Qatar 2022

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    Il gruppo B è fantastico :hihi:
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    IL PRIMO MONDIALE DEL XXI SECOLO
    Non solo diritti umani

    Penso sia quanto mai importante, in questo caso, per parlare del Mondiale del Qatar, stare con la testa dentro alla storia, quella del momento in cui è stato assegnato: in questo caso, secondo me, ci troviamo davanti al primo caso in cui il XXI secolo dispiega tutta la propria complessità dentro ad un Campionato del Mondo di Calcio, ben oltre le normali faccende di ordinaria malversazione del passato.

    La storia è quella di un Mondiale nato male e proseguito malissimo, con la Francia al centro delle trattative per l'assegnazione.

    Dal 2010 al 2022 è passato un tempo lunghissimo, in cui il mondo è cambiato, scivolando in una guerra mondiale a pezzi. Molti di questi pezzi si sviluppano su situazioni concrete e forse in questi mesi, parlando del Mondiale d'inverno in Qatar, stiamo scrivendo, in maniera multilaterale, la storia; forse fra un po' di tempo questa vicenda del Mondiale invernale sarà studiata come uno dei tanti pezzi di cambiamento degli equilibri planetari che hanno portato il mondo in un ordine diverso.

    Tanto vale parlarne noi ora.

    Molte inchieste sono state fatte a partire dall'assegnazione dei Mondiali e molte cose sono successe: vero è che la decisione di assegnare i Mondiali al Qatar e di farli disputare in inverno è sembrata fin da subito una cosa eccessiva e per questo, probabilmente, poco pulita.

    Dalle condizioni ambientali, alle necessità di costruire ex novo 7 impianti sportivi, all'enorme impulso tecnologico che questo avrebbe comportato, fino al ruolo della monarchia Qatariota nel calcio europeo e negli equilibri geopolitici mondiali, il Mondiale del Qatar sembra proprio idoneo a leggere in maniera trasversale un intero processo di cambiamento su scala globale, che immancabilmente ci porta a chiederci come possa una istituzione sostanzialmente privata come la FIFA gestire la convergenza tra i diversi interessi delle diverse parti del mondo.

    E con essa, la propria ipocrisia:
    l'elemento di novità del XXI secolo è dato dal conflitto, in un mondo globalizzato, tra interessi privati e diritti umani, tutto dentro la stessa cornice di legalità.
    Non è strano che una istituzione, come la FIFA, diventata nel tempo una specie di ONU privata ad oggetto specifico, sia stata lo snodo di una di queste crisi.
     
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    Esordio da incubo per il Qatar. Una doppietta di Valencia lancia l'Ecuador

    Gara senza storia: padroni di casa nettamente inferiori e sotto 2-0 dopo mezz'ora. I sudamericani controllano e vincono senza difficoltà
    Andrea Ramazzotti

    20 novembre - MILANO
    Un flop Mondiale. Dopo anni di preparazione, reclutamento di giovani (ritenuti) interessanti e mesi di allenamenti come se fosse un club nell’innovativa academy Aspire, l’esordio assoluto del Qatar in Coppa del Mondo è una specie di incubo sportivo ovvero una sconfitta secca e inequivocabile, maturata dopo aver lasciato la sensazione di essere nettamente inferiore. Vince l’Ecuador, grazie alla doppietta di Enner Valencia, ma sono i padroni di casa, inconsistenti e incapaci di concludere nello specchio in tutta la gara, a srotolare di fronte ai sudamericani un tappeto rosso.

    Partita deludente da parte dei qatarioti che sono semplici sparring partner nonostante la spinta del loro pubblico. Nella storia di un Mondiale è il primo ko di una squadra organizzatrice nel match d’esordio e il resto del cammino, in un girone con Olanda e Senegal, non si preannuncia per niente facile. Per l’Ecuador, invece, un bel biglietto da visita: è una squadra ordinata e se l’infortunio dell’ “eroe” Valencia non sarà grave, può dire la sua per il passaggio agli ottavi. Bene infine Orsato primo arbitro italiano a dirigere una gara d’esordio al Mondiale.

