I siti protetti dell'Unesco dell'Italia

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    Incisioni rupestri della Valcamonica



    Le incisioni rupestri della Val Camonica (sito UNESCO n° 94, Arte rupestre della Valcamonica) costituiscono una delle più ampie collezioni di petroglifi preistorici del mondo e sono state il primo Patrimonio dell'umanità riconosciuto dell'UNESCO in Italia (1979). L'UNESCO ha riconosciuto oltre 140.000 figure, ma nuove ininterrotte scoperte hanno progressivamente aumentato il numero complessivo delle incisioni catalogate, fino a duecentomila se non trecentomila, concentrate nei comuni di Capo di Ponte, Nadro, Cimbergo e Paspardo (provincia di Brescia).

    Caratteristiche


    Le incisioni furono realizzate lungo un arco di tempo di ottomila anni, fino all'Età del ferro (I millennio a.C.)[2]; quelle dell'ultimo periodo sono attribuite al popolo dei Camuni ricordato dalle fonti latine. La tradizione petroglifica non si esaurì repentinamente: sono state identificate incisioni - anche se in numero assai ridotto, non comparabile con la grandiosa attività preistorica - di epoca romana, medievale e perfino contemporanea, fino al XIX secolo. La maggior parte delle incisioni è stata realizzata con la tecnica della martellina; in numero minore quelle ottenute attraverso il graffito.
    Le figure si presentano a volte semplicemente sovrapposte senza ordine apparente, ma spesso invece appaiono in relazione logica tra loro, a illustrazione di un rito religioso o di una scena di caccia o di lotta; tale impostazione spiega lo schematismo delle immagini, ognuna delle quali è un ideogramma che rappresenta non tanto l'oggetto reale, ma la sua "idea". La loro funzione è riconducibile a riti celebrativi, commemorativi, iniziatici o propiziatori - dapprima in ambito religioso, in seguito anche laico -, che si tenevano in occasioni particolari, singole o ricorrenti[3]. Tra i segni più noti rinvenuti in Val Camonica spicca la cosiddetta Rosa camuna, che è stata adottata come simbolo ufficiale della regione Lombardia.

    Il ciclo istoriativo: temi e periodizzazione

    Negli anni sessanta l'archeologo Emmanuel Anati, tra i primi a studiare sistematicamente il corpus nel suo complesso, stilò una prima cronologia delle incisioni rupestri, comparando lo stile e le tipologie di simboli scoperti e individuando possibili correlazioni con la periodizzazione storica tradizionale, dalla Preistoria al Medioevo.

    Epipaleolitico

    Le incisioni più antiche risalgono all'Epipaleolitico (o Mesolitico, VIII-VI millennio a.C. circa), qualche millennio dopo il ritiro del ghiacciaio che ricopriva la Val Camonica (Glaciazione Würm), e furono opera di cacciatori nomadi di passaggio, che seguivano gli spostamenti degli animali. Le figure rappresentate infatti raffigurano animali di grandi dimensioni (cervi e alci), che costituiscono le tipiche prede di quel periodo. Sono presenti nel comune di Darfo Boario Terme, nel Parco comunale delle incisioni rupestri di Luine.

    Neolitico

    Con il Neolitico (V-IV millennio a.C. circa) si diffusero anche in Val Camonica le pratiche agricole, con la formazione dei primi insediamenti a carattere stanziale. Nel campo dell'arte rupestre, a costituire gli elementi principali delle composizioni sono figure umane e insiemi di elementi geometrici (rettangoli, cerchi, puntini, probabilmente interpretabili come rappresentazioni "topografiche" del territorio agricolo), attributi simbolici che completano il significato delle figure antropomorfe. Ve ne sono nella Riserva Regionale delle Incisioni Rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo[7]. Secondo alcuni studiosi peraltro tali figure antropomorfe schematiche (i cosiddetti "oranti") sarebbero da attribuire ad epoche più tarde, e in particolare all'età del Bronzo (II millennio a.C.). In questo modo solo le figure geometriche (le probabili "mappe") rappresenterebbero l'inizio dell'arte rupestre camuna post-paleolitica. Analoga sequenza è presente al Monte Bego (Francia), l'altro grande polo dell'arte rupestre alpina.

    Età del rame

    Durante l'Età del rame (o Calcolitico, III millennio a.C. circa), comparvero la ruota, il carro e le prime forme di metallurgia. Si assiste nell'arte rupestre alla realizzazione di massi istoriati con simboli celesti, animali, armi, arature, file di esseri umani e altri segni. A questi monumenti, conservati principalmente nel Parco archeologico nazionale dei Massi di Cemmo e in quello di Asinino-Anvòia (Ossimo), si attribuisce una funzione rituale, collegata alla venerazione degli antenati.

    Età del bronzo

    Con l'Età del bronzo (II millennio a.C. circa) tra le incisioni su rocce affioranti prende il sopravvento il tema delle armi, a testimonianza del maggior rilievo assunto dai guerrieri nella società camuna del tempo, accanto a quello delle figure geometriche (cerchi e varianti) in continuità con le epoche precedenti.

    Età del ferro

    Le incisioni dell'Età del ferro (I millennio a.C.) sono quelle attribuite al popolo dei Camuni e costituiscono circa il 70-80% di tutte le figure censite. Le opere manifestano l'ideale di virilità e di eroica superiorità cui ambivano; dominano le rappresentazioni di duelli e di figure umane, anche di grandi dimensioni, che ostentano le proprie armi, la muscolatura e i genitali. Sono inoltre presenti capanne, labirinti, impronte di piede, scene di caccia, reticoli e simboli vari.

    Età romana

    Durante la dominazione romana della Val Camonica (I-V secolo d.C.) l'attività petroglifica subì una forte contrazione, fino a entrare in una fase di latenza.

    Età medievale

    Il Medioevo in Val Camonica segnò una ripresa dell'attività istoriativa; a partire dall'Alto Medioevo sporadiche incisioni, per lo più di simboli cristiani come croci e chiavi, si affiancarono e si sovrapposero a quelli pagani preesistenti, quale tentativo di risacralizzazione di luoghi dei quali si confermava tuttavia il carattere sacro ancestrale.

    Scoperta e valorizzazione

    La prima segnalazione di rocce incise risale al 1909, anno in cui Walther Laeng (italianizzato Gualtiero) segnalò al Comitato Nazionale per la Protezione dei Monumenti due massi istoriati nei pressi di Cemmo. Soltanto negli anni venti, però, i massi incontrarono l'interesse di alcuni studiosi, come l'antichista Giovanni Bonafini, il geologo Senofonte Squinabol e, a partire dal 1929, l'antropologo torinese Giovanni Marro e l'archeologo fiorentino Paolo Graziosi. Ben presto vengono scoperte numerose incisioni anche sulle rocce circostanti e le ricerche, oltre che da Marro, vengono condotte anche da Raffaello Battaglia per conto della Soprintendenza alle Antichità di Padova.
    Negli anni trenta la notorietà delle incisioni si diffuse in Italia e all'estero, tanto che nel 1935-1937 una vasta campagna di studi fu condotta dai tedeschi Franz Altheim ed Erika Trautmann. Altheim avviò una lettura ideologica in senso nazista delle incisioni, presto imitata in versione fascista anche da Marro, volta a identificarle come una testimonianza della supposta razza ariana ancestrale.
    La mappatura e la catalogazione ripresero dopo la Seconda guerra mondiale, condotte sia da studiosi del neonato Museo di Scienze naturali di Brescia guidati da Laeng, sia da esperti nazionali e internazionali. Nel 1955, con l'istituzione, per iniziativa della sovraintendenza archeologica della Lombardia, del Parco nazionale delle incisioni rupestri di Naquane, iniziò l'opera di tutela del patrimonio rupestre. Nel 1956 iniziarono le esplorazioni di Emmanuel Anati che scoprì nuovi petroglifi e condusse un'osservazione sistematica dell'intero patrimonio; tali studi gli permisero di dare alle stampe, nel 1960, il primo volume di sintesi generale sull'argomento: La civilisation du Val Camonica. Lo stesso Anati fondò, nel 1964, il Centro Camuno di Studi Preistorici, che si sarebbe fatto carico, oltre che delle ricerche sistematiche, della stampa e della divulgazione di vari volumi e di una propria pubblicazione periodica, il Bollettino del Centro Camuno di Studi Preistorici (BCSP). Nel 1968 si svolse il primo Valcamonica Symposium, primo di una lunga serie di convegni, che riunì in Val Camonica numerosi studiosi d'arte e vita preistorica.
    Dopo l'inclusione tra i Patrimoni dell'Umanità Unesco promossa dell'International Council on Monuments and Sites il 29 marzo 1979[16], si tenne a Milano la mostra I Camuni, alle radici della civiltà europea (1982). Le ricerche degli anni successivi hanno poi ulteriormente ampliato il patrimonio rupestre censito


    744px-Scena_di_duello_R6_-_Foppe_-_Nadro_(Foto_Luca_Giarelli)



    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 19:08
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    Chiesa e Convento Domenicano di Santa Maria delle Grazie con "L'Ultima Cena" di Leonardo da Vinci - Milano



    Santa Maria delle Grazie è una chiesa di Milano, patrimonio dell'umanità dell'Unesco, insieme al Cenacolo di Leonardo da Vinci che si trova nel refettorio del convento.

    Storia

    Nel 1463 il duca di Milano Francesco I Sforza fece costruire un convento domenicano ed una chiesa nel luogo dove si trovava una piccola cappella dedicata a Santa Maria delle Grazie.
    L'architetto fu Guiniforte Solari, il convento fu completato nel 1469 mentre per la chiesa fu necessario attendere il 1482. Altri cambiamenti furono eseguiti quando, salito al potere, Ludovico il Moro decise di cambiare il chiostro grande e l'abside della chiesa. La costruzione fu terminata intorno al 1490. Il Moro aveva anche deciso di fare delle Grazie il luogo di sepoltura degli Sforza e nel 1497 vi venne sepolta la moglie Beatrice d'Este. Secondo una antica tradizione milanese Ludovico il Moro fece anche costruire un cunicolo collegante il castello, poi chiamato Sforzesco al convento.
    Il tiburio dapprima fu attribuito a Bramante, anche se manca qualunque tipo di prova se non che il Bramante era in quegli anni ingegnere ducale e viene nominato una volta negli atti della Chiesa (una consegna di marmo nel 1494, ma gli studi più aggiornati propendono per l'Amadeo; al più si ritiene[citazione necessaria] che il Bramante sia stato responsabile del progetto iniziale, ma non abbia poi seguito i lavori veri e propri, che sicuramente furono diretti da Giovanni Antonio Amadeo. La misura di base di 24 braccia milanesi utilizzata per la sacrestia fu usata dallo stesso architetto per il sacello in Santa Maria alla Fontana. Ancora nel 1497 acquistò 64 colonnine di pietra chiara di Saltrio per il tiburio e altri 128 pezzi di pietra bianca e nera da consegnare per il trasporto sul Ceresio a partire da Porto Ceresio o da Riva San Vitale.
    All'interno, nel corpo più antico della chiesa (in stile gotico), si segnalano, in una cappella di destra, gli affreschi con Storie della Passione di Gaudenzio Ferrari. Nella stessa cappella era un tempo conservata l'Incoronazione di spine di Tiziano oggi al Louvre.
    Nel chiostrino adiacente alla tribuna, sulla porta che conduce alla sacrestia, c'è un affresco realizzato da Bramantino.

    Seconda guerra mondiale

    La notte del 15 agosto 1943, i bombardieri anglo americani colpirono la chiesa e il convento. Il refettorio fu raso al suolo, si salvarono pochi muri, fra cui quello del Cenacolo.

