte sacra seicentesca in area milanese

    Il Sacro Monte della Beata Vergine, Oropa

    Uno dei più antichi santuari dedicati alla Madonna, che attira molti devoti pellegrini si trova ad Oropa. Sebbene i lavori di avvio della costruzione del Sacro Monte, come struttura annessa al santuario, fossero iniziati nel 1617, essi non erano ancora completati alla fine del XVII secolo. Il piano iniziale era di illustrare la vita della Vergine Maria attraverso venti cappelle, con altre cinque dedicate ad episodi del Nuovo Testamento. Il progetto beneficiò del supporto del duca di Savoia, essendo collocato nel territorio del ducato stesso. Il sito è il più elevato tra il gruppo dei sacri monti culminando a più di 2300 metri, su una collina coperta di betulle e contornata da picchi alpini. Vi sono oggi 27 cappelle, dodici delle quali dedicate alla vita delle Vergine Maria e le restanti a differenti temi religiosi. Il loro stile architettonico è quello barocco, tipico del periodo in cui furono costruite; lo stesso per le statue e per i dipinti che le abbelliscono.

    Il Sacro Monte della Beata Vergine del Soccorso, Ossuccio

    Questo complesso si situa sulla riva occidentale del lago di Como, a 25 Km dalla città omonima; giace su un dirupo a 400 metri sul livello del mare, di fronte all'isola Comacina. È completamente isolato da ogni altra costruzione, circondato da campi, da piantagioni di ulivi e da boschi. Le quattordici cappelle, tutte costruite tra il 1635 e il 1710, sono in stile barocco: esse conducono al santuario edificato nel 1532, posto sulla sommità a completamento simbolico della corona del Rosario


    Il Sacro Monte della Santa Trinità, Ghiffa

    Tra la fine del XVI e la metà del XVII secolo, fu concepito il piano di edificazione di un Sacro Monte attorno al santuario della Santa Trinità, su una collina fitta di boschi. In questa prima fase, tuttavia, solo tre cappelle furono costruite. Questo portò comunque ad un sostanziale incremento dei pellegrini in visita al santuario e, di conseguenza, ad una ampio sforzo di espansione dei lavori che si compì tra il 1646 e il 1649. Nel suo stato attuale il sacro monte comprende tre cappelle dedicate a differenti soggetti biblici, e tre altre cappelle più piccole che hanno funzione di oratori.

    Il Sacro Monte Calvario, Domodossola

    Nel 1656, due frati cappuccini scelsero il colle Mattarella, che sovrasta Domodossola, per farlo diventare un luogo che ospitasse il Sacro Monte e Calvario . Nacque così una serie di dodici cappelle con un apparato decorativo di statue ed affreschi, che rappresentano le Stazioni della Croce e tre cappelle che illustrano la Deposizione dalla Croce, il santo Sepolcro e la Resurrezione. In cima al colle è posto il santuario ottagonale della Santa Croce, la cui costruzione iniziò nel 1657.

    Il Sacro Monte di Belmonte, Valperga Canavese

    La collina di granito rosso di Belmonte si erge isolata dalle creste della catena prealpina in Piemonte. Il progetto per questo Sacro Monte fu concepito dal monaco Michelangelo da Montiglio all'inizio del XVIII secolo. Avendo trascorso parecchi anni in Terra Santa, egli desiderava ricreare i luoghi biblici nel nord d'Italia, e disegnò pertanto un circuito di cappelle che simboleggiassero i principali eventi della Passione, culminando nel piccolo santuario che esisteva in quel luogo e che da tempo era meta di pellegrinaggi. Le cappelle, in numero di tredici, hanno una struttura pressoché identica: esse furono finanziate in larga misura dalla comunità locale. In origine esse erano decorate con dipinti di soggetto sacro ed opere di artigianato locale; fu solo un secolo più tardi che esse furono abbellite con statue in ceramica di Castellamonte. Il sentiero di accesso fu allargato alla fine del XIX secolo, per renderlo adeguato ad accogliere il numero crescente di pellegrini.

    Il "sistema" dei Sacri Monti prealpini

    I Sacri Monte di Piemonte e Lombardia riconosciuti dall'Unesco come "Patrimonio dell'Umanità", sono i principali complessi devozionali di questo tipo costruiti in Italia a ridosso dell'arco alpino, ma non esauriscono il loro numero.
    Ad esempio, entrando in territorio svizzero, ad Orselina, nei pressi di Locarno, si incontra il bellissimo Sacro Monte del Santuario della Madonna del Sasso, nato dallo stesso ceppo di spiritualità francescana che promosse la edificazione del Sacro Monte di Varallo, e che ha visto attivi importanti artisti di area lombarda.
    Con l'espressione "sistema dei Sacri Monti prealpini" s'intende porre l'accento sulla pluralità dei monti consacrati, divenuti luoghi di "pellegrinaggio in terra propria", in sintonia con il fervore controriformista che ha animato l'azione pastorale di San Carlo Borromeo; essi mostrano dunque una comune matrice spirituale e, spesso, non poche affinità artistiche (anche per il formarsi di scultori e pittori che, per così dire, si sono specializzati negli apparati decorativi dei Sacri Monti, prestando la loro opera in cantieri diversi).
    Alcuni Sacri Monti - come quello di Arona e di Graglia - nacquero con progetti ambiziosi e si bloccarono poi di fronte alle difficoltà emergenti, concentrando per lo più le risorse sull'edificazione di un santuario, e lasciando che le ingiurie del tempo infierissero sulle cappelle costruite: essi hanno comunque acquisito nel tempo una qualche notorietà religiosa, sono diventate meta di pellegrinaggio e costituiscono, in ogni caso, importanti testimonianze storiche. Gli sviluppi dei Sacri Monti intervenuti tra la seconda metà del XVII e la prima metà del XVII secolo hanno spesso inglobato altre tipologie di complessi devozionali, quali la serie di edicole che compongono la Via Crucis.
    Sono stati proposti diversi "atlanti" che classificano i Sacri Monti prealpini . Il loro censimento diventa tanto più ampio quanto meno severamente si applicano i criteri di riconoscimento di un Sacro Monte citati all'inizio.
    Elenchiamo qui di seguito un gruppo ristretto di Sacri Monti prealpini diversi da quelli prescelti dall'Unesco e che, tuttavia, sono assai prossimi ai criteri di riconoscimento citati all'inizio; ad essi aggiungiamo poi un gruppo più ampio, derivato da una selezione di quelli indicati dagli atlanti disponibili.

    * Elenco dei principali Sacri Monti diversi da quelli riconosciuti dall'Unesco come Patrimonio dell'Umanità:
    o Sacro Monte di San Carlo ad Arona (NO);
    o Sacro Monte del Santuario della Beata Vergine di Loreto a Graglia (BI);
    o Sacro Monte del Santuario di San Giovanni Battista d'Andorno a Campiglia Cervo (BI);
    o Sacro Monte del Santuario della Madonna del Sasso presso Locarno (Canton Ticino)

    * Elenco allargato di Sacri Monti prealpini
    o Sacro Monte del Santuario dei Piloni a Montà d'Alba
    o Sacro Monte del Santuario della Madonna del Cavallero a Coggiola (BI);
    o Sacro Monte del Santuario di Sant'Anna di Montrigone a Borgosesia (VC);
    o Santuario della Passione a Torricella Verzate (PV);
    o Sacro Monte del Santuario della Via Crucis a Cerveno (BS);
    o Sacro Monte Addolorato a Brissago (Canton Ticino);
    o Kapellenweg a Saas Fee (Canton Vallese);

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    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 20:39
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    Necropoli etrusche di Cerveteri e Tarquinia