    SOLO ECUADOR — Nella spettacolare cornice dell’Al Bayt Stadium di Al Khor, le insinuazioni della vigilia sulla presunta corruzione dei giocatori dell’Ecuador a opera dal Qatar vengono spazzate via dell’inizio con il piede sull’acceleratore dei sudamericani. I padroni di casa, che si difendono con il 5-3-2, sono chiaramente inferiori e danno qualche fastidio solo quando il pallone si sposta sulla destra dove c’è il naturalizzato portoghese Pedro. Le occasioni pericolose, però, sono tutte per la nazionale di Alfaro che al 3’ si vede annullare dal Var Irrati la rete dell’1-0 di Valencia per fuorigioco (uscita sciagurata di Alsheed), ma che la trova ancora con Valencia, bravo a procurarsi e a trasformare il gol dell’1-0.
    Neppure lo svantaggio sveglia i qatarioti: il palleggio è lento e pieno di errori, la paura blocca le gambe e le idee sono confuse: la formazione di Sanchez non ha né capo né coda, sembra finita per caso nel match d’esordio del Mondiale e l’Ecuador al 30’ è già in vantaggio di due reti, entrambe firmate de Valencia (la seconda di testa su cross di Estupinan). Il 4-4-2 dei sudamericani viceversa è equilibrato, con le corsie laterali ben protette, la giusta aggressione sul portator di palla avversario, la circolazione sicura e le verticalizzazioni con i tempi giusti, non solo in occasioni dei due gol. In pratica per un tempo non c’è partita: Galindez non si sporca mai i guantoni e corre un solo brivido su incornata fuori di Ali nel recupero.

    ZERO SORPRESE— Nella ripresa il copione è lo stesso e Ibarra impegna Alsheed che però, dopo le figuracce della prima frazione, stavolta respinge. L’Ecuador palleggia, il Qatar osserva senza riuscire a mettere in pratica una pressione efficace. A tratti l’incontro si trasforma in un maxi torello perché Sanchez non cambia modulo e lascia i suoi uomini in balia della maggiore qualità ed esperienza dei sudamericani. Tutti si aspettano una sostituzione da parte del ct qatariota e invece la prima mossa è di Alfaro che toglie Ibarra per inserire Sarmiento. Solo a 19’ dalla fine, con il Qatar ancora a quota zero tiri nello specchio, entrano Muntari per Ali e Waad per Alhayods. Munari a cinque minuti dalla fine sfiora la traversa con un tiro da fuori, ma è troppo poco per impensierire l’Ecuador che si prende con merito i tre punti.
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    Inghilterra, debutto show: 6-2! Che brutto l'Iran di Queiroz

    Nell'esordio mondiale a segno Bellingham, Saka (doppietta), Sterling, Rashford e Grealish. Di Taremi le reti degli asiatici che iniziano il match rifiutandosi di cantare l'inno
    Dal nostro inviato G. B. Olivero

    21 novembre - AL RAYYAN (QATAR)
    Vittoria in scioltezza dell’Inghilterra nel debutto mondiale contro l’Iran: sei gol (a due) e un controllo totale della situazione, anche per l’enorme differenza di livello. Nella parte finale del primo tempo la squadra di Southgate ha concretizzato la superiorità segnando tre reti e poi si è limitata a gestire senza forzare e a sfruttare gli spazi. Sei gol e nemmeno uno di Kane: l’Inghilterra ha tante armi e ne ha mostrate alcune. Il capitano non ha indossato la fascia arcobaleno contro le discriminazioni: la Fifa aveva minacciato sanzioni. E i giocatori dell’Iran non hanno cantato l’inno in protesta contro il regime del loro Paese: in questo Mondiale non si parlerà solo di calcio.

    PRIMO TEMPO —
    In avvio il ritmo resta molto basso. L’Iran si chiude con un 5-4-1 che nella testa di Queiroz dovrebbe blindare le fasce ma anche togliere penetrazione tra le linee. A rallentare gli inglesi, però, è soprattutto il grave infortunio di Beiranvand: il portiere dell’Iran, per deviare un pericoloso cross di Kane, si scontra con Majid Hosseini rompendosi il naso. Beiranvand viene curato in campo, prova a rientrare, ma dopo 12 minuti di sosta (con l’eccezione di pochi secondi di gioco per consentirgli di provare la condizione) il portiere deve arrendersi e viene sostituito da Hossein Hosseini. La partita inizia praticamente qui e l’Inghilterra, senza strafare né accelerare in modo sensibile, prende il controllo soffocando progressivamente gli avversari. Shaw a sinistra spinge molto sfruttando il movimento di Sterling e al 35’ proprio un cross del terzino dello United genera la rete di Bellingham: perfetto lo stacco del centrocampista del Borussia Dortmund. Come spesso avviene in questo tipo di partite, il primo gol risolve tutta la questione. E infatti nel giro di nove minuti gli inglesi segnano altre due volte. Al 44’ Saka sfrutta una torre di Maguire (che sullo 0-0 aveva preso una traversa) e di sinistro raddoppia. E al 46’ Sterling gira al volo in porta un cross da destra di Kane. Il recupero di quattordici minuti offre solo una chance a Jahanbakhsh, che spreca al volo su invitante cross di Hajifasi.

