il topic del Rugby

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    Italia bruttina, ma basta e avanza per piegare 52-8 la Namibia

    Vittoria mai in discussione, ma gli azzurri si concedono troppe pause: c’è anche il bonus con le mete di Cannone, Garbisi, Lamb, Capuozzo, Faiva, Zuliani e Odogwu. Il 20 si torna in campo a Nizza: c’è l’Uruguay
    Roberto Parretta


    9 settembre - MILANO
    L’Italia ha aperto il suo Mondiale di rugby piegando per 52-8 la Namibia a Saint-Etienne per la Pool A. In fondo a una partita che non poteva rappresentare un pericolo, contro un avversario troppo inferiore sia atleticamente sia tecnicamente, ma concedendosi come al solito qualche ingiustificata pausa mentale di troppo, gli azzurri del c.t. Keran Crowley portano a casa anche il punto di bonus. Curiosamente l’Italia è in testa al girone con 5 punti, a +1 sulla Francia (che ieri ha sconfitto per 27-13 gli All Blacks). Gli azzurri torneranno in campo mercoledì 20 per sfidare l’Uruguay a Nizza, mentre la Namibia affronterà gli All Blacks venerdì 15 a Tolosa.


    PAUSE—
    Parte meglio la Namibia, che domina i primi minuti e guadagna la punizione con la quale Tiaan Swanepoel sblocca il risultato. L’Italia reagisce e a sua volta conquista due punizioni: sulla prima sceglie una touche che non porta a niente, sulla seconda all’8’ Tommy Allan decide di piazzare e pareggia. Al 22’ l’Italia ruba una touche dentro i 22 avversari e con la maul avanza fino alla linea di meta, fermarta dalla difesa irregolare del tallonatore Toorsten van Jaarsfeld, che rimedia il cartellino giallo. Sulla punizione gli azzurri vanno in touche a 5 metri, il lancio è portato giù al centro da Dino Lamb, la maul avanza facilmente e l’onore di firmare la prima meta tocca a Lorenzo Cannone. Al 15’ altra touche appena fuori i 22, gioco stavolta aperto veloce verso il centro del campo, palla a Paolo Garbisi che accelera, buca il primo placcaggio e si apre l’autostrada verso i pali. Allan le trasforma entrambe. Se è vero che l’Italia di Crowley mette in mostra ormai da due anni un gioco davvero brillante, è altrettanto vero che all’interno delle partite i giocatori si prendono pause mentali ingiustificabili e inspiegabili, incapaci di tenere altissima la concentrazione dall’inizio alla fine. E accade così che in superiorrità numerica gli azzurri si fanno assorbire dagli sfondamenti sotto i pali degli avanti africani, per concedere un inconcepibile spazio al largo che permette all’ala Gerswin Moution di schiacciare alla bandierina nonostante la disperata difesa di Monty Ioane. L’atteggiamento mentale ingiustificatamente pigro degli azzurri si paga anche in attacco, quando Danilo Fischetti cerca un inutile passaggio lungo nei 22 e si fa intercettare, facendo sfumare un attacco interessante. Si va al riposo sul 17-8, la vittoria non può essere messa in discussione, ma l’impressione è pessima.

    BONUS— L’Italia torna in meta al 46’: punizione guadagnata dalla mischia, touche a 5 metri, maul stoppata a pochi centimetri dalla meta, poi dopo qualche tentativo respinto, a sfondare da corta distanza è Lamb, con Allan che trasforma per il 24-8. Non è che l’Italia brilli, ma che l’atteggiamento sia un po’ cambiato si vede al 54’, quando su un pericoloso assalto namibiano alla linea di meta, Manuel Zuliani (subentrato a Sebastian Negri) piomba nel breakdown, ruba da terra la palla e conquista la punizione. Dalla touche sui 10 metri nasce poi l’attacco della quarta meta: break di Nacho Brex a sinistra, scarico su Ange Capuozzo che scambia con Ioane e vola in tuffo alla bandierina per il punto di bonus (e Allan fa 4/4). Ma resta un episodio isolato, in una partita complessivamente sempre giocata malino. Con tante punizioni e tanto possesso concesso ai namibiani, che intorno al 65’ si ritrovano a lanciare tre touche a 5 metri: ma la difesa azzurra tiene bene, rende inoffensiva la maul avversaria e riconquista la palla, uscendo con tanta sofferenza ma senza danni da un lungo assedio. Al 74’ un bellissimo passaggio lungo di Garbisi per Pierre Bruno (subentrato a Luca Morisi a inizio ripresa) permette all’ala di scavare un profondo break a destra, poi gli azzurri conservano il possesso e si avvicinano ai pali, fino allo sfondamento del subentrato tallonatore Hame Faiva. Al 78’ Zuliani trova la meritata soddisfazione personale: Martin Page-Relo (subentrato a Stephen Varney) sulla linea dell’out destro scarica all’interno per il flanker, che rompe un placcaggio e vola in meta. Tre minuti oltre il recupero arriva anche la meta di Paolo Odogwu, che con gli avversari ormai in ginocchio, si ritrova un’autostrada a sinistra fino alla bandierina. Allan le trasforma tutte e tre per il 52-8 finale.
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    andata bene direi contro la Nuova Zelanda...
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    Il Sudafrica vince la battaglia con la Francia: fuori i padroni di casa

    I campioni del mondo in semifinale: piegati i Bleus 29-28. Primo tempo spettacolare e tre mete per parte di Baille (2), Mauvaka, Arendse, de Allende e Kolbe, ma alla fine a decidere è quella di Etzebeth nel finale. Gli Springboks troveranno l’Inghilterra, nella replica della finale del 2019

    Roberto Parretta
    15 ottobre - MILANO
    È il Sudafrica a completare il quadro delle 4 magnifiche finaliste del Mondiale di rugby: a Saint-Denis, al termine di una fantastica partita, gli Springboks campioni del mondo in carica hanno sconfitto 29-28 la Francia padrona di casa. Il Sudafrica sfiderà sabato l’Inghilterra nella replica della finale di 4 anni fa. Per il Sudafrica (che non ha giocato le prime due edizioni) sarà la sesta semifinale in 8 partecipazioni (3 volte ha poi conquistato il titolo). Per la Francia, grandissima favorita della vigilia, si tratta invece di una sconfitta ancor più cocente di quella del Mondiale casalingo del 2007, dove arrivò almeno fino alla semifinale.

