"IN THE NIGHTSIDE ECLIPSE" degli EMPEROR

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    "IN THE NIGHTSIDE ECLIPSE" degli EMPEROR



    In the Nightside Eclipse è il primo, storico full-length degli Emperor, un disco che è stato, che è, e che continuerà ad essere un passo necessario e fondamentale per tutti quelli che si vogliono avventurare nei reami oscuri del Black Metal: è un dato di fatto come la glaciale bellezza di questo platter continui ad incantare, ora come dieci anni fa, chiunque sappia ascoltare gli oscuri suoni della notte.
    Era l'estate del 1993, e la scena norvegese è al suo picco, al suo punto di non ritorno: poco tempo dopo, infatti, lo scoppio delle tensioni interne farà scempio del Black Circle. Nel luglio di quell’anno, quattro giovani si riuniscono ai GriegHallen Studios (tempio dei dischi Black Metal del periodo), e sotto la supervisione di Eirik “Pytten” Hundvin registrano una delle pietri miliari sulle quali si fonderà il genere stesso.
    Quei quattro giovani che stavano scrivendo un pezzo di storia erano gli Emperor. Le loro nere anime si uniscono in una creazione diabolica, e il risultato è un capolavoro che ha influito sulla scena come pochissimi altri dischi hanno saputo farlo.
    Reduci da un demo già leggendario nell’ambiente (“Wrath of the Tyrant”) e dalla loro prima esperienza di registrazione in un vero studio l’inverno precedente – l’eccezionale EP omonimo- gli Emperor erano oramai pronti all’esordio discografico sulla lunga distanza: Ihsahn (voce, chitarra, tastiere) e Samoth (chitarra) sono le menti pensanti del gruppo, gli autori della musica e dei testi. A loro si uniscono Faust (batteria), altro personaggio del circolo norvegese che all’epoca lavorava all’Helvete, e Tchort (basso), futuro membro di gruppi quali Carpathian Forest e Blood Red Throne.
    Il punto di forza di In the Nightside Eclipse è indubbiamente l’uso -assolutamente innovativo in quel campo- delle tastiere: pur rimanendo come “sottofondo”, esse sono fondamentali nella costruzione del suono, riuscendo a donare sensazioni di glacialità ed oscurità che pochissime altre bands sono riuscite a ricreare.
    Grazie all’aiuto dei synth, che riempiono gli spazi e arricchiscono le composizioni, le chitarre di Ihsahn e Samoth sono libere di costruire melodie indimenticabili, sostenute dall’energico lavoro di Faust dietro le pelli. Sopra alle sei-corde (anzi, spesso sotto, a causa del mixaggio amatoriale) il taglienteed acido screaming di Ihsahn lacera continuamente l’aria, proponendosi come uno dei cantati più incisivi nell’ambito Black.
    Come tipico per i lavori Black di inizio anni '90, mixaggio e produzione sono di livello mediocre, tanto che la voce è talvolta coperta, il basso è completamente inudibile e di tanto in tanto le chitarre vengono inghiottite del tutto dalle tastiere. Questi difetti, capaci di distruggere qualsiasi altro disco, sono però cruciali per la buona riuscita di "In the Nightside Eclipse", la cui atmosfera imperdibile è legata a doppio filo con il proprio suono confuso, zanzaroso, imperfetto: la ricerca di una propria personalità e di una precisa atmosfera sono due motivi che bastano ed avanzano per giustificare la 'scelta artistica' degli Emperor e di Pytten.
    I primi 50 secondi del disco sono un’oscura introduzione che preparano l’ascoltatore alla tempesta imminente: di lì a poco saremo catapultati dentro l’Infinito Dei Pensieri da un riff freddo come la tetra oscurità che scivola sulle montagne settentrionali della Norvegia. Il brano, uno dei migliori del disco, è ottimamente supportato da un’eccellente lirica: i testi di Ihsahn e Samoth sono poesie alla notte e alla natura, e inni all’Imperatore che le comanda.
    Le Brucianti Ombre del Silenzio ci avvolgono, mentre ci inoltriamo nei boschi descritti con tanta cura dagli Emperor: mentre queste si addensano sempre più ci fermiamo, attoniti, ad ascoltare Cosmic Keys to my Creations & Times. Questo capolavoro, estratto dall’EP, ha una struttura più complessa rispetto alle altre canzoni di "In the Nightside Eclipse", e sorprende dall’inizio alla fine con le sue magnifiche trovate.
    Nella nostra strada Verso il Pantheon passiamo Oltre la Grande e Vasta Foresta: alcuni momenti di vera magia rendono la quarta e la quinta traccia fra le più apprezzate dai fans, pur rappresentando un passo indietro rispetto alla qualità strabiliante di inizio e fine disco.
    I tre brani di chiusura, senza alcun dubbio gli highlights del disco, si uniscono a formare un quarto d’ora di pura estasi, e sta unicamente alla sensibilità e ai gusti personali di ognuno scegliere la propria preferita tra queste.
    Mentre l’ascoltatore si unisce alla Maestà del Cielo Notturno in uno dei brani più emozionanti di sempre, Ihsahn dipinge in un quadro di rara bellezza la notte, le sue luci ed ombre, i suoi colori ed elementi. Durante l’evocativa fase centrale gli Emperor pongono particolare accento sull’atmosfera, donandoci un cantato narrato di grande espressività: è il rumore del tuono a sancire la fine della canzone e un boato di pochi secondi, ma che pare interminabile, funge da introduzione per il settimo capitolo.
    Forse il riff più famoso del combo norvegese apre uno degli innumerevoli classici tratti da questo disco: Io Sono i Maghi Oscuri. Il brano è contraddistinto da una varietà eccezionale ed ha il proprio apice nel suggestivo finale, in cui una solenne voce parlata si alterna allo screaming incontrollabile raggiungendo vette d’intensità emotiva altissime.
    Sono i colpi decisi di Faust a introdurci infine a Inno a Satana, ennesimo capolavoro ed ultima traccia del disco. I puliti ed evocativi (anzi, invocativi, visto il testo) cori (scelta piuttosto inconsueta, per l'epoca) duettano con lo screaming più malvagio, mentre le splendide parti di chitarra gareggiano con le tastiere per ottenere la ribalta, lasciandoci a bocca aperta fino allo strepitoso gran finale, in cui i cori esplodono in tutta la loro maestosità - il sipario viene chiuso, oltre che dai brividi dell'ascoltatore, anche dai soffocati sussurri di Ihsahn, mai più, in futuro, così nero nelle sue interpretazioni vocali.
    Ad aggiungere valore al disco, due splendide cover: “Gypsy” dei danesi Mercyful Fate, - pionieri delle tematiche oscure negli 80’s- , di cui gli Emperor esaltano la componente sinfonica e in cui si nota l’ottimo livello tecnico del gruppo norvegese, e “A Fine Day to Die”, un tributo ai maestri Bathory, riproposta in una versione capace di rivaleggiare ad armi pari con l’originale.
    Si conclude così uno dei classici del Black Metal 'made in Norway', in assoluto una delle più belle opere (per molti addirittura la migliore) partorite da quel genere tanto estremo e discutibile quanto rivoluzionario - se volete avvicinarvi, "In the Nightside Eclipse" non può mancare alla vostra collezione.