    SECONDO TEMPO — La ripresa serve all’Inghilterra come un allenamento agonistico. In questi casi i più motivati sono gli attaccanti, che puntano alla gloria personale senza doversi preoccupare del risultato ormai raggiunto. Al 17’ Saka firma la doppietta di sinistro ricevendo da Sterling e prendendo la mira senza opposizione alcuna. L’Iran ha un guizzo tre minuti dopo grazie al suo giocatore migliore: Taremi, attaccante del Porto, insacca sotto la traversa passando alle spalle di Maguire su filtrante di Gholizadeh. Southgate cambia interamente l’attacco inserendo Foden, Rashford e Grealish al posto di Mount, Saka e Sterling e pochi minuti dopo anche Wilson al posto di Kane. Rashford ci mette una trentina di secondi a realizzare la quinta rete, poi Grealish sfrutta a porta vuota un assist di Wilson e al 58’ (14’ di recupero nel primo tempo, 13’ nella ripresa: roba da Guinness dei primati) Taremi trasforma il rigore del definitivo 6-2. Curiosità: l’Iran ha effettuato sei sostituzioni, perché quella del portiere non è stata conteggiata in base alla regola che consente di sostituire un giocatore oggetto di sospetta commozione cerebrale.
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    L'Olanda si sveglia nel finale con Gakpo e Klaassen. Il Senegal paga gli errori di Mendy

    Gli olandesi vincono 2-0 e raggiungono l'Ecuador in vetta nel gruppo A
    Dal nostro inviato Fabio Bianchi

    21 novembre - DOHA (QATAR)
    Viva il cinismo, e anche la dea bendata, se vogliamo. L’Olanda scatta nel Mondiale con un 2-0 tondo tondo al Senegal che non rispecchia l’andamento della partita, ma asseconda qualche vecchio detto del calcio. Gli uomini di Cissè giocano meglio, vanno anche vicini al vantaggio ma tra un’indecisione sotto porta e una parata del sorprendente Noppert, pagano pegno al primo errore. E nel tentativo di recuperare subiscono il raddoppio alla fine dell’interminabile recupero (9 minuti).

    SULLE ALI DI SARR—
    Il Senegal meritava qualcosa di più in questa sfida magari non eccelsa sotto il profilo tecnico, ma aperta e con sprazzi di spettacolo. Senegal che è partito forte, si è messo a fare la partita senza timori reverenziali, costringendo l’Olanda ad agire di ripartenza. Sarr ha messo a dura prova la tenuta di De Ligt, preferito a Timber da Van Gaal e forse ha fatto bene. Il santone oranje ha però anche scelto di lasciare in panca, chissà perché, Koopmeiners. La sua possanza in mezzo è mancata, il Senegal trovava spazi facili in cui incunearsi, mancava soltanto nell’atto finale. L’Olanda si affidava a De Jong che giocava a tutto campo, forse troppo, perché per mancanza di lucidità ha commesso due erroracci: il primo a due passi da Mendy quando ha dribblato una volta di troppo e si è divorato l’occasione più ghiotta del primo round, il secondo nella sua area quando ha dato la palla a un Van Dijk che stava uscendo, e per poco il Senegal non ne approfitta.