    FURIOSO—
    L'avvio dei francesi è furioso, mettono a ferro e fuoco i 22 metri avversari e sfondano al 4’: da una ruck a due passi dalla linea, Antoine Dupont serve corto e veloce alla sua destra Damian Penaud, che velocissimo tocca per il pilone Cyril Baille, che, servito dall’ala, fa lui l’ala e schiaccia alla bandierina (Thomas Ramos trasforma). La Francia sembra tracimare, sfiora un’altra meta (salvata da Eben Etzebeth) dopo una furiosa percussione del tallonatore Peto Mauvaka, ma poi al 9’ da un calcetto non formidabile di Cobus Reniach a saltare la prima linea di difesa, la palla cade senza essere toccata da nessuno sulla corsa di Kurt-Lee Arendse, che sbuca alle spalle di Ramos, raccoglie e vola in meta tutto solo. E al 18’ il risultato è ribaltato: calcio alto di Manie Libbok verso l’out di destra, Cameron Woki pasticcia in aria e regala la palla a Damian de Allende, che raccoglie e vola via, fermato a due passi dalla meta il centro poi si rimette subito in piedi e dopo il possesso conservato per due fasi dai suoi avanti, è proprio lui a ricevere il corto passaggio di Reinach e sfonda (Libbok trasforma solo la seconda). La Francia si scuote subito, lo sfondamento di Jonathan Danty costringe gli Springboks a commettere fallo davanti ai pali, Dupont batte velocemente e con un passaggio geniale libera alla bandierina di destra Mauvaka per il pareggio (che resta tale perché Cheslin Kolbe è un fulmine e scatta a stoppare il tentativo di trasformazione di Ramos). Kolbe che al 26’, dopo una palla rubata dai sudafricani nei 22 difensivi e dopo il geniale grubber di Jesse Kriel, raccoglie l’ovale e se ne scappa imprendibile in meta (che Libbok trasforma). Al 31’ da una touche a 5 metri i francesi organizzano qualche fase di pick and go fino allo sfondamento di Baille, con Ramos che trasforma per il 19-19. Poco prima dell’intervallo scontro pericoloso tra Etzebeth e Uini Atonio: il testa contro testa costa alla seconda linea sudafricana il cartellino giallo e Ramos infila la punizione che manda i bleus al riposo in vantaggio 22-19.

    IL SORPASSO— Non si abbassa il ritmo a inizio ripresa, ma a differenza del primo tempo, le velocità altissime e il bel gioco non si traducono in punti: i Bleus producono uno sforzo enorme occupando la metà campo avversaria, ma i sudafricani si difendono ferocemente, concedendo però al 53’ la punizione con la quale Ramos firma il +6. Al 67’ però sono i francesi costretti a difendere la linea di meta, concedono due falli e sul secondo vantaggio è proprio Etzebeth a tracimare in meta con un paio di avversari aggrappati alla schiena. Handre Pollard (subentrato a Libbok) trasforma, al 69’ infila un piazzato da 52 metri, poi dall’altra parte 3 minuti è Ramos a centrare i pali, riportando i suoi a -1. Ma le squadre sono allo stremo delle forze, con i francesi, se si vuole puntualizzare, che accusano maggiormente il peso della pressione e dello svantaggio. Con tutte la forza e il coraggio che resta, però, la Francia riesce a uscire dai suoi 22 per tornare nella metà campo avversaria, con il tempo che scade mantiene il possesso alla ricerca di una punizione, ma sul tentativo di avanzamento è il pilone Reda Wardi a farsi cadere il pallone dalle mani e a condannare i bleus all’eliminazione. E a regalare al Sudafrica la semifinale.
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    Inghilterra cinica: spezzato il sogno delle Figi. Finisce 30-24 ed è semifinale

    Troppi errori dei polinesiani, che rimontano le mete di Tuilagi e Marchant e pareggiano a 10 minuti dalla fine, ma poi pagano la tanta indisciplina. Decisivo il piede di Farrell

    Roberto Parretta
    15 ottobre - MILANO
    L’Inghilterra è in semifinale mondiale e attende la vincente di Francia-Sudafrica. Finisce 30-24 con le Figi a Marsiglia. La squadra del c.t. Steve Borthwick ha spezzato il sogno dei polinesiani grazie al piede di Farrell, che ha risolto il match arrivato sul 24-24 a 10 minuti dalla fine. Per l’Inghilterra sarà la sesta volta in semifinale: nei 5 precedenti, per ben 4 volte (1991, 2003, 2007 e 2019) è poi approdata in finale, perdendo solo nel 1995 con gli All Blacks. Per la terza volta si ferma invece ai quarti il cammino delle Figi (dopo 1987 e 2007), con le semifinali che restano ancora un sogno.