    La necropoli etrusca della Banditaccia è posta su un'altura tufacea a nord-ovest di Cerveteri (RM), e nei suoi circa 400 ettari di estensione si trovano molte migliaia di sepolture (la parte recintata e visitabile rappresenta soli 10 ettari di estensione e conta circa 400 tumuli), dalle più antiche del periodo villanoviano (IX secolo a.C.) alle più "recenti" del periodo etrusco (III secolo a.C.). La sua origine va ricercata in un nucleo di tombe villanoviane nella località Cava della Pozzolana, ed il nome "Banditaccia" deriva dal fatto che dalla fine dell'Ottocento la zona viene "bandita", cioè affittata tramite bando, dai proprietari terrieri di Cerveteri a favore della popolazione locale. Vista la sua imponenza, la Necropoli della Banditaccia è la necropoli antica più estesa di tutta l'area mediterranea.
    Le sepolture più antiche sono villanoviane (dal IX secolo a.C. all'VIII secolo a.C.), e sono caratterizzate dalla forma a pozzetto, dove venivano custodite le ceneri del defunto, o dalle fosse per l'inumazione.
    Dal VII secolo a.C., periodo etrusco, si hanno due tipi di sepolture, quelle a tumulo e quelle "a dado". Queste ultime consistono in una lunga schiera di tombe allineate regolarmente lungo vie sepolcrali. Nella parte visitabile della Necropoli della Banditaccia ci sono due di queste vie, via dei Monti Ceriti e via dei Monti della Tolfa, risalenti al VI secolo a.C.
    Le sepolture a tumulo sono caratterizzate da una struttura tufacea a pianta circolare che racchiude all'interno una rappresentazione della casa del defunto, con tanto di corridoio (dromos) per accedere alle varie stanze. La dovizia di particolari dell'interno di queste sepolture ha permesso agli archeologi di venire a conoscenza degli usi casalinghi degli Etruschi.
    A questo scopo la sepoltura migliore risulta essere la Tomba dei Rilievi, risalente al IV secolo a.C. ed appartenuta alla famiglia dei Matunas, come si legge nelle iscrizioni: l'interno della tomba si è mantentuto in condizioni particolarmente buone, permettendo di osservare anche gli affreschi alle pareti e sulle colonne (per questo, infatti, questa tomba è l'unica della Banditaccia che non si possa visitare -ma l'interno è visibile attraverso un vetro-, a causa della particolare delicatezza degli affreschi).
    Le sepolture più "recenti" sono del III secolo a.C.. Alcune di queste sono caratterizzate dalla presenza di cippiera, un contenitore per cippi probabilmente usato per indicare il sesso dei defunti all'interno.
    Molti dei reperti trovati nella necropoli sono raccolti nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia (Roma) ed in molti altri musei sparsi in tutto il Mondo, mentre solo una insignificante parte dei corredi funebri rinvenuti inm loco è conservata nel Museo Nazionale Archeologico di Cerveteri.
    Dal luglio 2004 la necropoli della Banditaccia, insieme a quella dei Monterozzi di Tarquinia, entra a far parte della lista dell'Unesco dei siti patrimonio dell'umanità.

    La necropoli etrusca dei Monterozzi è posta su un'altura a ovest di Tarquinia (VT) e possiede circa 6 000 sepolture le più antiche delle quali datate al VII secolo a.C. Circa 200 tombe contengono una serie di affreschi che rappresentano il più cospicuo nucleo pittorico a noi giunto di arte etrusca e al tempo stesso il più ampio documento di tutta la pittura antica prima dell'età imperiale romana. Le camere funerarie, modellate sugli interni delle abitazioni, presentano le pareti decorate a fresco su un leggero strato di intonaco, con scene di carattere magico-religioso raffiguranti banchetti funebri, danzatori, suonatori di aulós, Giocoleria, paesaggi, in cui è impresso un movimento animato e armonioso, ritratto con colori intensi e vivaci. Dopo il V secolo a.C. figure di demoni e divinità si affiancano agli episodi di commiato, nell'accentuarsi del mostruoso e del patetico.
    Tra i sepolcri più interessanti si annoverano le tombe che vengono denominate del Guerriero, della Caccia e della Pesca, delle Leonesse, degli Auguri, dei Giocolieri, dei Leopardi, dei Festoni, del Barone, dell'Orco e degli Scudi. Parte dei dipinti, staccati da alcune tombe allo scopo di preservarli (tomba delle Bighe, del Triclinio, del Letto Funebre e della Nave), sono custoditi nel Museo nazionale etrusco di Tarquinia; altri sono visibili direttamente sulla parete su cui furono realizzati.
    Di provenienza della necropoli sono da citare anche notevoli sculture in pietra in rilievi su lastre o nella figura del defunto giacente sul sarcofago; notevole tra gli altri il sarcofago calcareo della tomba dei Partunu, opera di pregevole fattura, databile a età ellenistica.
    Molti dei reperti trovati nella necropoli sono raccolti nel Museo Nazionale Etrusco di Tarquinia ed in molti altri musei sparsi in tutto il mondo.
    Dal luglio 2004 la necropoli dei Monterozzi, insieme a quella di Cerveteri, entra a far parte della lista dell'Unesco dei siti patrimonio dell'umanità.

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    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 20:42
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    Val d'Orcia



    La Val d'Orcia è un'ampia valle situata nella provincia di Siena, in Toscana, a nord-est del monte Amiata e vicina al confine con l'Umbria. Attraversata dal fiume Orcia al centro, che le dà il nome, è caratterizzata da gradevoli panorami paesaggistici e da svariati centri di origine medievale, due dei quali molto noti come Pienza e Montalcino.
    La valle è anche un importante parco, naturale, artistico e culturale, e dal 2 luglio 2004 è stato riconosciuto Patrimonio mondiale dell'Umanità dall'UNESCO, per lo stato di conservazione eccellente del panorama, il quale ha avuto una notevole influenza su molti artisti del Rinascimento. La commissione ha così giustificato l'inserimento nella lista:

    « Criterio (iv): la Val d'Orcia è un eccezionale esempio di come il paesaggio naturale sia stato ridisegnato nel periodo Rinascimentale per rispecchiare gli ideali di buon governo e per creare un immagine esteticamente gradevole; Criterio (vi): il paesaggio della Val d'Orcia è stato celebrato dai pittori della Scuola Senese, fiorita durante il Rinascimento. Le immagini della Val d'Orcia ed in particolar modo le riproduzioni dei suoi paesaggi, in cui si raffigura la gente vivere in armonia con la natura, sono diventate icone del Rinascimento ed hanno profondamente influenzato il modo di pensare il paesaggio negli anni futuri. »

    I comuni che fanno parte della Val d'Orcia sono Castiglione d'Orcia, Montalcino, Pienza, Radicofani e San Quirico d'Orcia. Altri centri importanti sono Monticchiello, Bagno Vignoni, Rocca d'Orcia, Campiglia d'Orcia e Bagni San Filippo. Moltissime aziende agrituristiche, case rurali e rocche con impervie torri si disperdono nell'isolato e tranquillo paesaggio.
    Albero caratteristico il cipresso, cibi e bevande tipici "I Pici", il Pecorino di Pienza, il Brunello di Montalcino e la nuova denominazione del Vino DOC Orcia.

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    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 20:43
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    Siracusa e la Necropoli Rupestre di Pantalica



    « La più grande delle città, soggiorno caro all'indomabile Ares »


    (Pindaro, lirico greco)
    « Giace della Sicania al golfo avanti
    un' isoletta che a Plemmirio ondoso
    è posta incontro, e dagli antichi è detta
    per nome Ortigia. A quest'isola è fama,
    che per vie sotto il mare il greco Alfeo
    vien, da Doride intatto, infin d'Arcadia
    per bocca d'Aretusa a mescolarsi
    con l'onde di Sicilia… »


    (Virgilio, Eneide, libro III-1095)

    Siracusa (Sarausa in siciliano) è un comune italiano di circa 123.494 abitanti,[1] capoluogo della omonima provincia. È la quarta città della Sicilia per numero di abitanti, dopo Palermo, Catania e Messina. Già definita da Cicerone "la più grande e bella di tutte le città greche" dal 2005 assieme alla necropoli rupestre di Pantalica è stata dichiarata Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.
    Il nome Siracusa deriva dal siculo Syraka (abbondanza d'acqua), per la presenza di molti corsi d'acqua e di una zona paludosa. Sia in greco che in latino è al plurale, Siracusae, perché la città fondata da Archias divenne in pochi anni una Pentàpoli in quanto al nucleo originale, costituito sull’isola di Ortigia si aggiunsero, man mano, altri quattro nuclei: Acradina, Tiche, Neàpoli ed Epipoli.