    OCCASIONI E BEFFA— Nel secondo round è stato ancora il Senegal a spingere, ma l’Olanda è salita di tono. Solo che non trovava appoggi per pungere. Con tutto il rispetto per Janssen e Berghuis, Van Gaal ha messo il campo l’attacco oranje più scarso degli ultimi 20 anni. La sola entrata di Depay, non al meglio ha arricchito le manovre offensive, ma è stato il Senegal ad andare due volte vicino al gol, la prima con Dia e poi con Pape Gueye, entrato nella ripresa. Noppert ha risposto no. Invece Mendy, lasciato solo di Cissè, dopo una buona gara alla prima uscita sbagliata è stato beffato dalla nuca di Gakpo, il migliore degli oranje. Il tiro di Depay prima del fischio finale, respinto male da Mendy, a consentito all’arena entrato Klassen di gioire in tap in. Troppa grazia, Van Gaal. Per vincere il Mondiale, come ha detto lui, ci vorrà molto di più.
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    Urlo Usa con Weah, ma Bale rianima il Galles e trova il pari su rigore: è 1-1

    A Doha, Stati Uniti avanti all'intervallo con un gol del figlio d'arte. Page indovina le contromosse e arriva l'1-1, che colloca le due nazionali alle spalle dell'Inghilterra
    Stefano Cantalupi

    21 novembre - MILANO
    Un cognome nobile e una firma prestigiosa: a Doha finisce 1-1 tra Stati Uniti e Galles, per effetto dei gol di Weah e Bale. Nel gruppo B comandato dall'Inghilterra e chiuso dall'Iran, la nazionale Usa e i Dragoni britannici muovono la classifica, ma dovranno conquistarsi la qualificazione senza che questo scontro diretto possa incidere sul passaggio del turno.

    WEAH GOL—
    Statunitensi subito frizzanti ed elettrici, gallesi compatti e pronti a colpire alla prima distrazione: il canovaccio della partita è chiaro, con gli uomini di Berhalter che disegnano combinazioni rapide col trio offensivo Weah-Sargent-Pulisic, sostenuti dal dinamismo di McKennie e Musah. Più compassati quelli in maglia rossa, aggrappati ai totem Bale (che oggi gioca proprio nella Mls americana) e Ramsey, ma senza un centravanti di ruolo. Gli Stati Uniti si fanno ben presto pericolosi, con Rodon che sfiora l'autogol e Sargent che riprende la respinta di Hennessey e colpisce il palo. E piovono gialli per l'intensità dei contrasti, ne fanno le spese, tra gli altri, gli "italiani" Dest e McKennie. Finché, al 36', scocca l'ora del figlio d'arte: è Timothy Weah a segnare il gol dell'1-0, con un guizzo che avrà reso orgoglioso papà George. L'assist è di Pulisic, velocissimo a combinare con Sargent e geniale nel filtrante: Usa avanti all'intervallo.

    DRAGONI ALL'ASSALTO— A Page serve più peso in attacco: fuori James e dentro Moore per cominciare la ripresa. Ed è tutto un altro Galles, almeno nell'atteggiamento. Servono venti minuti, però, per chiamare Turner all'intervento: Davies in tuffo di testa, il portiere americano si salva in corner. E sul calcio d'angolo Moore stacca e sfiora il pari, confermando l'accresciuto predominio dei Dragoni nel gioco aereo. A furia di spingere, i gallesi vengono premiati. Con una grossa mano da Zimmerman, che falcia Bale in area con un'entrata senza senso. Dal dischetto, Gareth ricorda a tutti che non si vincono Champions League da protagonista per caso: trasformazione impeccabile e 1-1, punteggio che non cambierà più, tra i canti orgogliosi dei gallesi sugli spalti fino al 101° minuto.
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    Crollo Argentina, l'Arabia Saudita rimonta e batte Messi all'esordio

    In avvio di ripresa Al Shehri e Al Dawsari rispondono al rigore del 10 e si portano a casa i primi tre punti del Mondiale
    dal nostro inviato Luigi Garlando

    22 novembre - DOHA (QATAR)
    Sembrava l’inizio del sogno, era solo l’anticamera di un incubo. Argentina in vantaggio dopo 10' con un rigore di Leo Messi, l’eroe più atteso, osannato dalla folla enorme che ha colorato di bianco e celeste il bellissimo Lusail Stadium (80 mila spettatori). Dieci minuti per stappare il suo quinto Mondiale, quello della programmata redenzione dopo tante amarezze. Strada apparentemente in discesa verso il 37esimo risultato utile consecutivo, quello che avrebbe portato l’Argentina al record del mondo, accanto all’Italia di Mancini. Invece la partita si complica, la Scaloneta gioca male, tradita da troppe stelle e dalla tensione del debutto.