    Forever wilt I bleed for Thee
    Forever wilt I praise Thy dreaded name
    Forever wilt I serve Thee
    Thou shalt shalt forever prevail


    Inno ai Maestri. Inno agli Emperor.
    VOTO: 9.5


    LINE UP:

    Ihsahn: Voce, Chitarra, Tastiera
    Samoth: ChitarrA
    Tchort: Basso
    Faust: Batteria

    Emperor_-_in_the_nightside_eclipse

    Edited by Shagrath82 - 4/12/2012, 09:04
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    Il loro lavoro migliore...ed uno dei capolavori di questo genere!
     
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    Un album eccezzionale...stop. non ci sono altre parole per definirlo!
     
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    Album stupendo e coi controcoglioni
     
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    Storico!!!
     
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  7. Emperor86
     
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    Meraviglioso!
    Com'è che non ho mai visto questa discussione? Perdonatemi! :(
     
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    Capolavoro assoluto, gli Emperor di "In The Nightside Eclipse" sono stati capaci di forgiare un album dove si miscela sapientemente True Norwegian Black Metal con l'uso (tra i primi) delle tastiere.
    Il risultato: unico ed ancora insuperato.
    Brani maestosi e bellissimi come "Into The Infinity Of Thoughts", passando per perle Symphonic-Black come "The Burning Shadows Of Silence", "Cosmic Keys To My Creations & Times", "Beyond The Great Vast Forest", "Towards The Pantheon" e "The Majesty Of The Nightsky" sono tutti ottimi esempi di suprema arte dalle grandi qualità musicali.
    Da qui nasce la sotto-diramazione del Sympho-Black (vedi Dimmu Borgir) anche se questo album rimane qualcosa che fa storia a sè per qualità ed alchimia peculiare.
    Nei Top 10 degli album Black più importanti di sempre.
     