    La fama di Siracusa è legata alla sua storia greca, quando la polis comandava sui mari insidiando la potenza di cartaginesi e romani. Di quell'epoca restano molte testimonianze, come la famosissima Fonte Aretusa, una fonte d'acqua dolce nel cuore di Ortigia, legata al mito di Aretusa e Alfeo celebrato da tanti poeti e scrittori e l'Acquedotto Galermi.
    Nell'area archeologica della Neapolis, l'antico cuore della città si trovano il Teatro greco, dotato di un'eccellente acustica era sede di rappresentazioni oratorie e teatrali, animando la vita politica e culturale della città. Ad oggi esso è il fulcro delle rappresentazioni classiche dell'INDA. Anche l'Orecchio di Dionigi, cavità artificiale ricavata dall'estrazione della pietra, è spesso sede di spettacoli estivi di grande suggestione. A pochi passi si trova anche l'Ara di Ierone un altare monumentale voluto da Gerone II.
    La città era anticamente difesa da una cinta muraria che aveva il suo apice nel Castello Eurialo, unico esempio di fortezza greca ancora intatta e mai espugnata, che dominava la città nel punto più avanzato. Per la sua costruzione e per la costruzione degli altri templi di epoca greca furono edificate diverse latomie, di cui la più famosa è la Latomia dei Cappuccini nella quale vennero rinchiusi i soldati prigionieri della guerra con Atene, lasciati morire di fame e stenti.
    Siracusa possiede anche alcuni templi parzialmente intatti, di cui il più famoso è il Tempio di Apollo,il più antico della Sicilia e collocato in Ortigia; mentre il Tempio di Zeus detto "rui culonne" (due colonne) perché dell'intera costruzione restano in piedi solo due colonne, risulta essere il secondo tempio più antico della città. La stessa Cattedrale non è altro che lo splendido Athènaion fatto erigere da Gelone dopo la vittoria di Himera: entrandovi si ripercorre la storia della religione in Occidente: dal naòs (la cella del tempio greco) è stata ricavata la navata centrale, mentre il perimetro delle navate laterali è segnato dalle possenti colonne doriche dell'antica peristasi.

    L'epoca romana


    L'epoca romana ridimensionò vistosamente la città, quanto a splendore e importanza. Tuttavia restano diverse opere di notevole importanza come, l'Anfiteatro romano, il terzo più grande in Italia, dopo l'anfiteatro flavio di Roma (il Colosseo) e l'anfiteatro di Verona, ma purtroppo del tutto smontato; usato per le lotte dei gladiatori e gli spettacoli circensi, e le battaglie navali (naumachia), il Ginnasio romano e l'intricata rete di catacombe (la più importante ed estesa dopo quella di Roma) dove i primi cristiani difendevano il loro diritto di espressione religiosa.
    Siracusa diviene la prima città dell'occidente in cui viene eretta una chiesa, ossia l'odierno Duomo edificato sui resti di un antico tempio greco. Ma sorge anche la Chiesa di San Giovanni alle catacombe, luogo ove san Paolo, apostolo e uno dei quattro evangelisti predicò la fede cristiana, rendendo di fatto Siracusa, insieme all'opera di San Marciano, suo primo vescovo, uno dei primi centri di diffusione del cristianesimo. Particolarmente importante è la cripta di S. Marciano sotto la chiesa di S. Giovanni alle catacombe che ha accolto il corpo del primo vescovo fin quando a causa dell'invasione araba furono traslate a Gaeta. La cripta è tuttora frequentato come luogo religioso sia da Cattolici che Ortodossi.
    La città verrà strappata nel V secolo all'impero Romano dai vandali, insieme a tutta la Sicilia.

    Siracusa bizantina


    Siracusa fu conquistata insieme a tutta la Sicilia nel 535, dal generale bizantino Belisario, inviato a conquistare l'Italia, dall'imperatore bizantino, Giustiniano I. Quando Belisario prese la città, fu entusiasticamente applaudito dalla popolazione.
    Nel 663 l'imperatore Costante II, per un suo preciso disegno politico che intendeva porre la Sicilia al centro dei suoi domini, elesse Siracusa come propria sede e, conseguentemente al costume tardo-antico, la città divenne capitale dell'impero dei Romani (questa la corretta definizione dell'impero bizantino). Fu, questo, momento fondamentale della storia di Sicilia, in cui Siracusa, sede della corte imperiale bizantina, visse un suo grande periodo di splendore. Costante trovava una popolazione largamente ellenizzata sin dai tempi del grande generale Belisario, in un sito di eccezionale rilevanza geografica per il controllo sul mar Mediterraneo e l'intervento militare nelle province vicine. Con Costante II la Sicilia approfondì le sue radici elleniche, essendo avvenuto nell'isola il passaggio dal rito latino al greco. Il 15 settembre 668, Costante II morì, egli fu assassinato in un complotto organizzato dal membro di corte, Mecezio. Scoppiò allora la guerra civile, perché Mecezio, si nominò imperatore bizantino, ma il figlio di Costante II, Costantino IV, che era stato incoronato imperatore a Costantinopoli, preparò una spedizione contro di lui e nel 669 Mecezio fu sconfitto e la capitale trasferita nuovamente a Costantinopoli.
    Nel 692 la città divenne il capoluogo del Thema di Sicilia. Il 21 maggio 878, dopo più di 50 anni che gli Arabi erano sbarcati ed dopo un lunghissimo assedio, Siracusa fu conquistata dagli arabi, che massacrarono circa 5.000 abitanti, suscitando nel mondo bizantino, e non solo, uno shock, che durerà per molto.

    Periodo tra l'878 al XVII


    Durante il secolo XI nella Sicilia musulmana ci fu una profonda crisi politica che oppose l'imam Fatimide ai governatori Kalbiti, che alla fine furono sconfitti e allontanati. I Kalbiti diedero la notizia all'imperatore bizantino Michele VI, che decise di mandare una spedizione conquista in Sicilia, comandata dal fratello Stefano il Calafato e Giorgio Maniace. Quindi nell'estate del 1038, la spedizione bizantina, sbarcò in Sicilia, dove in brevissimo tempo, ci fu l'occupazione di Messina. Successivamente la spedizione si diresse verso l'antica capitale dell'isola, Siracusa, che resistette fino al 1040, prima di cadere nelle mani dei bizantini. Maniace fu l'unico condottiero che riuscì, prima dei normanni, a liberare seppur temporaneamente (sino probabilmente al 1043) la città aretusea dai musulmani. A testimonianza di quella impresa mandò le reliquie di Santa Lucia a Costantinopoli e fece costruire in città una fortilizio che ancora oggi, pur se ampliato poi da Federico II, porta il nome di Castello di Maniace.
    Da ricordare anche la nascita di altri importanti chiese come quella di San Martino, la Chiesa di San Giovannello, ma soprattutto la Chiesa di Santa Lucia al Sepolcro costruita per contenere le spoglie di Santa Lucia attualmente custodite a Venezia. Oggi ospita il famoso quadro del Caravaggio. Risalgono a quell'epoca anche i grandi palazzi nobiliari: Palazzo Montalto e Palazzo Gargallo, nonché la costruzione del Bagno ebraico (Miqwe),il più antico d'Europa all'interno dell'antico ghetto di Ortigia.

    La rinascita barocca


    Dopo il disastroso terremoto del 1693, la città conobbe un nuovo risorgimento architettonico. Nuovi edifici e chiese vennero costruiti per riportare all'antico splendore la città. Le famiglie nobiliari sostennero l'architettura tramite una serie di edifici, come il Palazzo Impellizzeri, il Palazzo Beneventano del Bosco, l'Arcivescovado e diverse chiese quali: Chiesa dell'Immacolata, Chiesa di San Giuseppe, Chiesa dei Cappuccini, Chiesa di San Filippo Neri, Chiesa di Santa Lucia alla Badia, Chiesa del Collegio ecc.
    Infine fu realizzato il Palazzo del Vermexio (Municipio), sede del governo della città.

