Coppa Italia 2022-23

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    L'Inter elimina il Parma, ma che fatica: serve un gol di testa di Acerbi da fuori area nel supplementare!

    Ottavi di Coppa Italia: Juric porta avanti gli emiliani, nel finale Lautaro trova il pari, poi decide il difensore al 110'

    10 gennaio - MILANO
    L'Inter è passata ai quarti di Coppa Italia, ma ha sofferto tremendamente contro un discreto Parma che ha sfiorato la vittoria e lottato fino ai supplementari. Ha deciso una rete di Acerbi, dopo 110 minuti, ma ancora più pesante è stata la rete di Lautaro: il campione del mondo argentino, a 120 secondi dal 90', ha prolungato una sfida che fino a quel momento gli uomini di Pecchia avevano condotto con merito. D'accordo le diverse assenze e il turn over, ma Inzaghi non può certo essere soddisfatto della prestazione dei suoi. Sabato contro l'Hellas e nella finale di Supercoppa italiana in programma tra una settimana contro il Milan ci vorrà altro. Lo sa bene anche Simone che intanto, da campione in carica, ha evitato una clamorosa eliminazione agli ottavi. Sarebbe stata una Caporetto.

    POSSESSO INTER, GOL PARMA—
    Senza tutto il centrocampo titolare (Barella, Brozovic e Calhanoglu), l'Inter ha iniziato in maniera lenta e ha faticato a trovare spazi centralmente perché il 4-3-3 di Pecchia si trasformava in un 4-1-4-1 che aveva in Bernabé l'argine davanti alla difesa. Le scorie del pareggio di sabato a Monza, che la Curva Nord ha provato a esorcizzare con uno striscione d'incoraggiamento ("-10 e un girone da giocare. Crediamoci insieme, si può fare"), si sono sentite più nella testa che nelle gambe visti i sette cambi di Inzaghi rispetto all'U-Power Stadium. Per mettere in difficoltà i gialloblù D'Ambrosio e compagni avrebbero dovuto sfruttare più l'ampiezza, ma, se a sinistra Gosens un paio di iniziative pericolose le ha create (una sprecata con un tiro a lato da Gagliardini), a destra Dumfries ha confermato di essere in pieno... caos-mercato. Da quando è tornato dal Qatar, l'olandese non è più lui e ha la testa più al Chelsea che alla Pinetina. Male anche Gagliardini, la regia di Asllani e Correa che, pur in fuorigioco, ha sbagliato la rete del vantaggio a porta vuota. I padroni di casa hanno fatto la partita, ma a segnare e a sfiorare il raddoppio sono stati i ducali, avanti al 38' al termine di una spettacolare azione iniziata da una verticalizzazione di Bernabé, rifinita dallo spettacolare tacco di Sohm e conclusa da un bolide di esterno destro di Juric, entrato una manciata di minuti prima al posto dell'infortunato Man. Il 2-0, invece, lo ha evitato Onana, bravo a distendersi su botta di Benedyczak. L'Inter era lenta, non usava mai il cambio di campo e faticava a trovare spazi: circolava la palla in maniera prevedibile e non a caso all'intervallo non aveva mai concluso nello specchio difeso da Buffon pur avendo il 73% di possesso. Bravo il Parma a giocare con personalità, a non schiacciarsi mai a ridosso della propria area e a non perde la giusta distanza tra i reparti. Di certo la differenza di categoria non si è vista: per merito degli ospiti, ma soprattutto per demerito dei vice campioni d'Italia.

    GOL AL PRIMO TIRO— L'Inter ha iniziato la ripresa con una conclusione fuori misura di Mkhitaryan su buon traversone di Dumfries, ma poi si è persa di nuovo e Inzaghi ha provato a cambiare qualcosa inserendo tutti in un colpo solo Dimarco (come marcatore nella difesa a tre), Bellanova e Dzeko al posto di Bastoni, Dumfries e dell'armeno. Inter super offensiva con il 3-4-1-2 e Correa alle spalle di Edin e Lautaro. I nerazzurri non si sono scossi neppure sentendo i cori poco amichevoli dei loro tifosi e hanno rischiato di nuovo di incassare il 2-0 in contropiede. Sembravano senza idee, la brutta copia della formazione tosta che aveva iniziato il 2023 battendo il Napoli. Pecchia ha controllato a lungo, difendendosi in maniera ordinata, e con le sostituzioni (dentro Camara, Inglese, Mihaila e Hainaut) ha gettato in campo forze fresche per tamponare gli ultimi assalti. Il "miracolo" a San Siro è sembrato possibile fino all'88', il minuto del primo tiro nello specchio: Buffon, fino a quel momento spettatore inoperoso, è stato "freddato" da Lautaro che ha raccolto una corta respinta di Balogh e, complice una deviazione di Osorio, ha fatto centro. In compenso l'ex numero uno della Nazionale, a quasi 45 anni e al rientro dopo tre mesi di infortunio, ha negato con una prodezza il 2-1 a Dzeko in pieno recupero.