    CINISMO—
    La cosa che stupisce di più nei primi minuti è vedere l’Inghilterra trasformata in una squadra solida e che sa bene quello che va fatto, rispetto a quanto fatto da gennaio in poi, da quando Bortwhick era subentrato al licenziato Eddie Jones. Vinto il suo girone senza brillare particolarmente, approfittando più che altro della mancanza di avversari, l’Inghilterra fa subito capire all’avversario che tipo di partita sarà: prima punisce con cinismo l’indisciplina figiana sbloccando lo score con un comodo piazzato di Owen Farrell, poi al 13’ va in meta con Manu Tuilagi, che si allunga a schiacciare alla bandierina da corta distanza, a beneficiare del lavoro degli avanti che sgretolano la difesa avversaria con una serie di pick and go. Un improvvido placcaggio di Tom Curry offre al 20’ a Frank Lomani la possibilità di accorciare su piazzato, ma 3 minuti dopo è Joe Marchant a punire i figiani ancora da corta distanza, con Farrell che stavolta trasforma anche. Poi l’ala figiana Vinaya Habosi va testa contro testa su Marcus Smith e incassa l’inevitabile giallo, con Farrell che infila la punizione. Al 28’ la terza centro figiana Viliame Mata raccoglie una palla lunga alle spalle della difesa inglese e schiaccia, con Lomani che trasforma. Poi due piazzati di Farrell firmano il 21-10 sul quale si va al riposo.

    FINALE THRILLING— Il problema di Figi è quello di creare pericoli senza riuscire a trasformarli in punti, mentre dall’altra parte l’indisciplina costa carissima, con Farrell che infila un altro piazzato e ne manca uno di pochissimo al 59’, quando centra la traversa. Con una ventina di minuti da giocare, gli inglesi hanno due mete di vantaggio e sembrerebbe chiusa. Sembrerebbe, , visto che al 64’, dopo il bel break di Waisea Nayacalevu, Lomani serve il subentrato pilone che passa in mezzo a due belle statuine in maglia bianca e schiaccia in tuffo. Passano 4 minuti e le Figi si ritrovano di nuovo nei 22 avversari, con un due contro uno che permette a Isoa Nasilasila di lanciare in meta Vilimoni Botitu. Simione Kuruvoli (subentrato a Lomani) le trasforma per il clamoroso 24 pari. Al 72’ un bell’attacco inglese costringe i figiani a difendersi sotto i pali, con Farrell che da pochi passi infila un facile drop. Figi resta in attacco, ma una palla persa scatena il contrattacco di Ben Earl, che arriva fin dentro i 22 avversari, poi un fallo nella ruck regala a Farrell il piazzato del 30-24.

    AHI, L'ARBITRO...— L’ultimo possesso in attacco è figiano, la palla sembra persa, ma l’intervento di Farrell è un in avanti volontario, ma arbitri e Tmo risparmiano un giallo all’apertura inglese che sarebbe stato sacrosanto. E 6 minuti oltre il recupero gli inglesi, che difendono alla morte, ma anche sempre in fuorigioco senza subire punizioni, rubano palla in ruck e volano in semifinale.
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    All Blacks infiniti: domata un'Irlanda straordinaria. È semifinale coi Pumas

    Partita indimenticabile a Parigi. Neozelandesi per 20 minuti in 14, ritrovano se stessi e con le residue forze chiudono un match meraviglioso. Continua la maledizione dei quarti per gli irlandesi, battuti dopo 17 vittorie consecutive e ancora una volta fuori ai quarti
    Francesco Palma

    14 ottobre - MILANO
    Doveva essere una finale anticipata, così è stato: gli All Blacks tornano a giocare da All Blacks e vincono 28-24 nonostante i 20 minuti in 14 a causa dei gialli a Smith e Taylor. L’Irlanda non spezza la maledizione dei quarti di finale, interrompe la serie di 17 vittorie consecutive e cede alla Nuova Zelanda anche il trono di prima del ranking (per una notte, poi se lo giocheranno Francia e Sudafrica) in un match che non avrebbe sfigurato al posto di una qualsiasi finale delle precedenti edizioni del Mondiale. Decisiva la prestazione di uno strepitoso Jordie Barrett e i 21 placcaggi di capitan Sam Cane, tanto criticato quanto decisivo questa sera. Agli All Blacks toccherà l’Argentina.


    IL MESSAGGIO DELL'"8"—
    Del resto, che fosse una partita fuori dall’ordinario si era capito fin dalla Haka: durante l’esecuzione gli irlandesi si sono schierati a “8”, come nel 2016 a Chicago quando per la prima volta sconfissero gli All Blacks, e onorarono la memoria di Antony Foley, ex numero 8 irlandese scomparso poco tempo prima.

    A RITMO FOLLE— Gli All Blacks partono a mille: il primo assalto dura 6 minuti e 30 fasi, ma alla fine i neozelandesi devono “accontentarsi” di 3 punti con Mo’unga. Al 14’ Jordie Barrett sigla il 6-0 con un missile da metà campo, ma è al 19’ che i ritmi folli degli All Blacks fruttano la prima meta: Beauden Barrett calcia per sé stesso e buca la difesa irlandese, prende un placcaggio pazzesco da Lowe ma riesce a rimettere il pallone a disposizione. Fainga’Anuku riceve a sinistra, scambia con Rieko Ioane e marca per il 13-0 con la trasformazione di Mo’Unga. L’Irlanda cambia copione e il secondo calcio della sua partita lo manda in mezzo ai pali con Sexton, poi si scatena Bundee Aki, che nel momento più difficile prende in mano la squadra, evita 4 placcaggi e marca la meta del 13-10. La Nuova Zelanda ci mette un po’ ad assorbire il colpo, poi alla mezz’ora accelera e colpisce di nuovo: gli avanti fanno gran parte del lavoro, Jordie Barrett e Ioane rifiniscono e Savea finalizza per il 18-10. Gli All Blacks sembrano in controllo, ma Aaron Smith al 36’ la combina grossa: un avanti volontario gli costa il giallo, e con l’uomo in più l’Irlanda spinge. Gibson Park sceglie il momento giusto per staccarsi dalla maul avanzante, manda per le terre Jordan con una finta e segna. Sexton trasforma e il primo tempo si chiude con gli All Blacks avanti 18-17.

