I siti protetti dell'Unesco della Francia

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    Antichi insediamenti sulle Alpi



    I Siti palafitticoli preistorici dell'arco alpino sono una serie di 111 siti archeologici palafitticoli localizzati sulle Alpi o nelle immediate vicinanze. I siti si trovano in Svizzera (ben 56 siti), Austria, Francia, Germania, Italia e Slovenia. Dal 2011 gli insediamenti sono inseriti nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.

    Gli scavi sono stati condotti solo in alcuni dei siti ed hanno permesso di comprendere la vita dell'epoca preistorica durante l'età neolitica e del bronzo nell'Europa alpina e come le comunità interagivano con l'ambiente. Durante la nomina è stato dichiarato che gli insediamenti sono un gruppo unico eccezionalmente ben conservato di siti archeologici culturalmente ricchi, che costituiscono una delle fonti più importanti per lo studio delle prime società agrarie della regione.

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    Causses e Cevenne, paesaggio culturale agro-pastorale del Mediterraneo



    Le Cevenne sono una catena montuosa della Francia centro-meridionale, divisa fra i dipartimenti del Gard, Lozère, Ardèche, e Alta Loira e sono una parte del Massiccio Centrale. Corrono per 64 km da sud-ovest (Montagna Nera o Montagne Noire) a nord-est (Monti del Vivarese), colla cima più alta nel Monte Lozère (1702 m). Altra cima importante è il Monte Aigoual (1567 m). L'altezza media è di 1100 m.

    La catena costituisce lo spartiacque fra i bacini del Rodano ad Est e della Garonna ad Ovest. La Loira e l'Allier scorrono in direzione dell'Atlantico come del resto anche il Tarn ed il Lot che prima però s'immettono nella Garonna. Altri fiumi come l'Ardèche, lo Chassezac, il Cezè, il Gardon, il Vidourle, l'Hérault ed il Dourbie scorrono tutti in direzione del Mediterraneo e molti di loro sono affluenti del Rodano.

    Due gole si trovano vicino quest'area: la gola del Jonte e la gola del Tarn.
    La regione ospita un parco nazionale, il Parco Nazionale delle Cevenne (Parc National des Cévennes), creato nel 1970 ed un Parco naturale regionale dei monti d'Ardèche.
    Il termine Cevenne (in francese Cévennes) deriva dal gallico Cebenna, poi latinizzato da Cesare in Cevenna.
    La densità abitativa media è di 14 ab/km². Le principali attività economiche della zona sono l'estrazione del carbone, l'allevamento di pecore e la coltivazione di olivi e altri alberi da frutto.
    La regione è famosa anche per la sua estesa comunità protestante, o Ugonotta. Durante il regno di Luigi XIV, la maggior parte della popolazione ugonotta lasciò la Francia, soprattutto in seguito all'Editto di Nantes del 1685, ma la comunità delle Cevenne per la maggior parte rimase, protetta dagli attacchi dall'orografia accidentata della regione. Nel 1702, questa popolazione, col nome di Camisardi, insorse contro la monarchia. Le due parti arrivarono ad una pace solo nel 1715.
    In francese l'aggettivo derivato da Cévennes è Cévenol (fem. Cévenole) come nella Symphonie Cévenole di d'Indy, un compositore originario d'Ardèche.
    La catena montuosa dà anche il suo nome ad un fenomeno meteorologico che sussiste quando aria fredda dell'Atlantico incontra aria calda dei venti mediterranei e causa forti scrosci di pioggia autunnali che spesso portano anche ad inondazioni. Questi sono chiamati épisodes cévenols.
    Il 28 giugno 2011 le Cevenne con il Causses sono state inserite nella Lista dei patrimoni dell'umanità dell'Unesco.

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    Bacino minerario del Nord-Passo di Calais



    UNESCO_Bacino_Minerario_Nord_Pas_de_Calais_Francia



    Il bacino minerario del Nord-Passo di Calais rappresenta una testimonianza reale “della ricerca di un modello di città per i lavoratori dalla metà del XIX secolo fino al 1960 e illustra un periodo importante nella storia dell'Europa industriale”.
    Sono infatti tre secoli di sfruttamento del carbone a essere protetti attraverso più di 100.000 km di gallerie, 4000 ettari di paesaggio, 600 pozzi, 17 fosse, 21 castelletti, 51 discariche, varie infrastrutture per il trasporto del carbone, 3 stazioni ferroviarie, case di minatori e uffici delle compagnie minerarie.
    Arricchiscono inoltre questo variegato retaggio patrimoniale 87 comuni, 38 scuole e gruppi scolastici e 26 edifici religiosi, elevando al rango di eccezionale e universale la vita comune di migliaia di minatori che, tra il 1720 e il 1990, hanno estratto oltre due miliardi di tonnellate di carbone fino a 1000 metri di profondità.
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    Grotta decorata di Pont d'Arc, nota come Grotta Chauvet-Pont d’Arc, Ardèche



    Chauvethorses



    La grotta Chauvet è uno dei più noti e importanti siti preistorici europei, ricco di testimonianze, simboliche ed estetiche, del Paleolitico superiore (Aurignaziano).
    La grotta Chauvet si trova in Francia, presso Vallon-Pont-d'Arc, nell'Ardèche (regione Rhône-Alpes). La sua scoperta risale al 18 dicembre 1994 a opera dello speleologo e fotografo Jean-Marie Chauvet accompagnato da due amici, Éliette Brunel e Christian Hillaire. Chauvet ha sistematicamente esplorato la zona alla ricerca di grotte archeologiche, in quanto riteneva, a ragione, che l'area potesse dare un importante ritrovamento. E infatti, dopo aver scoperto ed esplorato più di venti grotte con pitture, grafiti e reperti, ha trovato la magnifica grotta Chauvet.
    La grotta corre per oltre 500 metri all'interno della montagna, e fu scavata nei secoli dal fiume Ardèche. Di grandissima bellezza, ha lunghe pareti traslucide di cristalli e cupole iridescenti. Viene resa famosa dalla scoperta, nel 1994, di numerose pitture parietali risalenti all'uomo di Cro-Magnon, del Paleolitico superiore. Il nostro antenato abitava all'epoca questa zona che offriva un paesaggio simile alla tundra, ed era desolata e fredda.
    La grotta presenta pitture e incisioni di diversi animali quali bisonti, mammut rossi, gufi, rinoceronti, leoni, orsi, cervi, cavalli, iene, renne ed enormi felini scuri. Soli o ritratti in branco, nei colori resi disponibili dagli elementi naturali, gli animali ritratti assommano ad oltre 500 opere databili a circa 32 mila anni fa. Possiamo ipotizzare che questo luogo fosse un importante centro di culto dell'epoca.
    Le figure hanno un dinamismo potente e la mancanza di definizione (molte sono abbozzate, ma non terminate) contribuisce a dare all'insieme un carattere magico e quasi ipnotico. Gli animali paiono uscire dalla roccia stessa o rientrarvi a seconda della prospettiva e dei giochi di luce. Questo tipo di organizzazione estetica è comune a tutta l'arte visiva del Paleolitico. Nella grotta troviamo anche ossa di vari animali (non ossa umane), teschi di ursus spelaeus e una roccia che per risalto e forma può sembrare quasi un altare primitivo, su cui tra l'altro è appoggiato un teschio, quasi fosse stato offerto od utilizzato per qualche rito.