    Ottocento e Novecento

    Siracusa ha ormai perso terreno rispetto ai fasti del passato, così anche l'architettura ne risente. Pochi gli interventi importanti di quest'epoca, se non il Teatro Comunale e la Tonnara di Santa Panagia oggi in disuso. La Fontana di Artemide è uno degli ultimi interventi monumentali della città, costruita per abbellire l'odierna piazza Archimede.
    Negli anni '50 del Novecento, a seguito della lacrimazione del quadretto della Madonnina, fu iniziata e successivamente completata la costruzione dell'imponente Santuario della Madonna delle Lacrime.

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    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 20:44
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    Palazzi dei Rolli - Strade Nuove del Centro storico



    Una sua vasta parte - racchiusa nel tratto delle cosiddette Strade Nuove (via Garibaldi, via Cairoli e via Balbi), dove sorgono i palazzi dei Rolli - è stata dichiarata dall'UNESCO il 13 luglio 2006 patrimonio mondiale dell'umanità.
    È articolato - particolarmente nella parte adiacente alla zona portuale antica - in un dédalo di stretti e scuri caruggi che costituiscono una sorta di intricata casbah caratterizzata da strutture architettoniche stilisticamente non sempre definite in maniera unitaria e facilmente identificabili, con chiese di stile romanico, palazzi di gusto classico e neoclassico e costruzioni appartenenti alla cultura mediorientale, frutto di un passato che portò i Genovesi nei principali porti del Mar Mediterraneo e ad operare sul campo delle crociate cristiane.

    I Sestieri


    Il suo sviluppo è pari a circa quattrocentomila metri quadrati. Amministrativamente, è suddiviso in sestieri (Prè, Portoria, Molo, Maddalena, San Vincenzo, San Teodoro), con il mantenimento della traccia storica degli antichi rioni di quella che fu la Repubblica di Genova.
    La collina di Sarzano (detta anche di Castello) è stata il primo luogo abitato di Genova nell'antichità, l'antica neapolis. Evidenzia la torre degli Embriaci, il convento di Santa Maria di Castello e la spianata di Campopisano, simbolo della vittoria navale della Repubblica di Genova sulla vicina Repubblica marinara di Pisa.
    Tale suddivisione esula da quella che vede organizzato il territorio comunale in oltre una decina di circoscrizioni (o municipi): i sei sestrieri sono attualmente compresi nel territorio dei Municipi I Centro Est e II Centro Ovest.
    La storia del nucleo storico del capoluogo ligure è legata totalmente alla storia cittadina, dagli albori della costruzione delle prime abitazioni dei Liguri sul colle di Sarzano lungo gli anni della Repubblica marinara dei quali tenne nota l'annalista Caffaro di Rustico da Caschifellone conosciuto semplicemente come il Caffaro (v. Annali del Caffaro), fino alle battaglie patriottiche e insurrezionaliste della Giovine Italia e della Carboneria di Giuseppe Mazzini.

    Dall'oppidum alla neapolis

    Con brevi ma precise pennellate, secondo la prospettiva analitica e critica del visitatore curioso di penetrare nei misteri di un luogo sconosciuto, l'autore e viaggiatore Henry Aubert dà nel suo saggio Città e genti d'Italia (Villes et gens d'Italie, pubblicato a Parigi nel 1923) un ritratto sintetico ma esaustivo del centro storico di una città-emporium, ovvero null'altro che un mercato con nessuna importanza politica. Aubert non può fare a meno di citare il geografo Strabone quando questi affermava come a Genova non si vendeva che miele, bestiame, pelli, vini e olio.
    E ricorda che, come allora, la città storica occupa la stessa posizione geografica, tra il Faro (nota: non la Lanterna ma il vecchio faro che illuminava l'ingresso del porto nell'antichità), che data dall'epoca romana, e la collina di Carignano da una parte, il mare e il forte chiamato oggi Castelletto dall'altra.
    Precisa Aubert:
    « Comprendeva l'oppidum</>, che oggi è il quartiere del Molo, dalle stradine strette (n.: si riferisce ai caruggi) piene di gente, il cuore e la culla della città, che gli stranieri non visitano quasi mai e in cui vi è almeno una cosa bella: la vecchia e singolare chiesa di Santa Maria di Castello, che fu la prima cattedrale di Genova, e dove gli amatori di ricordi storici possono trovare cose interessanti (n.: La Madonna fu incoronata nel 1657 regina di Genova); la neapolis, posta dietro l'oppidum, in un avvallamento dove solo i conoscitori e i curiosi intrepidi si azzardano; la statio ovvero la città militare, che divenne in seguito la città residenziale, e finalmente l'emporium, la ragione di essere di tutto il resto, la città attiva, del commercio e dei traffici ... »
    Per concludere:
    « È questa la parte più caratteristica di Genova moderna, quella parte in cui si svolse la vita del Medioevo, quella che la fa assomigliare a Napoli per le stradine intricate e in declivio e per il colore grigio dei suoi tetti di ardesia ... »


    Le edicole votive e i portali




    Una delle caratteristiche tipiche del centro storico genovese è l'elevato numero di edicole votive presenti, non tutte in buono stato di conservazione o facilmente visibili anche se negli ultimi decenni è in corso un impegnativo progetto di restaturo e catalogazione. La tradizione ha origine nel basso medioevo e continuò per diversi secoli, fino agli inizi del XX secolo, avendo il suo massimo nei secoli XVI e XVII.
    Si ritiene che nel centro storico siano state costruire nel tempo centinaia edicole, molte delle quali dedicate alla Madonna (particolarmente venerata a Genova, tanto da essere dichiarata nel 1637 "Regina di Genova"), sia da parte di nobili, mercanti e artigiani, confraternite o anche da parte di semplici cittadini. Le raffigurazioni presenti venivano poi spesso ornate con ex voto e candele.
    Altra caratteristica sono i portali dei palazzi, finemente decorati con sculture, statue (in marmo, ardesia e pietra) ed affreschi. L'origine della diffusione di questo tipo di portali è da ricercarsi nel XV secolo, quando le famiglie nobili proprietarie dei palazzi della zona, per far fronte alla carenza di spazi per nuove aree abitative o da adibire a botteghe, decidono di riutilizzare i cortili e i porticati degli stessi, cambiando la distribuzione degli spazi ed ottenendone nuovi vani e loggie sovrapposte .
    I palazzi così ridefiniti necessitavano di nuovi ingressi, più sontuosi dei precedenti, il cui progetto e costruzione venne affidata a scultori e maestri muratori, spesso estranei alla città (molti dei quali venivano a Genova perché interessati ai marmi e alle altre materie prime che venivano sbarcate nel porto), principalmente lombardi (della Val d'Intelvi) o toscani. I temi raffigurati, oltre quelli religiosi, spesso riprendevano la mitologia classica o erano omaggi alla famiglia proprietaria del palazzo.