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    Capolavoro, bellissimo. Voto 10 e lode.
    No, ok, cerco di articolare la mia rece. Che ha motivazioni che possono sembrare balorde o magari stupide ai più. Forse si sfiora il bimbominchiesco.
    Ho iniziato ad ascoltare il metal verso i 14 anni. Però in casa mia di musica buona se n'è sempre ascoltata. Mio padre aveva ancora tutti i vinili dei Black Sabbath (la copertina di paranoid, una delle più belle di tutte per me) o i Led Zeppelin, o i Deep Purple. Lo ammetto, iniziai a strimpellare la chitarra perché stregata dal riff iniziale di Smoke on the water. Madonna che banale. Passare dall'hard rock all'heavy metal fu velocissimo. Grazie ad un mio caro amico, con cui fui compagna di scuola un solo anno, scoprii gli Iron Maiden. Folgorata dalle cavalcate della Vergine di Ferro, imparai a suonare il basso perché ebbi un nuovo mito musicale: Stave Harris. E così per alcuni anni vivacchiai nel metal classico, (ok, il primo disco metal fu Load dei Metallica, ma non fa testo visto il genere di quel disco :hihi:), con puntate del thrash dei Metallica, Megadeth e Sepultura (che nel 1999 mi sembravano la cosa più violenta mai apparsa sulla Terra). Disprezzavo abbastanza il nu, perché lo trovavo patinato, finto.
    Poi nel 2000 in seguito alla morte die miei caddi in un profondo stato di depressione, prostrazione, boh. Fate voi. Sempre il mio migliore amico con cui ero rimasta in contatto, un pomeriggio mi passò un cd. "È roba vecchia, del '94, non riesco a capire cosa sia, sembra una merda, però a me piace". Lo misi nel cd, una sera. Folgorata. Ebbi i brividi, piansi, mi esaltai. In quel momento avevo bisogno di questa musica. Può sembrare banale, il classico chiodo schiaccia chiodo. Una musica violenta, malsana, allucinante. Che può piacere a poche persone, a chi si sente fuori posto, sola, invisibile nella società. Ti senti una merda, e poi scopri che dall'altra parte dell'Europa ci sono ragazzi che nel paradiso sociale norvegese ci sono dei tuoi coetanei che si snetono esclusi, soli come te. Capaci però di imbracciare uno strumento e sfogarsi. Scoprii infatti che a suonarla erano quattro ragazzi norvegesi. Di diciotto anni. Che suonano e scrivono canzoni da anni. Che assieme ad altri amici con altri gruppi non solo scrivono le loro canzoni, ma hanno creato un genere. Dei geni disadattati. Che avevano anche qualche problemino con la giustizia. Bene, gli Emperor erano ragazzi incazzati che hanno saputo creare una perla di rara bellezza. Di fare arte. Sì perché questo disco, assieme ad altri del black degli esordi, è pura arte. Grezza, diretta, disturbante. Può piacere o disgustare, ma non può lasciare indiffenti. Suscita emozioni, magari positive o negative. Non può lasciare indifferenti. Non poteva lasciarmi indiffernete. Questo disco e il black metal in generale giunse in un momento terribile per me, eppure era ciò di cui avevo bisogno. Arte lugubre, deprimente, malvagia, un vero balsamo per le mie ferite. Delle tematiche me ne sono sempre sbattuta (oh minghia, l'ultima canzone del disco si intitola Innu a Satana, :rulez:), anche se i testi del depressive sono sicuramente migliori, però chissenefrega. Dopo la scoperta di questo disco iniziai a cercare decine e decine di gruppi, roba che a distanza di anni non ho mai più ascoltato. Però, dopo dieci anni, lo ascolto ancora il black, non riesco a stufarmi. Fa parte di me. Ovvio che ascolto solo alcuni gruppi, di solito quelli storici, ma se trovo qualcosa di particolare, come i Peste Noire, li ascolto molto volentieri. E se vedo qualche ragazzino o ragazzina con magliette di gruppi black (probabilmente comprate nei due o tre negozi di Torino che le vendono dove anch'io lasciai le mie lirette prime e i miei euri poi) mi viene da sorridere, e magari li saluto (e sicuramente penseranno "cazzo vuole sta vecchia in tailleur che mi saluta?"). Bene, dopo questa premessa noiosissima per molti di voi, dirò due parole su questo dischetto. Come potete capire non sarò minimanente obiettiva. Non potrei esserlo.
    Intato la musica è allo stesso tempo fredda e maestosa. Pur con una registrazione approssimativa, il missaggio fatto (volutamente?) alla cazzo di cane, riesce a trasmettere dolore, violenza, orrore ma anche senso di potere, da parte di chi non si sà. Puoi fantasticare ad essere tu a detenere questa forza, o rassegnarti ad esserne schiava. Il cantante Ihsahn col suo screaming acuto credo abbia influenzato una generazione di cantanti black. Samoth è sicuramente il più dotato tecnicamente, il bassista Tchort (subentrato a Mortis) e il batterista Bard Faust formano una sezione ritmica affiatata e vincente. magari non ipertecnica, ma efficace. A volte mi chiedo se la registrazione pessima di questi lavori non abbia danneggiato le splendide musiche di questi dischi, generando anche la leggenda che i musicisti black siano degli scarsoni, a diferenza di quelli del death. Però è anche vero che le registrazioni sporche, le chitarre zanzarose e i suoini un po' ovattati contribuiscono a creare l'atmosfera giusta. Ora veniamo alle canzoni.
    Dopo una breve Intro ecco la lunga, maestosa e malvagia Into the Infinity of Thoughts. Che sezione ritmica gente. Ma sopratutto, che orchestrazioni. Non invadneti e pompose come quelle del black sinfonico moderno, ma minimali. Diciamo che le tastiere, suonate dallo stesso cantante, fanno una specie di tappeto sonoro sul quale si poggia la canzone stessa.
    The Burning Shadows of Silence. Le brucianti ombre del silenzio. Già il titolo è una figata. In più compaiono alcune voci pulite, che in futuro diventeranno il marchio di fabbrica degli Emperor, facendo incazzare anche un bel po' di metallari blackster talebani. Poi c'è la corale Cosmic Keys to my Creations & Times, corale perché scritta da tutti i membri della band, Mortis compreso (sì, quel Mortis che mollò il gruppo per dedicarsi ad un genere elettro-tamarro-ambient travestendosi da troll, ma odiato da alcuni perché fu la sua testimonianza a mandare in galera il suo amico, anzi, ex amico, Bard Faust accusato di omicidio), forse la più bella e tradizionale (secondo i canoni del black :P) del disco.
    Beyond The Great Vast Forest ci trasporta nelle immense, verdi e fredde foreste norvegesi. L'apice dell'atmosfera si raggiunge con la sognante Towards the Pantheon, cadenzata e meno furibonda, e questa canzone come la successiva The majesty of the nightsky dimostrano che gli Emperor sono decnicamente dotatissimi e sicuramente molto migliorati rispetto ai demo precedenti.
    I am the Black Wizard e Innu a Satana. I due classici del disco e del gruppo. Se la seconda è la più "facile" e forse anche un po' ruffiana, la prima è una canzone di struggnete e malsana bellezza.
    Scusate la prolissità, ma il disco la meritava. Almeno per me