    800px-Santa_Maria_delle_Grazie_Milano_07-08-2007





    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 19:09
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    Centro storico di Roma, le proprietà extraterritoriali della Santa Sede nella città e la Basilica di San Paolo fuori le mura
    Estensione del patrimonio di Roma ai beni compresi entro le mura di Urbano VIII



    La Città storica di Roma è "l'insieme integrato costituito dall'area storica centrale interna alle mura, dalle parti urbane dell'espansione otto-novecentesca consolidata, interne ed esterne alle mura, e dai singoli siti e manufatti localizzati nell'intero territorio comunale, che presentano una identità storico-culturale definita da particolari qualità, riconoscibili e riconosciute dal punto di vista dei caratteri morfogenetici e strutturanti dell'impianto urbano e di quelli tipo-morfologici, architettonici e d'uso dei singoli tessuti, edifici e spazi aperti, anche in riferimento al senso e al significato da essi assunti nella memoria delle comunità insediate"; comprende circa 7.000 ettari del territorio comunale della città.
    Il centro storico di Roma racchiuso all'interno delle mura aureliane (a sinistra del Tevere) e delle mura gianicolensi (a destra del fiume) è stato riconosciuto, nel 1980, patrimonio dell'umanità dall'UNESCO. Nell'intera città storica si riconosce il valore di oltre 25.000 punti di interesse ambientale e archeologico censiti dalla Carta della Qualità.
    Il toponimo (Centro Storico) indica anche la zona urbanistica 1a del I Municipio e la circoscrizione stessa.

    800px-Rom_Petersdom_und_Tiberbruecke



    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 19:13
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    Centro storico di Firenze



    Patrimonio dell’Umanità riconosciuto dall’UNESCO nel 1982, il centro storico di Firenze, conchiuso all'interno della cerchia dei viali tracciati sulle vecchie mura medievali, raccoglie i più importanti beni culturali di Firenze. Delimitato dal tracciato della cerchia muraria del XIV secolo, edificata grazie alla potenza commerciale ed economica raggiunta, conobbe nei due secoli successivi il suo massimo splendore.
    Centro spirituale della città è la piazza del Duomo con la Cattedrale di Santa Maria del Fiore affiancata dal Campanile di Giotto e fronteggiata dal Battistero di San Giovanni con le porte del Paradiso di Lorenzo Ghiberti. Da qui verso settentrione ci sono il Palazzo Medici Riccardi di Michelozzo, la Basilica di San Lorenzo di Filippo Brunelleschi, con all'interno le preziose sagrestie di Donatello e Michelangelo. Più oltre il Museo di San Marco, con i capolavori del Beato Angelico, la Galleria dell'Accademia che accoglie, tra gli altri lavori, anche il David di Michelangelo (1501-1504) e la piazza della Santissima Annunziata con il Loggiato degli Innocenti del Brunelleschi.
    Verso meridione dal Duomo vi è il centro politico-culturale di Firenze con Palazzo Vecchio e la vicina Galleria degli Uffizi, in prossimità della quale si trovano il Museo del Bargello e la Basilica di Santa Croce. Attraversando Ponte Vecchio si arriva al quartiere dell'Oltrarno con la reggia di Palazzo Pitti e il giardino di Boboli. Ancora in Oltrarno, ci sono la Santo Spirito di Filippo Brunelleschi e la Chiesa di Santa Maria del Carmine, con affreschi di Masolino, Masaccio e Filippino Lippi.
    Nella zona a occidente del Duomo sorgono l'imponente Palazzo Strozzi (sede di grandi mostre e di prestigiose istituzioni culturali) e la basilica di Santa Maria Novella, con la facciata ideata da Leon Battista Alberti.
    Il centro storico può essere apprezzato nella sua interezza dalle colline d'intorno, in particolar modo dal Forte Belvedere, dal Piazzale Michelangelo con la Basilica romanica di San Miniato al Monte e dalla collina di Fiesole che offre uno dei panorami più suggestivi della vallata dell'Arno.

    Riconoscimento UNESCO



    Nel 1982 l’ICOMOS proponeva la candidatura del centro storico di Firenze come Sito del Patrimonio Mondiale, giustificandola attraverso le seguenti motivazioni:
    « This unique cultural property should, with every good reason, have figured among the first lists of the World Heritage List and any justification would be both impertinent and derisory. ICOMOS would underscore the fact that the historic centre of Florence responds to nearly all the criteria defined by the Convention. »

    I criteri individuati dall’ICOMOS offrono un quadro generale del centro storico di Firenze ancora efficacemente rappresentativo del sito. Tuttavia si avverte la necessità di fornire una descrizione più approfondita per mettere in luce tutte quelle caratteristiche che hanno reso unico il centro storico di Firenze, pertanto in occasione della compilazione del rapporto periodico UNESCO l’Ufficio Centro Storico ha proposto di ampliare i criteri dell’ICOMOS con il seguente riconoscimento di valore:
    « L’unicità del centro storico di Firenze, così ben descritta dall’ICOMOS, deriva anche dall’autenticità ed integrità del sito che conserva, attraverso una continua attività di tutela ed importanti interventi di restauro, innumerevoli testimonianze monumentali ed artistiche del suo passato. Dal “quadrilatero romano” nella zona di piazza della Repubblica alle vie anguste e impervie della città medievale, fino agli splendori della reggia cinquecentesca di palazzo Pitti e alle trasformazioni di Firenze capitale, è possibile ripercorrere tutta la storia della città. Inoltre, la concentrazione di un così ricco e pregevole patrimonio storico-artistico - ma anche scientifico e naturalistico – in uno spazio circoscritto e ben delimitato come quello del centro storico, rende la città di Firenze unica e preziosa, non soltanto agli occhi del visitatore curioso ma anche a quelli dello studioso e del cittadino. Chiese di straordinaria bellezza, musei e collezioni d’arte, giardini storici, piazze, strade, palazzi antichi: Firenze può ragionevolmente essere definita “museo diffuso”, non un semplice contenitore di opere d’arte ma un’opera d’arte essa stessa.

    L’immagine del centro storico di Firenze, al di là dell’aspetto monumentale, rivive nelle tradizionali botteghe artigiane che da secoli offrono una produzione di alto livello qualitativo, nel rispetto delle antiche tecniche di lavorazione, in particolare nell’ambito dei metalli pregiati come l’oro e l’argento, ma anche nella fusione del bronzo. Inoltre, il centro cittadino si anima di numerosi negozi storici, cioè di esercizi commerciali che possono vantare una più che decennale tradizione del genere merceologico venduto nel medesimo locale o dell’attività esercitata, ma anche la tipicità della produzione. L’artigianato fiorentino e i negozi storici costituiscono testimonianza concreta del passato, garantiscono la continuità della tradizione e consentono di far sopravvivere l’immagine della città antica nei suoi molteplici aspetti.
    Firenze con il suo magnifico centro e le colline circostanti, con i loro colori e profumi, diventano la cornice ideale per convivi e passeggiate che consentono di apprezzare l’alto valore paesaggistico della città e del suo territorio. Tutti questi elementi hanno attratto – e continuano ad attrarre - numerosi visitatori che dai tempi del Grand Tour ad oggi hanno attraversato interi continenti per giungere a Firenze, affascinati dalla città e dalla sua immagine ma attratti anche dalle prelibatezze che la tradizione enogastronomica locale propone. I riferimenti ben noti sono il vino, i cibi gustosi, il legame della città con la campagna circostante, luogo di elezione della produzione vinicola sempre più apprezzata anche da ospiti illustri.
    Tuttavia, Firenze non può essere considerata una città strettamente chiusa nella contemplazione nostalgica del suo illustre passato, bensì città aperta alle innovazioni ed impegnata nella programmazione del suo avvenire. La sua immagine negli ultimi decenni e soprattutto in seguito allo sviluppo di attività legate al settore della moda, si è andata modificando: accanto all’anima culturale sono sempre più presenti quella commerciale e quella mondana. Firenze evoca un’atmosfera raffinata, unica, è il luogo in cui ci si può dedicare allo shopping elegante, anche se costoso, la cornice privilegiata per presentare le nuove collezioni di alta moda. La promozione di attività di alto livello qualitativo consente a Firenze di rinnovare la sua immagine e di crescere, anche economicamente, creando nuove opportunità per i giovani, ma restando sempre in armonia con il proprio passato.
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    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 19:14
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    Venezia e la sua laguna



    Venezia (pronuncia: /veˈnɛʦːja/, in veneziano e in veneto: /veˈnɛsja/) è la principale città del Veneto e dell'Italia nord-orientale, capoluogo della provincia omonima e della regione Veneto. È catalogata come patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.
    La città è situata, insieme a numerose piccole isole, all'interno della Laguna di Venezia, nella parte nord-occidentale del Mare Adriatico. Il suo comune conta 268.993 abitanti, di cui 60.000 circa nella città vera e propria, 176.000 circa nelle città di terraferma Mestre e Marghera e nelle frazioni circostanti e circa 31.000 nelle varie isole della sua laguna. Il comune è molto vasto e frazionato, vi si parlano una decina di dialetti diversi.
    Storicamente soprannominata "la Serenissima" o anche "la Dominante", è stata per più di un millennio capitale della Repubblica di Venezia.
    Sorge sulla laguna veneta nell'omonimo golfo e dista 28 km da Treviso e circa 30 da Padova. La città storica è sempre stata isolata dalla terraferma, finché nel 1841 cominciarono i lavori per la costruzione del ponte ferroviario per raggiungere la stazione di Santa Lucia. I treni cominciarono ad arrivare a Venezia a partire dal gennaio 1846. Per poterla raggiungere in auto si dovette aspettare il 1933, quando Mussolini inaugurò il Ponte Littorio, sucessivamente chiamato Ponte della Libertà, lungo 4 Km, che collega Mestre a Piazzale Roma. Il territorio comunale comprende, oltre alla stessa città di Venezia e alle isole lagunari, un'ampia porzione di terraferma comprendente Mestre e Porto Marghera, con il suo vasto polo industriale.
    È la città con il più alto flusso turistico in Italia, 29.326.000 presenze in provincia nell'anno 2002, rispetto a Roma (19.486.000) e Firenze (9.540.000). Ha un flusso turistico abbastanza costante, anche se i periodi di maggior afflusso sono durante il Carnevale, e il periodo che va fra maggio e ottobre. La dichiarazione di patrimonio dell'umanità da parte dell'UNESCO risale al 1987 e si estende oltre alla città storica anche a tutta la sua laguna.

    Geografia


    La città di Venezia, divisa nei sei sestieri di Dorsoduro, Santa Croce, San Polo, San Marco, Cannaregio e Castello, si sviluppa su ben 118 isolette collegate da 354 ponti e divise da 177 tra rii e canali. È posta al centro della omonima laguna lungo la costa adriatica tra le foci del fiume Sile (deviato nell'antica foce del Piave) e dell'Adige, a 50 km circa dal delta del Po. Il fiume Brenta sfocia in laguna e collega Venezia con Padova. Il corpo principale di Venezia visto dall'alto ha l'aspetto di un pesce.

    Le isole della laguna veneziana


    Il territorio lagunare di Venezia, oltre alla città, è punteggiato da numerose isole, molte delle quali ancora abitate e destinate nel tempo ai più svariati usi. Ricordiamo di seguito alcune di esse.

    * Il Lido di Venezia, sede della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, forma la linea di costa che separa la laguna dall'Adriatico con ampie spiagge e stabilimenti balneari; è molto popolata e dotata di una rete stradale su gomma.
    * Pellestrina forma la linea di costa a sud del Lido verso Chioggia, è distante circa 1h e 30 di vaporetto dalla città storica, sede di attività cantieristiche e di pesca mantiene ancora quel sapore di vita paesana tipicamente veneziano che altrove è scomparso[7], è importante oasi naturalistica per la presenza di specie rare.
    * Murano è famosa per la lavorazione del vetro, mentre Burano per i merletti e la variopinta colorazione delle case.
    * L'isola della Giudecca, affacciata sull'omonimo canale e sul Bacino San Marco, in passato sede di orti e poi di attività industriali, è ora zona residenziale: notevoli le chiese del Redentore e delle Zitelle, di disegno palladiano.
    * L'isola di San Giorgio Maggiore si trova di fronte a Piazza San Marco, al cui sestiere appartiene, ed ospita un monumentale complesso monastico e una basilica, opera del Palladio.
    * Torcello è nota per essere una delle isole più anticamente colonizzate, tra il V e il VI secolo: conserva vestigia dell'antica città che qui sorgeva, tra cui l'imponente cattedrale.
    * L'isola di San Servolo, di proprietà della Provincia di Venezia, si trova lungo il Canale del Lido ed ospita un'istituzione universitaria.
    * L'isola di Santa Maria della Grazia ospitava una bellissima chiesa che però saltò in aria nel 1849, ospitò in seguito sino alla fine del XX secolo un ospedale per la cura delle malattie infettive.
    * Poveglia, antico centro abitato, divenne poi vigneto e fu infine destinata a stazione per la quarantena delle navi. È attualmente oggetto di riconversione.
    * San Clemente fu un ospizio per pellegrini provenienti dalla Terrasanta: trasformata in manicomio, venne abbandonata con la chiusura degli istituti mentali ed è stata trasformata in albergo di lusso.
    * Sacca Sessola, a poca distanza dall'isola di San Clemente, è un'isola artificiale che sino agli anni Settanta del secolo scorso è stata utilizzata come sanatorio polmonare: successivamente sono iniziati interventi per trasformare l'isola in albergo.
    * Le isole di San Francesco del Deserto e San Lazzaro degli Armeni ospitano anch'esse monasteri di vari culti.
    * San Michele è invece il principale cimitero della città.
    * A Sant'Erasmo si trovano orti e la Torre Massimiliana, fortificazione austriaca, mentre alle Vignole si erge il Forte di Sant'Andrea.
    * Sant'Angelo della Polvere, situata nel Canale di Fusina, è stata fino al 1689 una polveriera della Serenissima.