    Il centro storico oggi

    Nei diversi itinerari che si dipanano dal cuore del centro, piazza De Ferrari, e in un nucleo urbano urbanisticamente non convenzionale, risultanza di più modifiche e ristrutturazioni susseguitesi nei secoli, è possibile individuare le tre principali linee direttrici che tracciano - con l'ausilio delle rocche e mura edificate in secoli differenti fra il Medioevo, il Rinascimento e l'Ottocento - i contorni di una città obliqua architettonicamente ricca di inconfondibili ed inaspettate pregevolezze.
    Tali direttrici possono essere individuate, per la parte più antica, nella via San Lorenzo che scende, anche attraverso numerose strade, vicoli (i caruggii) e creuze laterali, dal piano di Sant'Andrea e da piazza De Ferrari fino alla Marina e al porto antico; per la parte cinque-seicentesca nella via XXV aprile che, con il transito di piazza Fontane Marose e via Garibaldi (l'antica Strada Nuova), porta a piazza dell'Annunziata e al quartiere universitario di via Balbi (sede del Palazzo Reale).
    Per la parte strettamente medioevale, nel fitto tessuto di caruggi che da piazza Campetto e dai Macelli di Soziglia conduce alla Chiesa di Santa Maria delle Vigne e al sestiere di Pre-Molo-Maddalena.
    Il fulcro attorno al quale ruota ancor oggi ruotano i flussi del commercio e del turismo è dato dai portici di Sottoripa (o della Ripa), a piazza Caricamento, attorno al Banco di San Giorgio presso cui veniva creandosi la città dei mercanti e dei camalli della Compagnia dei caravana, e poi da via Orefici a Piazza Banchi, costeggiando l'antica Loggia della Mercanzia, sede della vecchia Borsa merci.
    Per quello che riguarda la parte di levante dei centro storico, dopo anni di semi-abbandono, il trasferimento della facolta' di architettura in stradone Sant'Agostino (che collega Sarzano/Castello con i caruggi siti tra piazza delle Erbe e San Lorenzo) e l'apertura di numerosi ristoranti e locali dagli anno novanta in poi, hanno portato ad una rinascita della zona e ad un'attiva e frequentata vita serale e notturna, la cosiddetta "movida" genovese.

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    Mantova e Sabbioneta



    Mantova (Mantua in latino, probabile latinizzazione dell'originale toponimo etrusco, mantenuto anche in mantovano e in numerose lingue straniere) è un comune di 47.542 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia. Dal luglio 2008 la città d'arte lombarda con Sabbioneta, entrambe accomunate dalla eredità loro lasciata dai Gonzaga che ne hanno fatto tra i principali centri del Rinascimento italiano ed europeo, è stata accolta fra i patrimoni dell'umanità dell'Unesco.

    Storia


    Il mito della fondazione

    Il mito della fondazione della città è legato a doppio filo con la storia della profetessa Manto, che la tradizione greca vuole figlia dell'indovino tebano Tiresia. Le vicende narrate nel mito vedono una dicotomia di questo personaggio (come anche accadde per quello di Longino): fonti greche narrano che Manto, fuggita da Tebe, si fermò nell'attuale Turchia; altre invece descrivono il suo arrivo, dopo lungo errare, nel territorio, allora completamente palustre, che oggi ospita la città. In questo luogo creò un lago con le sue lacrime; secondo la leggenda queste acque avevano la magica proprietà di conferire capacità profetiche a chi le beveva. Manto avrebbe incontrato e sposato la divinità fluviale Tybris (il Tevere) re dei Toscani, e il loro figlio Ocno (detto anche Bianore) avrebbe fondato una città sulle sponde del fiume Mincio chiamandola, in onore della madre, Mantua. La consonanza tra Manto e il nome della città virgiliana avvalora la seconda versione del mito. Secondo un'altra teoria, Mantova trae l'origine del suo nome da Mantu, dio etrusco, signore dei morti del pantheon tirreno.

    Dalle origini etrusche al Comune medievale

    Il primo villaggio risale a circa il 2000 a.C. in seguito, come ci dice Servio, l'area venne abitata dal popolo degli Umbri. Nel VI secolo a.C. si sviluppò la città etrusca. Dopo la dominazione della tribù dei Galli Cenomani vi fu la conquista dei Romani. Il territorio mantovano fu colonizzato dai soldati veterani di Augusto. Il 15 ottobre del 70 a.C. ad Andes, piccolo villaggio nei pressi di Mantova, identificabile con l'odierna Pietole, nacque Publio Virgilio Marone (Mantua me genuit). Come già nella capitale dell'Impero Romano anche a Mantova giunse il messaggio cristiano. Vi giunse infatti attraverso Longino, il soldato che trafisse il costato di Cristo sul Golgota. Portava con sé la preziosissima reliqua della terra intrisa del sangue del Figlio di Dio. Nel 37 d.C. fu martizzato e successivamente dichiarato santo dalla Chiesa cattolica.
    Recenti scavi archeologici nella centralissima Piazza Sordello potrebbero riscrivere la storia antica di Mantova. A poche decine di centimetri di profondità, sotto la pavimentazione d'epoca medievale, è stato rintracciato un mosaico di epoca imperiale romana, probabilmente parte di una splendida domus. Nell'attesa di una più estesa attigua ricerca archeologica, alla luce di tale scoperta verrebbe rivalutata l'importanza della Mantova romana.
    Caduto l'Impero Romano, Mantova fu invasa da Goti, Bizantini, Longobardi e Franchi. Intorno all'anno mille, Mantova entrò a far parte per lungo tempo dei possedimenti dei Canossa. Ne fu elevata a capitale da Bonifacio III senza averne in cambio la fedeltà sperata. All'assasinio di quest'ultimo ci fu la successione con la figlia nata a Mantova nel 1046, la contessa Matilde, alla cui morte, avvenuta nel 1115, la città si costituì in libero Comune.

    I Gonzaga

    Nel 1273 Pinamonte Bonacolsi iniziò il periodo in cui Mantova fu sotto la guida di una Signoria. Il 16 agosto 1328 Rinaldo, detto il Passerino, l'ultimo dei Bonacolsi, fu ucciso durante una rivolta popolare che portò i Corradi da Gonzaga, inizialmente contadini che si arricchirono grazie al loro commercio dei prodotti ricavati dai campi, ad acquisire il potere. Essendo originari di Gonzaga, furono ben presto identificati con l'appellativo del solo toponimo di provenienza, divenendo una delle più celebri e longeve famiglie del Rinascimento italiano.
    Inizialmente Capitani del Popolo, nel 1433 Gianfrancesco Gonzaga, dopo il matrimonio del figlio Ludovico con Barbara di Brandeburgo nipote dell'Imperatore germanico Sigismondo, ottenne il titolo di Marchese. La politica gonzaghesca era una tenace difesa di un continuo equilibrio tra le potenze confinanti: Repubblica di Venezia, Milano, Ferrara e i possedimenti pontifici. Nel 1459 Papa Pio II convocò una grande Dieta in Mantova nel corso della quale proclamò una crociata contro i Turchi. Per lunghi decenni tra le massime entrate nei bilanci gonzagheschi erano le condotte militari, proventi derivanti dal capitanato degli eserciti di stati alleati. Il culmine del prestigio per i Gonzaga si ebbe con Federico II, figlio di Isabella d'Este, che dal 1530 divenne Duca di Mantova, titolo concesso dall'Imperatore Carlo V dopo aver ricevuto un'ingente somma. Nel 1536 in seguito al matrimonio tra Federico II e Margherita Paleologo ci fu l'annessione del lontano Marchesato (poi Ducato) del Monferrato.
    Nel 1627, estinta la linea primogenita, il ducato passerà ad un ramo cadetto della famiglia, i Gonzaga-Nevers, francesi. La successione di un "francese", Carlo I, in un feudo imperiale, tra l'altro di enorme importanza strategica non poté che originare una forte reazione dell'Imperatore germanico. Nel 1630 l'Imperatore nel corso della seconda guerra di successione del Monferrato (1627-1631) inviò un esercito di 36.000 Lanzichenecchi, i quali presero d'assalto la città, devastandola e diffondendoci la peste. Gli abitanti si ridussero a solo 6.000 e Mantova ne uscì profondamente cambiata: i fasti di un tempo e il prestigio resteranno solo un vago ricordo.
    L'ultimo dei Gonzaga-Nevers, Ferdinando Carlo, si dimostrò politicamente inetto e inadeguato al ruolo. Si alleò con i francesi, al tempo della guerra di successione spagnola. Per paura del castigo imperiale, si rifugiò a Venezia, portando con sé quadri, gioielli, monili e denaro. Alla sua morte, nel 1708, venne dichiarato decaduto per fellonia e la sua famiglia perse tutti i diritti sul Ducato di Mantova che passò alla casa d'Austria e nel 1745 fu unito allo Stato di Milano.