    Pitture e incisioni: un'ipotesi sul significato
    Le pitture, di grande forza espressiva sono molto vicine ai nostri canoni estetici attuali, ma sul loro significato profondo possiamo solo fare ipotesi. Un'ipotesi è che le pitture siano opera di individui iniziati ai culti dell'epoca, basati sull'idea che le grotte fossero luoghi di incontro con esseri mostruosi, possenti e magici. L'incontro con queste creature era legato a riti iniziatici basati su prove di coraggio contro l'ignoto, il nascosto e contro il dolore delle mutilazioni, che qualificavano la persona come adulta, abile alla caccia e a generare figli.
    Entrambe le attività legavano inscindibilmente un senso di pericolo mortale e di prepotente desiderio di vita. Questa impostazione permane tutt'oggi in molte tracce di culti tribali dall'Australia all'Africa e la si ritrova nelle testimonianze dei riti dell'Antico Egitto e persino dell'Antica Grecia.
    In tutti questi luoghi, le testimonianze parlano di esseri mascherati che impersonavano il leone che attacca i genitali del ragazzo e vi lascia un segno. Il segno del coraggio e del passaggio alla vita adulta. Lo stesso segno (la ferita della circoncisione) lo porrà lui alla sua donna al primo atto sessuale (deflorazione), e agli animali che ucciderà nella caccia, attività fondamentali che solo dopo l'iniziazione gli verranno concesse assicurando a lui e al suo clan sopravvivenza e rinascita nei figli che verranno.

    La Sala del Fondo: il fulcro del viaggio.
    Se si accetta questa teoria, la sala più interna della grotta Chauvet (la Sala del Fondo), avrebbe potuto rappresentare il fulcro del viaggio iniziatico. Qui infatti scende un pendente che si innalza a 1,20 m dal suolo, e da questo uno strano essere ibrido e antropomorfo guarda la parete dinnanzi. Ha corna frontali che gli danno il vago aspetto di un bisonte e occhi tondi come se fossero di un insetto. Alcuni lo hanno chiamato lo Stregone della grotta.
    Il pendente ha una chiarissima forma fallica e si pone davanti ad una cavità dall'evidente forma vaginale. Le forme del pendente, incompiute e difficili da analizzare, paiono tracciare le linee opulente di un corpo femminile, molto simili alle statuette a tutto tondo reperite in numerosi luoghi in Europa. Il simbolismo femminile di generazione e rinascita è prepotente e influenzerà tutte le epoche a venire, sino ad arrivare a noi.
    Questa suggestiva fusione di forme maschili e femminili, animalesche e umane, aiutata dalle caratteristiche proprie della "sala" stessa deve averle dato una valenza particolare. Una terza figura unisce la donna all'essere ibrido ed è una chiara figura leonina, che ancora rimanda al cerchio morte-vita-rigenerazione che emerge chiaramente in tutte le testimonianza di questo nostro passato ancestrale. La figura del leone diverrà una figura mitica ed allegorica sin nei bestiari medioevali, restando associata ai suoi significati originari. Il leone viene ad impersonare la figura di un Dio arbitro di morte e portatore di vita, ma soprattutto di una rinascita totale che è fuori dalle possibilità dell'uomo.
    Questa ipotesi suggestiva si basa sull'analisi comparata di forme religiose arcaiche sopravvissute sino ad oggi o documentate (a partire da Frazer, ne Il ramo d'oro e poi in molti altri studi) più che su fatti archeologici, ritrovamenti o prove. La realtà è che non sappiamo nulla di una cultura che - definita appunto "pre (i) storica" - non ha lasciato molto di sé. Ipotesi per ipotesi altrettanto suggestiva potrebbe essere la teoria secondo cui un individuo asociale, magari emarginato o pazzo, sia penetrato nella grotta e suggestionato dal luogo abbia incominciato a dipingere. O magari si trattasse di un recluso, che spezzava le ore di monotonia, appunto, disegnando. Come si vede, non ne sappiamo abbastanza, e dobbiamo tenerci lontani dal confondere le ipotesi (spesso ispirate da contaminazioni vagamente new age) dai fatti.
    Quello che emerge dai "fatti" è solo che vi sono molte pitture eseguite da uno stesso individuo (riconoscibile perché c'è traccia di un suo lieve difetto fisico: il quinto dito della mano destra presenta la falangina lievemente piegata verso l'interno), che molte pitture hanno al di sotto tracce di immagini precedenti anche di 5000 anni, che non vi sono resti umani, che la grotta una volta era meno profonda e disagevole (si è poi sigillata a causa di una frana), che vi venivano adoperate torcie in legno, che era frequentata dagli orsi NON si sa se contemporaneamente alla frequentazione umana, che le pitture paiono così fresche perché ricoperte di calcite, che chi l'ha frequentata 30000 anni fa non ha visto molte concrezioni e stalattiti che vediamo oggi in quanto non ancora formate (fonte: Cave of Forgotten Dreams di Werner Herzog).