    UNO-DUO TERRIFICANTE—
    Il c.t. Scaloni ci ha messo del suo con un azzardo a sorpresa andato male (Papu Gomez). A inizio ripresa, l’Arabia Saudita piazza un uno-duo terrificante: pareggia Saleh Al-Shehri con un diagonale stampato sul muso di Romero, segna il gol della gloria Salem Al-Dawsari con una meravigliosa parabola all’incrocio. Saleh, Salem e tanti saluti. L’Argentina annaspa come chi sta per annegare e non riesce più a portare a riva il risultato. Dawsari un suo posticino nella storia se lo era già ritagliato nel lontano 1994 quando, con un gol al 95’ contro l’Egitto, aveva regalato all’Arabia Saudita la prima storica vittoria in un Mondiale. Ora dalla storia, il talentuoso Salem non esce più.

    ESORDIO DA INCUBO— Doveva essere la partita del 10. Infatti lo è stata, ma l’altro 10: Salem Dawsari. Dopo le belle sensazioni raccontate alla vigilia, Leo Messi è finito sotto un treno, come in tanti Mondiali precedenti. Vediamo se si rialzerà. Fa ancora in tempo a conquistare il mondo come fece Maradona. Ma per ora, lo ha imitato solo in un esordio da incubo. Alla prima di Italia '90, anche Oman Biyik (Camerun) segnò all’inizio della ripresa e l’Argentina, poi finalista, non recuperò più.
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    La Danimarca spreca e stecca: una buona Tunisia strappa lo 0-0

    Nessuna rete nel match di debutto di Eriksen e compagni, che riescono ad a accendersi solamente a folate al cospetto di una squadra tenace e pronta a pungere: gli scandinavi colpiscono un palo con Cornelius e recriminano per un fallo di mano al 94'
    Dal nostro inviato Fabio Licari

    22 novembre - DOHA (QATAR)
    Occasione sprecata per la Danimarca. Fino ai tre cambi tardivi che hanno cambiato volto a Eriksen e compagni (al 20' della ripresa) ai punti meritava decisamente la Tunisia. Aggressiva, veloce, offensiva, forte nel pressing e molto verticale: le progressioni dello scatenato centravanti Jebali hanno squarciato la difesa guidata da Kjaer un po' in difficoltà e sostituito nella ripresa. Tre belle occasioni e una manovra che i danesi faticavano a controllare. Quando Hjulmand ha messo dentro Cornelius e Jensen – e farà bene a non farli uscire più – la storia però è cambiata. E la Tunisia, ormai stanca, ha subito un assalto che ha portato a un palo dello stesso Cornelius e a un paio di brividi. Vincere sarebbe stato troppo, ma l'impressione è che per un'ora la Danimarca abbia giocato come la Tunisia non poteva che sperare. Prima Eriksen ala sinistra incomprensibile del 3-4-3, poi l’ex interista in mediana ma niente peso in attacco, chiusura con il 4-3-3 finalmente pericoloso. Finisce 0-0, poteva essere un pari con un paio di gol. La Danimarca deve cambiare ritmo e assetto, se la Tunisia manterrà questo ritmo non sarà facile affrontarla.

    TUNISIA SCATENATA—
    La Tunisia meritava di chiudere in vantaggio il primo tempo. Sue le occasioni pericolose, anche per manovra e mentalità i danesi sono surclassati. Un'altra sorpresa, dopo l'Arabia Saudita in mattinata. Lungo assedio nei primi dieci minuti, diretto dallo scatenato play Laidouni che detta un pressing furioso. L'esterno destro Dragen colpisce da fuori: una deviazione casuale di Christensen sfiora il palo. Brividi, non gli ultimi. La Tunisia è molto più mobile e veloce, ma anche sensata e scaltra tatticamente. Il c.t. Kadiri schiera un 3-4-2-1 con l'obiettivo di lanciare il velocissimo centravanti Jebali: manovra rapida al centro, subito verticalizzazione con il trequartista di destra Msakni che ha piedi, e visioni, da 10. Molto meno convincente la Danimarca in un 3-4-3 sbagliato, che spreca Eriksen confinato all'ala sinistra d'attacco, costretto a vagare per cercare un pallone. Nella Danimarca funziona soltanto l'asse di destra Kristensen-Skov Olsen, ma in area la Tunisia si difende bene. Poco servito Maehle. I tunisini decidono di abbassarsi per giocare d'anticipo e colpire in contropiede, Jabali al 42' si presenta solo davanti a Schmeichel: paratissima che chiude il primo tempo sullo 0-0.