    Periodo austriaco e Risorgimento italiano

    Gli austriaci tennero Mantova per quasi un secolo, dal 1707 al 1797, periodo durante il quale principalmente su impulso dell'imperatrice Maria Teresa, si impegnarono a ridare dignità alla città. Questa prima fase di dominazione austriaca si concluse con l'avvento delle truppe di Napoleone Bonaparte, a seguito di un lunghissimo assedio, durato dal 4 giugno 1796 al 2 marzo 1797. Durante la dominazione francese il 20 febbraio 1810 l'eroe della lotta armata tirolese contro gli invasori Andreas Hofer venne fucilato a Mantova, evento tanto tragico e significativo che L'inno del Tirolo è una canzone che parla di Hofer martire a Mantova.
    Con il Congresso di Vienna del 1815 gli Austriaci ripresero possesso di Mantova e ne fecero uno dei capisaldi del famoso quadrilatero difensivo costituito dalle altre tre piazzaforti di Peschiera, Verona, Legnago. La città, di fatto, divenne un'enorme caserma dove erano acquartierati ben 10.000 soldati provenienti dalle diverse nazioni inglobate nell'impero d'Austria. Le angherie dei regnanti generarono moti liberali e cominciarono a diffondersi le idee d'indipendenza ed unità d'Italia. In questa atmosfera, negli anni successivi la sconfitta subita nella Prima Guerra d'Indipendenza (1848/1849), tra il 1851 e il 1853, avvennero le esecuzioni dei Martiri di Belfiore, da molti ritenuta una delle pagine più tristi, ma al tempo stesso più gloriose del Risorgimento italiano, che d'altronde interessò il territorio della Provincia di Mantova anche durante la Seconda Guerra di Indipendenza (1859).
    Nel 1866 Mantova, assieme al Veneto e al Friuli, entra a far parte del Regno d'Italia.

    Monumenti e luoghi d'interesse artistico



    * Piazza Sordello

    Antico fulcro della vita artistica e politica di Mantova, di dimensioni eccezionali (150x60m) accoglie tra i principali edifici monumentali della città, come il Palazzo Ducale (Palazzo del Capitano e Magnus Domus), il palazzo Acerbi sovrastato dalla torre della Gabbia, il palazzo Bonacolsi (ora Castiglioni), il palazzo Vescovile (detto anche palazzo Bianchi dal nome della famiglia che lo edificò nel '700) e il Duomo.

    * Palazzo Ducale

    Per il Palazzo Ducale di Mantova è forse più giusto parlare di città-palazzo, in quanto il complesso architettonico è costituito da numerosi edifici collegati tra loro da corridoi e gallerie, ed arricchito da cortili interni, alcuni pensili, e vasti giardini. Già prima dell'avvento al potere dei Gonzaga erano stati edificati i primi nuclei del Palazzo, ma la storia del complesso si identifica soprattutto con quella della famiglia che governò la città fino al 1707. Tra le altre, celeberrima è la cosiddetta Camera degli Sposi (Camera picta) nel castello di San Giorgio, parte della "città-palazzo", affrescata da Andrea Mantegna e dedicata a Ludovico Gonzaga e a sua moglie Barbara di Brandeburgo. Diventata Mantova austriaca, le ristrutturazioni sono proseguite fino alla seconda metà del XVIII secolo per opera dei governatori inviati dall'Imperatore.

    * Duomo

    Dedicato a San Pietro, l'attuale Duomo in stile romanico con aggiunte gotiche, fu costruito tra il 1395 e il 1401 dopo che un incendio, secoli prima, aveva distrutto un precedente tempio paleocristiano. Fu ristrutturato nel 1545 da Giulio Romano, che lasciò intatta la facciata ma modificò le forme, ispirandosi alle basiliche paleocristiane. L'attuale facciata, in marmo di Carrara risale al 1761. Il fianco presenta inserti gotici come rosoni, cuspidi e pinnacoli, resti dell'antica facciata. All'interno si può ammirare il soffitto a cassettoni che sovrasta le tre navate: la principale è ornata di statue di sibille e profeti risalenti al Cinquecento. Sotto l'altare maggiore è conservato il corpo incorrotto di Sant'Anselmo da Baggio patrono della città.

    * Palazzo Te


    Palazzo Te è opera di Giulio Romano che nel 1525 lo ideò su commissione del marchese Federico II Gonzaga che lo utilizzò per i suoi svaghi. Vi fece dimorare l'amante "ufficiale" Isabella Boschetti. Il "Palazzo dei lucidi inganni" sorgeva al centro di un'isola ricca di boschi e circondata dalle acque di un lago, ora prosciugato: misterioso, ricco di simboli e di miti che risaltano nelle sale stupendamente affrescate anche dallo stesso Giulio Romano, come la celeberrima sala dei giganti e quella di Amore e Psiche e, non ultima, la sala dei cavalli che celebra le scuderie gonzaghesche all'epoca famose in tutta Europa.

    * Basilica di Sant'Andrea

    Progettata da Leon Battista Alberti, fu edificata a partire dal 1472 e conclusa 328 anni dopo con la costruzione della cupola su disegni di Filippo Juvarra. Nella cripta è custodita all'interno dei Sacri Vasi la reliquia del Preziosissimo Sangue di Cristo portato a Mantova dal centurione romano Longino. In una delle cappelle è conservato il monumento funebre di Andrea Mantegna, sovrastato dall'effigie in bronzo del pittore della corte dei Gonzaga.

    * Piazza delle Erbe

    Da sempre luogo di scambi commerciali, si apre a sud con la Casa di Giovan Boniforte da Concorezzo (o Casa del Mercante) del 1455, continua con la romanica Rotonda di San Lorenzo, la Torre dell'Orologio, il Palazzo della Ragione e si chiude con Palazzo Broletto (o del Podestà) edificato nel XII secolo che la separa e dà il nome all'adiacente piazza.

    * Rotonda di San Lorenzo

    È la chiesa più antica della città, costruita nell'XI secolo durante la dominazione dei Canossa. A pianta centrale rotonda, è posta ad un livello più basso di Piazza delle Erbe e conserva al suo interno un matroneo e tracce di affreschi di scuola bizantina risalenti ai secoli XI-XII. Nel corso dei secoli subì trasformazioni radicali; sconsacrata, divenne magazzino tanto che all'inizio del 1900 risultava inglobata in edifici successivi alla sua costruzione. Solo dall'inizio del XX secolo la rotonda di San Lorenzo è stata restaurata e riconsegnata alla sua destinazione religiosa originaria.

    * Torre dell'Orologio

    La Torre, a pianta rettangolare, fu eretta nel 1472 su progetto di Luca Fancelli e l'orologio a funzionamento meccanico progettato da Bartolomeo Manfredi vi fu collocato l'anno successivo. Nella nicchia sottostante, ricavata nel 1639, è stata collocata una statua della Madonna Immacolata.

    * Palazzo della Ragione

    Fu edificato intorno al 1250.Al piano terreno il palazzo ospitava, come ora, numerose botteghe, mentre nell'ampio salone al piano superiore, si amministrava la giustizia. Vi si accede tramite una ripida scala posta sotto la Torre dell'Orologio. Nel salone sono visibili i resti di affreschi di grande interesse storico recentemente restaurati.

    * Palazzo del Podestà

    Il Palazzo del Podestà fu costruito nel XII secolo unitamente alla torre civica ed era il centro amministrativo del comune di Mantova. Ha subito rifacimenti e modifiche architettoniche anche a causa dei numerosi incendi accaduti nel corso dei secoli. Unito al palazzo degli ex Magazzini Generali in piazza Broletto con la costruzione dell'Arengario e successivamente al palazzo della Ragione, verso piazza Erbe. Negli ultimi tre secoli è stato destinato a svariati usi tra cui anche quale carcere. Al piano terra, il Palazzo del Podestà ospita il museo dedicato a Tazio Nuvolari e a Learco Guerra.