    Cenni sul Paleolitico, la sua struttura sociale e i suoi simbolismi.
    Il Paleolitico superiore fu un'epoca ricca di evoluzioni nella tecnologia della lavorazione della pietra, dei materiali scolpibili (steatite, avorio) e nella produzione di nuove armi e tecniche di raccolta.
    È caratterizzata da un'arte volta alla scultura e all'incisione di figure femminili, solitamente in pietra o avorio, di gioielli e soprattutto di ornamenti, simbolo di appartenenza ad un credo e ad un gruppo sociale. Questi sono usualmente fatti di conchiglie, denti animali e steatite. I reperti di questo periodo sono altamente figurativi e spesso complessi, grazie ad una struttura sociale che, supponiamo, era in grado di comunicare, tramandare e trasporre visivamente concetti simbolici articolati che caratterizzeranno l'opera umana in tutti i periodi a venire.
    I materiali usati in queste lontane forme d'arte sono moltissimi e scelti con cura, come con cura erano lavorati. Ulteriori reperti ci dicono chiaramente che la musica faceva già parte dell'espressività di quei popoli.
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    Giurisdizione di Saint-Emilion



    St-emilion_27-01-2008



    Saint-Émilion è un comune francese di 2.072 abitanti situato nel dipartimento della Gironda nella regione dell'Aquitania.
    Il paese è compreso nella lista del Patrimonio dell'umanità e conserva una chiesa monolitica e un'altra chiesa romanica.
    La zona dove sorge il paese, nella valle della Dordogna, è un'importante zona vinicola del comprensorio del Bordeaux.
    Il suo centro storico dal 1999 è patrimonio mondiale dell'Umanità dell'UNESCO.
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    Centro Storico di Avignone



    1280px-AvignonePalazzoPapi



    La frequentazione umana nel sito della città risale al periodo paleolitico. Un villaggio neolitico della "cultura di Chassey" nacque intorno al 3000 a.C. e si sviluppò nel millennio successivo fino ad occupare una notevole estensione tra le pendici del Rocher des Domes e la riva del fiume.
    Il nome della città risale a circa il VI secolo a.C., quando si trovava nei territori dei Galli Cavari (Aouenion). Del nome esistono due interpretazioni: "città del vento violento" o "signore del fiume". Altre fonti ne fanno rimontare l'origine al termine celtico mignon (palude costiera), preceduto dall'articolo. Fu anche emporio foceo, con propria monetazione (con il nome di Aoye).
    Sotto i Romani con il nome di Avenio è citata sotto Augusto tra le città della Gallia e fu colonia latina sotto Claudio e ottenne la cittadinanza romana sotto Adriano.
    Nell'alto Medioevo fu cittadella avanzata dei Burgundi. Nel 1129 divenne comune indipendente, con governo presieduto dal vescovo. Alleata di Tolosa fu presa dal re Luigi VIII di Francia nel 1226, all'inizio della crociata albigese, e le mura furono distrutte. Le mura ricostruite furono ancora smantellate quando nel 1251 la città entrò a far parte dei domini del duca di Angiò.
    Avignone è conosciuta come antica città papale, a seguito della scelta di papa Giovanni XXII nel 1316 di farne la propria sede. In totale otto papi governarono sul seggio cittadino, dei quali due scismatici, risiedendo nel castello detto "Palazzo dei Papi" che fu progressivamente ampliato dai vari pontefici:
    Clemente V (1305-1314) (portò inizialmente la sede papale da Poitiers a Carpentras nel 1313, lasciando ad Avignone la Corte)
    Giovanni XXII (1316-1334) (portò definitivamente la sede papale ad Avignone nel 1316)
    Benedetto XII (1334-1342)
    Clemente VI (1342-1352)
    Innocenzo VI (1352-1362)
    Urbano V (1362-1370)
    Gregorio XI (1370-1378)
    antipapa Clemente VII (1378-1394)
    antipapa Benedetto XIII (1394-1423)

    Dopo la partenza dei papi, la città - che continuò, con il circostante Contado Venassino, a fare parte dello Stato della Chiesa - fu governata da un legato pontificio e quindi da vice-legati. Come exclave straniera in Francia beneficiò di un notevole ruolo in campo commerciale e finanziario.
    Il 20 agosto 1372 ad Avignone venne firmato il famoso trattato di pace da Giovanna I di Napoli e Federico IV di Aragona e con l'assenso di Papa Gregorio XI che pose fine al conflitto dei Vespri siciliani. Nel 1791, durante la rivoluzione francese, la città venne occupata militarmente e votò per l'annessione alla Francia, ufficializzata nel 1797 dal Trattato di Tolentino.
    Nel XIX secolo divenne capoluogo di un dipartimento a vocazione prevalentemente agricola. Alla fine dello stesso secolo si ebbe una rinascita culturale provenzale che culminò con l'assegnazione a Frédéric Mistral del Premio Nobel per la letteratura nel 1904.
    La vocazione turistica si sviluppò soprattutto dopo la creazione del festival teatrale nel 1948.