    BRIVIDI NERAZZURRI— I supplementari li ha iniziati meglio il Parma e, se l'Inter ha reclamato vanamente un rigore con Correa, è stato Onana a respingere una bella iniziativa di Camara e a bloccare una botta centrale di Mihaila. Il camerunese ha rischiato anche su un diagonale di poco a lato di Hainaut, innescato da un passaggio sbagliato di Gagliardini. I ducali sono sembrati di nuovo a un passo dal sogno e invece all'inizio del secondo supplementare un pallonetto di testa di Acerbi, dopo una respinta di Buffon su cross di Dimarco, ha portato avanti gli uomini di Inzaghi. Proprio il difensore della Lazio al quale sabato a Monza il fischio "anticipato" di Sacchi aveva tolto la rete del 3-1 che avrebbe chiuso il confronto. Il Parma si è arreso e l'Inter, che per il secondo anno consecutivo ha avuto bisogno di una rimonta e dei supplementari per passare gli ottavi di Coppa Italia (dodici mesi fa eliminato l'Empoli), adesso aspetta la vincente di Atalanta-Spezia.
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    Torino, capolavoro in 10 a San Siro: Milan senz'anima, va ko al 114'

    Impresa della squadra di Juric, nonostante il rosso a Djidji. Bayeye entra e manda in gol l'altro giovanissimo Adopo nel secondo supplementare

    11 gennaio - MILANO

    Ci pensa un ragazzo venuto su dal settore giovanile a spedire il Diavolo all’inferno e il Toro in paradiso. Dopo nove minuti del secondo tempo supplementare Michel Adopo fa saltare in aria di gioia la panchina granata. Una rincorsa pazza, poi il colpo sottoporta su assist di Bayeye con il quale manda a casa il Milan e si porta a Torino il biglietto per i quarti di Coppa Italia (Fiorentina o Sampdoria l'avversaria). Un Toro eroico sbanca San Siro e fa l’impresa dopo i supplementari giocando in dieci uomini dal 70' a causa dell’espulsione di Djidji. Non è servita l’irruenza finale del Milan che non ha saputo approfittare della superiorità numerica e alla lunga si è smarrito.

    DA LUKIC A DE KETELAERE—
    L’attesa (e annunciata) mossa a sorpresa della vigilia, alla fine, Stefano Pioli la piazza davvero. Il suo Milan si posiziona con un inedito 3-5-2, con l’obiettivo di guardare in faccia gli uomini del Toro di Juric. Ampio turnover sulla sponda rossonera, con davanti in partenza l’attacco leggero: De Ketelaere in coppia con Diaz. Juric, invece, presenta a San Siro il suo miglior Toro al netto degli infortuni: granata in campo nella notte di Coppa con i titolarissimi. Il tridente è quello pesante, con Miranchuk, Vlasic e Sanabria. L’unica variazione al tema è la riproposizione di Rodriguez da esterno di sinistra. Nei fatti è più un quarto centrale bloccato sulla fascia: copre tanto, spinge meno.

    Nel primo tempo il Milan alza vertiginosamente i ritmi, riuscendo spesso ad anticipare il centrocampo di Juric sul recupero delle seconde palle dove pure i granata rappresentano un’eccellenza della Serie A. Il Toro però mostra i muscoli, è tosto e non si disunisce. La prima occasione è proprio dei granata: Sanabria inventa un filtrante al bacio per Lukic (11’), Tatarusanu salva alla disperata in uscita. L’impressione è che si tratti più di errore del centrocampista serbo. Al 25’ il conto delle occasioni si pareggia: da un tiro velenoso di Dest, deviato prima da Ricci e poi da Milinkovic, nasce un calcio d’angolo sugli sviluppi del quale De Ketelaere colpisce di testa stampandosi sul palo. Prima di rientrare negli spogliatoi, ancora il belga impegna Milinkovic (45’).

    IL ROSSO A DJIDJI— Quando si riparte Pobega impegna subito Milinkovic (3’), poi un po’ alla volta la furia del Diavolo del primo tempo va esaurendosi mentre cresce dentro la partita il Torino. La partita diventa così molto equilibrata, senza che nessuna delle due squadre riesca a trovare la giocata. Scavalcata l’ora di gioco, Pioli si gioca due carte da novanta gettando nella mischia Leao e Messias, poco dopo ci sarà spazio anche per Teo, Giroud e Bennacer. E proprio Messias al 70’ segna un primo momento importante della serata, quando se ne va in contropiede e viene fermato fallosamente da Djidji. Per l’arbitro Rapuano l’intervento merita l’ammonizione, è la seconda per il francese che così lascia il Toro in dieci. Juric toglie Sanabria e mette Zima per ricomporre la linea difensiva. Con la superiorità numerica e con la spinta dei cambi, il Milan cambia decisamente passo e prova a schiacciare i granata davanti a Milinkovic alla ricerca del gol della qualificazione. Che non arriva e si va ai supplementari. Al 14’ del primo tempo supplementare è provvidenziale l’uscita di Milinkovic su Giroud. Al nono del secondo tempo supplementare un lampo granata ribalta la dinamica della serata: Seck lancia Bayeye che si invola e mette la palla al centro dell’area per Adopo che timbra il suo primo e pesantissimo gol in carriera con la maglia del Toro. Alla fine di una lunghissima notte, la festa è granata.
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    Non vorrei usare il termine eroici, ma poco ci manca. in inferiorità numerica per espulsione ingiusta, abbiamo fatto gol in contropiede ma nel primo tempo supplementare abbiamo pure giocato meglio del Milan.
    In generale partita dal tasso tecnico mediocre, ma sono felice.

    P.s. giocassimo sempre contro il Milan saremmo campioni d'Italia :lol:
     
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    Ho solo una parola per definirli: INDEGNI.
    Io sono seriamente preoccupato per il proseguimento della stagione.
     