    UN TEMPO DI SPETTACOLO E FOLLIE— A inizio ripresa l’Irlanda ha ancora 6 minuti a disposizione con l’uomo in più, ma non li sfrutta. Una volta recuperato Smith, gli All Blacks accelerano di nuovo e con una fiammata di Mo’Unga mandano in meta Will Jordan. Sexton sbaglia un calcio facile – caso più unico che raro – poi però al 64’ l’Irlanda riapre la partita: Whitelock va a vuoto in rimessa laterale, maul irlandese straripante, Codie Taylor la fa crollare irregolarmente e Barnes assegna la meta tecnica, 7 punti automatici e giallo al tallonatore neozelandese. Il protagonista del finale è Jordie Barrett, che prima segna il calcio del 28-24, poi salva una metà già fatta tenendo alto Kelleher sugli sviluppi di un’altra maul irlandese straripante. Il finale è incredibile: l’Irlanda gioca 35 fasi nella metà campo neozelandese, avanza, è sempre più vicina alla meta ma all’83’ Sam Whitelock mette le mani sul pallone che vale la semifinale. Finisce 28-24, tra le lacrime degli irlandesi e la gioia degli All Blacks, che tornano – almeno per una notte – ad essere i più forti del mondo.
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    Pumas tutto cuore, resa Galles. Argentina in semifinale mondiale!

    Finisce 29-17. I gallesi dominanti in difesa durano 35 minuti, poi buttano via tutto: argentini bravi a soffrire e a reagire al momento giusto. Sarà la terza semifinale della loro storia
    Francesco Palma

    14 ottobre - MILANO
    Non sarà un’Argentina brillante come quella che l’anno scorso ha battuto gli All Blacks, ma la garra rimane la stessa: i Pumas resistono contro un Galles arrembante nel primo tempo, poi reagiscono e cambiano completamente la partita. Il 29-17 di Marsiglia vale la terza semifinale della storia argentina, dopo quelle del 2015 e del 2007. Grande delusione per un Galles che sembrava padrone del match: al 35’ era avanti 10-0 e non aveva concesso occasioni all’Argentina, poi il black-out e solo tanta, tantissima difesa. E i Pumas non si sono lasciati sfuggire l’occasione.


    QUANTI PLACCAGGI!—
    Solito copione, già visto con le altre: Galles che placca duro e resiste al primo affondo degli avversari (33 placcaggi solo nei primi 10 minuti), poi alla prima occasione colpisce. Biggar ispira e conclude: l’apertura gallese apre a destra per l’imbucata di North, fermato a fatica: il centro gallese riesce a servire da terra Gareth Davies che apre in due la difesa argentina, Biggar segue l’azione e riceve un pallone solo da schiacciare in mezzo ai pali. Al 15’ il gioco si interrompe: bisogna cambiare l’arbitro. Jaco Peyper esce zoppicante dal campo e viene sostituito dal primo assistente Karl Dickson. Il Galles sembra padrone della partita, l’Argentina - al di là di qualche iniziativa personale di Mallia e Facundo Isa – non trova sbocchi e dall’altra parte Biggar centra i pali per il 10-0, per poi sbagliare il calcio del possibile +13.

    BUIO GALLES, DOMINIO PUMAS— Dopo 35 minuti di dominio gallese i Pumas cambiano marcia: Gomez Kodela mette in difficoltà Gareth Tomas in mischia, l’Argentina entra per la prima volta nei 22 e conquista i primi 3 punti del match col piede di Boffelli. Prima dell’intervallo un’ingenuità di Josh Adams, che placca Cubelli senza palla e a gioco fermo, costa altri 3 punti al Galles, che si ritrova negli spogliatoi con un vantaggio più che dimezzato: 10-6. Nella ripresa l’Argentina trova il sorpasso: Boffelli mette dentro 2 calci nei primi 7 minuti, il secondo da oltre 50 metri, e porta in vantaggio i Pumas sul 12-10.

    TRIONFO ARGENTINO— Nel momento più difficile, il Galles riaccende la luce grazie al neo-entrato Tomos Williams, che raccoglie il pallone dal raggruppamento e trova un buco clamoroso lasciato da Gallo, fuori posizione. Il mediano di mischia, a quel punto, deve solo volare in mezzo ai pali per il 17-12. L’Argentina stavolta reagisce subito, e anche in questo caso sono i cambi a fare la differenza: entra il mediano di Rovigo, Bazan Velez, che aumenta il ritmo e ispira l’assalto all’arma bianca degli avanti, con Sclavi marca la meta del pareggio. Boffelli trasforma per il controsorpasso, poi dall’altra parte si scatena Rio Dyer, che porta a spasso mezza difesa argentina e serve al largo Rees-Zammit, che punta la bandierina ma viene miracolosamente placcato da Moroni a un passo dalla meta. Il Galles insiste, ma non ha più la forza di affondare il colpo: Costelow sbaglia completamente il passaggio per Tomos Williams, Sanchez capisce tutto, recupera il pallone e trova un’autostrada per la meta che chiude la partita. L’esperto mediano argentino mette la ciliegina sulla torta a tempo scaduto, con il calcio del definitivo 29-17 con cui l’Argentina conquista la semifinale.
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    Che rimonta del Sudafrica: gli Springboks eliminano l’Inghilterra e si giocheranno il Mondiale di rugby in finale contro gli All Blacks
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    Pumas senza scampo, gli All Blacks planano in finale: 5ª volta in 10 Mondiali

    Finisce 44-6, sette mete a zero. Argentina sovrastata fisicamente e incapace di ostacolare la Marea Nera. Sabato 28 a Parigi caccia al titolo
    Francesco Palma

    20 ottobre - MILANO
    Gli All Blacks conquistano la quinta finale mondiale (su 10 edizioni) della loro storia: nulla da fare per l’Argentina, demolita 44-6 in una semifinale senza storia. Nuova Zelanda superiore in mischia, in maul e capace di aprire continuamente spazi in mezzo al campo grazie ai suoi campioni. Altra prestazione mostruosa di Aaron Smith, che tra un mese compirà 35 anni. Mark Telea si riscatta alla grande dopo l’esclusione dai quarti per motivi disciplinari (era rientrato dopo l’orario stabilito, e se sei un All Black non puoi sgarrare), Will Jordan con una tripletta arriva a 31 mete in 30 partite giocate e Sam Cane si conferma leader di questo gruppo. Difficile comunque chiedere di più a questa Argentina, arrivata tra le prime 4 del Mondo per la terza volta nella sua storia: ci sarà comunque una finale per il 3° posto da giocarsi, per provare a replicare il podio del 2007.