    Monumenti e luoghi d'interesse
    La città è circondata dalle mura difensive e le sue case antiche hanno grande fascino.
    Il Palazzo dei Papi e il ponte di Avignone (pont Saint-Bénezet), uno dei simboli della città, fanno parte dei Patrimoni mondiali dell'umanità dell'UNESCO.
    Il Palazzo dei Papi fu contemporaneamente residenza papale, luogo di culto, fortezza e sede amministrativa.
    Clemente V al suo arrivo ad Avignone si era insediato nel vasto Convento dei predicatori, sulle rive del fiume, mentre il suo successore Giovanni XXII, che era stato vescovo della città, si trasferì nel suo vecchio palazzo episcopale, che fece ingrandire e ridecorare, aggiungendovi sul lato sud una sala di udienza. Trasformò inoltre l'antica chiesa di Santo Stefano, sul fianco sinistro della cattedrale, in cappella pontificale.
    A partire dal 1334 Benedetto XII intraprese grandi lavori nel palazzo, incaricandone Pierre Poisson. Inizialmente fu costruita una grande torre a sud del vecchio palazzo episcopale e una nuova grande cappella pontificale su due livelli sovrapposti. Successivamente verso nord vennero costruite le ali degli appartamenti privati e la torre dello Studio. Contemporaneamente venivano progressivamente distrutte le altre ali del palazzo più antico, sostituite da nuovi corpi di fabbrica, articolati ciascuno intorno ad un cortile: ad est gli ambienti ufficiali della corte, a ovest gli alloggi dei familiari, a sud i vasti appartamenti per gli ospiti. I lati sud e est furono fortificati da un possente bastione.
    Clemente VI ingrandì ancora il palazzo: fu costruita la torre del Guardaroba che si addossava alla precedente torre del Papa e fu affidato l'incarico di costruire nuovi corpi di fabbrica verso sud e ovest a Jean de Louvres, originario della regione parigina, che realizzò a partire dal 1345 l'ala meridionale, con la Grande Audience e la Grande Chapelle, e l'ala ovest per alloggiare i principali dignitari della corte.
    A quest'epoca risale la maggior parte delle decorazioni del palazzo: il pittore Matteo Giovannetti e la sua bottega crearono i cicli di affreschi sui temi della grandezza della Chiesa e sui legami tra Roma e Avignone. Negli appartamenti privati del papa altri pittori non identificati realizzarono una decorazione naturalistica inedita, che rappresentava una foresta con le attività di caccia e pesca.
    Sotto Innocenzo VI furono costruite le torri di san Lorenzo e della Grazia e sotto Urbano V creò la galerie Roma nel giardino superiore.
    Il ponte di Saint-Bénezet, secondo la leggenda, fu edificato da un giovane pastore di nome Bénezet per ordine divino. Dapprima il progetto non venne nemmeno considerato dal re cui il pastore aveva chiesto di poterlo costruire, ma infine il re propose di accettare la richiesta di Bénezet a patto che egli riuscisse a spostare un gigantesco masso. L'impresa ebbe buon frutto e il ponte fu edificato. Completato nel 1185 e più volte ricostruito, ne restano oggi solo quattro arcate e una cappella per via di varie inondazioni. Dal ponte di Avignone prende il nome la tradizionale canzone per bambini Sur le pont d'Avignon.
    La cattedrale di Notre-Dame des Doms (XII secolo) è l'unico edificio romanico interamente conservato della città. Vi si custodisce fra l'altro un organo, dalla notevole cassa dorata, costruito nel 1820 dall'organaro italiano Lodovico Piantanida.
    L'abbazia di Saint-Ruf fu fondata fuori le mura in epoca carolingia su un edificio di culto più antico e fu ricostruita nel 1139 dai canonici della cattedrale. Restano le rovine della chiesa romanica, della seconda metà del XII secolo.
    La chiesa di Saint-Didier, interamente ricostruita tra il 1356 e il 1359 in stile gotico provenzale e a navata unica, conserva affreschi dell'epoca.
    Nel periodo papale furono edificati anche altri palazzi di grandi dignitari ecclesiastici nella città, tra i quali si distingue il palazzo Ceccano, edificato intorno al 1340 dal cardinale Annibaldo da Ceccano, paese oggi in provincia di Frosinone, che oggi ospita la biblioteca municipale.
    Il Petit Palais fu costruito come residenza cardinalizia e divenne quindi sede arcivescovile. Deve il suo aspetto attuale alla ricostruzione del 1481-1495, voluta dall'arcivescovo-legato Giuliano della Rovere, futuro papa Giulio II. Ospita oggi un museo di arte medioevale (Musée du Petit Palais). Tra le opere conservate il monumento funebre al cardinale La Grange.
    Al primo quarto del XVI secolo risale la facciata della chiesa di Saint'Pierre, in stile gotico flamboyant. Le porte in legno scolpito sono del 1551.
    Esempi di architettura contemporanea sono la chiesa di Saint-Joseph travailleur edificata nel 1969 dall'architetto Guillaume Gillet
    La città ebbe inoltre una nuova cinta fortificata a partire dal 1356, tuttora conservata con restauri di Eugène Viollet-le-Duc nel XIX secolo per la parte meridionale.
    Il palazzo dei Monnaies è un notevole esempio di architettura barocca, edificato nel 1619. Ospita oggi il conservatorio di musica.
    Il palazzo di Villeneuve-Martignan, costruito tra il 1741 e il 1753 dall'architetto Jean-Baptiste Franque, ospita attualmente il Museo Calvet (Musée Calvet), con collezioni di pitture e sculture dal XV al XX secolo.
    Il piccolo centro di Montfavet, compreso nel comune di Avignone, è conosciuto grazie al suo ospedale psichiatrico, situato sul Mont de Vergues, che ha ospitato per trent'anni la scultrice francese Camille Claudel (1864-1943).
    Un altro esempio di architettura moderna è rappresentato dalla nuova stazione ferroviaria, dell'architetto Jean-Marie Dutilleul con i due ponti ferroviari sul Rodano.
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    Campanili di Belgio e Francia


    800px-Belfry_Ghent



    I campanili di Belgio e Francia sono un impareggiabile insieme di 56 campanili, più specificatamente beffroi, costruiti nelle città del Belgio e della Francia nel corso dei secoli, inseriti a partire dal 1999 nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO come riconoscimento di una manifestazione architettonica di un'emergente indipendenza civica dalle influenze feudali e religiose nella storica regione delle Fiandre e nelle regioni circostanti, che ha portato ad un grado di democrazia locale molto significativa nella storia dell'umanità.
    L'UNESCO iscrisse 32 torri nel suo primo elenco di Campanili delle Fiandre e della Vallonia nel 1999. Nel 2005 vennero aggiunti anche il campanile di Gembloux (in Vallonia) e altri 23 campanili delle regioni francesi Nord-Passo di Calais e Piccardia, di conseguenza l'elenco venne rinominato con la sua designazione attuale. Un'esclusione eccellente è costituita dal campanile del Municipio di Bruxelles, dovuta al fatto che esso è già presente nell'elenco dei Patrimoni mondiali dell'umanità come parte della Grand Place.
    Oltre a campanili civici, o edifici come i municipi che ovviamente potevano rendere un servizio simile, la lista include edifici religiosi che servirono anche come torri d'osservazione: per esempio il campanile della cattedrale di Nostra Signora ad Anversa, o quello della cattedrale di San Rombaldo a Mechelen, o ancora quello della chiesa di San Leonardo a Zoutleeuw, tutti e tre nelle Fiandre. Alcune delle 56 torri non sono unite ad un altro edificio.
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    Pitons, circhi e scarpate dell'isola di Riunione



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    I Pitons, circhi e scarpate dell'isola di Riunione (in francese Pitons, cirques et remparts de l'île de La Réunion) sono un complesso di beni naturali presenti sull'isola di Riunione, territorio francese nell'Oceano Indiano, all'interno della vasta area tutelata del Parco nazionale della Riunione. Nel 2010, l'UNESCO ha classificato l'area come patrimonio mondiale dell'umanità.
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    La città di Le Havre ricostruita da Auguste Perret