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    Dybala entra e fa un capolavoro: la Roma piega il Genoa e si prende i quarti

    Premiato a inizio gara, l’argentino è entrato nella ripresa sbloccando il match con una serpentina e sinistro sotto la traversa

    12 gennaio - ROMA

    Era la festa di Dybala, giusto che a risolverla fosse proprio lui. Con una magia delle sue, tre avversari seminati come birilli, uno dietro l’altro, e il tocco vincente con quel sinistro che sa di magia. La Roma supera così per 1-0 il Genoa e se ne vola ai quarti di finale di Coppa Italia, dove affronterà la vincente di Napoli-Cremonese. I giallorossi hanno tenuto costantemente in mano la partita, anche se sono riusciti a sbloccarla solo a metà ripresa, proprio con il colpo da biliardo dell’argentino. Per il Genoa un paio di buone occasioni dove poteva essere più cinico e letale. A conti fatti, risultato giusto, con le statistiche finali che parlano di 25 tiri a 7 per i giallorossi e un conto finale dei corner di 16-1.

    RITMO LENTO—
    Mourinho lascia a riposo Dybala e Smalling, Gilardino se la gioca senza Strootman, Aramu e Gudmundsson. Prima del via Dybala viene premiato come campione del mondo da un altro iridato, Bruno Conti, un pezzo di storia giallorossa. È forse l’emozione più grande della prima parte della serata, visto che poi si gioca e i ritmi non sono certo eccezionali. La Roma colleziona una marea di corner (al 45° il conteggio sarà 9-1 per i giallorossi) e ci prova anche a lungo, seppur senza grande costrutto. Nonostante alla fine del primo tempo il computo dei tiri sia 14-2 per i giallorossi, di occasioni davvero pericolose per Martinez Riera ce ne sono poche. Un tiro strozzato di Abraham (deviato in angolo dal portiere rossoblù) e un clamoroso incrocio dei pali di Pellegrini dal limite dell’area. Poi tanti tentativi velleitari, tra cui i tre di testa di Kumbulla, al suo esordio stagionale da titolare. Il Genoa, invece, si difende in modo ordinato, senza osare mai davvero niente di trascendentale, se non una bella ripartenza sprecata in modo inopinato da Yalcin all’altezza del dischetto del calcio di rigore. Il problema della Roma è un giropalla lento, in mezzo al campo manca energia e Mourinho prova a cambiare qualcosa in corsa invertendo i due esterni (Zalewski ed El Shaarawy), ma con scarsi risultati. Gilardino, invece, si prende tutto quello che dà il campo, restando in partita senza poi rischiare granché.

    PAULO CHIC— Nella ripresa Mou si gioca subito la carta Dybala ed è una carta che si dimostrerà vincente. La Roma stringe d’assedio il Genoa, calcia 6 angoli in dieci minuti e va subito vicina al gol proprio con il suo campione del mondo, ma Martinez Riera è perfetto in angolo. Poi ci provano Bove e Zaniolo invano, entrano anche El Shaarawy e Spinazzola per aumentare le forze fresche. E mentre Coda spreca una ripartenza che sembrava poter essere davvero pericolosa, al 18’ proprio Dybala spezza l’equilibrio con un pezzo di bravura: salta uno, due e tre avversari e poi brucia di sinistro il portiere avversario. Per provare a recuperarla allora Gilardino mette dentro l’artiglieria pesante - Criscito, Strootman e Aramu - con il numero dieci che ha due buone occasioni per pareggiare, ma le spreca entrambi. Gli ultimi minuti sono così di sofferenza, con la Roma che arretra il baricentro ma alla fine porta a casa la vittoria che le consegna i quarti di finale. Il modo migliore anche per preparare la sfida alla Fiorentina di domenica prossima, in campionato.
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    Barak stende la Samp, la Fiorentina vola ai quarti: se la vedrà col Torino

    Decide la mezza girata del ceco al 25', i blucerchiati chiudono in 10 per l'espulsione di Murillo. L'1 febbraio la sfida contro i granata
    Giovanni Sardelli

    12 gennaio - FIRENZE
    Missione compiuta. La Fiorentina non brilla, ma fa abbastanza per battere la Sampdoria e regalarsi i Quarti di finale di Coppa Italia contro il Torino in programma tra due settimane. Decide una splendida girata di Barak a centro area nel primo tempo, mentre per la Samp (decisamente rimaneggiata), trovare la via del gol è parso troppo difficile. Italiano manda in campo la formazione titolare con un paio di cambi. Davanti torna Jovic, a Kouame, Barak ed Ikone il compito di supportarlo. Anche Stankovic opta per un 4-2-3-1 con Montevago unica punta: la batteria dei trequartisti vede Djuricic, Verre e Sabiri.

    GOL PARTITA—
    La Fiorentina al passaggio del turno ci tiene immensamente e davanti agli occhi del presidente Commisso, arrivato questa mattina dagli States, nel primo tempo colleziona tre nitide palle gol anche se i ritmi non sono mai altissimi. La prima è vincente con Barak che gira in porta in bello stile dopo che un cross di Terzic era stato respinto in maniera non perfetta da Murillo in serata decisamente no. Sulla seconda Kouame sfiora il raddoppio di testa servito da un traversone di Duncan. Clamoroso però l'errore di Jovic ad un minuto dall'intervallo. Il serbo calcia infatti incredibilmente fuori da 3 metri un pallone che chiedeva soltanto di essere spinto dentro. La Sampdoria ci ha provato con un colpo di testa di Rincon in mischia terminato sulla parte superiore della traversa.