    * Torre della Gabbia

    La torre venne costruita dai Bonacolsi nei primi anni del ‘300 ma acquisì il suo nome quando, nel XVI secolo, il duca Guglielmo Gonzaga fece edificare la grande gabbia in ferro come "carcere all'aperto". Nella gabbia venivano esposti alla pubblica piazza i condannati e a volte vi rimanevano anche per lungo tempo, famoso è il caso di un borsaiolo dell'epoca, un tal Marchino Ziganti, che vi fu lasciato per ben tre mesi.

    * Tempio di San Sebastiano

    Iniziato nel 1460 su progetto di Leon Battista Alberti, fu completato nel 1529 sconsacrato nel XVIII secolo adibito a diversi usi fino al 1925 quando, dopo un discutibile restauro che ha aggiunto le due scalinate d'ingresso, è stato trasformato in famedio dei caduti mantovani di tutte le guerre.

    * Palazzo di San Sebastiano (Largo XXIV Maggio)

    Costruito tra il 1506 e il 1508 per volere di Francesco II che lo abitò e vi morì nel 1519. Abbandonato e spogliato dai successivi duchi, nel salone principale del palazzo vi erano le nove tele del Mantegna raffiguranti I Trionfi di Cesare vendute alla corona inglese ed oggi a Hampton Court, ha subito molteplici trasformazioni fino al 1998 quando sono iniziati i restauri. Dal 2005 è adibito a Museo della Città, nelle sale che conservano ancora tracce del glorioso passato sono esposti dipinti, statue, busti, fregi e altri reperti architettonici.

    * Casa del Mantegna (situata in via Acerbi n.47).

    Dimora del pittore Andrea Mantegna, sorse su un terreno donato dal marchese Ludovico Gonzaga che lo nominò pittore di corte nel 1457. È un edificio quadrato di mattoni rossi con al centro un cortile cilindrico spalancato su un tondo di cielo, riproposto nella celeberrima Camera degli sposi in Palazzo Ducale.

    * Palazzo D'Arco

    Fu costruito nel 1784 su un preesistente palazzo del XV secolo dall'architetto Antonio Colonna per la famiglia di origini trentine dei D'Arco. Caratterizzato dall'ampia facciata neoclassica ispirata all'arte del Palladio, il Palazzo è sede museale per i tesori d'arte che contiene: tuttora arredato con i mobili della casata ospita importanti collezioni artistiche tra cui spiccano le tele settecentesche di Giuseppe Bazzani, una biblioteca di oltre seimila volumi e una collezione di strumenti scientifici. Vi si celebrò nel 1810 il processo a Andreas Hofer eroe tirolese.

    * Teatro Bibiena

    Il Teatro Scientifico dell'Accademia, capolavoro di Antonio Bibiena (1697-1774) fu inaugurato il 3 dicembre 1769. Poche settimane dopo, il 16 gennaio 1770, ospitò un concerto del giovane Mozart, non ancora quattordicenne. L'austera facciata neoclassica, opera del Piermarini, sembra celare la fantasiosa espressione tardobarocca del teatro che tanto entusiasmo suscitò in Mozart padre. Nello stesso edificio ha sede l'Accademia Nazionale Virgiliana fondata nel 1768.

    * Casa di Rigoletto

    Giuseppe Verdi ne musicò la storia e i mantovani gli diedero la residenza; verso la fine di Piazza Sordello si trova la casa del "Rigoletto", il buffone di corte Gonzaga. Il personaggio ha in realtà poco di mantovano, l'omonima opera di Verdi infatti venne tratta da un dramma di Victor Hugo e riadattata in territorio mantovano, trasformando il re di Francia nel duca di Mantova, e cambiando il nome del protagonista da Triboulet a Rigoletto. La struttura quattrocentesca accoglie la scultura del Rigoletto, opera di Aldo Falchi, sistemata nel piccolo cortile interno.

    * Palazzo Valenti Gonzaga

    Il Palazzo edificato nel diciassettesimo secolo, costituisce un impianto architettonico gigantesco, fastoso all'esterno e ricco d'affreschi e statue d'autore all'interno. Rappresenta anche uno degli esempi più importanti di architettura e decorazioni del periodo barocco a Mantova.

    * Casa della beata Osanna Andreasi

    Si tratta di un esempio unico di dimora mantovana costruita nel XV secolo, completamente affrescata e rimasta pressoché intatta sino ai nostri giorni.

    Musei e gallerie

    * Palazzo Ducale - Piazza Sordello, 40
    * Palazzo Te - Viale Te, 19
    * Museo della Città - Palazzo di San Sebastiano - Largo XXIV maggio,12
    * Museo Archeologico Nazionale- Piazza Castello
    * Museo Diocesano di Arte Sacra "F. Gonzaga" - Piazza Virgiliana, 55
    * Palazzo d'Arco - Piazza Carlo d'Arco, 4
    * Accademia nazionale Virgiliana di Scienze, Lettere e Arti - via Accademia, 47
    * Rotonda di San Lorenzo - Piazza Erbe
    * Casa del Mantegna - via G. Acerbi, 47
    * Sinagoga ebraica "Norsa Torrazzo" - via Gilberto Govi, 13
    * Collezione numismatica Banca Agricola Mantovana - Corso V. Emanuele II, 13
    * Galleria "Arte e Arti" Il patrimonio artistico della Camera di Commercio - via Pier Fortunato Calvi, 28
    * Galleria Museo di Palazzo Valenti Gonzaga - Via Pietro Frattini, 7
    * Casa della Beata Osanna Andreasi - via Pietro Frattini, 9
    * Museo Tazio Nuvolari e Learco Guerra - Piazza Broletto, 9
    * Galleria Storica del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco - Largo Vigili del Fuoco, 1

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    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 20:45
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    Ferrovia retica nel paesaggio dell'Albula e del Bernina



    La Ferrovia retica (in tedesco Rhätische Bahn (RhB) e in romancio: Viafier retica) è una compagnia ferroviaria che gestisce soprattutto ferrovie a scartamento ridotto (1.000 mm) e che si trova nel Canton Grigioni in Svizzera.
    La Ferrovia retica dispone di circa 385 km di linea ferroviaria.

    Storia


    La costruzione della ferrovia retica si deve all'iniziativa di un olandese, Willem-Jan Holsboer, che fu il promotore principale della linea ferroviaria da Landquart a Davos, la prima linea ferroviaria di quella che poi diventò la RhB.
    Il 7 febbraio 1888 fu fondata la società Schmalspurbahn Landquart-Davos AG (LD). Inizialmente si pensò di costruire una ferrovia a cremagliera per superare le pendenze presenti sul percorso. Fu progettata anche una variante con tre tornanti. Entrambi i progetti furono abbandonati a causa del successo della ferrovia del San Gottardo e fu decisa la costruzione di una linea ferroviaria tradizionale. La costruzione cominciò il 29 giugno 1888.
    Nel 1889 fu aperta la tratta tra Landquart e Klosters e dopo otto mesi fu aperto anche il tratto finale fino a Davos.
    In seguito ai progetti di espansione di Holsboer che intendeva allargare le linee ad altre zone del Canton Grigioni la ragione sociale venne modificata e nel 1895 la società assunse il nome attuale.
    Oggi la società è quasi interamente di proprietà pubblica con partecipazioni dello Stato Federale e del Cantone, con solo una percentuale del 5% in mano a privati. Nel 2002 il personale dell'azienda assommava a 1.479 persone.
    Le linee ferroviarie dell'Albula e del Bernina tra Thusis e Tirano (sul cui percorso transita in gran parte il Bernina Express) sono state inserite nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO il 7 luglio 2008 come esempi tecnicamente avanzati di gestione del paesaggio di alta montagna e come ferrovie a scartamento ridotto più spettacolari del mondo.

