Serie A 2023-24

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    Acerbi e Thuram affondano il Milan, la seconda stella arriva col derby

    Finisce 2-1. Il difensore della Nazionale e l'attaccante francese decidono il derby, la capolista vola a +17 e si prende il tricolore "in casa" dei cugini rossoneri. Inutile il gol di Tomori nel finale. Nel recupero espulsi Theo, Dumfries e Calabria
    Marco Pasotto
    22 aprile 2024 (modifica il 23 aprile 2024 | 00:55) - MILANO
    Il sogno proibito e l’incubo più perfido si materializzano nella stessa serata. Come mai era successo nella lunga storia calcistica di Milano (e dell’intera Serie A). L’Inter si cuce in colpo solo scudetto e seconda stella, e si prende il lusso di farlo a casa dei cugini. Il derby mai visto tinge di nerazzurro la notte del Meazza e la sofferenza finale, dopo che il Milan dimezza lo svantaggio, consegna al successo una dimensione ancora più profonda. E’ un tricolore che arriva con cinque giornate di anticipo dopo una cavalcata quasi immacolata, e che consegna il settimo titolo a Zhang (incollato davanti alla tv in Cina) e il sesto a Simone Inzaghi. Cardinale invece era a San Siro e osserva impassibile in tribuna il sesto derby di fila perso dal suo Milan. Un fantasma che pare non ci sia modo di esorcizzare. Il clima milanese di queste ore rappresenta alla perfezione l’animo rossonero: pioggia battente e freddo. Soprattutto per Pioli, anche se non era (più) questa la partita che avrebbe potuto cambiare il suo destino.

    LE SCELTE E LE MOSSE— In un contesto del genere – cinque derby persi di fila, obbligo di vittoria - era il Milan ad aver necessità di cambiare vestito tattico per cercare spostare gli equilibri. E di mosse Pioli ne ha fatte parecchie. La più evidente: Giroud fuori e Leao centravanti di movimento con compiti di profondità per provare ad allungare il monoblocco nerazzurro e dare meno punti di riferimento. Ma a cambiare è stato proprio l’assetto, col ritorno alla difesa a tre (Calabria-Gabbia-Tomori) che in passato contro i nerazzurri un po’ di solidità in più l’aveva portata. Davanti Pioli si è sbizzarrito con la fantasia: una sorta di 3-2-5 con Adli – primi minuti in un derby per lui – accanto a Reijnders in mediana e poi Musah larghissimo a destra, Hernandez a sinistra, Loftus e Pulisic in supporto a Leao. Inzaghi ha invece confermato tutte le indicazioni della vigilia, compresa la scelta di preferire Darmian a Dumfries sulla destra. Scontato tutto il resto: Calhanoglu al centro della mediana, Barella e Mkhitaryan ai suoi lati, Lautaro e Thuram davanti. Un abito cucito su misura ormai da tempo, a cui il Milan proprio non riesce a trovare contromosse efficaci. Un po’ a livello tattico e un po’ perché, molto banalmente, l’Inter è più concreta e ben educata nello sviluppo del gioco. Un impianto solido che non cede e non ha cali di tensione.

    DISCESA— L’ennesima centrifuga di ruoli e posizioni non ha giovato al Diavolo, che in pratica ha consegnato a Inzaghi tre dei cinque uomini offensivi: Leao centravanti è stato un’anima persa, smarrito tra le maglie nerazzurre così come Loftus e Pulisic, che hanno sbattuto ripetutamente contro il muro avversario, incapaci – e spesso, impossibilitati - nel saltare l’uomo. Col passare dei minuti, dopo un avvio promettente e discretamente rabbioso del Milan, l’Inter ha iniziato ad affondare i due soliti coltelli nella pancia del Diavolo: Barella (Adli) e soprattutto Mkhitaryan (Reijnders) hanno aperto varchi sempre più consistenti – sì, film già visto, siamo al sequel del sequel -, senza disdegnare di armare la corsa e il cross di Dimarco. La discesa nerazzurra è iniziata al minuto numero 18: angolo di Dimarco, Pavard prolunga di testa e Acerbi infila da due passi in solitudine totale. E’ l’ennesima stortura difensiva rossonera della stagione: quattro milanisti contro tre interisti, eppure Acerbi viene ignorato da tutti. Nel primo tempo l’Inter ha altre due occasioni gigantesche: clamoroso l’errore di Lautaro a cinque metri da Maignan e poi è Thuram a graziare i rossoneri con un piatto destro calciato con troppa sufficienza da ottima posizione. E il Milan? Una sola volta vicino al gol, quando Calabria ha girato di prima in porta un cross di Musah, esaltando i riflessi di Sommer.