    Le_Havre_Vue_Plage_14_07_2005



    Le Havre è un comune francese di 179.783 abitanti situato nel dipartimento della Senna Marittima nella regione dell'Alta Normandia.
    La città è situata sulla riva destra dell'estuario della Senna ed è importante per il suo porto affacciato sulla Manica. Per il traffico di merci si posiziona al secondo posto in Francia, subito alle spalle di quello di Marsiglia e contemporaneamente si piazza al nono posto in Europa per quanto riguarda il numero di container movimentati.
    L'UNESCO, il 15 luglio 2005, ha inserito il centro della città di Havre, nel patrimonio mondiale dell’umanità. La superficie di 133 ettari, rappresenta secondo l’UNESCO "un esempio eccezionale d'architettura e d’urbanistica del dopo guerra" ed è uno dei rari casi di siti contemporanei inscritti in Europa.
    Durante la seconda guerra mondiale, Le Havre subisce 132 bombardamenti, ma le distruzioni più importanti avvengono il 5 ed il 6 settembre 1944, allorché gli Alleati bombardano il centro della città ed il porto per indebolire gli occupanti.
    L'obiettivo è quello di facilitare i rifornimenti e l'avanzamento delle truppe alleate che sbarcheranno tre mesi dopo nella Bassa Normandia. Il bilancio dei bombardamenti è pesante: 5.000 morti, 80.000 senza tetto, 150 ettari rasi al suolo, 12.000 immobili distrutti. Il porto è distrutto, 350 relitti giacciono sul fondo del mare e sia la rada che l'estuario della Senna sono minati.
    Nella primavera del 1945, il Ministero della Ricostruzione e dell’Urbanistica affida il progetto di ricostruzione del centro della città di Havre allo studio Perret, che pensa di radere al suolo tutte le vecchie strutture ed applicare le teorie del classicismo strutturale. Il materiale ritenuto idoneo per l’edificazione degli edifici è il calcestruzzo e la pianta è una trama ortogonale.
    Le difficoltà economiche sono dovute alla deindustrializzazione ed alle trasformazioni del commercio portuale; inoltre la crisi petrolifera spiega anche il ristagno industriale della metà degli anni settanta. Le Havre rimane una roccaforte comunista fino agli anni novanta; in seguito la città inizia un processo di riconversione e la municipalità opera per la rinascita del porto rafforzando la sua immagine.
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    Grotta decorata di Pont d'Arc, nota come Grotta Chauvet-Pont d'Arc, Ardèche

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    La grotta Chauvet è uno dei più noti e importanti siti preistorici europei, ricco di testimonianze, simboliche ed estetiche, del Paleolitico superiore (Aurignaziano). È il più antico esempio di arte preistorica del mondo.

    Localizzazione geografica della grotta Chauvet
    La grotta Chauvet, che prende il nome dal suo scopritore, si trova presso Vallon-Pont-d'Arc nell'Ardèche (regione Rhône-Alpes). La sua scoperta risale al 18 dicembre 1994 a opera dello speleologo e fotografo Jean-Marie Chauvet, accompagnato da due amici, Éliette Brunel e Christian Hillaire. Chauvet aveva sistematicamente esplorato la zona alla ricerca di grotte archeologiche, ritenendo, a ragione, che l'area potesse dare un importante ritrovamento. E infatti, dopo aver scoperto ed esplorato più di venti grotte con pitture, graffiti e reperti, ha trovato la magnifica grotta che ora porta il suo nome.

    La grotta Chauvet: cosa ospita?
    La grotta corre per oltre 500 metri all'interno della montagna, e fu scavata nei millenni dal fiume Ardèche. Di grandissima bellezza, ha lunghe pareti traslucide di cristalli e cupole iridescenti. Viene resa famosa dalla scoperta, nel 1994, di numerose pitture parietali risalenti all'uomo di Cro-Magnon, del Paleolitico superiore. Il nostro antenato abitava all'epoca questa zona che offriva un paesaggio simile alla tundra, ed era desolata e fredda.
    La grotta presenta pitture e incisioni di diversi animali quali bisonti, mammut rossi, gufi, rinoceronti, leoni, orsi, cervi, cavalli, iene, renne ed enormi felini scuri. Soli o ritratti in branco, nei colori resi disponibili dagli elementi naturali, gli animali ritratti assommano ad oltre 500 opere databili a circa 32000 anni fa. Possiamo ipotizzare che questo luogo fosse un importante centro di culto dell'epoca.
    Le figure hanno un dinamismo potente e la mancanza di definizione (molte sono abbozzate, ma non terminate) contribuisce a dare all'insieme un carattere magico e quasi ipnotico. Gli animali paiono uscire dalla roccia stessa o rientrarvi a seconda della prospettiva e dei giochi di luce. Questo tipo di organizzazione estetica è comune a tutta l'arte visiva del Paleolitico. Nella grotta troviamo anche ossa di vari animali (non ossa umane), teschi di ursus spelaeus e una roccia che per risalto e forma può sembrare quasi un altare primitivo, su cui tra l'altro è appoggiato un teschio di orso, quasi fosse stato offerto o utilizzato per qualche rito.

    La Sala del Fondo: il fulcro del viaggio.
    Se si accetta questa teoria, la sala più interna della grotta Chauvet (la Sala del Fondo), avrebbe potuto rappresentare il fulcro del viaggio iniziatico. Qui infatti scende un pendente che si innalza a 1,20 m dal suolo, e da questo uno strano essere ibrido e antropomorfo guarda la parete dinnanzi. Ha corna frontali che gli danno il vago aspetto di un bisonte e occhi tondi come se fossero di un insetto. Alcuni lo hanno chiamato lo Stregone della grotta.
    Il pendente ha una chiarissima forma fallica e si pone davanti ad una cavità dall'evidente forma vaginale. Le forme del pendente, incompiute e difficili da analizzare, paiono tracciare le linee opulente di un corpo femminile, molto simili alle statuette a tutto tondo reperite in numerosi luoghi in Europa. Il simbolismo femminile di generazione e rinascita è prepotente e influenzerà tutte le epoche a venire, sino ad arrivare a noi.
    Questa suggestiva fusione di forme maschili e femminili, animalesche e umane, aiutata dalle caratteristiche proprie della "sala" stessa deve averle dato una valenza particolare. Una terza figura unisce la donna all'essere ibrido ed è una chiara figura leonina, che ancora rimanda al cerchio morte-vita-rigenerazione che emerge chiaramente in tutte le testimonianze di questo nostro passato ancestrale. La figura del leone diverrà una figura mitica ed allegorica sin nei bestiari medioevali, restando associata ai suoi significati originari. Il leone viene ad impersonare la figura di un Dio arbitro di morte e portatore di vita, ma soprattutto di una rinascita totale che è fuori dalle possibilità dell'uomo.
    Questa ipotesi suggestiva si basa sull'analisi comparata di forme religiose arcaiche sopravvissute sino ad oggi o documentate (a partire da Frazer, ne Il ramo d'oro e poi in molti altri studi) più che su fatti archeologici, ritrovamenti o prove. La realtà è che non sappiamo nulla di una cultura che – definita appunto "pre (i) storica" – non ha lasciato molto di sé. Ipotesi per ipotesi, altrettanto suggestiva potrebbe essere la teoria secondo cui un individuo asociale, magari emarginato o pazzo, sia penetrato nella grotta e suggestionato dal luogo abbia incominciato a dipingere. O magari si trattasse di un recluso, che spezzava le ore di monotonia, appunto, disegnando. Come si vede, non ne sappiamo abbastanza, e dobbiamo tenerci lontani dal confondere le ipotesi (spesso ispirate da contaminazioni vagamente new age) dai fatti.
    Quello che emerge dai "fatti" è solo che vi sono molte pitture eseguite da uno stesso individuo (riconoscibile perché c'è traccia di un suo lieve difetto fisico: il quinto dito della mano destra presenta la falangina lievemente piegata verso l'interno), che molte pitture hanno al di sotto tracce di immagini precedenti anche di 5000 anni, che non vi sono resti umani, che la grotta una volta era meno profonda e disagevole (si è poi sigillata a causa di una frana), che vi venivano adoperate torce in legno, che era frequentata da orsi non si sa se contemporaneamente alla frequentazione umana, che le pitture paiono così fresche perché ricoperte di calcite, che chi l'ha frequentata circa 30000 anni fa non ha visto molte concrezioni e stalattiti che vediamo oggi in quanto non ancora formate (fonte: Cave of Forgotten Dreams di Werner Herzog).