    POCHE EMOZIONI— Stankovic all'intervallo cambia uomini e sistema, tornando alla difesa a 3: dentro Augello e Lammers. La Fiorentina pensa più a controllare la gara che a chiuderla, la Samp resta aggrappata alla partita con poco sforzo. Senza creare, ma anche senza soffrire. Anche Italiano prova a cambiare, dentro Gonzalez per uno spento Jovic e Milenkovic per Quarta, infortunato al ginocchio. Il secondo tempo viola è piuttosto spento ma la Sampdoria non trova la forza di rendersi pericolosa negli ultimi venti metri. Così il tempo passa senza troppe emzioni e con tante sostituzioni. Un paio di guizzi di Nico Gonzalez, l'ultimo dei quali fa espellere Murillo, riscaldano i 10mila del Franchi, troppo poco però per arrivare al raddoppio. Finisce con i viola avanti e la Samp, anche giustamente, concentrata verso il vero obiettivo. La salvezza in campionato.
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    Dio non ha mai ordinato a nessuno di essere stupido

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    eliminati da un capolavoro di Dybala, ma non abbiamo sfigurato.

    P.s. io capisco che la Roma abbia più tifosi e sia una squadra big, ma la telecronaca ieri sera è stata incredibilmente faziosa
     
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    Partita penosa la nostra.
    A livello di gioco il nulla cosmico
     
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    Clamoroso al Maradona: il Napoli piange, Cremonese avanti ai rigori. Ballardini, che prima!

    Ottavi, lombardi avanti con Pickel, poi la squadra di Spalletti, imbottita di riserve, ribalta la partita prima del pari beffa nel finale di Felix. Niente reti ai supplementari, gara conclusa dal dischetto. Decisivo l'errore di Lobotka
    Gianluca Monti

    17 gennaio - NAPOLI
    La Cremonese sbanca il Maradona in una di quelle serate che solo il calcio sa regalare, perché una squadra in palese difficoltà e che ha appena cambiato allenatore elimina - 7-6 ai rigori dopo aver finito in dieci uomini - la capolista del campionato che a Fuorigrotta era imbattuta. Felix l’uomo del giorno tra le fila degli ospiti, visto che ha realizzato il 2-2 con cui si sono chiusi i 90' regolamentari e i supplementari e poi il rigore decisivo che ha consegnato i quarti di finale contro la Roma alla formazione del neo tecnico Ballardini.

    VANTAGGIO OSPITE—
    Spalletti ne ha cambiati dieci rispetto alla Juve confermando il solo Meret tra i pali, complice anche la trattativa che sta portando Sirigu a Firenze con Gollini che si è promesso al Napoli. Di contro il primo Ballardini ha vestito la Cremonese con un abito “comodo” nel senso che il 5-3-2 di partenza ha consentito di non patire troppo il cambio in panchina avvenuto in pratica due giorni fa. Non a caso, la formazione lombarda è passata avanti al 18’ seguendo principi di gioco a lei già noti: palla nello spazio di Castagnetti per Okereke (il più ispirato dei suoi) che ha approfittato di una marcatura “light” di Ostigard e servito all’accorrente Pickel l’assist per lo 0-1.

    PROFESSOR SIMEONE— Al Napoli è mancato lo schermo di Lobotka davanti alla difesa fino a quando Spalletti non ha piazzato lì a turno uno tra Ndombele e Gaetano (principalmente quest’ultimo). Il livello di intensità del match è stato alto ed ha messo a dura prova la condizione non ottimale di Bereszynski. Quagliata ha spesso avuto la meglio sull’ex doriano e sfiorato anche il raddoppio alla mezza’ora stropicciando però un destro da facile posizione. Gol sbagliato, gol subito con il pari azzurro arrivato in mischia su azione d’angolo con il “solito” Juan Jesus (secondo centro in stagione in sole nove presenze) dopo un siluro di Ndombele respinto da Carnesecchi ed il facile tap in di Simeone mandato però sulla traversa. A quel punto, la Cremonese si è sciolta e al 36’ proprio Simeone di testa l’ha messa all’angolino su cross di Zerbin, dimostrando una volta di più di essere un professore quando c’è da muoversi in area di rigore.

    CREMO IN PARTITA— Per la Cremonese, perfetta fino al pareggio, una brutta mazzata testimoniata dal nervosismo nel finale di tempo mostrato anche da Okereke (ammonito) nei confronti dell’arbitro Ferrieri Caputi. La ripresa ha visto il Napoli sfiorare il tris in contropiede con Raspadori in apertura e soprattutto crescere in qualità con capitan Elmas (esordio con la fascia) spostato a sinistra, che ha “liberato” Olivera e creato non pochi grattacapi a Hendry. La Cremonese però non è uscita dalla partita neanche quando il Napoli ha messo dentro i pezzi pesanti (Anguissa, Lobotka e Politano) e questo per Ballardini può essere un buon punto di ripartenza. Così il risultato è rimasto in bilico tanto che Spalletti si è affidato anche a Kim, il quale però nulla ha potuto quando Felix ha spinto in porta il cross da destra di Zanimacchia per il 2-2 che ha spedito la partita ai supplementari.