    PASSERELLA— Intervento notevole, e lo stesso non si può dire su Maignan in occasione del raddoppio nerazzurro. La ripresa è iniziata solo da quattro minuti e l’Inter sigilla match, scudetto e stella con una discesa di Thuram che prima sfugge a Tomori – morbido morbido in marcatura – e poi disegna un destro rasoterra preciso e infido ma non irresistibile su cui Maignan va giù troppo lentamente. A quel punto la partita nerazzurra ha iniziato a diventare un red carpet da srotolare minuto dopo minuto, fino a quando il Milan ha accorciato con Tomori, dopo un flipper in area. Mancavano dieci minuti al novantesimo e l’Inter si è ritrovata rintanata nei suoi ultimi trenta metri sotto la spinta di un Milan decisamente ringalluzzito. Okafor si è avvicinato al pari, ma la diga interista ha retto e al Milan sono saltati i nervi: espulsi Hernandez e Calabria, ma a quel punto mancava soltanto il fischio finale. Festa sotto la Nord, il deserto sotto la Sud.
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    Alla fine meno male che il Milan ha perso.
    Primo tempo imbarazzante
     
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    Grazie Pioli per l'ennesima figura di merda contro i cartonati.
    Lo scudetto in faccia: un'umiliazione che durerà per decenni.
    #Pioliout #Cardinalesvegliatifreddo
     
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    Complimenti ai cartonati pagliacci
     
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    Chi schifo.
    Ma ho capito che avremmo perso quando ho letto di Leao centravanti e Chucu in panca.
     
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    Frosinone, comodo tris alla Salernitana: Di Francesco respira, i campani retrocedono

    Due gol nella prima mezzora (Soulé e Brescianini) e la firma finale di Zortea alimentano le speranze di salvezza dei padroni di casa che salgono a 31 punti. La squadra di Colantuono saluta la A dopo tre stagioni
    Vincenzo Di Schiavi
    26 aprile - 22:44 - MILANO
    Trenta minuti ed è già tutto scritto. Il Frosinone si prende una vittoria indispensabile per la fuga verso la salvezza, salendo a 31 punti. La Salernitana, da questa sera, è aritmeticamente in Serie B. I granata salutano la A dopo tre stagioni in coda ad un’annata balorda che ha visto ben quattro allenatori in panchina: Sousa, Inzaghi, Liverani e l’incolpevole Colantuono.

    UNO-DUE—
    Di Francesco ripropone Brescianini altissimo, tale da formare in attacco la punta centrale di un tridente con ai lati Cheddira e Soulé. Sull’altra sponda, non c’è Candreva squalificato e Colantuono piazza Vignato e Tchaouna alle spalle di Ikwuemesi. Il Frosinone impiega poco a capitalizzare. Dopo un guizzo di Soulé deviato in angolo, al 10' Sambia abbraccia in area Valeri e Forneau indica il rigore. Soulé va sul dischetto e spiazza Costil. La Salernitana pare rassegnata, fatica all’idea di dover prendere in mano il gioco, la reazione è a basso voltaggio. Così comanda il Frosinone con Brescianini, uomo ovunque, a dettare ritmi e idee. Ed è proprio lui a raddoppiare quando sulla Salernitana comincia a piovere sul bagnato. In una ripartenza gialloblù, Pierozzi incespica da solo lasciando campo libero a Cheddira che appoggia centralmente per Brescianini: il centrocampista entra in area e fredda Costil (25'). Due gol in mezzora evocano sentenze anticipate. I granata per la verità si scuotono, due volte Coulibaly mette apprensione a Turati, ma la salita ormai appare troppo ripida.