    Ambiente


    « Non si può concepire Venezia senza la sua Laguna, Venezia non potrebbe esistere senza la sua Laguna. Perché questo modello sociale e culturale unico sopravviva, si deve preservare, mantenere e gestire il suo patrimonio ambientale con la stessa attenzione di quanto si fa per il suo patrimonio culturale. »

    (Michael Smart e Maria José Viñals, La Laguna di Venezia: zona umida di importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar)

    L'inquinamento dell'aria è un problema ben conosciuto e che coinvolge tutta l'area della pianura padana, anche se è praticamente inesistente il traffico veicolare nella città storica si registrano gli stessi livelli di particolato Pm10 che si registrano sulla terraferma.
    Il polo petrolchimico di Marghera genera una emissione di inquinanti nell'aria e nell'acqua della laguna. Una recente indagine ha rilevato le quantità per una serie di sostanze emesse in atmosfera distinte per settore di attività, leggiamo che in un anno (dati relativi al 1999) vengono emesse 23.000 tonnellate di ossidi di azoto, 27.000 t. di ossidi di zolfo, 1500 t. di particelle sospese e ancora metalli come 9 t. di ferro, 3 t. di rame, 1, 5 t. di piombo e così via. Se in un primo tempo, all'inizio del '900, il polo industriale era visto come fonte di progresso e di benessere economico, nel corso dei decenni nella popolazione si è sviluppato un atteggiamento sempre più critico, fino a sfociare nel celebre, e tormentato, mega processo al petrolchimico che ha visto fronteggiarsi come parte civile i lavoratori e familiari di lavoratori del petrolchimico, le autorità civili (tra queste la Regione Veneto, la Provincia ed il Comune di Venezia insieme alla Presidenza del Consiglio e al Ministero dell'Ambiente) associazioni ambientaliste e sindacali contro ventotto imputati e responsabili civili le maggiori aziende chimiche (Edison, Enichem, Eni e Montefibre), il processo si è chiuso nel maggio del 2006 con la sentenza di Cassazione.
    La Vongola filippina (Tapes philippinarum), differente dalla Vongola verace italiana (Tapes decussatus), detta in veneziano caparozzolo, introdotta nel mediterraneo negli anni settanta e recentemente diffusasi in laguna, ha influito sulle forme di pesca tradizionale, la pesca del novellame e la pesca della moeca; la moeca è il granchio in una fase dello sviluppo (ovvero, durante il cambiamento della muta) in cui mancano parti dure ed è completamente molle, è una prelibatezza gastronomica e la sua pesca, compiuta ormai da pochi, si svolge secondo una tecnica immutata da secoli, trasmessa di padre in figlio e che richiede una decina di anni per la formazione del pescatore. Negli ultimi anni si sono verificati episodi di criminalità legati alla pesca illegale di vongole in terreni inquinati

    L' acqua alta a Venezia

    Con il termine di acqua alta sono indicati nella laguna di Venezia picchi di marea particolarmente pronunciati, tali da provocare allagamenti nell'area urbana. Il fenomeno è frequente soprattutto nel periodo autunnale-primaverile, quando l'alta marea arriva ad allagare buona parte della città rendendo difficili gli spostamenti per calli e campi
    Il fenomeno dell'acqua alta è generato dalla combinazione di due fattori principali: un contributo astronomico che crea l'alternarsi regolare delle maree ed una causa meteorologica, l'ondata di bufera (storm surge in inglese), composta dalla combinazione di vento e pressione atmosferica sulla massa marina; l'alta marea da sola non genera l'acqua alta, è l'ondata di bufera che combinandosi con gli eventi di alta marea porta il livello dell'acqua ad alzarsi oltre i livelli normali ed in modo molto meno prevedibile. Il rialzo dell'acqua oltre il livello di marea è un fenomeno normale in un bacino chiuso come il mare Adriatico ed il vento che lo favorisce non è tanto la Bora comune a Venezia ma lo Scirocco che agisce in senso longitudinale su tutta la massa d'acqua dell'Adriatico. L'apertura delle bocche di porto, aumentando i canali di scambio d'acqua tra laguna e mare, ha amplificato il fenomeno che nel passato era un evento straordinario per la città.
    In caso di acqua alta la città è dotata di un sistema di controllo delle maree in grado di informare gli abitanti con un certo anticipo attraverso segnalazioni telefoniche e sirene, per permettere loro di predisporre paratie di protezione agli ingressi. Nei periodi di maggior frequenza del fenomeno si predispone infine un sistema di passerelle, ovvero tavole di legno appoggiate su supporti in ferro che creano percorsi "asciutti" per i principali snodi della città, garantiti fino ad un livello di marea di +120 cm (oltre i quali alcune passerelle potrebbero iniziare a galleggiare). Quando l'acqua supera i +95 cm alcune linee di navigazione pubblica vengono spezzate in tronconi, limitate e deviate in quanto i mezzi non sono più in grado di passare sotto il Ponte delle guglie, il Ponte dei tre archi e il ponte ferroviario sopra il canale della Scomenzera. Se la marea raggiunge livelli più elevati sono previste ulteriori variazioni al servizio.
    Dal 2003 è in corso il progetto Mose che dovrebbe permettere la riduzione delle acque alte eccezionali per mezzo di barriere mobili ancorate al fondo delle bocche di porto della laguna ed azionabili attraverso un sistema pneumatico in modo tale da isolare la laguna dal mare durante il passaggio del picco di marea. La fine dei lavori è prevista per il 2011.

    Principali monumenti

    Il cuore della città di Venezia è Piazza San Marco, per definizione l'unica a meritarsi il nome di piazza: le altre piazze sono chiamate infatti "campi" o "campielli". La Basilica di San Marco appare al centro della piazza, colorata d'oro e rivestita da mosaici che raccontano la storia di Venezia, assieme ai meravigliosi bassorilievi che raffigurano i mesi dell'anno. Sopra la porta principale, i quattro cavalli bronzei di Costantinopoli, (sono copie: gli originali sono nel museo di San Marco) ricordano la quarta Crociata del 1204. La sua forma a croce greca è sovrastata da cinque enormi cupole. È la terza Basilica dedicata a San Marco che sorge in questo luogo: le prime due andarono distrutte. Pare che questa versione sia stata ispirata dalla chiesa dei Santi Apostoli di Costantinopoli. L'interno è rivestito di mosaici a fondo oro che raffigurano passi biblici e allegorici. Inizialmente, era la cappella dei Dogi della Repubblica di Venezia.
    Il Palazzo Ducale sorge a fianco della Basilica: a unirli, la Porta della Carta, meravigliosa opera di Bartolomeo Bon, che oggi è l'uscita del museo di Palazzo Ducale. L'ingresso principale è sul lato che guarda alla laguna. Sede del governo della Serenissima, è stato costruito nel XV secolo con marmi d'Istria. Qui sorgeva un castello, poi dato alle fiamme per far uscire Pietro IV Candiano che vi aveva trovato rifugio durante una sommossa. Ora il Palazzo è un museo, con opere dei migliori artisti veneziani: la Biblioteca Sansovina, che si trova al suo interno, ospita delle mostre temporanee. Da vedere la Sala del Maggior Consiglio, che per secoli fu la più grande sede di governo del mondo, il Ponte dei Sospiri, le carceri e i Piombi.
    Di fronte al Palazzo Ducale sorge il campanile di San Marco: costruito nel 1173 come faro per i naviganti, fu restaurato da Bartolomeo Bon nel XV secolo. Crollò il 14 luglio 1902 e venne interamente ricostruito. La loggetta in marmo rosso di Verona è un'opera di Jacopo Sansovino, e su di essa si trovano i bassorilievi che raffigurano allegorie con le imprese della Repubblica del Leone.
    Un altro simbolo della città è il Ponte di Rialto: opera di Antonio Da Ponte, sorse nel 1591. Costituiva l'unico modo di attraversare il Canal Grande a piedi: infatti, rimase l'unico ponte fino al 1854, quando fu costruito il Ponte dell'Accademia. Sui lati del corpo centrale si trovano negozi di lusso mentre, alla fine del ponte, nel sestiere di San Polo, la pittoresca pescheria e la chiesa di San Giacomo di Rialto.
    Altri importanti monumenti veneziani sono l'Arsenale, la chiesa di Santa Maria della Salute, la basilica di Santa Maria gloriosa dei Frari, le sinagoghe del Ghetto.
    I canali principali della città sono il Canal Grande ed il Canale della Giudecca. Il primo taglia in due la città tracciando una "S", il secondo separa il centro storico propriamente detto dall'isola della Giudecca.

    800px-San_Marco



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    Piazza del Duomo, Pisa



    Piazza dei Miracoli, nome con cui è nota piazza del Duomo, è il centro artistico e turistico più importante di Pisa. Annoverata fra i Patrimoni dell'Umanità dall'UNESCO dal 1987, vi si possono ammirare i monumenti che formano il centro della vita religiosa cittadina, detti appunto miracoli (da Gabriele d'Annunzio) per la loro bellezza e originalità: la Cattedrale, il Battistero, il Camposanto, e la Torre pendente. D'Annunzio usa questo termine nel Romanzo Forse che sì, forse che no, del 1910:
    « L’Ardea roteò nel cielo di Cristo, sul prato dei Miracoli. »


    Monumenti

    Torre

    La Torre di Pisa è la più famosa torre pendente del mondo, oltre a un monumento universalmente noto. Iniziata nel 1173, cominciò a inclinarsi sul lato prima che fosse completato il terzo piano (1274), per via del suolo di limo sabbioso sul quale poggiano le fondamenta poco profonde, di solo tre metri. La costruzione continuò comunque fino al completamento nel 1350, quando fu ultimata la cella campanaria e vi furono poste le sette campane, essendo la torre il campanile della cattedrale. Sei degli otto piani sono circondati da una loggetta con archi a tutto sesto, che riprendono il motivo della facciata della cattedrale. L'altezza è di circa 58 metri (nella parte di contropendenza), la pendenza di circa cinque metri rispetto alla verticale nel punto più alto. In seguito ai restauri della fine del Novecento, che ne hanno assestato la pendenza, è stata riaperta al pubblico, seppure con un accesso limitato e controllato.
    Non si conoscono con esattezza i vari architetti che hanno lavorato al campanile. Si dice che sia stata iniziata da Bonanno Pisano, già autore delle porte bronzee del Duomo, ma studi recenti vogliono attribuire la costruzione a Diotisalvi, autore del Battistero. Pare altresì che la cella campanaria sia stata opera di Giovanni Pisano.