    ROSSO E PARATE— Nel primo supplementare Ferrieri Caputi ha sventolato il rosso per doppia ammonizione sotto al mento di Sernicola dopo un fallo su Ndombele. A quel punto il Napoli ha calato l’asso Osimhen, che al primo pallone toccato ha costretto Carnesecchi ad un miracolo sui cui sviluppi Simeone in un colpo solo ha preso palo e traversa. Nella seconda mini frazione, invece, il portiere ospite si è opposto bene a Politano blindando il risultato e portando la partita ai rigori. Per il Napoli ha sbagliato Lobotka, per la Cremonese sono andati tutti a segno ed è stata festa grande.
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    Atalanta, altra goleada: Spezia al tappeto, nei quarti c’è l’Inter

    Primo tempo con 5 gol: doppietta di Lookman e poi Hateboer, ma Ekdal e Verde tengono i liguri in partita. Nella ripresa la perla di Hojlund e l’autogol di Ampadu chiudono il match

    19 gennaio - BERGAMO

    Ai quarti di Coppa Italia per il terzo anno di fila (contro l’Inter), e ancora una volta almeno cinque gol segnati: l’Atalanta ha davvero riavviato il motore, lo Spezia non demerita ma alla distanza paga il gap di qualità e di mezzi difensivi, contro la forza offensiva ritrovata da Gasperini. Ancora due gol Lookman, uno Hojlund: rieccola la macchina da gol nerazzurra. Unica cattiva notizia: oltre a Koopmeiners squalificato, per la sfida di domenica alla Juve probabilmente la Dea ha perso anche Scalvini, in grandi condizioni di forma, uscito per un problema al ginocchio.

    LE SCELTE —
    Turnover sì, ma con moderazione. Per entrambi i tecnici. Gasperini non rinuncia a Palomino, Scalvini, Lookman e Boga. Gli ultimi due nel tridente con Zapata: Hojlund in panchina, in mezzo al campo Koopmeiners assieme a Ederson, con Hateboer e Maehle sulle fasce. Gotti insiste con Holm, uno dei suoi uomini più in forma, e Nzola, che vive un momento d’oro. Con lui davanti c’è il ritorno di Verde, spazio anche ai neoacquisti Esposito (prima assoluta) e Moutinho (prima da titolare), oltre che all’ex Kovalenko, che gioca alto a sinistra, galleggiando in aiuto al centrocampo.

    PRIMO TEMPO — Cinque gol in 45’, e potevano essere di più. Lo Spezia parte molto aggressivo, pressa alto l’Atalanta, che però trova presto il gol, come già domenica. E ancora su calcio piazzato, ancora con la testa preziosa di Scalvini, che stavolta su corner di Boga prolunga il pallone sul secondo palo, dove Lookman brucia Moutinho. Il nuovo acquisto deve ancora prendere confidenza con il nostro calcio: appena due minuti dopo si fa bruciare ancora dal nigeriano, attivato da una sponda di Zapata. Sul 2-0 la Dea potrebbe governare, ma nel giro di 3’ prende il solito gol facile: tutti sbilanciati su ripartenza rifinita da un tacco di Nzola per Ekdal, soprattutto Ederson che insegue a vuoto lo svedese, molto bravo a incrociare con il destro sul palo più lontano per Musso. Ma l’Atalanta riprende a martellare: ogni azione offensiva è un pericolo e quella del 27’, con doppio scambio fra Maehle e Zapata e invito per il rimorchio di Hateboer vale applausi e il 3-1. Ma lo Spezia in ripartenza fa male di nuovo: Moutinho per una volta scappa e mette in mezzo, dove Verde può godere di libertà, dopo gli interventi morbidi di Palomino e anche Djimsiti: 3-2. E la traversa dice no a Zapata, che si era già visto annullare un gol per fuorigioco, a dimostrazione che anche la fortuna non lo sta aiutando.

    SECONDO TEMPO — Con De Roon al posto di Ederson, si vede subito, è un’Atalanta più solida. Non meno sfortunata, perché al 10’ perde Scalvini per un problema al ginocchio da riverificare, ma sicuramente con meno difficoltà nel gestire il risultato. Che è messo in cassaforte, dopo neanche 10’ dal suo ingresso in campo, da Hojlund, che non sbaglia un colpo nemmeno in Coppa Italia: il danese riceve da Muriel e con il sinistro timbra di potenza il 4-2, dopo aver fatto tremare la traversa. A quel punto lo Spezia si arrende: Amian rischia il rigore su Hojlund, Zovko fa un miracolo su Muriel, che in pieno recupero lancia ancora Hojlund: il suo sinistro finisce sul palo e Ampadu, per evitare il tap in del colombiano, infila in porta il 5-2.
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    Chiesa entra, fa una magia e porta la Juve ai quarti di Coppa. Monza fuori a testa alta

    Valoti rimonta il vantaggio iniziale di Kean, poi l'ex viola firma la vittoria. Prossima avversaria la Lazio, il 2 febbraio

    19 gennaio - MILANO

    Gli ottavi di coppa Italia rilanciano la Juve, dopo il recente k.o. col Napoli e i giorni densi di novità extra campo. E proprio sul rettangolo di gioco, sotto lo sguardo dei nuovi vertici societari, la squadra ha risposto con un “presente” convinto, superando 2-1 il Monza nell’esordio nella competizione per i bianconeri. In una squadra con in campo dall’inizio tre giocatori classe 2003, un 2001 e un 2000 – tutti prodotti del vivaio del club -, dai giovani è arrivata la conferma che la strada intrapresa è quella giusta. Archiviata dunque la sconfitta settembrina – prima vittoria assoluta del Monza in A – la Juve si riaffaccerà domenica sera al campionato con qualche certezza (oltre che probabilmente con qualche recupero) in più. In coppa Italia invece il prossimo appuntamento è con la Lazio, il prossimo 2 febbraio. Grazie ai gol di Kean e del redivivo Chiesa, che non segnava dal 6 gennaio scorso.