    DOMINIO ALL BLACKS—
    I Pumas partono anche bene e sbloccano il risultato col piede di Boffelli dopo un bel multifase, ma gli All Blacks dopo 5 minuti ingranano la marcia. La maul è sempre avanzante, l’Argentina fa quel che può, spende 2 falli pur di fermare l’avanzata neozelandese ma quando Smith e Mo’Unga muovono il pallone e aprono un’autostrada per Will Jordan non c’è più niente da fare: 7-3. Dopo un inizio promettente i Pumas iniziano a concedere spazi e calci di punizione, ben 8 solo nel primo tempo. Telea ruba un gran pallone a metà campo e fa ripartire a mille gli All Blacks, Rieko Ioane si mangia la difesa argentina, gli avanti fanno strada una carica dietro l’altra e Jordie Barrett chiude l’azione resistendo a due botte tremende di Boffelli e Mallia: 12-3. Il match cala di intensità, Mo’Unga risponde al secondo calcio di Boffelli, poi nel finale un’altra accelerata neozelandese scava un ulteriore solco. L’azione nasce da una mischia dominante, poi Telea rompe 3 placcaggi di fila e apre lo spazio a sinistra per la facile meta di Frizell. Mo’Unga non trasforma, la Nuova Zelanda chiude il primo tempo sul 20-6.

    GESTIONE— Nemmeno il tempo di tornare in campo e gli All Blacks chiudono la questione: numero di magia di Aaron Smith che raccoglie il pallone dalla maul e sparisce dai radar argentini, ne salta 3 come birilli e segna la quarta meta. Al 49’ Frizell firma la sua doppietta personale, poi i cambi danno ulteriore linfa all’attacco neozelandese che con Christie e McKenzie costruiscono la meta del 39-6, finalizzata da Will Jordan. L’ala neozelandese al 74’ firma il suo capolavoro con una corsa di 80 metri, chiusa con uno splendido calcetto sopra la testa di Boffelli e con la meta del 44-6 finale.
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    Il Sudafrica è campione del mondo per la quarta volta! All Blacks sconfitti 12-11

    Nella finale di Saint-Denis follia di capitan Cane: neozelandesi in 14 per 53 minuti. I calci di Pollard mettono avanti gli Springboks, la meta di Barrett la riapre ma non basta: per Kolisi è bis da capitano

    Roberto Parretta
    28 ottobre - MILANO
    È il Sudafrica a laurearsi campione del mondo di rugby per la quarta volta, piegando per 12-11 gli All Blacks nella finale di Parigi Saint-Denis. Gli Springboks si confermano campioni a 4 anni di distanza dal trionfo in Giappone e bissano il successo colto proprio in Francia nel 2007. E battendo per la seconda volta in finale gli All Blacks, come avevano già fatto nel 1995 a Johannesburg nel Mondiale giocato in casa. E nella sola finale che i neozelandesi avevano perso sulle 4 giocate. Siya Kolisi diventa così il secondo capitano nella storia ad alzare per due volte la Webb Ellis Cup, come Richie McCaw con gli All Blacks nel 2011 e 2015.

    GIALLO E ROSSO—
    È un cartellino giallo al flanker neozelandese Shannon Frizell per una presa al collo ai danni di Bongi Mbonambi al 3’ il primo episodio significativo, con Handre Pollard che infila il piazzato che sblocca lo score. Il tallonatore sudafricano è però costretto a lasciare il campo per un problema al ginocchio, rimpiazzato da Deon Fourie. Proprio allo scadere dei 10 minuti dell’espulsione temporanea, i sudafricani riescono per la prima volta a fare breccia nei 22 neozelandesi, che costretti a difendersi in fuorigioco offrono a Pollard il facile piazzato del 6-0. La reazione però arriva subito e stavolta sono i sudafricani costretti al fallo per fermare l’attacco avversario e Richie Mo’unga firma i primi punti neozelandesi. Ma dall’altra parte un fischio forse affrettato dell’inglese Wayne Barnes sull’azione di Ardie Savea in ruck offre a Pollard il piazzato del 9-3. La touche neozelandese non funziona e questo nega ai trequarti la possibilità di giocare da porzioni di campo più favorevoli: ben 3 errori prima della mezz’ora su lancio a favore. Al 29’ Sam Cane entra troppo alto su Jesse Kriel, spalla contro faccia e giallo inevitabile, che oltretutto vanifica l’opportunità di una ghiotta mischia nei 22. E di nuovo in inferiorità numerica e in affanno, i neozelandesi concedono un altro fallo a terra e Pollard firma il 12-3 al 34’. Intanto la decisione del Tmo trasforma il giallo di Cane in rosso: d’altronde è il solito discorso, andare alti nel placcaggio comporta questo genere di rischi e ormai l’hanno capito anche i muri che gli arbitri non tollerano interventi che mettano a rischio l’incolumità fisica. Il destino della finale sembra inevitabilmente già deciso. In inferiorità gli All Blacks hanno una reazione d’orgoglio, entrano pericolosamente nei 22 e sulla volata di Rieko Ioane alla bandierina è Kurt-Lee Arendse a salvare: c’è comunque punizione e Mo’unga accorcia a -6 e si va al riposo.