    RIPRESA— Nel Frosinone entra Cerofolini per Turati, vittima di un taglio alla mano in uno scontro con Vignato. Colantuono inserisce Pasalidis per lo sfortunato Pierozzi. I granata danno segnali di vitalità, i padroni di casa provano a gestire. L’audacia degli ospiti però non trova riscontro sotto porta, i gialloblù invece si fanno vedere con un destro di Cheddira senza pretese. La Salernitana prova a dare un senso a una serata triste con un finale orgoglioso (occasioni per Gomis e Ikwuemesi), stroncato dal tris di Zortea in contropiede con un sinistro all'angolino. Poi, al triplice fischio, restano la speranza da una parte e i rimpianti dall’altra.
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    Sfangata contro l'Udinese, ma grande sensibilità della FIGC in vista della nostra semifinale
     
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    Nessun gol, un super Sportiello ferma la Juve. E mezzo Milan si prende un punto

    La sfida per il secondo posto finisce senza gol. Il portiere rossonero, titolare dopo il forfait di Maignan, decisivo almeno tre occasioni
    Filippo Cornacchia
    Giornalista
    27 aprile 2024 - TORINO
    La Juventus e il Milan non sanno più vincere e lo hanno dimostrato una volta di più nello scontro diretto dell’Allianz Stadium. Pareggio senza reti (0-0) e con poche emozioni, quasi tutte concentrate nella ripresa grazie all’assalto dei bianconeri. I rossoneri, incerottati dalle squalifiche post derby con l’Inter (out Theo, Tomori e Calabria) e dal forfait nel riscaldamento di Maignan, ringraziano Sportiello, reattivo e decisivo. La Signora non riesce a sfondare nonostante una ripresa più coraggiosa grazie all’inserimento di Chiesa. Alla fine il Milan - ultimo successo il 6 aprile contro il Lecce - consolida il secondo posto. Mentre la Juventus, che non vince dal 7 aprile con la Fiorentina, non accorcia in classifica e adesso rischia di essere agganciato dal Bologna, impegnato con l’Udinese.

    AFFONDI—
    Allegri rilancia Yildiz in coppia con Vlahovic, mentre Pioli parte con il trio Pulisic, Loftus-Cheek, Leao alle spalle di Giroud. Ma nel primo tempo sono soprattutto le difese – e la fase difensiva – delle due squadre ad aver la meglio sui rispettivi attacchi. Un po’ le assenze del Milan (a partire dallo squalificato Theo Hernandez) e un po’ il momento delicato di entrambe: nei primi 45 minuti il tatticismo e la chiusura degli spazi prevale sullo spettacolo. I bianconeri provano a liberare tra le linee Yildiz e Cambiaso, pericoloso quando trova varchi per tentare il tiro come in un paio di occasioni fuori bersaglio. Vlahovic, seguito in tribuna dal c.t. della Serbia Dragan Stojkovic, si muove molto, ma raramente viene servito in zone calde. I rossoneri, trovando pochi spazi centralmente, cercano di sfondare a sinistra puntando sugli uno contro uno di Leao. Il portoghese, spesso triplicato i marcatura (a Gatti si aggiungono Cambiaso e Weah), non ha i metri davanti a sé per sgasare e fatica a trovare lo spunto nello stretto. Così l’occasione migliore arriva da fermo. Una punizione di Vlahovic, da posizione simile al gol di Cagliari, obbliga Sportiello ad allungarsi e sveglia l’Allianz Stadium, fino a quel momento un po’ insonnolito dalla partita.

    RABBIA VLAHOVIC— Sportiello è decisivo anche a inizio ripresa prima su Kostic e poi su Danilo. Dopo l’ora di gioco Allegri ridisegna la Juventus inserendo Chiesa, McKennie e Milik al posto di Kostic, Weah e Vlahovic. Ma il numero nove non prende per niente bene il cambio. Al rientro in panchina, DV9 scaglia per terra tutto quello che trova, lancia un’occhiataccia anche in direzione di Allegri, però poi rientra negli spogliatoi con la borsa del ghiaccio sul ginocchio. Pioli risponde con Bennacer al posto di Adli, Okafor per Giroud e nel finale inserisce anche Chukwueze e i 2005 Bartesaghi e Zeroli. Cambiano le squadre e a guadagnarci è soprattutto la Juventus grazie alla freschezza di Chiesa. I bianconeri si rendono pericolosa con due sgommate di Federico a sinistra: sulla prima Sportiello respinge il colpo di testa di Milik e sulla seconda Thiaw salva con il volto su Rabiot. In mezzo uno strappo di Leao a tagliare la difesa bianconera.
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    Primo tempo degno della partita Scapoli e ammogliati di Fantozzi.
    Noi salvati da Sportiello, il che la dice lunga.
    Alla fin fine un punto di platino
     
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    Sportiello: 7
    Musah: 5
    Gabbia: 6
    Thiaw: 6.5
    Florenzi: 6-
    Adli: 4.5
    Reijnders: 5.5
    Pulisic: 5
    Loftus-Cheek: 5.5
    Leao: 4.5
    Giroud: 5
    Bennacer: 5.5
    Okafor: 5.5
    Bartesaghi: sv
    Zeroli: sv
    Chukwueze: sv