    Duomo

    Il cuore del complesso è il Duomo di Santa Maria Assunta, la cattedrale medievale. È una chiesa a cinque navate col transetto a tre navate, architettonicamente e' composta da tre basiliche (corpo centrale e i due transetti). Non e' consacrata come basilica (l'unica basilica di Pisa è San Piero a Grado). Dal 1092 è anche una Primaziale, essendo stato conferito il titolo di Primate all'arcivescovo Daiberto da Papa Urbano II.
    Cominciata nel 1064 dall'architetto Buscheto, ha dato origine al distintivo stile Romanico pisano. La ricchissima decorazione comprende marmi multicolori, mosaici (importantissimo quello del catino absidale, eseguito da varie maestranze fra cui Cimabue) e numerosi oggetti di bronzo provenienti dal bottino di guerra, fra cui il Grifone utilizzato come acroterio est del tetto. Gli archi a profilo acuto fanno riferimento ad infuenze musulmane e del meridione d'italia, soprattutto la seconda Abbazia di Montecassino
    La porta principale in bronzo massiccio fu fusa nella bottega del Giambologna, ma anticamente i visitatori entravano nel Duomo attraverso la Porta di San Ranieri, di fronte alla Torre Pendente: fusa intorno al 1180 da Bonanno Pisano, e unica scampata all'incendio che semidistrusse la navata nel Cinquecento, questa porta fu trasferita dal suo posto originale di fronte al Battistero in seguito appunto all'incendio, per essere sostituita dalla porta manierista .
    L'interno è rivestito di marmi bianchi e neri, ha un soffitto a cassettoni dorati, alcuni affreschi. Fu ampiamente ridecorato dopo un incendio del 1595, che distrusse la maggior parte delle opere medievali; furono aggiunti allora gli altari laterali e i grandi dipinti lungo le pareti delle navate laterali.
    L'impressionante mosaico absidale del 1302, del Cristo in Maestà, affiancato dalla Vergine e da San Giovanni Evangelista, generalmente attribuito a Cimabue (ma che probabilmente fu autore solo del San Giovanni), sopravvisse comunque all'incendio. La cupola in legno strutturale, all'intersezione della navata e del transetto, dall'inusitato profilo ellittico, fu decorata da Riminaldi con l'Assunzione della Vergine. La leggenda vuole che Galileo abbia formulato la sua teoria sull'isocronismo del pendolo guardando l'oscillazione del lampadario per incenso che scendeva dal soffitto della navata. Il lampadario presente tutt'oggi, noto come Lampada di Galileo, non è quello che vide all'epoca lo scienziato, ma risale a qualche anno dopo. L'originale lampada, molto più piccola e semplice (e che quindi poteva oscillare col vento), è oggi presente nel Camposanto all'interno della cappella Aulla. Le impressionanti colonne granitiche in stile corinzio fra la navata e l'abside provengono dalla moschea di Palermo, bottino della battaglia nella Cala dai Pisani nel 1063.
    Il pulpito, capolavoro di Giovanni Pisano (1302-1310), sopravvissuto all'incendio, fu però smontato durante i lavori di restauro e non fu rimontato fino al 1926. Mostra nove scene del Vecchio Testamento, in formelle convesse, e si articola con grande libertà nello spazio, costituendo un progresso formale notevolissimo rispetto ai pulpiti di Siena e del Battistero di Pisa, opera di Nicola Pisano, padre di Giovanni. Non essendoci documentazione di come fosse il pulpito prima dello smantellamento, esso è stato ricostruito in una posizione diversa da quella originaria e, sicuramente, con le parti non nello stesso ordine e orientamento di come era stato pensato.
    L'edificio, come la torre campanaria, è sprofondato percettibilmente nel suolo, e alcuni dissesti nella costruzione sono ben visibili, come le differenze di livello tra la navata di Buscheto e il prolungamento ad opera di Rainaldo (le campate verso ovest e la facciata).

    Battistero

    Il Battistero, dedicato a San Giovanni Battista, s'innalza di fronte alla facciata ovest del Duomo. L'edificio fu iniziato a metà del XII secolo : "1153 Mense Augusti fundata fuit haec... (Nel mese di Agosto 1153 fu fondata...). Sostituisce un precedente battistero, più piccolo, che si trovava a sud della Cattedrale. La nuova collocazione e le grandi dimensioni sono ispirate al Battistero di Firenze. Fu costruito in stile Romanico da un architetto che si firma "Diotisalvi magister..." in un pilastro all'interno dell'edificio. Presenta una curiosa cupola troncoconica, come quella della chiesa dei Templari a Pisa, che copre solo il giro interno di pilastri (la tecnica costruttiva per una cupola emisferica o poligonale di grandi dimensioni, come a Firenze, era quasi ignota) che in epoca posteriore fu mascherata da una cupola emisferica. Rimase incompiuto fino al XIV secolo, quando la loggia, il piano superiore e la cupola furono terminati in stile Gotico da Nicola Pisano e il figlio Giovanni. È il più grande battistero in Italia: la sua circonferenza misura 107.25 m.
    L'interno, sorprendentemente semplice e privo di decorazioni, ha inoltre una eccezionale acustica. Spicca il pulpito, scolpito fra il 1255 e il 1260 da Nicola Pisano. Le scene sul pulpito e specialmente la figura dell'Ercole nudo mostrano bene come l'influsso classico rendesse Nicola una precursore del rinascimento.

    Camposanto monumentale

    Il Camposanto monumentale si trova al limite nord della Piazza. Si tratta essenzialmente di un cimitero cinto da mura. Si dice, secondo uno schema di leggenda di fondazione tipica di altri edifici simili in tutta Europa, che il Camposanto sia nato intorno ad uno strato di terra portato dalla Terrasanta via nave dopo la Seconda Crociata dall'arcivescovo Ubaldo de' Lanfranchi nel XII secolo.
    La sua struttura, iniziata nel 1278 da Giovanni di Simone, è quella di un chiostro oblungo in stile gotico fiorito, che però non fu completato fino al 1464, a causa della crisi provocata della sconfitta pisana nella battaglia della Meloria avvenuta nel 1284. Il muro esterno è composto di 43 archi ciechi con due porte.
    I muri erano una volta affrescati: il primo affresco fu eseguito nel 1360, l'ultimo circa tre secoli più tardi. Le Storie dell'Antico testamento di Benozzo Gozzoli (XV secolo) si trovavano nella galleria nord, mantre quella sud era famosa per le Storie della Genesi di Piero di Puccio (fine del XV secolo). L'affresco più interessante è il realistico Trionfo della Morte, opera di Buonamico Buffalmacco, ma a lungo ritenuto di attribuzione incerta, tanto che le didascalie degli affreschi ancora riportano come autore un anonimo Maestro del Trionfo della Morte.
    Il 27 luglio 1944 bombe incendiarie alleate incendiarono il tetto del camposanto e danneggiarono gli affreschi in modo gravissimo. Dal 1945 ad oggi sono ancora in corso lavori di restauro, che fra l'altro hanno portato al recupero delle preziose sinopie oggi esposte nel Museo delle Sinopie, situato negli edifici del lato sud della piazza.

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    Ville palladiane del Veneto



    Le ville palladiane sono un insieme di ville venete (del territorio della Repubblica di Venezia), concentrate per la maggior parte nella provincia di Vicenza, edificate intorno alla metà del Cinquecento dall'architetto Andrea Palladio per le famiglie più importanti del luogo, in genere aristocratici ma anche alcuni esponenti dell'alta borghesia.
    Insieme alla città di Vicenza 24 ville palladiane del Veneto sono state inserite, tra il 1994 e il 1996, nella lista Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
    Le ville palladiane si distinguono dalle ville romane e dalle ville medicee toscane: non erano destinate solo allo svago dei proprietari, ma erano anche ambienti produttivi. Di norma erano circondate da grandi distensioni di campi e vigne, e contenenti magazzini, stalle e depositi per il lavoro in campagna.
    Di norma hanno ali laterali, le barchesse destinate a contenere gli ambienti di lavoro, e soprattutto a dividere lo spazio dei fruitori del corpo centrale da quello dei lavoratori, affinché questi ultimi non disturbassero i proprietari i quali in questo modo non interferivano con il lavoro.


    L'architettura della villa

    La reputazione di Palladio agli inizi, ed anche dopo la morte, si è fondata sulla sua abilità di disegnatore di ville. Durante la guerra della lega di Cambrai (1509-1517) erano stati inferti ingenti danni a case, barchesse e infrastrutture rurali. Il raggiungimento dei precedenti livelli di prosperità nella campagna fu probabilmente lento, e avvenne soltanto negli anni quaranta, con la crescita del mercato urbano delle derrate alimentari e la decisione a livello governativo di liberare Venezia e il Veneto dalla dipendenza dal grano importato, e specialmente da quello che proveniva dal sempre minaccioso Impero ottomano. Questo enorme investimento in agricoltura e nelle strutture necessarie alla produzione agricola accelera il passo. Per decenni i proprietari terrieri avevano acquistato costantemente, sotto lo stabile governo veneziano, piccole tenute, ed avevano consolidato i loro domìni non solo attraverso l'acquisto, ma anche con lo scambio di grandi poderi con gli altri possidenti. Gli investimenti nell'irrigazione e le bonifiche mediante drenaggio accrebbero ulteriormente il reddito dei ricchi latifondisti.
    Le ville del Palladio - cioè le case dei proprietari fondiari - rispondevano alla necessità di un nuovo tipo di residenza rurale. I suoi disegni riconoscono implicitamente che non era necessario avere un grande palazzo in campagna modellato direttamente su quelli di città, quali sono di fatto molte ville della fine del XV secolo (come l'enorme villa da Porto a Thiene). Qualcosa di più piccolo, spesso con un unico piano principale abitabile, era adatto come centro per controllare l'attività produttiva, da cui derivava probabilmente la maggior parte del reddito del proprietario, e per impressionare gli affittuari e i vicini oltre che per intrattenere gli ospiti importanti. Queste residenze, benché fossero talvolta più piccole delle ville precedenti, erano ugualmente efficaci al fine di stabilire una presenza sociale e politica nelle campagne ed erano adatte per il riposo, la caccia, e per sfuggire dalla città, sempre potenzialmente malsana.
    Le facciate, dominate da frontoni di solito decorati con le insegne del proprietario, annunciavano una potente presenza in un vasto territorio pianeggiante, e non avevano bisogno, per essere visibili, dell'altezza dei palazzi cittadini. Le loro logge offrivano un luogo piacevole ed ombreggiato per pasteggiare, per conversare o per le esecuzioni musicali, attività queste che si possono vedere celebrate nella decorazione della villa, ad esempio a villa Caldogno.
    Negli interni Palladio distribuiva le funzioni sia verticalmente che orizzontalmente. Cucine, dispense, lavanderie e cantine si trovavano al piano terreno: l'ampio spazio sotto il tetto veniva impiegato per conservare il prodotto più prezioso della tenuta: il grano, che incidentalmente serviva anche per isolare gli ambienti abitabili sottostanti. Al piano principale, abitato dalla famiglia e dai suoi ospiti, le stanze più pubbliche (la loggia e il salone) si trovavano sull'asse centrale mentre a destra e a sinistra vi erano delle infilate simmetriche di stanze, dalle grandi camere rettangolari, attraverso le stanze quadrate di medie dimensioni, fino a quelle rettangolari piccole, usate talvolta dai proprietari come studi o uffici per amministrare il fondo.
    L'abitazione dei possidenti spesso non era l'unica costruzione di cui Palladio era responsabile. Le ville, nonostante la loro apparenza non fortificata e le loro logge aperte, discendevano ancora direttamente dai castelli ed erano circondate da un cortile recintato da un muro che le dotava della necessaria protezione dai banditi e dai malintenzionati. Il cortile ("cortivo") conteneva barchesse, torri colombaie, forni per il pane, pollai, stalle, abitazioni per i fattori e per i servitori domestici, stanze per fare il formaggio e cantine per spremere l'uva. Già dal XV secolo si usava creare una corte davanti alla casa, con un pozzo, separata rispetto al cortile di servizio e con le sue barchesse, gli animali e gli spazi per battere il grano. Giardini, orti di verdure e di spezie, vasche per i pesci e, quasi invariabilmente, un grande frutteto (il "brolo") erano tutti raggruppati o localizzati all'interno del muro di cinta.
    Nei suoi disegni Palladio cercò di coordinare tutti questi differenti elementi che nei complessi precedenti non erano collocati in considerazione delle visuali simmetriche e delle gerarchie architettoniche, ma soltanto in base alla forma dell'area disponibile, generalmente delimitata da strade e corsi d'acqua. Anche l'orientamento era importante: nei suoi Quattro libri dell'architettura (pubblicati a Venezia nel 1570), Palladio afferma che le barchesse dovrebbero essere esposte a Sud in modo da tenere asciutta la paglia, per evitare che fermenti e bruci.
    Palladio trovò ispirazione nei grandi complessi antichi che somigliano alle dimore di campagna circondate dalle loro dipendenze, o che forse credeva davvero fossero dei complessi residenziali - esemplare è il tempio di Ercole Vincitore a Tivoli, che egli aveva rilevato. È chiaro per esempio, che le barchesse ricurve che costeggiano l'imponente facciata della villa Badoer riprendevano quel che era ancora visibile del Foro di Augusto. Nel suo trattato Palladio mostra generalmente gli impianti di villa simmetrici, ma in realtà era consapevole del fatto che qualora non fosse stato possibile esporre entrambe le ali delle barchesse a Sud, come nel caso di villa Barbaro a Maser, il complesso non sarebbe mai stato costruito simmetricamente. Un esempio è la villa Poiana, dove la grande barchessa con raffinati capitelli dorici è certamente disegnata da Palladio. La barchessa esistente è esposta a Sud, e non viene bilanciata da un elemento corrispondente dall'altro lato della facciata principale.