    Cenni sul Paleolitico, la sua struttura sociale e i suoi simbolismi.
    La grotta è ricca di evoluzioni nella tecnologia della lavorazione della pietra, dei materiali scolpibili (steatite, avorio) e nella produzione di nuove armi e tecniche di raccolta.
    È caratterizzata da un'arte volta alla scultura e all'incisione di figure femminili, solitamente in pietra o avorio, di gioielli e soprattutto di ornamenti, simbolo di appartenenza ad un credo e ad un gruppo sociale. Questi sono usualmente fatti di conchiglie, denti di animali e steatite. I reperti di questo periodo sono altamente figurativi e spesso complessi, grazie ad una struttura sociale che, supponiamo, era in grado di comunicare, tramandare e trasporre visivamente concetti simbolici articolati che caratterizzeranno l'opera umana in tutti i periodi a venire.
    I materiali usati in queste lontane forme d'arte sono moltissimi e scelti con cura, come con cura erano lavorati. Ulteriori reperti ci dicono chiaramente che la musica faceva già parte dell'espressività di quei popoli.

    La replica
    Ad Aprile 2015 è stata aperta al pubblico la replica della grotta Chauvet-Pont d'Arc, che permetterà a tutti di ammirare, tramite una perfetta riproduzione, la grotta e le sue manifestazioni d'arte parietale. È il più grande duplicato di grotta paleolitica mai realizzato al mondo, dieci volte più grande del facsimile di Lascaux. Tutti gli elementi geologici ed artistici, quali stalagmiti, stalattiti, formazioni rocciose, pitture e incisioni rupestri, sono stati riprodotti in scala 1:1 in un ambiente sotterraneo identico all'originale [1]. I sensi dei visitatori vengono stimolati dalle stesse sensazioni visive ed acustiche, riprodotte con estrema cura.
     
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    Colline, case e cantine di Champagne

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    Il territorio comprende i siti in cui è stato sviluppato il metodo di produzione di vini spumanti sul principio della rifermentazione in bottiglia sin dagli inizi del XVII secolo per la sua prima industrializzazione nel XIX secolo. La proprietà si compone di tre corpi distinti: i vigneti storici di Hautvillers, Ay e Mareuil-sur-Ay, Saint-Nicaise Hill a Reims, e l'Avenue de Champagne e Fort Chabrol a Épernay. Queste tre componenti: il bacino di approvvigionamento formato dalle colline storiche, i siti di produzione (con le loro cantine sotterranee) e i centri di vendita e distribuzione (le case di Champagne); illustrano l'intero processo di produzione di champagne. Il territorio porta la chiara testimonianza dello sviluppo di una attività artigianale altamente specializzata che è diventata un'impresa agroindustriale.
     
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    Climi, territori di Borgogna


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    La Borgogna (AFI: /borˈɡoɲɲa/[1]; in francese Bourgogne, /buʁ'gɔɲ/; in occitano Borgonha) era una regione della Francia centrale.
    Dal 1º gennaio 2016 è confluita nella regione Borgogna-Franca Contea.
    Era composta da 4 dipartimenti: Yonne (89), Côte-d'Or (21), Nièvre (58) e Saona e Loira (71, Saône-et-Loire). Sono inclusi nella regione 15 arrondissement, 174 cantoni e 2.045 comuni.

    Geografia fisica
    Il suo capoluogo è Digione (in francese Dijon). Le città principali, oltre a Digione, sono Chalon sur Saône, Auxerre, Mâcon e Nevers.
    Il territorio della regione confina con Île-de-France a nord-ovest, Champagne-Ardenne a nord, Franca Contea ad est, Rodano-Alpi a sud, Alvernia a sud-ovest e Centro a ovest.
    Caratteristiche della Borgogna sono le dolci ondulazioni e il verde senza fine. Infatti questa regione mantiene una densità abitativa bassa, di genere rurale e l'urbanizzazione in Borgogna è legata fortemente alle attività agricole, anche se poco prospere in quest'area della Francia, per via della scarsa produttività della regione; per questo essa ha conservato il suo notevole patrimonio naturale.
    La regione è quasi interamente occupata dal Plateau de Langres, modeste alture collinari che difficilmente arrivano a quote di montagna (639 m s.l.m.), scavato da numerosi fiumi e torrenti, tutti immissari della Saona, su cui si trovano le uniche, piccole zone pianeggianti. Dalla Saona parte anche il Canale di Borgogna, che la unisce alla Yonne e quindi alla Senna. Il clima è moderatamente continentale, a causa della lontananza dal mare; gli inverni sono dunque freddi (medie in gennaio da -1 a 2 °C) e le estati miti, con massime in luglio tra i 25 e i 28 °C.