    SVOLTA CORNELIUS— Non cambia molto a inizio ripresa perché, malgrado il cambio a fine primo tempo di Delaney, infortunato, con Damsgaard, ed Eriksen riportato in mediana, non si vedono risultati. L'attacco è anonimo. La Danimarca cambia quando al 20' entrano Cornelius, Jensen e Lindstroem. L'ex atalantino va a fare il centravanti e colpisce subito il palo di testa, Jensen porta vivacità alla manovra di centrocampo. Maehle diventa un attaccante aggiunto a sinistra. Ora il 4-3-3 danese mette alle corde la Tunisia stanca per il pressing e gli scatti. Gran tiro di Eriksen, uno dei più lucidi dei suoi, anche se non esaltante. Anche Lindstroem costringe Dahmen a una bella parata. La Var cancella l'ultima illusione: un tocco di mani in area è assolutamente casuale e il braccio del difensore tunisino in posizione corretta. Per un'altra grande c'è da soffrire, vediamo se la Tunisia resisterà su questi livelli.
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    Lewandowski tradisce la Polonia, Szczesny la salva: col Messico finisce 0-0

    Il centravanti del Barcellona sbaglia un rigore nella ripresa, il portiere della Juve sventa l'occasione di Marin
    22 novembre - MILANO

    Dopo Tunisia-Danimarca, finisce 0-0 anche Messico-Polonia. Partita equilibrata, con una leggera supremazia dei messicani. Nella ripresa le due principali occasioni: prima Lewandowski si è fatto parare da Ochoa un rigore generosamente concesso dalla Var e che lo stesso bomber si era procurato, poi Szczesny è stato protagonista di una bella parata sulla deviazione di testa di Martin.
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    La Francia è uno spettacolo: 4-1 all'Australia coi gol degli "italiani"

    Australiani subito in gol con Goodwin, poi si scatenano i Bleus: il centrocampista della Juve pareggia e serve al milanista l'assist del 2-1. Nella ripresa Mbappé e ancora Giroud
    Salvatore Malfitano

    22 novembre - MILANO
    Stavolta, vale la legge del più forte. La Francia riesce a dissipare le nuvole che hanno accompagnato i campioni in carica degli ultimi tre Mondiali, tutti eliminati nella fase a gironi. Si comincia così, dopotutto, quando la tensione è così forte da stringere il talento in una morsa e rende gli ostacoli più grandi di quanto non siano. È ciò che accade nei primi venticinque minuti alla nazionale di Deschamps, che va addirittura sotto dopo soli nove minuti di partita. Rabiot guida la riscossa, segnando il primo gol della Serie A in questo torneo e servendo l’assist a Giroud per ribaltare il risultato. Alla fine sarà una doppietta, per il milanista, che aggancia Henry nella classifica all-time dei marcatori in nazionale (51). L’Australia d’altro canto ha dei limiti evidenti, serra i ranghi nella speranza di spaventare i Bleus, ma una volta sfiancata nel morale non offre un’opposizione adeguata.

    TRAZIONE ANTERIORE—
    Le intenzioni di Deschamps sono subito chiare, con quattro attaccanti in campo: Mbappé e Dembélé ad agire sulle fasce, Giroud riferimento centrale e Griezmann libero di spaziare a tutto campo. L’Australia risponde con la compattezza del 4-5-1, con Mooy al comando delle operazioni in mezzo al campo e Duke isolato in avanti a dare battaglia a Konaté e Upamecano. Lo spettro della maledizione prende corpo al 9’, quando Leckie prende d’infilata Lucas Hernandez e propone una palla all’altezza dell’area piccola che aggira la difesa, con Goodwin bravo a chiudere sul secondo palo e piazzare sotto la traversa. La brutta notizia è doppia per la Francia, perché nella rincorsa a Leckie l’esterno del Bayern Monaco si infortuna al ginocchio ed è costretto a lasciare il posto al fratello Theo. Il rossonero entra bene in partita, ma commette un brutto errore: un suo appoggio sbagliato arma il destro di Duke dalla distanza, che sfiora il palo alla sinistra di Lloris (22’).