    LINEA VERDE—
    Se contro il Napoli si era vista dal 1’ una Juve “quasi reale”, per l’esordio bianconero in coppa Italia Allegri (squalificato) e Landucci (in panca) puntano sulla linea verde, inserendo in contemporanea Miretti, Fagioli, Iling Junior, Soulé e il “veterano” Kean. E’ un classico che la coppa venga utilizzata per dar minutaggio alle seconde linee (anche Rugani e Gatti fra i titolari), ma in questo caso il dubbio è lecito: semplice turnover o prove generali della Juve che verrà? Intanto è una verifica in più per i “Fantastici 5” del vivaio. Giovani cui si aggiunge Ranocchia, schierato nel cuore del Monza ma di proprietà bianconera, cui dal 57’ si aggiunge pure l’altro juventino Rovella. Con Perin, Danilo, Paredes e McKennie a far da chiocce al manipolo della carica dei 2000.

    PRIMO TEMPO: VALOTI RISPONDE A KEAN— La Juve parte cauta, con tanto palleggio all’indietro e nessuno smarcamento in avanti. Ma alla prima accelerazione sfiora il vantaggio: Iling Junior galoppa in fascia, si mangia Antov e crossa basso per l’accorrente Fagioli, il cui destro finisce di poco fuori. All’8’ un preciso cross di McKennie innesca Kean, che, tutto solo di fronte a Cragno, di testa non sbaglia. E’ l’1-0. Il ritmo si abbassa, la Juve torna a collezionare retropassaggi per allargare le maglie della fitta rete monzese, ma i brianzoli mantengono file serrate e spazi sigillati. Iling resta l’unica spina nel fianco brianzolo, la differenza di passo con Antov è evidente. E invece è il Monza a trovare il gol, al primo tentativo, con Valoti che di testa devia in rete un calcio d’angolo e McKennie che non prova nemmeno a saltare. E’ il minuto 25, una doccia fredda per la Juve, che reagisce creando due occasioni in due minuti: Iling Junior sbaglia di poco la mira, Cragno devia in angolo una conclusione in corsa di Soulé. Il primo tempo si chiude con due dati di fatto: sia il gol del momentaneo vantaggio quanto le altre tre occasioni create portano la firma dei giovani; le azioni bianconere più pericolose sono il risultato di azioni in velocità o accelerazioni improvvise.

    RIECCO CHIESA, CHE GOL!— Nella ripresa il Monza cresce, la Juve non riesce ad alzare il pressing: ne esce una gara equilibrata e sostanzialmente priva di nitide occasioni da rete per la prima mezz'ora, tolta un’incursione di Kean stoppata da Cragno al 49’. Palladino innesta Rovella e Carlos Augusto (per Pessina e Carboni), Landucci risponde con Chiesa e Locatelli al posto di Soulé e Miretti, con l’ex viola che ora affianca Kean. Ma non è finita qui, con gli ingressi di Izzo e Vignato da una parte e di Di Maria e Alex Sandro (fuori Fagioli e Iling Junior), al 74'. Chiaro l’intento bianconero di imprimere una svolta al match nel quarto d’ora finale, nella migliore delle tradizioni juventine. E la mossa riesce… in due tempi: prima con Kean subito in gol di testa, ma in posizione di fuorigioco, quindi, con Chiesa, che al 78’ resiste a una carica insistita di Antov (già ammonito), entra in area e fa partire un destro a girare che si infila alle spalle di Cragno. Per l’ex viola è il ritorno al gol, e che gol, dopo oltre un anno, per la Juve è la qualificazione ai quarti.
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    Inter, basta il gol di Darmian: Atalanta eliminata, Inzaghi in semifinale

    Quarti di Coppa Italia: nella ripresa il difensore decide la partita con un gran sinistro

    31 gennaio - MILANO
    L'Inter passa in semifinale di Coppa Italia dove sfiderà la vincente di Juventus-Lazio. A decidere è una rete di Matteo Darmian, colui che nelle ultime sfide ha preso il posto di un Milan Skriniar frastornato dal mercato e dal mancato rinnovo. Gli uomini di Inzaghi meritano di andare avanti perché giocano e concludono di più contro un'Atalanta più appannata rispetto alla versione Serie A. Per i padroni di casa è la quarta affermazione negli ultimi quattro scontri diretti, comprese la Coppa Italia e la Supercoppa. Un bel biglietto da visita in vista del derby di domenica che la tifoseria interista attende con grande impazienza a giudicare dai cori anti-rossoneri ascoltati fin dal riscaldamento.

    MEGLIO L'INTER —
    Inzaghi risparmia in vista della stracittadina Bastoni, Dimarco e Dzeko, rilanciando al posto di quest'ultimo Lukaku. Gasperini invece lascia inizialmente in panchina Hojlund e Lookman affidandosi in avanti a Zapata e Boga supportati da Pasalic. L'Inter vuole la partita, ha coraggio, personalità e palleggia di più rispetto alle ultime gare contro le big, ma per cercare Big Rom usa troppo il lancio lungo, ottenendo risultati non buoni perché la difesa della Dea disinnesca quasi sempre il numero 90. Si vede che il belga non è al top della condizione e che la LuLa, spolverata dal 1' dopo 158 giorni, non brilla come nell'era Conte. Nonostante ciò, però, in mezzo a dettare legge sono gli uomini di Inzaghi: Calhanoglu fa alla grande le due fasi, Barella è carico dopo la squalifica scontata a Cremona e Mkhitaryan si rende utile. De Roon e Koopmeiners così vanno in difficoltà e Pasalic, che galleggia tra le linee, non dà una grossa mano. L'Atalanta vorrebbe ripartire, ma De Vrij contro Zapata fa un figurone e a Gasperini mancano le sponde del colombiano. Koopmeiners e Zapata nei primi minuti si affacciano nell'area interista ma poi sono Lautaro e compagni ad essere più pericolosi. Musso disinnesca un tiro di Barella, vede alcune conclusioni ribattute o finire al lato e al 41' è salvato dal palo sul sinistro di Calhanoglu. Gli ospiti, nel frattempo passati al 3-4-2-1, rispondono con un colpo di testa fuori misura, da ottima posizione, di Zapata che spreca un bel cross di Maehle. Nel complesso il primo tempo è più di marca interista, ma non certo spettacolare: una sola conclusione nello specchio, quella di Barella, più il palo di Calha. Onana spettatore o quasi.