    LA META— Il Sudafrica a inizio ripresa sfiora due volte la meta, prima con Kolisi (tenuto alto sulla linea) e poi Cheslin Kolbe che nel raccogliere il pallone in tuffo in area di meta se lo lascia scappare in avanti. Intanto arriva il terzo giallo, stavolta per il capitano Kolisi per un fallo simile a quello di Cane: testa contro testa. Ma il giallo stavolta resta giallo. La meta che Mounga inventa splendidamente per Aaaron Smith al 55’ viene annullata per un precedente in avanti nella touche che aveva dato il via all’azione. I sudafricani ritrovano Kolisi, ma concedono un fallo che concede touche a 5 metri, sullo sviluppo dell’azione al 60’ Jordie Barrett apre lungo a destra per Mark Telea, che salta un uomo e poi con un passaggio non proprio elegante offre a Beauden Barrett una palla che va solo schiacciata in meta. Mounga (che a parte quel lampo gioca una partita pessima) sbaglia la difficile trasformazione e i neozelandesi restano a -1. Si entra negli ultimi 10 minuti con le due squadre che cercano di sfruttare il gioco tattico al piede per guadagnare campo, ma le difese sono migliori degli attacchi. Al 73’ un in avanti volontario di Kolbe a fermare un pericolosissimo attacco neozelandese costa il giallo all’ala: dalla piazzola va Jordie Barrett che però calcia largo. Si giocherà in parità numerica fino alla fine. Il Sudafrica concede il possesso, ma riesce con la difesa a tenere i neozelandesi nella loro metà campo. A 30 secondi dalla fine, quando gli All Blacks riescono a risalire il campo, è un in avanti a concedere la mischia che permette al Sudafrica di blindare l’ultimo pallone, la vittoria e portare a casa la quarta coppa.
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    Italia, beffa atroce: sul palo il calcio di Garbisi all'81'. La Francia trema, ma pareggia

    A Lilla finisce 13-13: azzurri in difficoltà per un tempo, poi il rosso a Danty lascia in 14 i padroni di casa e il secondo tempo è tutto italiano. Meta di Capuozzo, ma manca la vittoria con il calcio a tempo scaduto che non centra i pali
    Roberto Parretta
    25 febbraio 2024 - MILANO
    Poteva essere storia. Non lo è stato per pochi centimetri. All'81', partita finita: Paolo Garbisi calcia dalla piazzola per il 16-13 dell'Italia in Francia. Il pallone scivola a terra dalla piazzola, il tempo per calciare sta per scadere, Garbisi deve affrettare il tiro e colpisce il palo. E la vittoria resta un sogno. Una beffa atroce per gli azzurri di Quesada.

    CHE PARTITA—
    Una bella Italia, coraggiosa, che soffre, ma che difende splendidamente, pareggia per 13-13 a Lilla con la Francia nel match che ha completato la terza giornata del Sei Nazioni. Gli azzurri del c.t. Gonzalo Quesada soffrono per tutto il primo tempo, ma non lasciano scappar via i Bleus, che poi proprio prima dell’intervallo restano con un uomo in meno, poi nel finale il clamoroso incidente dalla piazzola nega all’Italia la prima, storica vittoria in casa della Francia nel Sei Nazioni. Il pareggio taglia praticamente fuori dalla corsa al titolo la squadra del c.t. Fabien Galthie, che resta quarta con 6 punti, alle spalle di Irlanda (15), Scozia (9) e Inghilterra (8). L’Italia aggancia invece il Galles a quota 3. Dopo la seconda e ultima settimana di pausa, il Torneo riprenderà con Italia-Scozia, Inghilterra-Irlanda (sabato 9 marzo) e Galles-Francia (domenica 10).

    CHE DIFESA!— Dopo un avvio aggressivo e incoraggiante degli azzurri, al 7, al primo affondo, la Francia passa: da una mischia appena fuori dai 22, i bleus attaccano in avanzamento e si portano a ridosso della linea di meta sotto i pali, dove Cameron Woki da terra ricicla per Charles Ollivon, che ha un controllo piuttosto scomposto, ma riesce a tenere l’ovale in mano atterrando di schiena, secondo l’arbitro oltre la linea. Thomas Ramos la trasforma, poi al 14’ infila anche il piazzato conquistato dalla mischia all’altezza dei 22. Un placcaggio alto permetterebbe all’Italia di andare per i pali, ma Paolo Garbisi sceglie la touche, la conquista c’è, ma sullo sviluppo dell’azione la difesa francese con Jonathan Danty costringe Tommaso Menoncello al tenuto e l’attacco sfuma. Intorno al 25’ la Francia ha due punizioni nei 22 azzurri, sceglie sempre di giocare con la touche e la mischia, ma la difesa stavolta regge egregiamente. C’è però anche un pizzico di ingiustificata supponenza, come quando Monty Ioane, invece di liberare al piede un pallone davanti ai suoi pali, prova insensatamente a contrattaccare, si fa placcare per poi mettere nei guai Nacho Brex, il cui calcio viene stoppato, per fortuna senza conseguenze letali. Si gioca praticamente solo in una metà campo, anzi meno di metà, ma gli azzurri riescono a mettere una buona pressione e costringono i francesi a diversi errori. È innegabile che gli azzurri ci mettano cuore, muscoli e attenzione, reattività, ma così si possono solo limitare i danni. Come quando il gigantesco Posolo Tuilagi si scaraventa oltre la linea, ma viene miracolosamente tenuto alto dagli azzurri. Intanto si fa male Matthieu Jalibert, entra Yoram Moefana, ma i bleus restano senza apertura di ruolo. Allo scadere un placcaggio troppo alto di Danty che colpisce testa contro testa Brex, costa il giallo al francese e offre al mediano di mischia azzurro Martin Page-Relo l’opportunità di tentare la via dei pali da 40 metri per il 3-10 sul quale si va al riposo.