    Infrastrutture


    I binari, interamente a scartamento ridotto, sono per estensione i più lunghi della Svizzera dopo quelli delle Ferrovie Federali Svizzere e comprendono:

    * 61 km, elettrificati in corrente continua 1.000 V (la linea Tirano-St. Moritz);
    * 12 km, elettrificati in corrente continua 1,5 kV (la linea Castione-Cama) ;
    * 321 km, elettrificati in corrente alternata 11 kV 16,67 Hz (sulla Coira-Arosa e la linea della Vereina).

    Lungo la rete si trovano 84 tunnel (di cui quello del Vereina da 19,042 km - il più lungo d'Europa a scartamento ridotto - e quello dell'Albula da 5,865 km) e 383 ponti. La pendenza massima della rete a corrente alternata è del 4,5 %; quella della linea del Bernina raggiunge il 7 %.
    I punti di collegamento con le altre linee ferroviarie sono a Landquart e a Coira con le Ferrovie Federali Svizzere e a Tirano con le Ferrovie dello Stato italiane, anche se le stazioni tiranesi FS e RhB sono distinte.

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    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 20:46
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    CITAZIONE (Shagrath82 @ 25/7/2008, 15:43)

    Centro storico di Roma, le proprietà extraterritoriali della Santa Sede nella città e la Basilica di San Paolo fuori le mura
    Estensione del patrimonio di Roma ai beni compresi entro le mura di Urbano VIII


    Mitica Roma....:rulez: ma non hai scritto nulla! :(
     
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    CITAZIONE (Emperor86 @ 1/9/2008, 01:20)
    CITAZIONE (Shagrath82 @ 25/7/2008, 15:43)

    Centro storico di Roma, le proprietà extraterritoriali della Santa Sede nella città e la Basilica di San Paolo fuori le mura
    Estensione del patrimonio di Roma ai beni compresi entro le mura di Urbano VIII


    Mitica Roma....:rulez: ma non hai scritto nulla! :(

    appena ho tempo modifico il post, stai tranquillo ;)
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    Dolomiti



    Le Dolomiti (anche dette Monti pallidi) sono una sezione alpina delle Alpi Orientali, in Italia. Circa il 70% di queste montagne sono comprese all'interno della provincia di Belluno, il restante è distribuito fra le province di Bolzano, Trento, Vicenza, Udine e Pordenone.

    Delimitazione

    Normalmente con il termine Dolomiti si è soliti riferirsi a quell'insieme di gruppi montuosi, caratterizzati da una prevalente presenza di roccia dolomitica, convenzionalmente delimitati a nord dalla Rienza e dalla Val Pusteria, a ovest dall'Isarco e l'Adige con la valle omonima, a sud dal Brenta da cui si stacca la Catena del Lagorai al confine con la Val di Fiemme e a est dal Piave e dal Cadore.

    L'esistenza delle Dolomiti d'Oltrepiave, situate a est del fiume Piave, nelle province di Belluno, Udine e Pordenone (e anche in parte dell'Austria, in bassa Carinzia), delle Dolomiti di Brenta, collocate nel Trentino occidentale, delle Piccole Dolomiti, fra Trentino e Veneto, e di affioramenti sparsi sulle Alpi (ad esempio la cima del Gran Zebrù nel gruppo Ortles-Cevedale) evidenzia la natura puramente convenzionale di questa delimitazione territoriale (talvolta si parla anche di Dolomiti Orientali per riferirsi alla parte sopra menzionata, e di Dolomiti Occidentali, per riferirsi alle Dolomiti di Brenta).

    L'area dolomitica si estende tra le province di Belluno - entro i cui confini è situata la parte più rilevante - Bolzano, Trento, Udine e Pordenone.

    La SOIUSA, basandosi su criteri di delimitazione soltanto geografici, adotta confini diversi: inserisce in altre sezioni ammassi dolomitici come le Piccole Dolomiti e le Dolomiti di Brenta, mentre include nella sezione 31 degli ammassi porfirici come il Lagorai e la Cima d'Asta.

    Origine del nome

    Le Dolomiti prendono il nome dal naturalista francese Déodat de Dolomieu (1750-1801) che per primo studiò il particolare tipo di roccia predominante nella regione, battezzata in suo onore dolomia (carbonato doppio di calcio e magnesio, MgCa(CO3)2 ).

    Storia geologica

    La genesi di questo tipo di roccia carbonatica inizia attraverso l'accumulo di conchiglie, coralli e alghe calcaree e in ambiente marino e tropicale (simile all'attuale barriera corallina delle Bahamas, e dell'Australia orientale). In particolare, questi accumuli ebbero luogo nel Triassico, circa 250 milioni di anni fa (ricorda che il genere Homo compare 3 milioni di anni fa), in zone con latitudine e longitudine molto diverse dall'attuale locazione delle Dolomiti, dove esistevano mari caldi e poco profondi. Sul fondo dei mari si accumularono centinaia di metri di sedimento che si trasformarono, sotto il loro stesso peso e perdendo i fluidi interni, in roccia. Successivamente, lo scontro tra la placca europea e la placca africana (orogenesi alpina) fece emergere queste rocce innalzandole oltre 3000 m sopra il livello del mare.

    Il paesaggio attuale, spigoloso e ricco di dislivelli, compare all’occhio del turista come un crogiuolo disordinato di rocce che nulla ha a che fare con le barriere coralline. A determinare tale trasformazione sono stati: i piegamenti e le rotture delle rocce lungo piani di scorrimento (faglie), ai cui movimenti corrispondono altrettanti terremoti; episodiche esplosioni vulcaniche e relativi depositi; erosioni differenziali legate agli agenti atmosferici e ai piani di debolezza insiti nelle rocce.

    L'innalzamento delle rocce dolomitiche è tutt’ora in corso. Oggi le Dolomiti mostrano il biancore dei carbonati di scogliera corallina, l'acutezza di rocce coinvolte in orogenesi recenti, le incisioni di potenti agenti esogeni (ghiacciai, vento, pioggia, freddo-caldo…). Numerosi parchi naturali proteggono questa particolare natura e vari comitati ad hoc sono impegnati nel proporre le Dolomiti come patrimonio dell'umanità. Questo tentativo è stato coronato da successo nel Giugno del 2009 in quanto il World Heritage Committee ha all'unanimità deciso di includere le Dolomiti tra i patrimoni dell'umanità.
    Nel futuro geologico le Dolomiti continueranno a crescere inglobando nuovi settori di rocce sospinte dallo scontro tra le placche europea e africana (come per la catena himalayana); la scomparsa di questa spinta determinerà il prevalere degli agenti esogeni tendenti ad appianare e addolcire il paesaggio montano (come succede negli Urali).

    Vegetazione

    Sono presenti anche diversi pascoli in alta quota, come ad esempio l'Alpe di Siusi o gli Altipiani Ampezzani. Fino a 1800 m (versanti nord) o 2.200 m (versanti soleggiati) la vegetazione è formata principalmente da boschi conifere (abete rosso, abete bianco e pino silvestre), nelle alte quote da boschi di cirmolo e mughi.

    Tutela internazionale

    Il 26 giugno 2009 queste montagne sono state inserite nella lista del Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco. Tale decisione è stata presa a Siviglia dal World Heritage Committee all'unanimità da tutti i ventuno membri di tale comitato.

    Turismo

    Alcune fra le località di villeggiatura più conosciute presenti nelle vallate dolomitiche sono: Cortina d'Ampezzo nella Conca Ampezzana, Ortisei e Selva di Val Gardena in Val Gardena, Canazei nella Val di Fassa, Falcade e Canale d'Agordo in Valle del Biois, Cavalese nella Val di Fiemme, San Martino di Castrozza nel Primiero, Arabba nella Valle di Livinallongo, Corvara in Val Badia, Pinzolo e Madonna di Campiglio in Val Rendena.

    Gruppi

    Comunemente si indica la Marmolada come la cima più alta, con i suoi 3.343 m s.l.m., ma è da notare come questa formazione non sia affatto costituita da dolomia, bensì in prevalenza da calcari bianchi molto compatti derivati da scogliere coralline, con inserti di materiale vulcanico (quindi a rigore la Marmolada non farebbe parte del gruppo).

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    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 20:47
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