    SEGNA DARMIAN — La ripresa inizia con Lukaku servito più palla a terra e, non a caso, più vivo. Gosens va vicino al gol da ex con una frustata dal limite, ma non trova lo specchio. Il belga dialoga con Lautaro e Barella e l'Inter dà la sensazione di poter passare, anche se è la Dea a sprecare una clamorosa occasione con un tiro alto da ottima posizione di Maehle sugli sviluppi di un'uscita sbagliata di Onana. Gasperini si gioca l'artiglieria pesante e, con Lookman e Hojund al posto di Pasalic e Zapata, ricompone il tridente titolare. Chiaro il segnale: vuole la semifinale. Il match diventa più gradevole e senza pause: lo sblocca l'Inter con Darmian che inizia e conclude con un gran diagonale un'azione in cui sono protagonisti anche Calhanoglu e Martinez, autore dell'assist di tacco. Servendo più spesso e meglio Big Rom, i padroni di casa mettono pressione sulla difesa atalantina e la punta di proprietà del Chelsea mostra lampi degli anni d'oro. Mkhitaryan sfiora il raddoppio, poi è Boga con un sinistro ad accarezzare l'esterno della rete. Gasp cambia ancora con Ederson per Hateboer e Muriel per Boga: ecco il 4-2-3-1; Inzaghi risponde con Dimarco per Gosens, Dzeko per Lukaku e Asllani per Calhanoglu. Nel frattempo arriva la prima conclusione in porta degli ospiti con Onana che dice di no a Lookman. L'Atalanta aggiunge anche la spinta di Soppy a destra, mentre l'Inter deve sostituire l'acciaccato Dumfries con D'Ambrosio. I padroni di casa sulla carta arretrano il baricentro, ma continuano a pressare alto per tenere gli avversari lontani dalla loro area. Correa, entrato tra i fischi al posto di Lautaro, lotta e si piazza al fianco di Dzeko che d'esperienza difende bene diversi palloni. Onana non rischia più e Inzaghi vola in semifinale nella "sua" Coppa.
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    Clamorosa Cremonese, dopo il Napoli elimina una Roma mai così brutta

    I lombardi passano all'Olimpico con il rigore di Dessers e l'autogol di Celik e conquistano una semifinale (contro la Fiorentina) che mancava dal 1987. La rimonta giallorossa si ferma al gol di Belotti nel recupero

    1 febbraio - MILANO
    Dopo il Napoli, la Cremonese fa fuori a sorpresa anche la Roma. Che in realtà - rispetto ai partenopei negli ottavi - ci ha messo anche molto del suo, giocando una partita orrenda e meritando di lasciare in anticipo la Coppa Italia. A marchiare il 2-1 dei lombardi un rigore di Dessers e un autogol di Celik, in un Olimpico ancora una volta pienissimo (60.557 spettatori, ventesimo sold out stagionale dei giallorossi), mentre a nulla è servito il gol finale di Belotti. Per la Roma sfuma così il primo obiettivo stagionale, per la Cremonese c’è una semifinale storica, traguardo raggiunto una sola volta nella sua storia. Era il 1987: ko contro l'Atalanta.

    MAI COSÌ BRUTTA—
    Centosettantuno giorni dopo la sua ultima volta ufficiale (che poi è stata anche la prima), si rivede Gini Wijnaldum, anche se solo in panchina. Per l’olandese un’iniezione di fiducia, per Mourinho una dolce speranza. Anche perché quello che vede in campo nei primi ’5' è quanto di peggio si possa vedere. Una Roma bruttissima, sconclusionata, mai capace di impostare un’azione degna di nota, se non solo un lancio di Cristante per Tahirovic (al 13’), il cui tiro al volo è respinto in angolo da Sarr. Per il resto il buio più completo: Celik è inguardabile, Tahirovic sbaglia tutto il resto, Belotti e Volpato davanti sono impalpabili e Kumbulla compie il patatrac. Il vantaggio della Cremonese nasce infatti da un clamoroso errore in disimpegno del difensore albanese: Dessers va via da solo, Rui Patricio l’atterra in aria, rigore dell’attaccante belga (con passaporto nigeriano) e vantaggio ospite. Con la Cremonese che poi si era messa lì, con una difesa a tre che spesso diventava a 5, quasi incredula di tanta inconsistenza giallorossa. Così tanta che lo stesso Mourinho lascia il campo prima del 43’, per andare diretto negli spogliatoi e provare a raddrizzare la situazione.