    QUANTI ERRORI— La ripresa si apre con lo choc per i padroni di casa: il giallo di Danty diventa rosso e la Francia giocherà in 14 fino alla fine. Ma al primo attacco i francesi conquistano una comoda punizione per il piede di Ramos per il 13-3. Il copione della partita comunque non cambia, anzi, la costante è una incredibile serie di errori da una parte e dall’altra, forse dettati dalla frenesia. Al 60’ fallo a terra francese sui 22 davanti ai pali, alla piazzola va Paolo Garbisi per il 6-13. L’Italia ora non gioca affatto male, riesce finalmente a coniugare possesso e metri guadagnati. C’è poi da aggiungere che se la Francia sta giocando in maniera così confusa dall’inizio, molto merito sarà forse anche dell’atteggiamento e della dedizione degli azzurri. E al 70’ l’Italia trova anche la meritata meta: determinante un break centrale e profondo di Menoncello, con l’azione che poi si sposta verso sinistra dove è determinante il passaggio dì Leonardo Marin (subentrato a Federico Mori) a liberare il tuffo di Ange Capuozzo. Gabrisi trasforma ed è pareggio a 8 minuti dalla fine. E all’81’ una strepitosa difesa di Manuel Zuliani in ruck poco oltre i 10 metri offensivi regala all’Italia la punizione che vale la partita: va Garbisi. E la beffa è servita poco dopo.
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    Un'Italia bella da impazzire: battuta la Scozia 31-29

    Dopo la vittoria sfumata per un calcio in Francia stavolta gli azzurri non tradiscono. Sotto 16-22 nel primo tempo, i ragazzi di Quesada ribaltano il match. A segno Brex, Lynagh e Varney, poi il piede di Garbisi mette al sicuro il successo

    9 marzo 2024 - MILANO
    Finalmente Italia! In capo a una partita sofferta, con sorpassi e controsorpassi, senza mai mollare e senza mai perdere il focus, la Scozia è piegata per 31-29 Roma nella quarta giornata del Sei Nazioni. Prima vittoria nel Torneo per il nuovo c.t. Gonzalo Quesada e scozzesi battuti a 9 anni di distanza dall’ultima volta (Murrayfield 2015), mentre era datato 2012 l’ultimo successo azzurro sulla Scozia a Roma. L’ultimo successo azzurro in casa nel Sei Nazioni era invece datato 2013: 11 anni fa. Una vittoria che permette all’Italia di salire a 7 punti in classifica e staccare il Galles (3). La sconfitta chiude invece definitivamente le speranze di titolo per la squadra del c.t. Greg Townsend, che sale a quota 11, ma a -4 dalla capolista Irlanda, che affronterà nell’altro match di oggi l’Inghilterra a Twickenham: in caso di successo la squadra del c.t. Andy Farrell già oggi potrebbe festeggiare. Altrimenti diventerà decisiva Irlanda-Scozia di sabato prossimo a Dublino. L’Italia chiuderà invece con la trasferta in Galles, che domani ospiterà la Francia.

    LA REAZIONE—
    È un tenuto scozzese sulla prima azione dal calcio d’invio a regalare a Paolo Garbisi il piazzato del 3-0. Piazzato col brivido, perché esattamente come due settimane fa a Lilla, l’ovale scivola già dalla piazzola, ma stavolta l’apertura azzurra fa in tempo a rimetterlo in piedi e calciare in sicurezza. Ma la reazione è immediata e gli scozzesi sfondano profondi nei 22 azzurri, fino a quandio da corta distanza è il pilone Zander Fagerson ad abbattere Ross Vintcent e schiacciare. Al 12’ Kyle Steyn firma la seconda, servito da un passaggio corto di Blaire Kinghorn che lo mette da solo davanti ad Ange Capuozzo, che contro la potente ala scozzese può fare poco. Finn Russell le trasforma entrambe. Ma passano 3 minuti e stavolta è l’Italia a reagire: da una touche sui 22, palla portata giù e servita subito a Martin Page-Relo, che inventa un calcetto a scavalcare la difesa scozzese in salita, con Nacho Brex che arriva per primo a schiacciare l’ovale che rimbalza sotto i pali. Garbisi ovviamente trasforma. Al 25’ Russell infila un comodo piazzato davanti ai pali per un placcaggio senza palla di Simone Ferrari. E 3 minuti dopo da una touche sui 22 (guadagnata da uno splendido 50-22 di Russell), la maul scozzese macina metri e quando arriva sulla linea è il pilone Pierre Schoeman a schiacciare. Un piazzato di Garbisi al 35’ vale il 13-22. Una palla persa in attacco dall’Italia innesca un contrattacco in campo aperto del flanker Andy Christie, sul quale recupera miracolosamente Brex, a evitare una meta fatta, poi è un capolavoro a terra di Giacomo Nicotera a forzare un tenuto che permette a Page-Relo di centrare i pali su piazzato da 45 metri per il 16-22 sul quale si va al riposo.

    IL SORPASSO— Dopo una meta annullata giustamente alla Scozia per un contatto senza palla, al 44’ Louis Lynagh bagna con la meta il suo esordio in azzurro: attacco in avanzamento degli azzurri sui 22, geniale grubber di Garbisi tra due maglie bianche, l’ala degli Harlequins raccoglie e vola in tuffo oltre la linea. Garbisi però manca la trasformazione centrando il palo e si resta a -1. Ma il sorpasso arriva al 57’: due poderosi break di Ross Vintcent costringono gli scozzesi a difendersi sulla linea di meta, poi a coronare il possesso è Stephen Varney (appena subentrato a Page-Relo), che raccoglie dalla base della ruck e sfondare. Garbisi stavolta trasforma per il 28-22. Al 73’ un fallo scozzese rimanda Garbisi alla piazzola: l’apertura azzurra può quindi riscattare l’errore di Lilla costato la vittoria sulla Francia e centra i pali per il +9. Al 77’ un in avanti volontario di Federico Ruzza permette agli scozzesi di lanciare una penaltouche a 5 metri, dalla maul si arriva fin sotto i pali dove a sfondare è Sam Skinner, con Russell che trasforma per il -2. L’ultimo possesso scozzese è una sofferenza lunga 24 fasi e oltre 2 minuti di recupero, ma la stanchezza si fa sentire e sull’ultimo pallone caduto in terra l’Olimpico può finalmente esplodere.
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    Rugby, l'Italia vince anche a Cardiff: è il Sei Nazioni più bello di sempre

