Champions League 2022-23

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    È un City di marziani: Real travolto 4-0! Guardiola in finale di Champions contro l'Inter

    Netta vittoria della formazione di Pep: decidono una doppietta di Bernardo Silva nella prima frazione, un'autorete di Militao e Julian Alvarez nella ripresa. Mai pericolosi gli uomini di Ancelotti
    Filippo Maria Ricci

    17 maggio - MILANO
    Sarà City-Inter. La sinfonia di Guardiola ha stonato il Real Madrid, che dopo l’1-1 del Bernabeu all’Etihad ha perso 4-0 travolto da un primo tempo colossale del Manchester City. Estasi inglese, con rivincita inclusa dopo la semifinale buttata via lo scorso anno in maniera rocambolesca a Madrid. Nel 2022 il Real si era imposto 6-5, nel 2023 è andato sotto 5-1. E stasera non ha nemmeno segnato Haaland: doppietta di Bernardo Silva, impalpabile al Bernabeu, autogol di Militao, rete di Julian Alvarez col primo pallone toccato dopo aver sostituito il norvegese. Con un Courtois colossale, baluardo tra i suoi irriconoscibili compagni.

    INCROCI—
    A Istanbul il 10 giugno, nel giorno del compleanno di Carlo Ancelotti, si affronteranno Guardiola e Inzaghi. Pep che non vince dal 2011 arriva alla quarta finale e cerca il terzo successo, Simone al debutto che vuole diventare il primo italiano a portare l’Inter sul tetto d’Europa. L’inter che sogna il quarto titolo e non vince dal 2010, un anno prima del trionfo di Guardiola. E poi ovviamente il City con l’ossessione della prima Champions, cercata da anni a suon di milioni di milioni: nelle ultime 4 stagioni due semifinali e due finali.

    STRAPOTERE INGLESE— Il City ha conquistato la finale annichilendo il Real Madrid, 5 Champions negli ultimi 9 anni, 11 semifinali negli ultimi 13, campione uscito per lo strapotere degli avversari inglesi. Nei primi 10 minuti le statistiche dicevano: 100 passaggi riusciti del City contro i 10 del Real. Siamo andati avanti su quello spartito li: da una parte una squadra padrona della palla e del gioco, dall’altra una squadra che voleva lasciar fare sperando che passasse la burrasca, come era successo al Bernabeu. Ma se a Madrid una settimana fa il City non aveva creato grandi pericoli, Haaland, al debutto contro il grande rivale e al Bernabeu, era parso umano e Bernardo Silva spaesato, stasera è stato un massacro.

    GEOMETRIA CELESTIALE— Il Robocop norvegese in 21 minuti ha costretto Courtois a due parate stratosferiche con due colpi di testa da distanza ravvicinata. Voli impressionanti del portiere belga. Madrid alle corde dal primo minuto. Come un ‘equipo pequeño, impaurito, molle, incapace di mettere insieme tre passaggi o di difendere con grinta. E battuto al 23’ da un’azione di geometria celestiale dei rivali, chiusa da un taglio chirurgico di De Bruyne per Bernardo Silva che, solissimo per il depistaggio operato su Kroos, ha battuto Courtois.

    MANUALE DEL CALCIO— Inno al calcio degli inglesi che è proseguito. Poi una piccola pausa con due apparizioni di Vinicius e Benzema e un gran tiro dalla distanza di Kroos che ha terminato la sua folle corsa sulla traversa di Ederson. “Il Madrid c’è – uno pensa –. Non muore mai”. Vero, ma non stasera. Perché dall’altra parte c’è il manuale del calcio, e le pagine scritte da Guardiola portano il lettore neutrale a godersi il secondo gol del City. Stavolta siamo a sinistra: Grealish taglia per Gundogan, tiro rimpallato, Bernardo Silva è il primo al rimbalzo, colpo di testa preciso che piazza la palla dove non può arrivare nemmeno il tentacolare Courtois.

    CAMBIO CRITICATO— Vinicius che va a parlare con Ancelotti per avere chiarimenti e rassicurazioni che Carlo non è in grado di dargli. Madrid mai aggressivo, sempre passivo. Carlo che aveva attirato su di sé alzate di sopracciglio del madridismo al momento della comunicazione della formazione per aver lasciato fuori Rudiger, per far rientrare lo squalificato Militao. L’ex romanista al Bernabeu aveva seccato Haaland. Pep invece aveva scelto gli stessi dell’andata, che a Madrid avevano giocato 90 minuti perché il catalano aveva deciso di lasciare la sua impronta sulla gara decidendo di non fare cambi.