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    Vicenza



    Vicenza (in veneto: Vicenzsa o Vicensa) è una città di 114.525 abitanti, 214.597 con la cintura urbana, dell'Italia nord orientale, capoluogo dell'omonima provincia sita nella regione Veneto.
    È conosciuta come la città del Palladio - che vi realizzò numerose architetture - ed è un luogo d'arte tra i più importanti non soltanto del Veneto. È infatti meta di turismo culturale con flussi da ogni parte d'Italia ed anche dall'estero. Costituendo una realizzazione artistica eccezionale per i numerosi contributi architettonici di Andrea Palladio, la città è stata inserita, nel 1994, tra i Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO, di cui sono parte anche le ville palladiane del Veneto (dal 1996).
    La città è anche un importante centro industriale e economico italiano, cuore di una provincia costellata di piccole e medie imprese il cui tessuto produttivo ha registrato nel 2007 il terzo posto in Italia per fatturato nelle esportazioni, trainate soprattutto dal settore metalmeccanico, tessile e orafo: quest'ultimo raggiunge nel capoluogo berico oltre un terzo del totale delle esportazioni di oreficeria, facendo di Vicenza la capitale italiana della lavorazione dell'oro.

    Origini ed epoca romana


    La città di Vicenza ha origini remote nel tempo. Le testimonianze della presenza dell'antico popolo dei Veneti, successivi agli Euganei, sono conservate nel Museo di Santa Corona e sono riconducibili ad alcuni secoli avanti Cristo: la fondazione della città infatti si situa tra l'XI e il VII secolo a.C. quando gli Euganei ne posero le fondamenta.
    In seguito i Veneti si allearono con i Romani e la città divenne municipium romano, denominato Vicetia, sviluppandosi lungo la Via Postumia. In questo periodo Vicetia si arricchì di templi, ville, un grande teatro (il Teatro Berga) ed un acquedotto (Lobia). Vicetia fu organizzata secondo lo schema del castrum. Il decumano massimo, che attraversava la città da Ovest a Est, potrebbe identificarsi con l'attuale Corso Palladio ed era intersecato in corrispondenza alle attuali Contrà Porti e Contrà del Monte.
    Nel luogo in cui ora sorgono piazze delle Erbe e Piazza Biade sono stati ritrovati numerosi resti e si presume che lì sorgesse il Foro della città. A sud di esso, lungo via SS. Apostoli, Piazzetta S. Giuseppe e via del Guanto è ben visibile il perimetro di quello che fu il Teatro Berga, e nei sotterranei dei palazzi, si notano gli antichi archi dello stesso, alcuni dei quali accessibili dall'interno di proprietà private.
    In piazza Duomo si trova, in ottimo stato di conservazione, il Criptoportico Romano, parte di una "domus patrizia". Sotto alla cattedrale sono conservati e visitabili i resti di antiche abitazioni e strade. A nord di Vicenza in zona Lobbia sono visibili i resti degli archi dell'antico acquedotto. Con il diffondersi del Cristianesimo vennero costruite delle grandi chiese, la Basilica dei SS. Felice e Fortunato, San Giorgio e l'Abbazia di Sant'Agostino.


    Epoca Medievale e l'alleanza con la Serenissima


    In epoca medievale la città subì la dominazione degli Scaligeri.
    Dal 1404 al 1797, dandosi spontaneamente a Venezia (come fecero altre città venete e lombarde) entrò a far parte della Repubblica Serenissima Veneta con la sua capitale o dominante Venezia. Seguirono quattro secoli di pace e benessere, in cui le arti raggiunsero livelli eccelsi e l'economia prosperò. Il Cinquecento fu il secolo del grande architetto tardo-rinascimentale Andrea Palladio, che lasciò in eredità a Vicenza e al mondo intero un insostituibile patrimonio di architetture. Tra le opere principali la Basilica Palladiana nella centrale Piazza dei Signori, il Teatro Olimpico, Villa Capra detta la Rotonda posta appena fuori dall'abitato. La tradizione palladiana venne continuata da Vincenzo Scamozzi e da altri architetti fino al XVIII secolo.

    Vicenza diventa "La città del Palladio"



    Nel 1537 Giangiorgio Trissino, noto intellettuale e letterato vicentino che amava lo studio dell'antichità volle progettare la propria villa, e per questo assunse una squadra di lavoranti e scalpellini dediti agli elementi decorativi. Tra di essi ne notò uno in particolare, certo Andrea di Pietro della Gondola, nato a Padova nel 1508 e, come parse subito evidente, dotato di un notevole talento. Trissino lo prese subito sotto la sua ala protettrice, dandogli il soprannome classico di "Palladio" e portandolo con sé in numerosi viaggi, incontri e convegni che lo resero ben presto uomo di mondo e profondo conoscitore delle arti e della cultura. iniziò così la fulgida carriera del grande architetto che ha legato il proprio nome a quello di Vicenza in maniera così chiara e indelebile. Qui preme solo ricordarne l'importanza anche storica, che diede a Vicenza lo slancio socio-culturale per divenire polo di attrazione non solo in Italia, ma in tutta Europa, come testimoniano le visite in città di grandi studiosi e viaggiatori da varie nazioni, in particolare dall'Inghilterra, dove il palladianesimo ebbe grande fortuna e numerosi fautori.

    Dall'Ottocento alla seconda guerra mondiale


    Nell'Ottocento, dopo la caduta di Napoleone, la città passò all'Impero Austro-Ungarico e successivamente fece parte del Regno Lombardo-Veneto, per unirsi nel 1866 al Regno d'Italia. Se durante la prima guerra mondiale si combatté in gran parte nella provincia, la seconda guerra mondiale colpì anche la città, che fu gravemente danneggiata. Gli anni 1944 - 1945, sono quelli che, anche a Vicenza, vengono contraddistinti dai bombardamenti alleati. I primo tra più gravi è quello del 2 aprile 1944 quando vengono distrutti l'auditorium "Canneti" e i due teatri della città: il "Verdi" (costruito nel 1869) e l'"Eretenio" (eretto nel 1784). Il solo 18 novembre 1944 si contano 1000 morti causati dalle bombe "a spillo" che colpiscono una delle zone più popolose della città, il quartiere di San Bortolo. Il 18 marzo 1945 viene colpita la Basilica Palladiana, la cui cupola a carena rovesciata collassa. Alla fine della guerra si conteranno 150 milioni di euro di danni (attualizzati) e 2000 morti.

    Dagli anni cinquanta ai giorni nostri


    A partire dagli anni cinquanta un forte sviluppo economico ed industriale ne ha fatto una delle città più prospere d'Italia. Fu infatti a partire dal dopoguerra, grazie ad una preziosa sinergia di laboriosità, imprenditorialità e spirito innovativo, che Vicenza, assieme a tutta la sua vasta e operosa provincia, si rese protagonista di un notevole sviluppo economico, portandosi in breve tempo ai massimi livelli nazionali quanto a produzione di ricchezza e benessere. Il cosiddetto "miracolo italiano" che caratterizzò le cronache a cavallo degli anni cinquanta e anni sessanta, si tradusse ben presto nel fenomeno che oggi è anche definito "il modello vicentino". Questo importante processo di sviluppo economico, capace da solo di fare da traino a interi settori dell'economia nazionale, ha portato ad una inversione di tendenza rispetto al passato.
    Quella che un tempo fu terra di emigrazione, di povera gente che lasciava la propria casa con la valigia di cartone legata con lo spago alla ricerca di fortuna e di lavoro, ora vede invece l'immigrazione di migliaia di persone provenienti da molti Paesi del mondo, e dalle stesse regioni meridionali italiane, alla ricerca di un lavoro stabile e remunerativo. Segno tangibile dei tempi che sono cambiati, oggi Vicenza accoglie le migliaia di immigrati di ogni etnia e nazionalità, forte della sua enorme capacità industriale e produttiva, e offre loro non solo un lavoro, ma anche un alloggio e una nuova possibilità di vita.
    Fenomeno recentissimo, e paradossale, è poi quello che vede la difficoltà degli stessi imprenditori di alcuni comparti nel reperire la forza lavoro necessaria alla realizzazione dei manufatti, segno indiscutibile di un'economia quanto mai vivace e produttiva. Oggi Vicenza, pur consapevole di un passato vissuto per lunghi tratti quasi in sordina, può definirsi città ricca e aperta, tra i protagonisti della vita economica e sociale italiana.

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    San Gimignano



    San Gimignano è un comune toscano di 7.105 abitanti situato in provincia di Siena.
    Per la caratteristica architettura medioevale del suo centro storico è stato dichiarato dall'UNESCO patrimonio dell'umanità. Il sito di San Gimignano, nonostante alcuni ripristini otto-novecenteschi, è per lo più intatto nell'aspetto due-trecentesco ed è uno dei migliori esempi in Europa di organizzazione urbana dell'età comunale

    Le origini

    San Gimignano sorse su un sito abitato sicuramente dagli etruschi, almeno dal III secolo a.c., come testimoniano i numerosi ritrovamenti archeologici (soprattutto tombe) nel territorio circostante. Il colle era stato scelto sicuramente per questioni strategiche, essendo dominante 324 m s.l.m.) dell'alta Val d'Elsa.
    La prima menzione risale al 929, mentre alla fine del X secolo si trova citato nell'itinerario lungo la via Francigena dall'arcivescovo Segerico, che segnalava il "borgo" anche come punto di intersezione con la strada fra Pisa e Siena. Secondo la tradizione il nome derivò dal santo vescovo di Modena, che avrebbe difeso il villaggio dall'occupazione di Attila.
    La prima cinta muraria risale al 998 e comprendeva il poggio di Montestaffoli, dove già esisteva una rocca sede di mercato di proprietà del vescovo di Volterra, e il poggio della Torre con il castello vescovile.

    l Duecento

    Verso il 1150, nonostante l'apertura di un nuovo tracciato della Francigena, San Gimignano continuò ad essere un centro emergente, con una politica di espansione territoriale e una significativa crescita delle attività commerciale. Fu in questo periodo che si formarono due "borghi" al di fuori delle mura: quello di San Matteo, verso Pisa, e quello di San Giovanni, verso Siena, entrambi lungo una nuova "via maestra", che vennero inglobati nelle mura con il nuovo tracciato completato nel 1214.
    Nel 1199, nel pieno del suo splendore economico, il paese guadagnò la propria indipendenza comunale rispetto ai vescovi di Volterra. Non mancarono le lotte intestine tra guelfi e ghibellini (rispettivamente capeggiati dagli irriducibili Ardinghelli e Salvucci), ma al XII secolo, sotto i ghibellini, risale il periodo di maggior splendore economico, che si basava sul commercio dei pregiati prodotti agricoli locali, tra i quali il più ricercato era lo zafferano, venduto in Italia (Pisa, Lucca, Genova) ed all'estero (Francia e Paesi Bassi, fino anche alla Siria e all'Egitto[2]). Inoltre, al pari di altri centri toscani, si diffuse la speculazione finanziaria e l'usura. La solida economia permise la creazione di un ceto aristocratico urbano, che espresse la propria supremazia politica e sociale nella costruzione delle torri: nel Trecento si arrivò a contare 72 torri (oggi ne rimangono 14).
    Gli ingenti capitali accumulati vennero investiti nel corso del Duecento in importanti opere pubbliche, che diedero alla cittadina l'articolazione degli spazi urbani visibile ancora oggi.
    Nel 1251 le mura inglobarono Montestaffoli, ma pochi anni dopo, nel 1255, la città venne presa dai guelfi di Firenze che ordinarono la distruzione delle mura. Riacquistata l'indipendenza nel 1261 e tornata la supremazia ghibellina dopo la battaglia di Montaperti, i sangimignanesi ricostruirono le mura comprendendo anche il poggio della Torre. Da allora la conformazione cittadina venne suddivisa in quattro contrade, ciascuna corrispondente ad una porta principale: quella di Piazza, di Castello, di San Matteo e di San Giovanni.
    Gli ordini religiosi, appoggiati dal comune, si insediarono in città a apartire dalla metà del Duecento: i francescani fuori porta San Giovanni (1247), gli agostiniani alla porta San Matteo (1280), i domenicani a Montestaffoli (1335) e le benedettine di San Girolamo presso la Porta San Jacopo (1337).
    Dall'8 maggio del 1300 il Comune ebbe l'onore di ospitare Dante Alighieri come ambasciatore della Lega Guelfa in Toscana.