    Storia
    Interno della basilica romanica di Vézelay.
    La Borgogna deve il suo nome all'antica popolazione germanica dei burgundi, che nel V secolo fondarono un reame nella Gallia romana centro meridionale. L'attuale regione francese della Borgogna corrisponde solamente ad una parte di questo antico regno, vale a dire quella che in epoche successive formò il cosiddetto Ducato di Borgogna.
    Il reame creato dai burgundi fu poi conquistato dai franchi nel 534 e da questi retto a titolo di re di Borgogna fino all'800, anno in cui fu formalmente annesso all'Impero carolingio e suddiviso in varie contee. In seguito, con lo smembramento dello stesso impero (a seguito del Trattato di Verdun dell'843), le varie contee del regno finirono sotto la giurisdizione del Regno di Lotaringia, per poi (a seguito del Trattato di Meerssen dell'870) esser spartite tra i regni di Francia e Germania. La parte francese della Borgogna venne poi a formare il Ducato di Borgogna, mentre le terre rimaste sotto la giurisdizione germanica furono suddivise in due grandi regioni: l'Alta Borgogna (o Borgogna Transgiurana, comprendente la Franca Contea di Borgogna) e la Bassa Borgogna (o Borgogna Cisgiurana, comprendente la Provenza). In seguito, nell'888, il conte Rodolfo di Borgogna riuscì a farsi incoronare re di tutta l'Alta Borgogna; nel 933, il suo figlio omonimo ottenne tramite accordi diplomatici anche la Bassa Borgogna e poté così fondare il Regno di Arles (o delle Due Borgogne).
    Intanto, il Ducato di Borgogna (costituito dalle contee di Mâcon, Chalon, Sens, Auxerre, Tonnerre, Nevers e Autun) rimaneva parte del Regno di Francia.
    Il Ducato di Borgogna e la Franca Contea vennero nuovamente riunite sotto un unico sovrano nel XV secolo, attraverso un ramo cadetto della dinastia dei capetingi, finché anche la linea dinastica dei Duchi di Borgogna si estinse in linea maschile. Essi erano strettamente imparentati con i Re di Francia e nel XV secolo erano cresciuti molto di potenza, grazie ad una serie di acquisizioni matrimoniali o di conquiste, tanto da poter giungere a creare un regno indipendente.
    Ad ogni modo non riuscirono mai a diventare sovrani completamente indipendenti, in quanto erano rimasti vassalli del re di Francia per il Ducato di Borgogna, per l'Artois e per le Fiandre, mentre allo stesso tempo erano vassalli dell'Imperatore per la Franca Contea di Borgogna, la Gheldria, l'Hainaut, il Brabante, il Lussemburgo ed altre terre.
    Nel 1477, alla morte dell'ultimo duca capetingio, Carlo il Temerario, il territorio del Ducato di Borgogna venne annesso direttamente ai domini reali di Francia, mentre la Franca Contea venne trasferita agli Asburgo attraverso il matrimonio di sua figlia, Maria di Borgogna, con l'imperatore Massimiliano I.
    Il ducato divenne quindi la généralité di Digione, creata nel 1542, comprendendo l'Autunois (regione di Autun), l'Auxerrois (regione di Auxerre), l'Auxois, il Châlonnois (regione di Chalon-sur-Saône), il Charollois (regione di Charolles), il Dijonnais (regione di Digione), il Mâconnais (regione di Mâcon) e la Montagne (o Châtillonais, regione di Châtillon-sur-Seine).

    Arte
    L'architettura borgognona raccolse l'eredità artistica dei luoghi di culto situati nelle cosiddette "vie della cultura romanica", ossia delle vie che conducono i pellegrini a Santiago di Compostela. Tipica dell'architettura borgognona furono la struttura delle piante a "cappelle radiali" e quella con "cappelle a gradoni", che consentiva la celebrazione di più messe contemporaneamente, utilizzata dagli ordini religiosi della congregazione cluniacense, di derivazione benedettina, di grande importanza per la diffusione del gusto romanico in Francia e nell'Europa occidentale.
    Le prime avvisaglie dell'architettura borgognona si ebbero già con la fase pre-romanica, storicamente collocabile intorno al 1000 d.C. Tra gli esempi più significativi e meglio conservati si annoverano la basilica del Sacro Cuore a Paray-le-Monial (XI secolo) e la chiesa di Anzy-le-Duc (XII secolo). In Borgogna si originò oltre all'architettura cluniacense anche quella cistercense. Notevole fu l'importanza di queste ultime strutture per la diffusione di un gusto gotico severo e austero, ben rappresentato dall'abbazia di Fontenay.
    La scultura borgognona fu caratterizzata da una grande energia espressiva e da una profonda maestria. Il centro da dove si irradiò questo nuovo stile fu Cluny intorno al XII secolo d.C., anche se già nel secolo precedente si riunirono presso il monastero numerosi artisti per realizzare pregevoli opere. La decorazione borgognona si caratterizzò per il vigore realistico, il dinamismo delle innovative sculture dei portali, la ricchezza e la vivacità. Tra gli esempi più preziosi della scultura borgognona si ricordano i due portali della chiesa di Charlieu, l'uno con l'Ascensione, l'altro con le Nozze di Cana, oltre alle decorazioni del coro della chiesa di Semur-en-Brionnais e il complesso del Paradiso Terrestre presenti in origine nell'abbazia di Cluny.
    Uno stile borgognone, di derivazione bizantina, si diffuse anche nella pittura, caratterizzato da figure maestose, colori vivaci e fondi blu, scene ispirate dal Vecchio e Nuovo Testamento. Tra gli esempi sopravvissuti nel secoli si possono citare il Cristo e quattro angoli su cavalli bianchi, presente sulla volta della cripta di Saint-Germain-d'Auxerre, e il Cristo in maestà fra gli Apostoli, visibile nella cappella cluniacense di Berzé-la-Ville. Di notevole spessore anche le miniature per i colori e per i temi come evidenziato nelle Vite dei Santi e nelle opere dei monaci della scuola di Citeaux.
    Quando la Borgogna raggiunse la sua maggiore importanza politica, intorno alla fine del XIV secolo, Digione divenne il primo centro artistico e pittorico di Francia, potendo raccogliere i migliori rappresentanti delle correnti francesi, italiane e, soprattutto, fiamminghe (i duchi di Borgogna della dinastia dei Valois possedevano la maggior parte delle Fiandre durante il Quattrocento). Interessante fu la sintesi tra il gusto aulico e cortese e quello realistico borghese. Dalle Fiandre arrivarono i contributi di Jean Malouel, Jan van Eyck e di Rogier van der Weyden per la pittura, Claus Sluter per la scultura.
    I duchi Valois furono committenti di numerose opere d'arte ed edifici, tra i quali la certosa di Champmol presso Digione che comprende il pozzo dei Profeti di Claus Sluter e ospitava opere di Van Eyck e le famose tombe dei duchi Filippo l'Ardito e Giovanni senza Paura. I fedeli dei duchi imitarono il loro patrocinio delle arti: è particolarmente rilevante la figura di Nicolas Rolin, nativo di Autun, cancelliere del duca Filippo il Buono, che fu il fondatore del Hôtel-Dieu di Beaune per il quale ordinò a Rogier van der Weyden il monumentale Polittico del Giudizio Universale. È inoltre rappresentato nella Madonna del cancelliere Rolin di Jan Van Eyck che commissionò.
    L'arte di corte ducale raggiunse il suo vertice nella miniatura, che espresse il gusto per le feste, per le caccia, per le sfilate e per i famosi banchetti. Non inferiore la produzione nella oreficeria, nella gioielleria, nel vasellame, negli arazzi.
    Gli ultimi sprazzi di arte della Borgogna ducale si ebbero nel XVI secolo nella chiesa di Brou, costruito in stile tardo-gotico.
    Nel Cinquecento, l'arte del Rinascimento fa irruzione in Borgogna, dove vari castelli vengono eretti ispirandosi dall'esempio dei castelli della Valle della Loira: il castello di Ancy-le-Franc, quello di Tanlay e quello di Sully sono gli esempi più famosi.
    Nel Seicento e nel Settecento, nonostante un ruolo minore sul piano politico in confronto ai secoli precedenti, la Borgogna resta una regione ricca e borghesi e nobili fanno costruire nello stile classico dell'epoca castelli in campagna e hôtel particuliers (palazzi cittadini) nelle grandi città come a Digione, dove il Palazzo dei Duchi di Borgogna viene ampliato nel corso del seicento e del settecento dall'architetto del re Jules Hardouin-Mansart (che ha lavorato a Versailles) e da Jacques Gabriel. Il palazzo ospita oggi il Museo delle belle arti di Digione, uno dei maggiori di Francia, che espone, tra l'altro, alcune delle opere più famose dell'arte borgognona medievale.
    La regione possiede due siti storici iscritti al Patrimonio mondiale dell'umanità dell'Unesco, entrambi eccezionali esempi dell'architettura romanica di cui la Borgogna fu una delle culle: l'abbazia di Vézelay e quella di Fontenay.