    SCOSSE E GOL— Così nell’intervallo la Roma si ripresenta in campo con Matic, Smalling, Zalewski e Dybala, passando al 4-2-3-1. Ballardini invece mette Valeri (per allungare la linea difensiva e 5) e un contropiedista come Okereke, per provare a far male negli spazi. E già al 3’ la Cremonese fa 2-0, con un autogol goffo di Celik su tiro di Pickel destinato ad uscire. El Shaarawy ci prova un paio di volte da fuori, va dentro anche Abraham, Ibanez sfiora il gol di testa, poi Sarr dice di no sulla rovesciata di Pellegrini e Belotti manda alto di testa. Insomma, la Roma reagisce soprattutto di nervi, ma almeno ora nei giallorossi c’è un po’ di elettricità. Anche perché dal punto di vista tattico è saltata qualsiasi logica. Così il pallone giusto per riaprire la partita ce l’ha Smalling, che però lo sciupa fuori non si sa neanche come. Quindi è Abraham (fischiato un fuorigioco che non c’è) a colpire il palo con la porta spalancata. Arriva anche il secondo rosso alla panchina giallorosso (a Foti, in precedenza era toccato a Rapetti), Benassi e Ghiglione dall’altra parte mettono paura a Rui, ma oramai si va a vanti così, a scossoni. Con Okereke che sfiora a giro anche il 3-0. In pieno recupero, poi, il gol della bandiera di Belotti e una protesta di Dybala in area di rigore. Finisce così, con la Roma fischiata dall’Olimpico e la Cremonese in festa.
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    Non basta l'assalto finale del Torino, Fiorentina in semifinale con Jovic e Ikoné

    Viola padroni a lungo del campo, avanti 2-0 e con palo colpito da Mandragora. Nel recupero il gol di Karamoh riaccende il match. Fra i granata debutta Ilic. In campo anche Amrabat
    Dal nostro inviato Mario Pagliara

    1 febbraio - FIRENZE
    Un sussulto di Jovic nel cuore del secondo tempo e il raddoppio al novantesimo di Ikoné lanciano la Fiorentina alle semifinali di Coppa Italia, dove incontrerà la vincente di Roma e Cremonese. Finisce due a uno, con il gol di Karamoh nei minuti di recupero. il Toro esce a testa alta dalla competizione, in una partita bella, equilibrata e ricca di occasioni. Nel primo tempo golosissima chance per Sanabria fermato da un super Terracciano, poi il palo di Mandragora. Nella ripresa il vantaggio viola e ancora il replay del duello Sanabria-Terracciano vinto dal portiere viola. E dopo l’uno a uno sprecato da Miranchuk, al novantesimo arriva il raddoppio di Ikoné con il Toro tutto proteso in attacco alla caccia del pari, poi la traversa di Cabral, il 2-1 di Karamoh.

    OCCASIONI —
    Torino e Fiorentina, quindi, non deludono le aspettative, ne nasce un primo tempo ben giocato da entrambe le squadre, ricco di occasioni e con un elevato tasso di divertimento. Nel suo 4-3-3 Italiano lancia il tridente offensivo con Gonzalez, Jovic e Kouame, Juric risponde con il tridente verticale tipico del suo Toro: Vlasic, Miranchuk più Sanabria. In panchina i neo-acquisti Brekalo (per la Viola), Ilic, Gravillon e Vieira per i granata. Primo tempo molto godibile, con due grandi occasioni per parte. Parte forte il Toro, vicinissimo al vantaggio dopo due minuti: Sanabria apre per Ricci che calcia al volo, Terracciano si oppone di piede in angolo. Sugli sviluppi del corner, il colpo di testa di Schuurs non va lontano dall’angolino. Nel mezzo il doppio break della Fiorentina. Al 13’ Barak per una questione di millimetri non aggancia a due passi da Milinkovic. Sei minuti dopo l’ex Mandragora si ferma sul palo con una conclusione dal limite, subito dopo ci prova Terzic che trova sulla sua strada un attento Milinkovic. Al 24’ la risposta dei granata: Sanabria stacca perfettamente di testa nel cuore dell’area, Terracciano è strepitoso nell’opporsi in angolo. Al 45’ Nico Gonzalez ci prova dal limite, ma Vanja non si fa sorprendere. Zero a zero all’intervallo.

    LO SCATTO DI JOVIC— Il secondo tempo ricomincia sul binario dell’equilibrio, nel quale dopo dodici minuti si inserisce l’occasione di Nico Gonzalez: buona coordinazione e bella girata al centro dell’area, Milinkovic controlla la traiettoria in tuffo. Sessanta secondi dopo, Kouamé - magnificamente servito da Jovic - si divora una palla gol a pochi passi da Milinkovic, allargando troppo il diagonale che muore sui tabelloni. All’ora di gioco i primi cambi: Italiano lancia Ikonè al posto di Kouamé, Juric getta nella mischia Aina per Singo e Ilic (al debutto con il Toro) per Linetty. Al ventesimo arriva l’episodio che sblocca la serata: Terzic pennella una bella palla al centro dell’area, dove Jovic sfugge alla marcatura di Rodriguez (su di lui è dubbio l’appoggio-spinta di Jovic) e firma l’uno a zero. A un quarto d’ora dalla fine del secondo tempo, entra anche Amrabat, perdonato in mattinata dalla Fiorentina e portato in panchina dopo le distrazioni causategli dal mercato. Tra il 36’ e il 40’ il Torino ha due volte la palla del pareggio. Prima Sanabria è molto bravo nell’anticipare Amrabat sotto porta, il guizzo è perfetto ma Terracciano chiude ancora una volta lo specchio. Poi il sinistro di Miranchuk si alza di poco sulla traversa. Dal novantesimo accade un po’ di tutto: il 2-0 di Ikoné, la traversa di Cabral, il 2-1 di Karamoh. Dopo sette minuti di recupero, la festa è viola.
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