    Il declino, l'epoca medicea e moderna

    Il Trecento fu un secolo di crisi che non risparmiò San Gimignano: travagliata dalle lotte interne, essa fu pesantemente colpita dalla peste nera e dalla carestia del 1348, che decimò la popolazione. Nel 1351 la città stremata si consegnò spontaneamente a Firenze, rinunciando alla propria autonomia ed a un ruolo politico nello scacchiere toscano. Risale a quell'anno la Rocca di Montestaffoli, mentre nel 1358 vennero rinforzate le mura.
    Nonostante il declino economico e politico, il XIV e XV secolo furono importanti dal punto di vista artistico, grazie alla presenza in città di numerosi maestri, senesi o più spesso fiorentini, chiamati soprattutto dagli ordini religiosi ad abbellire i propri possedimenti. Lavorarono a San Gimignano Memmo di Filippuccio, Lippo e Federico Memmi, Taddeo di Bartolo, Benozzo Gozzoli, Domenico Ghirlandaio, Sebastiano Mainardi (nativo di San Gimignano), Piero del Pollaiolo, ecc.
    Il declino e la marginalità della città nei secoli successivi furono le condizioni che permisero la straordinaria cristallizzazione del suo aspetto medievale.
    Alla fine del XIX secolo si cominciò a riscoprire la particolarità e la bellezza della cittadina, che venne sottoposta integralmente vincolo monumentale nel 1929. Nel 1990 è stato dichiarato dall'Unesco patrimonio culturale dell'Umanità.

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    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 19:17
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    Sassi di Matera



    I Sassi di Matera costituiscono il centro storico della città di Matera.
    Il Sasso "Caveoso"' ed il Sasso "Barisano", insieme al rione "Civita", formano un complesso nucleo urbano, oggi così denominato.

    Patrimonio dell'Umanità

    I Sassi di Matera sono stati iscritti nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO nel 1993. Sono stati il primo sito iscritto dell'Italia meridionale. L'iscrizione è stata motivata dal fatto che essi rappresentano un ecosistema urbano straordinario, capace di perpetuare dal più lontano passato preistorico i modi di abitare delle caverne fino alla modernità. I Sassi di Matera costituiscono un esempio eccezionale di accurata utilizzazione nel tempo delle risorse della natura: acqua, suolo, energia.

    Descrizione


    La "città della pietra", centro storico di Matera scavato a ridosso del burrone, è abitata in realtà almeno dal Neolitico: alcuni tra i reperti trovati risalgono a 10mila anni fa, e molte delle case che scendono in profondità nel calcare dolce e spesso (calcarenite) della gravina, sono state vissute senza interruzione dall'età del bronzo (a parte lo sfollamento forzato negli anni cinquanta). La prima definizione di "Sasso" come rione pietroso abitato risale ad un documento del 1204.
    I Sassi sono davvero un "paesaggio culturale", per citare la definizione con cui sono stati accolti nel Patrimonio mondiale dell'Unesco. Il Sasso Barisano, girato a nord-ovest sull'orlo della rupe, se si prende come riferimento la Civita, fulcro della città vecchia, è il più ricco di portali scolpiti e fregi che ne nascondono il cuore sotterraneo. Il Sasso Caveoso, che guarda invece a sud, è disposto come un anfiteatro romano, con le case-grotte che scendono a gradoni, e prende forse il nome dalle cave e dai teatri classici. Al centro la Civita, sperone roccioso che separa i due Sassi, sulla cui sommità si trova la Cattedrale. Ed infine di fronte, sul versante opposto della Gravina di Matera, l'altopiano della Murgia che funge da quinta naturale a tale scenario, con le numerose chiese rupestri sparse lungo i pendii delle gravine protette dall'istituzione del Parco archeologico storico-naturale delle Chiese rupestri del Materano, detto anche Parco della Murgia Materana. Un paesaggio in parte invisibile e vertiginoso, perché va in apnea in dedali di gallerie dentro la pietra giallo paglierino del dorso della collina, per secoli difesa naturale e ventre protettivo di una città che sembra uscita dal mistero di una fiaba orientale. "Grotte naturali, architetture ipogee, cisterne, enormi recinti trincerati, masserie, chiese e palazzi, si succedono e coesistono, scavati e costruiti nel tufo delle gravine" scrive Pietro Laureano nel suo libro Giardini di pietra.
    Laureano, architetto ed esperto dell'Unesco per le zone aride e per la civiltà islamica, è stato uno dei primi a ristrutturare ed abitare una casa nel Sasso Barisano. Molti lo hanno seguito, dopo gli anni dell'abbandono. Oggi, da una grotta di tufo millenaria, dirige un ufficio del Comitato delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione, e sta lanciando una banca dati sulle conoscenze tradizionali. Facciate rinascimentali e barocche si aprono su cisterne dell'VIII secolo, trasformate in abitazioni. Chiese bizantine nascondono pozzi dedicati al culto di Mitra. Alcuni ipogei sono stati scavati a più riprese fino agli anni cinquanta, altri murati e dimenticati, nascosti nei fianchi della collina. Il Palombaro lungo, l'immenso serbatoio d'acqua sotto piazza Vittorio Veneto, ha delle sezioni costruite tremila anni fa, mentre le più recenti sono del 1700. I Sassi, la città popolare, insieme alla Civita aristocratica e medievale eretta su un'antica acropoli, sono in effetti un palinsesto pieno di sorprese, anche se sembrano immobili e compatti, chiusi nella pietra nuda a tratti appena corretta da una mano di calce.
    "Arrivai a Matera verso le undici del mattino. Avevo letto nella guida che è una città pittoresca, che merita di essere visitata, che c'è un museo di arte antica e delle curiose abitazioni trogloditiche. Ma quando uscii dalla stazione, un edificio moderno e piuttosto lussuoso, e mi guardai attorno, cercai invano con gli occhi la città. La città non c'era. Allontanatami ancora un poco dalla stazione, arrivai a una strada, che da un solo Iato era fiancheggiata da vecchie case, e dall'altro costeggiava un precipizio. In quel precipizio è Matera".
    La descrizione di Carlo Levi in Cristo si è fermato a Eboli evoca uno spalancare d'occhi. Alla sorella, che fa da voce narrante, i Sassi appaiono come due mezzi imbuti separati da uno sperone di roccia, la Civita, e la chiesa bianca di Santa Maria de Idris, "che pareva ficcata nella terra". I due mezzi imbuti sono i Sassi, e per Levi hanno la forma "con cui, a scuola, immaginavamo l'Inferno di Dante". Levi, spedito al confino in Lucania dal regime fascista, visita i Sassi quando sono all'apice di un collasso demografico che era iniziato quattro secoli prima. Gli abitanti erano aumentati in maniera esponenziale e la pastorizia era in declino: sulle case nella roccia erano stati sopraelevati più piani, erano spariti gli orti e i giardini pensili, e le cisterne erano state riadattate a monolocali in cui intere famiglie convivevano con muli e pecore.
    Ma quelli che allo scrittore in esilio erano sembrati i gironi dell'Alighieri, in realtà facevano parte di un sistema complesso ed efficiente. La pianta dell'antica Matera vista dall'alto, si presenta come un'omega greca. Piazza del Sedile, nella Civita, appare in equilibrio tra il Caveoso e il Barisano. Si scende nei Sassi per delle arcate, che sembrano dei passaggi occulti. Le calate erano affiancate da canali d'irrigazione che rifornivano cisterne a goccia, in alcune case ci sono fino a sette cisterne. Orti e giardini pensili si affacciavano dai tetti. I tetti a volte servivano da cimiteri: i vivi sottoterra, i defunti in superficie. I vicinati, costituiti da un insieme di abitazioni che affacciano su uno stesso spiazzo, spesso con il pozzo al centro, erano il modello della vita sociale, della solidarietà e della collaborazione dei Sassi. Il pozzo comune dove si lavavano i panni, il forno dove si impastava il pane facevano del vicinato la cellula fondamentale dell'organizzazione comunitaria. Nelle case, la luce arriva dall'alto come in una casbah nordafricana, e la temperatura è costante a 15 gradi, con la massa termica del tufo marino che funziona da climatizzatore. Se i raggi del sole d'estate, perpendicolari e roventi, rimangono fuori, d'inverno, obliqui, scivolano sul fondo delle grotte. Questo degradare e sovrapporsi di case e casette, è solo apparentemente caotico, perché poi risulta costruito con molti accorgimenti. Ma la discesa nei Sassi è una sorpresa continua. Tra viottoli e gradini si arriva in formidabili complessi monastici scavati nella roccia, Cenobi benedettini e laure bizantine, in cui le celle di monaci si stringono intorno a una chiesa sotterranea.
    Intorno all'anno 1000, Matera si riempì di monaci basiliani, che portarono le esperienze religiose e artistiche dei confratelli delle chiese rupestri dell'Anatolia e della Siria. La pietra dei Sassi si apre in conventi straordinari come la Madonna della Virtù, San Nicola dei Greci, Santa Lucia alle Malve. Difficile distinguere le influenze: si trovano iconostasi ortodosse in chiese a pianta latina. Gli affreschi sono meno rigidi di quelli degli anacoreti dell'Asia minore, le madonne meno regine e più popolane, cosa che deve essere piaciuta a Pier Paolo Pasolini, quando girò Il Vangelo secondo Matteo. A fare raffronti, la struttura dei Sassi ricorda la splendida Mistrà in Laconia, "la città ad alveare", che sopravvisse dieci anni in libertà dopo la caduta di Bisanzio. È una struttura dovuta al sistema della raccolta delle acque tipica dei centri bizantini - sostiene Laureano - che ritroviamo in altri insediamenti rupestri in Puglia e Basilicata, da Massafra a Gravina in Puglia. È allo studio dell'Unesco un progetto per far entrare anche questi luoghi nella lista dei Patrimoni dell'umanità: un parco di "paesaggi culturali" di cui i Sassi di Matera saranno l'epicentro.
    Mel Gibson, mentre percorreva le rampe e i passaggi che s'inoltrano labirintici nei Sassi di Matera, alla ricerca degli angoli giusti per installare i set delle riprese per il suo La Passione di Cristo, perse - parole sue - la testa. Per un australiano, cresciuto come attore e regista al sole di Hollywood, le ombre delle case che dopo l'ingresso diventano grotte, "quei blocchi di pietra, le parti della città antiche di 2000 anni", erano estranee alla modernità e quindi perfette per ambientare il film sugli ultimi giorni di Gesù.