    VOTO:10
     
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    King of Darkness

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    Uhhh...che ricordi C@te. Mi hai fatto tornare in mente quando eravano ragazzi l'unico anno al liceo che abbiamo passato assieme, e ci scambiavamo le audiocassette :cry:
    E non ricordavo che fosse stato quetso il disco ad iniziarti al black metal (per me fu Transilvanian Hunger, preso una settimana prima. Cmq, pur senza le motivazioni tue assai più profonde, ho adorato questo disco. Marziale, potente, malvagio. Io per motivi più da cazzone, però concordo con te che dici questo genere va bene ai ragazzi tagliati fuori dalla massa. Voglio credere che molti ascoltando questi dischi si sentano meno soli, che si formi una sorta di confraternita di nerd mondiale accomunata dal metallo :rulez:
     
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  12. Spellbound
     
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    Personalmente l'ho sempre trovato un po' "difficile", perché è estremo oltre ogni considerazione, perché sembra venire da un altra dimensione. nella top 3 del black metal, direi.
     
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    Disco epico e meraviglioso
     
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    13 августа 2013

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    Non ascolto molto metal, perché credo sia un genere che vada ascoltato in modo attento, come la musica classica. Per questo motivo quando alvoro in sottofondo lascio la radio con le sue canzoni pop, oppure brani di musica classica che conosco quasi a memoria, lasciando in sottofondo.
    Ho fatto così anche con questo disco. Pensavo di ascoltarlo distrattamente. Non ero convinta perché non mi piacevano i temi trattati, non amo nemmeno molto il black metal. Però mi sono accorta che questo disco ha qualcosa di speciale. Gli arrangiamenti, la tecnica, sono notevoli. Non so se sia tutto voluto o se semplicemente questi ragazzi (ho letto che erano giovanissimi quando registrarono queste canzoni) sono dei geni musicali. Peccato per la registrazione (pensavo che il basso fosse assente). Io vorrei elogiare la struttura delle canzoni di questo disco, perché credo siano veramente ben fatte. "Beyond The Great Vast Forest" è bellissima, come "I'm the black wizard". Non condivido le tematiche di "Inno a Satana", ma ammetto che è una canzone che non lascia indifferenti.
    Un disco freddo, maligno e geniale.

    Edited by **AlenA** - 14/6/2015, 22:30
     
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    CITAZIONE (**AlenA** @ 14/6/2015, 22:15) 
    (pensavo che il basso fosse assente)

    Non me lo dire. Soffro sempre :(
     
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23 replies since 14/3/2007, 12:30   386 views
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