    LA RIMONTA— I Bleus sembrano avere poche idee, si affidano senza una costruzione elaborata alle fiammate delle ali, che vanno ad un’altra velocità rispetto ai marcatori, soprattutto Mbappé. Il pareggio infatti è episodico e arriva sugli sviluppi di un calcio d’angolo. Theo Hernandez raccoglie sulla trequarti e crossa, trovando la testa di Rabiot e al 27’ l’equilibrio è ripristinato. La formazione di Deschamps sfrutta l’abbrivio e alza la pressione. Rabiot fiuta le difficoltà di McGree in una complicata costruzione dal basso e lo anticipa, poi triangola con Mbappé e serve Giroud, che deve soltanto spingere in rete: al 32’ la rimonta, dunque, è servita. Nel finale di primo tempo, la Francia avrebbe a disposizione anche il colpo del probabile k.o., ma la volée da pochi passi dell’attaccante del Psg termina alta. Irvine nel recupero pesca l’angolo giusto di testa, il rischio della beffa però si dissolve sul palo con Lloris immobile.

    POKER— Lo spavento scuote la Francia, che inizia la ripresa stringendo d’assedio l’Australia. Giroud ci prova in sforbiciata sul traversone di Theo, quindi una chiusura provvidenziale di Rowles evita che Mbappé calci indisturbato davanti a Ryan. Nel frattempo Arnold cambia il centravanti, manda dentro Cummings per Duke ma la storia non cambia. Anzi, peggiora. Hernandez è una furia a sinistra, un suo spunto porta Griezmann a concludere dal limite ma Behich si sostituisce al portiere e respinge sulla linea. È solo il preludio all’uno-due che arriva pochi istanti dopo: Dembélé alza per Mbappé, che svetta tra i due centrali avversari e sigla il 3-1 (68’). I Bleus non lasciano nemmeno il tempo di reagire agli australiani, due minuti dopo Giroud si fa valere nel gioco aereo sul cross del giocatore parigino e firma il poker. Poco prima del novantesimo Ryan evita un passivo peggiore, tuffandosi sul colpo di testa di Konaté. Ma la partita, da tempo, non aveva più molto altro da dire.
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    Hakimi spinge e Bounou para, la Croazia si inceppa contro il Marocco: 0-0

    Nessuna rete nel match d'esordio di Modric e compagni, che sfiorano più volte il vantaggio nel primo tempo ma nel complesso non hanno nulla da recriminare: ottima prestazione della nazionale nordafricana
    Dal nostro inviato Luca Bianchin

    23 novembre - AL KHOR (QATAR)
    Scommessa impopolare dell'ora di pranzo: Marocco e Croazia daranno fastidio al Belgio. La prima partita di giornata finisce 0-0, risultato che dice molto: occasioni rare come l'acqua intorno allo stadio Al-Bayt, quello costruito nel deserto. Marocco e Croazia però sanno stare in campo, giocano in modo simile e concedono poco: scelgono di essere prudenti e nasce una partita anni Novanta, quando si rischiava poco (Pizzul: "Le squadre si studiano...") e si pensava a ridurre i rischi. Regragui e Dalic tengono 10 uomini dietro la linea della palla, raddoppiano se serve e spezzano il gioco. Per chi cerca avversarie comode, c'è di (molto) meglio.

    LE OCCASIONI—
    Chi ha acceso la tv di nascosto in ufficio alle 11 non si è divertito. Il racconto delle palle-gol si fa in fretta. Nel primo tempo, un tiro di Perisic da lontano e soprattutto una combinazione Sosa-Vlasic al 45', con grande parata di Bounou, che non per caso è uno dei giocatori chiave del Marocco. Curioso che Dalic, all'intervallo, sostituisca proprio Vlasic in un cambio all'italiana: fuori lui, dentro Pasalic. Nel secondo tempo, invece, protagonisti i difensori: un colpo di testa di Mazraoui è respinto da Livakovic e un tiro di Lovren deviato sulla linea da Amrabat. Poco.