    Mete di Ioane e Pani e azzurri dominanti per un'ora per il 24-21 finale. Non era mai successo che chiudessimo il Torneo con due sole sconfitte. Al Galles il Cucchiaio di legno per la prima volta dal 2003
    Roberto Parretta
    16 marzo 2024 - MILANO
    Come due anni fa, l’Italia espugna Cardiff, ma stavolta lo fa al culmine di un percorso che sancisce il miglior Sei Nazioni di sempre: il Galles è sconfitto per 24-21 e gli azzurri ottengono il terzo risultato utile nel Torneo, dopo il pari in Francia e la vittoria sulla Scozia. È un risultato sul quale c’è profondissimo il marchio del nuovo c.t. Gonzalo Quesada, che, facendo quello che non era riuscito mai a nessun suo predecessore, piazza l’Italia momentaneamente al terzo posto, agganciando a 11 punti Scozia e Francia (che nelle prossime ore affronteranno Irlanda e Inghilterra). L’Italia aveva chiuso il Sei Nazioni con due vittorie solo nel 2013 e nel 2017, allenata da due francesi, prima Pierre Berbizier e poi Jacques Brunel. Ma un’Italia come quella forgiata in appena tre mesi di lavoro dal tecnico argentino non si era mai vista prima: solida fisicamente e soprattutto mentalmente, strutturata, organizzata, in poche parole finalmente degna di questo palcoscenico. Il Galles, con 5 sconfitte su 5, chiude ultimo con 4 punti (grazie ai bonus difensivi) e con il cucchiaio di legno.

    SOLIDI—
    Al 5’ il grande intervento a terra di Danilo Fischetti offre all’Italia la punizione appena fuori dai 22 che Paolo Garbisi trasforma per il 3-0. Un altro tenuto, stavolta di George North, costretto a recuperare un pallone perso dai compagni, forzato da Michele Lamaro, permette a Garbisi di centrare di nuovo i pali al 14’. Partita essenzialmente fisica, tesa, ma con gli azzurri più solidi e attenti. E la meta che arriva al 20’ è semplicemente la conseguenza di una netta superiorità: da un lungo assedio alla linea di meta, la palla esce per i trequarti, con Garbisi che apre a Monty Ioane l’intervallo giusto per andare a schiacciare senza opposizione. La trasformazione va però larga. Che il Galles si senta smarrito, mentalmente e tatticamente, è confermato alla mezz’ora, quando su un comodo calcio di liberazione di Garbisi verso i 22, l’apertura Sam Costelow e l’estremo Cameron Winnett, solissimi, vanno insieme sull’ovale, si scontrano e lo lasciano cadere in avanti. Organizzazione e placcaggi fanno della difesa azzurra un muro invalicabile e i gallesi, ostinatamente, ci vanno a sbattere la testa. Non ne approfittano nemmeno quando possono giocare una touche profonda nei 22 azzurri, perché quando poi aprono è Nick Tompkins che si fa cadere il pallone dalle mani. E al riposo si va sull’11-0 per l’Italia.

    SICUREZZA— Il Galles sembra partire con un piglio diverso, ma alla prima occasione l’Italia lo incenerisce: da una touche vinta sui 10 metri difensivi, palla che volta fra i trequarti per il break di Ioane, che poi scarica sull’out di destra per Lorenzo Pani, che scappa via, rientra mandando per margherite due gallesi e sprinta fino in fondo. E Garbisi trasforma per il 18-0 al 47’. Poi per la terza volta dall’inizio della partita, Costelow manca la touche su calcio di punizione: se la testa non risponde, le speranze di riaprirla sono pari a zero. Di fronte per altro a un’Italia mai vista così matura e sicura, che dà l’idea di avere la situazione in mano senza troppi problemi. Come quando al 58’ i gallesi sembrano entrare pericolosamente nei 22, ma appena l’uomo va giù placcato, arriva il fallo conquistato da Federico Ruzza sulla conquista a spegnere la fiammata. Al 62’ si vede finalmente il Galles, che con una bella combinazione tra Rio Dyer e Tomos Williams arriva a 5 metri dalla meta, ma è miracoloso il placcaggio di Ross Vintcent (subentrato a Lorenzo Cannone) sul mediano di mischia a negare una meta ormai fatta. Che arriva però al 64’, quando da una touche a 5 metri i gallesi, dopo il tentativo della maul respinto, riescono a schiacciare tra una marea di maglie e mani con il tallonatore Elliott Dee. Costelow la trasforma. I padroni di casa sembrano rianimarsi, gli azzurri concedono un paio di punizioni che regalano campo, ma non ci sono conseguenze. Tra il 71’ e il 74’ l’Italia ha due occasioni dalla piazzola e non le manca, prima con Garbisi e poi con Martin Page-Relo (subentrato a Varney) per il 24-7 della definitiva sicurezza. Il Galles con orgoglio chiude assediando i 22 azzurri, fino alla meta allo scadere firmata dalla subentrata seconda linea Will Rowlands, che dopo vari pick and go riesce a sfondare da corta distanza. E nell’ultima azione arriva anche la meta di Mason Grady, che su un ovale vagante a metà campo, riesce a calciare avanti alle spalle degli azzurri, raccoglie e va a schiacciare. Ioan Lloyd le trasforma entrambe per il 24-21 finale.
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