    Gastronomia
    Il vino
    La Borgogna è una zona di vini caratteristici, i più pregiati di Francia con quelli della regione di Bordeaux. I vini borgognoni vengono prodotti in una lunga e stretta striscia che si estende da nord a sud a partire da Digione su decine di chilometri fino alla regione di Lione. Le aziende vinicole della Borgogna si caratterizzano dalle loro piccole dimensioni, la maggior parte non superando i 10 ettari, e puntano perciò più su la qualità che su la quantità. La maggior parte della produzione viene di fatto esportata all'estero. I vini della Borgogna sono sia bianchi, prodotti con uve Chardonnay, sia rossi da Pinot Noir. Da questo vitigno in particolare, in Borgogna viene prodotto il vino più caro e pregiato del mondo, il famoso Romanée-Conti, prodotto su solo 1,8 ettari dell'omonimo Grand Cru di Vosne-Romanée, monopolio dell'azienda. Altri vini prodotti in Borgogna sono gli Chablis nella regione di Auxerre e il Beaujolais. Dalla Borgogna si ritiene sia originario uno dei vitigni più diffusi al mondo, lo Chardonnay, che dovrebbe la sua denominazione al paese di Chardonnay, nel sud della regione. In realtà la versione più plausibile è quella che vuole lo Chardonnay importato in Francia dai crociati di ritorno dalla Palestina, di cui il vitigno sarebbe originario, che portarono con sé il vino e i semi di quest'uva chiamata in ebraico Shaar-Adonay, ovvero la "Porta di Dio", in riferimento alla città santa di Gerusalemme, circondata da mura. Sarebbe perciò una distorsione francese della pronuncia ebraica sha'har-adonay, divenuto Char-donnay. E ciò vuole dire che è il villaggio di Chardonnay a derivare dal nome del vitigno e non viceversa.

    Cucina
    Accompagnando i vini, la Borgogna possiede una cucina tipica molto raffinata e variata a tal punto che viene considerata, con la città di Lione, il cuore della gastronomia francese. Tra le specialità più famose:

    Manzo alla borgognona
    Coq au vin
    Senape di Digione
    Asparagi di Ruffey
    Tartufi di Borgogna
    Lumache alla borgognona
    Uova en meurette
    Pollo alla Gaston Gérard
    Kir
    Prosciutto erborinato
    Prosciutto à la Chablisienne
    Ratafià di Borgogna (liquore)
    Pollo della Bresse
    Époisses (formaggio)
    Chaource (formaggio)
    Anice di Flavigny
     
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    L'opera architettonica di Le Corbusier, un contributo eccezionale al Movimento Moderno



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    Una selezione di diciassette siti sparsi in sette paesi per ricordare il grande contributo dato dall'architetto al Movimento Moderno
     
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    Taputapuatea



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    Taputapuatea è un comune francese (capoluogo Avera) del dipartimento d'oltremare delle Isole Sottovento, appartenente alla collettività d'oltremare della Polinesia francese.

    Si estende sulla parte orientale dell'isola di Raiatea, occupandone una superficie di 88 km². La popolazione, secondo il censimento del 2007, ammonta a 4.156 persone. Tali dati rendono Taputapuatea il più esteso e il più popoloso dei tre comuni dell'isola.

    Il comune di Taputapuatea è suddiviso amministrativamente nei tre comuni associati di Avera, Opoa e Puohine.

    Sul territorio comunale sorge il principale complesso di antichi marae polinesiani di Raiatea.

    Dal 2017 un'ampia area del territorio, comprendente due valli, una parte di laguna e barriera corallina e i marae è stata inclusa nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO
     
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    Deus ex machina
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    Area tettonica della Chaîne des Puys e faglia della Limagne

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    La chaîne des Puys, detta anche monts Dômes, è un complesso vulcanico che si estende per più di 30 chilometri, situato a ovest di Clermont-Ferrand, nel dipartimento del Puy-de-Dôme, in Alvernia-Rodano-Alpi, Francia. Si trova all'interno del Parco naturale regionale dei vulcani d'Alvernia.

    L'orientamento nord-sud della catena di vulcani è parallelo alla faglia che delimita la pianura della Limagne a ovest. La sua caratteristica sono il centinaio di vulcani chiamati puys, risalenti al periodo quaternario, con le prime eruzioni risalenti a circa 70000 anni fa e le più recenti a 8000 anni fa, il che porta la comunità scientifica ad affermare che una ripresa dell'attività vulcanica nella regione non appare improbabile. Quasi tutti i vulcani della catena, contrariamente ai vulcani del Cantal o dei monts Dore, sono edifici monogenici, ossia risultato di una sola fase di attività eruttiva, motivo della loro modesta taglia.

    La roccia che caratterizza questi vulcani è la Domite.
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