    CHE SQUADRE SONO?— Il Mondiale di entrambe, così, è rimandato. Il Marocco conferma le sue certezze - il meglio arriva dalle fasce, con Hakimi e Mazraoui terzini che spingono, mentre in mezzo comanda Amrabat – e ha meno pensieri della Croazia. La squadra di Dalic è al massimo parente di quella arrivata in finale quattro anni fa, questo si sapeva, però alle maglie a scacchi manca qualcosa. Quasi sicuramente una punta affidabile: Kramaric combina nulla, Livaja si vede poco in 20 minuti, Budimir non entra. Chiaro che, dalla seconda partita col Canada, cambierà l'atteggiamento: meno prudenza e più rischi.

    PUBBLICO — Nota a margine per il pubblico perché i marocchini hanno invaso l'Al Bayt, lo stadio della partita inaugurale. Tifo caldo, trombette, atmosfera mondiale. I marocchini sono tra i più numerosi in Qatar, con argentini, sauditi e tunisini. Il più fischiato è stato Modric, scelto come uomo partita con disappunto della curva rossa. Il più applaudito, Hamdallah, punta di riserva dentro a un quarto d'ora dalla fine: non è un big ma gioca in Arabia e ha da poco chiesto scusa per aver lasciato il ritiro della nazionale nel 2019. Figliol prodigo.
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    Harakiri della Germania: il Giappone fa l'impresa e vince 2-1 in rimonta!

    Tedeschi avanti con Gundogan su rigore, poi la nazionale asiatica si scatena nella ripresa e va a segno con Doan e Asano
    Dal nostro inviato Fabio Licari

    23 novembre - DOHA (QATAR)
    Giappone, altro che Germania. Vince il Giappone, come l'Arabia con l'Argentina. Meritatamente. Succede l'imprevedibile al debutto mondiale. Come quattro anni fa alla prima con il Messico (e poi all'ultima con la Corea del Sud), i tedeschi crollano. La Germania domina per un tempo, segna un solo gol, su rigore, con Gundogan, perché quello del centravanti è un problema serio, e nel secondo tempo è messa sotto. Il Giappone è trasformato da tre cambi e dalla difesa a tre. Doan e Asano, il migliore, sono spietati, imprendibili. La difesa dorme, 2-1. Alla Germania restano una traversa, un palo, infinite occasioni respinte da Gonda, ma sarebbe servito un Gerd Muller.


    DOMINIO TEDESCO—
    Eppure esiste soltanto la Germania nel primo tempo, ma il gol continua a essere un mistero. Non c'è un 9, alla fine la scelta ricade su Havertz, con Muller alle sue spalle. E non è un caso che l'1-0 arrivi solo su rigore per fallo del portiere Gonda: entrata un po' maldestra su Raum liberissimo a sinistra grazie a un'apertura illuminante di Kimmich. Gundogan non sbaglia, è il 33', e fino ad allora la Germania schiaccia i giapponesi nella loro metà campo, tirando però soltanto da fuori con Kimmich e Gundogan. Gli attaccanti – Musiala, Havertz, Muller – sono troppo schiacciati e sentono sulle spalle il fiato dei difensori. La Germania è solo nominalmente schierata con il 4-2-3-1, di fatto occupa in orizzontale tutto il fronte d'attacco, ma ha poca fantasia negli smarcamenti e poca velocità. Però ci prova. Invece il Giappone, dopo un paio di contropiede velocissimi trascinati dall'esterno destro Ito, si chiude in difesa e si limita a rilanciare il centravanti Maeda, tignoso e veloce, ma costretto a vedersela con il gigante Rudiger che ha sempre la meglio. Se il c.t. Moriyasu non cambia qualcosa, addio: forse non ha capito che ora deve recuperare.

    RIBALTONE — E l'ha capito perfettamente. Sono i cambi a decidere la partita. Prima Asano, poi Minamino e Doan sono i protagonisti di una fantastica rimonta. La Germania colpisce la traversa (scheggiata) con Gnabry, un palo con Gundogan, e pensa sia finita e rallenta. Il Giappone nella ripresa passa alla difesa a tre, il portiere compie tre miracoli su Hofmann e Gnabry, e tra il 31' e il 38' colpisce. 31': Minamino da sinistra tira, Neuer respinge, Doan a botta sicura, 1-1. 38': rilancio, Asano scatta sulla linea del fuorigioco e Schlotterbeck non lo prende, palla sotto la traversa, 2-1. Un secondo tempo da sogno. Germania a pezzi.
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