    TRENTA A ZERO— E così in campo all’inizio c’erano 30 Champions, quelle vinte dai madridisti, contro zero, la quota inglese. Speriamo che l’Inter possa lasciarli li, senza nulla in mano. Sarà dura, perché il City ha 24 vittorie e 2 pari nelle ultime 26, ha le mani sulla quinta Premier League in 6 anni, è in finale di FA Cup e pertanto cerca il triplete che Guardiola ha vinto nel 2009 col Barcellona. Un anno prima di quello nerazzurro.

    RITMO RIDOTTO— Dopo i 13 tiri del City verso la porta di Courtois del primo tempo la serata di Manchester è proseguita in maniera più soft. Gli inglesi dopo l’intervallo si sono tranquillizzati, come era successo anche a Madrid, i blancos hanno risposto all’obbligo di risveglio con abnegazione. Ma nulla di esagerato eh? Carlo ha tolto Modric, superato in campo e abbracciato fuori in maniera molto affettuosa da Ancelotti, per mettere Rudiger e spostare Alaba a sinistra e Camavinga in mezzo. Poi Asensio per Kroos, con il Madrid a trazione interiore. Tutto inutile.

    HAALAND AL PALO— Il City è su un altro pianeta. E allora ecco il terzo miracolo di Courtois, che con lo stinco sinistro ha deviato sulla traversa una conclusione di nuovo ravvicinata, col destro, di Haaland dopo una magia di Gundogan. Un contro personale quello del belga con il norvegese, che per la prima volta in questa Champions non ha segnato in casa. E il terzo gol del City, segnato involontariamente da Militao maldestro su un calcio di punizione di De Bruyne da sinistra. Poi è tempo di ‘rondo’, o torello, da parte del City, accompagnato dai cori dei Citizens in tribuna che nel recupero hanno festeggiato la rete di Julian Alvarez, l’argentino che in nazionale ha tolto il posto a Lautaro Martinez, servito da Foden. Ecco. Il City in panchina ha gente così: Alvarez, Foden, Mahrez… La dodicesima vittoria di Guardiola contro il Madrid è da mille e una notte. E ora vediamo cosa decide Florentino Perez rispetto al futuro di Ancelotti: mal che vada a Carlo resta la panchina del Brasile.
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    Inter, che peccato! Gioca alla pari col City, ma la Champions è di Guardiola

    I nerazzurri si arrendono a un gol di Rodri. Dimarco colpisce un legno, mentre Lukaku spreca da due passi. Terza Champions in carriera per Pep
    Dal nostro inviato Andrea Ramazzotti

    10 giugno - ISTANBUL (TURCHIA)
    Niente impresa, niente notte da ricordare. Il Manchester City vince la prima Champions della sua storia con un gol di Rodri a metà ripresa, mentre l'Inter recrimina per un'occasione fallita da Lautaro sullo 0-0, una traversa colpita da Dimarco e, a pochi secondi dalla fine, per un errore di testa di Lukaku, che avrebbe potuto allungare il match ai supplementari. La formazione di Inzaghi, al primo ko dopo 7 finali vinte di fila, da Istanbul esce comunque a testa alta: contro la squadra forse più forte al mondo, il piano partita è perfetto e ingabbia a lungo l'avversario, fino alla zampata del centrocampista spagnolo. Non segna il temuto Haaland, ben controllato da Acerbi, ma a sorridere è comunque Guardiola che perfeziona il Triplete che gli era già riuscito con il Barcellona. Adesso lo United non è più l'unica formazione di Manchester ad averlo conquistato. Per l'Inter resta comunque una stagione importante, con due trofei vinti, ma arriva la seconda finale europea persa dell'era Zhang dopo quella del 2019-20 in Europa League. E all'Ataturk la delusione per il pubblico nerazzurro è grande, ma mentre i giocatori piangono (Lautaro il più affranto), la Curva Nord li applaude e canta per loro. Giusto così.