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    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 19:17
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    Siena



    Siena è un comune di 53.893 abitanti della Toscana centrale, capoluogo dell'omonima provincia.
    La città è universalmente conosciuta per il suo patrimonio artistico e per la sostanziale unità stilistica del suo arredo urbano medievale.
    È stata dichiarata dall'UNESCO patrimonio dell'umanità.

    Siena fu fondata come colonia romana al tempo dell'Imperatore Augusto e prese il nome di Sæna Julia.
    Le scarse notizie attendibili precedenti alla fondazione, suggeriscono l'esistenza di una comunità etrusca sulla quale si insediò la colonia militare romana ai tempi di Augusto.
    Il primo documento che conosciamo in cui viene citata la comunità senese risale al 70 DC e porta la firma di Tacito che, nel IV libro delle Historiae, riporta il seguente episodio: il senatore Manlio Patruito riferì a Roma di essere stato malmenato e ridicolizzato con un finto funerale durante la sua visita ufficiale a Saena Julia, piccola colonia militare della Tuscia. Il Senato romano decise di punire i principali colpevoli e di richiamare severamente i senesi a un maggiore rispetto verso l'autorità.
    Dell'alto medioevo non si hanno documenti che possano illuminare intorno ai casi della vita civile a Siena. C'è qualche notizia relativa alla istituzione del vescovado e della diocesi, specialmente per le questioni sorte fra il Vescovo di Siena e quello di Arezzo, a causa dei confini della zona giurisdizionale di ciascuno: questioni nelle quali intervenne il re longobardo Liutprando, pronunziando sentenza a favore della diocesi aretina. Ma i senesi non furono soddisfatti e pertanto nell'anno 853, quando l'Italia passò dalla dominazione longobarda a quella franca, riuscirono ad ottenere l'annullamento della sentenza emanata dal re Liutprando. Pare, dunque, che al tempo dei Longobardi, Siena fosse governata da un Gastaldo, rappresentante del re: gastaldo che fu poi sostituito da un Conte imperiale dopo l'incoronazione di Carlo Magno. Il primo conte di cui si hanno notizie concrete fu Winigi, figlio di Ranieri, nel 867. Dopo il 900 regnava a Siena l'imperatore Ludovico III, il cui regno non durò così a lungo, dal momento che nel 903 le cronache raccontano di un ritorno dei conti al potere sotto il nuovo governo del re Berengario.
    Siena si ritrova nel X secolo al centro di importanti vie commerciali che portavano a Roma e, grazie a ciò divenne un'importante città medievale. Nel XII secolo la città si dota di ordinamenti comunali di tipo consolare, comincia a espandere il proprio territorio e stringe le prime alleanze. Questa situazione di rilevanza sia politica che economica, portano Siena a combattere per i domini settentrionali della Toscana, contro Firenze. Dalla prima metà del XII secolo in poi Siena prospera e diventa un importante centro commerciale, tenendo buoni rapporti con lo Stato della Chiesa; i banchieri senesi erano un punto di riferimento per le autorità di Roma, ai quali si rivolgevano per prestiti o finanziamenti.
    Alla fine del XII secolo Siena, sostenendo la causa ghibellina (anche se non mancavano, le famiglie senesi di parte guelfa, in sintonia con Firenze), si ritrovò nuovamente contro Firenze: celebre è la vittoria sui fiorentini nella battaglia di Montaperti, del 1260, celebrata anche da Dante Alighieri. Ma dopo qualche anno i senesi ebbero la peggio nella battaglia di Colle Val d'Elsa, del 1269, che portò poi, nel 1287, alla ascesa del Governo dei Nove, di parte guelfa. Sotto questo nuovo governo, Siena raggiunse il suo massimo splendore, sia economico che culturale.
    Dopo la peste del 1348, comiciò la lenta decadenza della Repubblica di Siena, che raggiunse l'epilogo nel 1555, anno in cui la città dovette arrendersi alla supremazia fiorentina.

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    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 19:20
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    Centro storico di Napoli



    Il centro storico di Napoli corrisponde ai quartieri di Avvocata, Montecalvario, San Giuseppe, Porto, Pendino, Mercato, Chiaia, San Ferdinando, Stella (ad eccezione di Capodimonte), San Carlo all'Arena, San Lorenzo e Vicarìa.
    Dichiarato dall'UNESCO Patrimonio Mondiale dell'Umanità, nel 1995 è stato inserito nella lista dei beni da tutelare con la seguente motivazione:
    « Napoli è delle più antiche città d'Europa di cui l'attuale conformazione urbanistica conserva gli elementi di tutto il suo straordinario percorso ricco di eventi. Il suo sistema di strade, la ricchezza e la varietà dei suoi edifici storici riferite a varie epoche e la sua collocazione nel golfo di Napoli le attribuisce uno straordinario e unico valore senza confronti capace di propagare profondamente la sua influenza in tutta Europa ed anche oltre »


    Quello di Napoli è uno tra i centri storici più grandi del mondo (nonché il museo a cielo aperto più grande d'Europa) si estende infatti su una superficie di circa 720 ettari: la sua unicità sta nella conservazione quasi totale e nell' uso dell'antico tracciato viario greco.
    L'uso moderno di queste antiche strade, in molti casi, rende difficoltoso il recupero di edifici di rilevante interesse: valga ad esempio il tentativo in corso di portare alla luce l'antico Teatro le cui scene calcò Nerone nei suoi delirii istrionici.
    Ricordiamo che la città ha due veri e propri nuclei originari: il primo è Pizzofalcone sulla quale nacque la città di Partenope, mentre, il secondo è la zona dei decumani dove è sorta Neapolis. In quest'ultimo in particolare, sono presenti obelischi, monasteri, chiostri, circa 30 musei, le note vie del presepe, catacombe, scavi archeologici all'aperto e sotterranei con resti romani e greci compreso l'anzidetto Teatro, statue e bassorilievi, fregi monumentali, colonne medievali a reggere antichi palazzi storici. Il centro storico di Napoli, inoltre, è caratterizzato dalle sue chiese (più di 150) con il relativo tesoro artistico contenuto al loro interno (fra i principali : Caravaggio, Donatello, Giuseppe Sammartino, Luca Giordano, Cosimo Fanzago ), nonché sepolcri e tombe dei governanti che si sono susseguiti a capo della città durante i secoli.
    Generalmente, gli esperti ritengono che su tutto il territorio del centro storico il numero degli edifici religiosi superi le 400 unità, comprese le chiese sconsacrate o abbandonate da secoli ed escludendo quelle di costruzione moderna che fanno di Napoli la città con la più alta concentrazione di chiese al mondo.

    Incidentalmente,

    * l'elevato numero di chiese e fabbriche conventuali che tendevano a svilupparsi sino a formare "isola",
    * la proibizione - durante i due secoli di governo vicereale spagnolo - ad edificare al di fuori della cinta muraria,
    * il forte sviluppo della città nella stessa epoca,

    furono i fattori principali della configurazione del centro antico quale oggi si conosce. Infatti, precluso lo sviluppo in estensione lo si privilegiò in altezza: la circostanza che la città poggi su terreno tufaceo ha favorito pratiche di sopraelevazione di edifici preesistenti, attingendo il materiale dalle cave sotterranee già utilizzate sin dal primo nascere della città.

    Nel 1980 il terremoto danneggia parte del centro storico e porta alla luce problemi strutturali e sociali (anche antichi) ai quali si decide di porre rimedio anche urbanistico con l’emanazione della legge n. 219 1980, recante disposizioni per la pianificazione e il controllo dell’attività edilizia, azioni sanzionatorie, di recupero e riabilitazione dell'abusivismo.

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    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 19:21
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    Crespi d'Adda



    Crespi d'Adda è un villaggio operaio che si trova nel comune di Capriate San Gervasio, in provincia di Bergamo.

    Storia

    Il villaggio venne costruito durante l'ultimo quarto del XIX secolo dalla famiglia Crespi, che scelse quest'area, vicina al fiume Adda, per costruire una tessitura. La fondazione si fa risalire al 1877 ad opera del bustocco Cristoforo Benigno Crespi. L'idea fu quella di affiancare agli stabilimenti un vero e proprio villaggio che ospitasse gli operai della fabbrica e le loro famiglie. Il villaggio era dotato di tutte le comodità. Oltre alle villette delle famiglie operaie (complete di giardino ed orto), e alle ville per i dirigenti (che vennero costruite in seguito), il villaggio era dotato di chiesa, scuola, cimitero, ospedale, campo sportivo, teatro, stazione dei pompieri e di altre strutture comunitarie.

    Il cimitero di Crespi d'Adda è dominato dalla tomba della famiglia Crespi, costituita da una piramide in fondo ad un lungo viale alberato. Le tombe più ricche sono quindi disposte intorno a questo imponente mausoleo, mentre quelle più semplici, segnalate da croci di pietra, sono più distanti, come concreta memoria della stratificazione sociale della comunità che qui vi riposa. Il cimitero è circondato da un muro circolare che racchiude in sé tutte le tombe e che vuole simboleggiare l'abbraccio della famiglia Crespi a tutti gli operai del villaggio.

    Crespi e l'Unesco


    Intorno all'inizio degli anni '90 nel Comune di Capriate S.G. venne proposto un piano regolatore che prevedeva nuove edificazioni nell'area del villaggio operaio. Il Centro Sociale Fratelli Marx (CSFM), una associazione culturale locale conscia dell’eccezionale valore della company town, volle contrastare questa volontà politica, decidendo di tentare l’iscrizione del sito di Cespi d’Adda nella Lista del Patrimonio Mondiale Unesco. Il CSFM costituì - con Legambiente e alcuni abitanti del villaggio - la Consulta per Crespi, che iniziò un’opera di informazione e pressione sui politici e gli organi di informazione locali per scongiurare l’applicazione del piano urbanistico. L’operazione di lobbying ebbe successo: l’Amministrazione si convinse a non realizzare le edificazioni previste nell’area storica del villaggio e addirittura decise di appoggiare la richiesta di inserimento nella Lista. Nel 1994 incaricò formalmente il CSFM di redigere il dossier di nomination da presentare all’Unesco: gli estensori furono Andrea Biffi ed Enzo Galbiati (con Roberto Pedroncelli ed Emilio Cornelli). La nomination venne presentata nel corso di un convegno internazionale a cui partecipò tra gli altri Giancarlo Riccio, ambasciatore diplomatico e all’epoca Condirettore del Centro per il Patrimonio Mondiale UNESCO di Parigi (che si sarebbe rivelato determinante per l’inserimento di Crespi nella Lista). Nel 1994 i siti italiani candidati all’ingresso nel Patrimonio Mondiale furono il centro storico di Siena, Napoli, Ferrara e il villaggio operaio di Crespi d'Adda (tutti e quattro furono poi inseriti nella Lista). Un po’ di folklore: pare che Giancarlo Riccio – che faticò non poco a convincere la Germania ad accettare 4 siti italiani in una sola volta – per dare una mossa al comitato napoletano per la nomination (il cui main sponsor fu Carlo Azeglio Ciampi) nel corso di una telefonata abbia urlato: “Datevi una mossa! Quattro ragazzetti spettinati di Crespi hanno fatto meglio di voi, rappresentanti di una delle maggiori città italiane…”
    Il 5 dicembre 1995 il Villaggio operaio di Crespi è entrato a far parte della Lista del Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO. È uno degli esempi meglio conservati di villaggio operaio industriale che esistano al mondo. Contrariamente a siti analoghi, la parte industriale è stata funzionante fino al 2004 e le abitazioni sono tuttora utilizzate.

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    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 19:22
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    Ferrara, città del Rinascimento e il suo Delta del Po



    Ferrara è un comune di 133.591 abitanti dell'Emilia Romagna, capoluogo dell'omonima provincia.
    Situata sul Po di Volano, la città ha una struttura urbanistica che risale al XIV secolo, quando fu governata dalla famiglia degli Este: il disegno datole da Biagio Rossetti ne fece la prima città moderna d'Europa, fatto da cui deriva in larga parte il suo riconoscimento come patrimonio mondiale dell'umanità insignitole dall'UNESCO per la prima volta nel 1995 come città del Rinascimento e successivamente nel 1999 per il Delta del Po e per le Delizie estensi. Inoltre, Ferrara è una dei 4 capoluoghi di provincia (assieme a Bergamo, Lucca e Grosseto), il cui centro storico è rimasto completamente circondato dalle mura che, a loro volta, hanno mantenuto pressoché intatto il loro aspetto originario nel corso dei secoli.
    Data la sua importante rilevanza storica, Ferrara è divenuta la sede italiana del Museo dell'Ermitage nel 2006 risultando essere così la quinta città al mondo ad avere legato il proprio nome con il museo russo. Da questa unione è nata l'associazione Ermitage Italia.