    Pioli: 5
     
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    AUGUSTA TAURINORUM

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    Lazio, ci pensa l'ex Zaccagni: 3 punti per l'Europa, ma che sofferenza col Verona

    Alla squadra di Tudor servono sette occasioni da rete per battere l'Hellas. Traversa di Luis Alberto e palo di Pedro. I biancocelesti salgono a 55 punti, i veneti restano quart'ultimi

    Nicola Berardino
    Giornalista
    27 aprile 2024 - ROMA
    Terzo successo di fila di campionato e la Lazio sale al sesto posto aspettando il risultato dell’Atalanta. La marcia con Tudor ha riaperto la via per l’Europa. Ma per portarsi in vantaggio sul Verona i biancocelesti devono aspettare il 27’ della ripresa: Zaccagni da subentrato infila il colpo dell’ex. Il Verona paga quell’azione fatale in una prova generosa che però infrange una serie di tre risultati utili in trasferta e recrimina per la chance sciupata all’ultimo da Henry.

    EQUILIBRIO—
    Tudor, ex di turno come Casale e appunto Zaccagni, recupera Felipe Anderson e Kamada, che ripartono da titolari. In difesa Casale rileva l’infortunato Gila. Dopo tre gare torna da titolare Isaksen, schierato nella nuova posizione da esterno destro a centrocampo. Confermato Castellanos al centro dell’attacco: Immobile in panchina, come i recuperati Zaccagni e Lazzari. Baroni inserisce Tchatchoua in difesa, arretra Folurunsho e Serdar in mediana. Nella trequarti Noslin e Mitrovic ad affiancare Lazovic. Swiderski terminale offensivo. Il primo tentativo a rete è della Lazio: al 4’, Guendouzi, a lato. Come la replica del Verona, più, insidiosa con Noslin. Manovrano i biancocelesti creando pressione: efficace la copertura dei gialloblù. Al 19’ Montipò ribatte su una fiondata di Isaksen. Ci prova Felipe Anderson: para il portiere veneto. Al 26’ Isaksen controlla male su un buon assist di Luis Alberto e sciupa una ghiotta opportunità. Intanto, Baroni potenzia ancora la fase difensiva arretrando Lazovic. Al 32’ capocciata di Swiderski: fuori bersaglio. Al 35’ Verona pericoloso: uscita a vuoto di Mandas, a porta vuota Swiderski tira fuori. Proteste laziali per una trattenuta in area su Guendouzi da parte di Serdar. Partita in equilibrio. All’intervallo sullo 0-0.

    IL COLPO DELL'EX— Nella ripresa la Lazio subito vicina al gol. Al 3’ traversa di Felipe Anderson su botta dalla distanza. Bella verticalizzazione della Lazio al 9’, ma Luis Alberto non inquadra la porta. Ripartenza del Verona: Mandas para su Lazovic. Cresce il ritmo. Al 14’, doppio cambio nelle due squadre. Nella Lazio entrano Zaccagni e Pedro per Isaksen e Casale. Nel Verona Suslov per Swiderski e Duda per Mitrovic. Al 21’ Pedro calcia incredibilmente fuori da buonissima posizione. Al 27’ la Lazio sblocca il risultato. Zaccagni porta via il pallone a Suslov, scambia con Luis Alberto e infila Montipò. Gol dell’ex per Zaccagni che aveva già segnato nell’1-1 dell’andata. Al 31’ Luis Alberto sostituito da Hysaj. Altre due sostituzioni nel Verona: Centonze e Bonazzoli rilevano Tchatchoua e Lazovic. Al 37’ prodezza di Mandas su tocco ravvicinato di Coppola. Nuovo ribaltone: palo di Pedro. Al 40’ Henry sostituisce Folorunsho. Mentre nella Lazio Vecino e Immobile avvicendano Felipe Anderson e Castellanos. La Lazio continua ad attaccare. Quattro minuti di recupero. A 20’ secondi dalla fine Henry calcia alto la chance per pareggiare. E la squadra di Tudor può festeggiare tre punti che contano tanto per la classifica.
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    Uno spettacolo desolante. E ci è andata pure bene che abbiamo portato a casa un punto
     
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    Mamma mia che pena di partita. Poi ci chiediamo perché la serie A all'estero non venga vista
    Dai che mancano poche partite e finirà questa sofferenza
     
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