    PARTITA A SCACCHI—
    Guardiola schiera Aké al posto di un Walker non al 100%, ma la vera sorpresa è la rinuncia al 3-2-4-1 che in fase di non possesso diventa 4-2-3-1 con Stone terzino destro (per frenare Dimarco) e Gundogan in mezzo insieme a Rodri. Tra i Citizens in campo dal 1' ci sono 6 titolari della finale persa nel 2021 contro il Chelsea (Ederson, Stones, Dias, Gundogan, Silva e De Bruyne): la voglia di rivincita è tanta. Inzaghi va con l'undici di Coppa e Dzeko al fianco di Lautaro: l'unica variazione è Brozovic per Mkhitaryan non al top. Come previsto la pressione del City è feroce fin dal fischio d'inizio, ma l'Inter risponde stando più alta rispetto al solito: non aspetta gli avversari nella propria metà campo, ma prova a impedirne la costruzione. Il primo pericolo lo costruisce il City con un'azione personale di Bernardo Silva a destra che punta Dimarco e conclude a giro di poco a lato. Darmian segue De Bruyne ed esce parecchio per non concedergli metri: Inzaghi sa che l'orchestra di Guardiola non deve alzare il volume se si vogliono evitare guai e, se l'Inter arretra gli esterni quando c'è da difendere, al tempo stesso non si abbassa mai troppo, neppure quando gli inglesi costruiscono a tre e tornano al modulo classico, con Stone che si accentra per fare il mediano. Dopo la metà del primo tempo i Citizens impensieriscono due volte Onana: con Haaland, servito bene da De Bruyne e con lo stesso belga, ma il portiere nerazzurro c'è. L'Inter fatica a creare pericoli perché ha paura di scoprirsi e perché Calhanoglu sente la pressione di giocare di fronte alla sua gente, ma in compenso gli uomini di Inzaghi tengo bene il campo, concedono poco agli esterni avversari e quando il tabellone luminoso del cambio segnala l'uscita per l'infortunio alla coscia destra di De Bruyne, in Curva Nord parecchi tirano un sospiro di sollievo. Al suo posto entra Foden che rende l'interpretazione del modulo ancora più offensiva, ma il City prima dell'intervallo conclude solo un'altra volta (fuori dallo specchio) con Akanji. Lo 0-0 a metà incontro fa capire all'Inter di non giocare contro i marziani, ma contro avversari che hanno la testa meno libera rispetto ad altre occasioni. D'accordo, Lautaro e Dzeko creano poco, ma l'Inter c'è e lotta.

    DECIDE RODRI— La ripresa inizia con le stesse formazioni e con lo stesso ritmo non altissimo. È un vantaggio per i nerazzurri perché la qualità del City senza spazi larghi è più "ingabbiata". Guardiola arringa la folla perché capisce che c'è bisogno di una spinta in più, ma quando Barella chiama a raccolta gli interisti, il boato è impressionante. Dzeko va ko prima del quarto d'ora e Inzaghi si gioca la carta Lukaku, abbracciato dal tecnico prima dell'ingresso e in campo con la faccia cattiva. La palla gol clamorosa, dopo un'incomprensione difensiva degli inglesi, capita subito sui piedi di Lautaro che da posizione decentrata, invece di servire al centro Big Rom, prova la conclusione, ribattuta da Ederson. Guardiola in ginocchio guarda verso il cielo e quasi ringrazia. È l'occasione che sveglia il City, più presente sulla trequarti avversaria e in vantaggio al 23': taglio di Bernardo Silva, cross arretrato del portoghese per Rodri che segna l'1-0. L'Inter è scossa, ma reagisce con rabbia e su un pallone messo in mezzo da Dumfries, Dimarco colpisce di testa la traversa, prima di vedersi respingere involontariamente il tap in da Lukaku. Nell'ultimo quarto d'ora Inzaghi cerca più spinta sugli esterni e inserisce Bellanova per Bastoni (Dimarco scala in difesa) e Gosens per Dumfries, ma ormai il City ha preso coraggio e ci vuole una parata di Onana per fermare Foden e tenere vivo il confronto. L'ultimo assalto è con Mkhitaryan e D'Ambrosio mella mischia, ma su sponda di Gosens, da due passi, Lukaku si divora l'1-1. L'Inter ci prova ancora, ma non sfonda perché Ederson si conferma grande portiere. Gli uomini di Inzaghi escono a testa alta, ma a festeggiare è il City.
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    L'Inter avesse avuto un attaccante e non un bestione ritardato avrebbe vinto ieri sera.
    Cmq grandi: 0 finali vinte su 3, alla faccia della rinascita del calcio italiano :hihi:
     
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