    Storia

    Ferrara è la città più giovane tra i capoluoghi emiliani: fra il VII e l'VIII secolo, a causa delle continue invasione barbariche che devastarono Voghenza, la sede vescovile venne spostata da Voghenza al Borgo San Giorgio, un castrum bizantino del VI secolo, situato nel Polesine di San Giorgio accanto al Po, ovvero il primo insediamento abitato di Ferrara (individuabile nel sito dell'antica cattedrale di San Giorgio fuori le mura).
    Solo in seguito la città prese a svilupparsi maggiormente sull'altra riva del Po mettendo in ombra il Borgo San Giorgio e di conseguenza la sede vescovile venne spostata nel 1135 nell'attuale Cattedrale di Ferrara esattamente nel centro dell'attuale città. Nel 1152 il Po deviò il corso e rese inutile il porto cittadino. Dal 1240 la città fu in mano alla dinastia degli Este, che ne fece la capitale di un piccolo, ma culturalmente attivissimo, Stato regionale. Il periodo aureo della città fu la seconda metà del Quattrocento, quando alla corte ducale convertrivano personaggi come Piero della Francesca, Pisanello, Leon Battista Alberti, Andrea Mantegna, Rogier van der Weyden, ecc, mentre si era sviluppata una scuola ferrarese in pittura, con capiscuola del calibro di Cosmè Tura, Ercole de' Roberti e Francesco del Cossa.
    Il 1492 fu l'anno della più importante crescita urbanistica, l'addizione Erculea progettata da Biagio Rossetti, che ampliò verso nord la città con uno schema razionale di vie e palazzi, uno dei primissimi progetti urbanistici in una città europea. Nel Cinquecento vissero in città grandi artisti (Dosso Dossi, Tiziano, Giovanni Bellini) e letterati (Ariosto, Torquato Tasso).
    Nel 1598 la città entrò bruscamente nello Stato della Chiesa, segnandone un inevitabile declino. D'altro canto ciò permise la conservazione del tessuto della città medievale e rinascimentale, "salvandola" dalle intrusioni sovradimensionate e un po' retoriche dei secoli successivi. Nell'Ottocento la città visse una ripresa economica grazie alla scoperta della vocazione agricola, mentre è più del secolo successivo la riscoperta e la valorizzazione del patrimonio storico e artistico cittadino, culminato con l'inclusione della città nella lista del Patrimonio dell'umanità dell'Unesco nel 1995.
    Bene protetto dall'UNESCO


    L'origine del nome

    L'origine del nome di Ferrara rimane purtroppo oscura, sebbene si siano date molte ipotetiche spiegazioni. Alcuni hanno pensato ad una derivazione biblica: da Ferrato, figlio di Cam e nipote di Noè (nella Bibbia Ferrato non è mai esistito). Altri dicono che Ferrara fu fondata da un certo Marco che venne a Ferrara con le sue genti; fra queste c'era una fanciulla troiana, Ferrara, con cui chiamò la città che aveva iniziato a costruire.
    Si pensa che l'immagine di tale fanciulla sia quella che, scolpita in marmo, si vede sulla porta minore della Cattedrale, a destra, detta anticamente "Madonna Frara".
    Altri pensano che derivi da "ferro", che si trovava o si lavorava nel territorio. Più vicina alla realtà è la supposizione che il nome sia venuto da "farro", specie di frumento duro, il più antico nutrimento dei Romani, abbondante, pare, nel ferrarese: "Farraria", cioè terra dove si coltiva il farro. Un'altra origine viene ricavata dall'erba detta "farraria", una specie di pianta acquatica; non è certo però che, sebbene la pianta crescesse abbondantemente nel 1500, ci fosse anche tanti secoli prima, quando sorse la città. Un'altra supposizione nasce dal fatto narrato da antichi cronisti: nel prato del Comune, situato lungo le sponde del Po, si tenevano importanti fiere due volte l'anno (la domenica delle Palme e il giorno di San Martino). Il luogo dove si facevano le grandi fiere veniva chiamato "Feriarum Area" (piazza delle fiere) da cui "Ferraria".

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    Monumenti principali e luoghi d'interesse


    Il monumento principale è il Castello di San Michele (chiamato così perché la prima pietra è stata messa il 29 settembre, giorno appunto di San Michele), famoso più comunemente come Castello Estense, un edificio in mattoni a pianta quadrata dotato di quattro torri difensive con altane (in senso antiorario da sud-est: Marchesana o Dell'Orologio, Dei Leoni, di Santa Caterina, di San Paolo) e circondato da un fossato colmo d'acqua che lo rende, a tutt'oggi, l'unico castello europeo circondato da un fossato. Fu costruito a partire dal 1385, ad opera dell'architetto Bartolino da Novara e parzialmente restaurato a partire dal 1554. Vicino al castello si incontrano alcuni edifici dell'ex Ospedale Sant'Anna e la celebre Cella dove venne confinato Torquato Tasso nel 1579-1586.
    Il Palazzo del Municipio, ricostruito su progetto neogotico nel 1927, fu la prima dimora degli Este.
    Vicino ad esso si trova la Cattedrale di San Giorgio (prima cattedrale di Ferrara, poi spostata all'attuale nel centro cittadino), fatta costruire da Guglielmo degli Adelardi (m. 1146) e consacrata nel 1135 quando furono completate la facciata principale e quelle laterali romaniche. Le arcate della parte superiore della facciata sono del XIII secolo. Gli interni non sono coevi alla costruzione, ma vennero restaurati in stile barocco all'inizio del secolo XVII, a causa di un disastroso terremoto che nel 1570 distrusse, oltre agli interni della cattedrale, numerosi edifici della città. A seguito di questo restauro venne chiusa la "Porta dei Mesi", l'imponente ingresso sul fianco meridionale, le cui decorazioni esterne vennero definitivamente asportate nel 1717; di esse rimangono le "formelle dei mesi", che davano il nome alla porta, e sono conservate all'interno del museo della cattedrale, e gli ippogrifi stilofori, che reggevano le colonne del portale e sono ora posti al fronte della cattedrale sul lato destro.
    Il campanile, in stile rinascimentale, venne realizzato nel 1451-1493 e ultimato, nella forma attuale, alla fine del XVI secolo, ma rimasto tuttavia incompleto. Il suo progetto è attribuito a Leon Battista Alberti, anche se tale attribuzione non è sicura.
    Di fronte alla cattedrale si trova il Palazzo della Ragione, costruito in mattoni in stile gotico nel 1315-1326; l'attuale versione deriva da un rifacimento posteriore alla seconda guerra mondiale, a seguito di un incedio che distrusse una parte del palazzo. L'edificio attuale, costruito tra feroci polemiche, non rende giustizia alla bellezza del manufatto originale, risultandone una sbiadita copia inserita in un contesto non adatto.
    Poco lontano si trova l'attuale sede dell'Università, mentre la sua antica sede, Palazzo Paradiso (1391), ospita oggi la Biblioteca Comunale Ariostea nella quale si trova la più completa raccolta di edizione dell' Orlando Furioso di Ludovico Ariosto ed alcune lettere di Torquato Tasso nonché la Bibbia appartenuta al frate domenicano Girolamo Savonarola.
    La casa di Ludovico Ariosto fu costruita dallo scrittore a partire dal 1526 ed in essa morì nel 1533. Ferrara è dal XIII secolo importante centro ebraico e, durante le persecuzioni in seguito alle Leggi razziali emanate nel 1938 dal governo fascista, diviene protagonista delle persecuzioni e di un eccidio ricordati dallo scrittore Giorgio Bassani (Bologna, 1916 - Roma, 2000) nel romanzo Il giardino dei Finzi-Contini (1962) e in La lunga notte del '43 (1956).
    Sede universitaria dal 1391, essa vide laurearsi nel XVI secolo Niccolò Copernico (1503) e Paracelso. Importante centro umanistico, ospitò alla corte estense i maggiori poeti italiani del Quattrocento e Cinquecento, Matteo Maria Boiardo, Ludovico Ariosto (Reggio Emilia, 1474 - Ferrara, 1533) e Torquato Tasso, nonché i grandi pittori del suo tempo, Andrea Mantegna, Giovanni Bellini, Cosmè Tura (1432-1495), Francesco del Cossa (m. 1480) ed Ercole de' Roberti (m. 1496) (la famosa Officina ferrarese), Garofalo, Tiziano, Dosso e Battista Dossi, Scarsellino. Molte opere di questi autori trovano oggi collocazione nella Pinacoteca Nazionale, ospitata nel Palazzo dei Diamanti.
    Il circuito dei Musei civici di arte antica comprende il piccolo, ma ricco di capolavori, Museo della cattedrale e l'elegante Palazzo Schifanoia, fatto costruire nel 1385 da Alberto V d'Este con le importanti raccolte di medaglie antiche, di avori e di ceramiche rinascimentali. All'interno del palazzo, nel Salone dei Mesi, si conserva un ciclo di affreschi del XV secolo, importante espressione artistica di Francesco del Cossa, Ercole de' Roberti ed altri pittori appartenenti all'Officina Ferrarese.
    La città vanta un'importante raccolta civica di opere dei pittori locali Giovanni Boldini e Filippo de Pisis e una consolidata tradizione di mostre d'arte internazionali di altissimo livello organizzate nel Palazzo dei Diamanti, capolavoro architettonico cinquecentesco di Biagio Rossetti.
    A Ferrara nacquero il frate domenicano Girolamo Savonarola ed il musicista Girolamo Frescobaldi.
    Città amata da registi italiani e stranieri, nella quale trovano ambientazione fra l'altro Il giardino dei Finzi-Contini (Vittorio De Sica, 1970), Al di là delle nuvole (Michelangelo Antonioni - Wim Wenders 1995), Il mestiere delle armi (Ermanno Olmi, 2001) e altri.
    Importanti sono le stagioni di danza, di concerti di musica classica, teatro e lirica prodotti nel settecentesco Teatro Comunale.
    Vi si svolge il più antico Palio d'Italia e del mondo durante l'ultima domenica di maggio. Altre manifestazioni importanti sono la Mille Miglia, il Ferrara Sotto le Stelle considerato uno dei festival musicali estivi più interessanti della Penisola (giugno-luglio), il Ferrara Buskers' Festival, (ultima settimana di agosto), il Ferrara Balloons Festival, il più grande Festival di mongolfiere d'Italia (fine settembre) e il Premio Letterario Estense (fine settembre). La città è oggi un importante centro universitario, polo ospedaliero e una delle città d'arte minori maggiormente visitate d'Italia. La sua cinta muraria rinascimentale di oltre nove chilometri è interamente percorribile in bicicletta e a piedi.
    Un particolare interessante di questa città è costituito dal suo legame con il Po, fiume sul quale essa è sorta nel VII secolo.
    In città, nel risvolto di piazza Girolamo Savonarola con corso Martiri della Libertà, è presente il padimetro, una specie di idrometro che segna le varie altezze a cui è arrivato il livello del Po nella frazione di Pontelagoscuro durante i più importanti e gravi eventi di piena del fiume.
    La città vede nel suo territorio circostante la presenza delle Delizie estensi, residenze estive della famiglia che governò Ferrara.

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    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 19:25
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    Castel del Monte



    Castel del Monte è un edificio del XIII secolo costruito dall'imperatore Federico II in Puglia, nell'attuale frazione omonima del comune di Andria, vicino a Santa Maria del Monte.
    È situato su una collina della catena delle Murge occidentali, a 540 metri s.l.m. I centri urbani più vicini sono Andria (18 km), Ruvo di Puglia e Corato (21 km).
    È stato inserito nell'elenco dei monumenti nazionali italiani nel 1936 e in quello dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO nel 1996.

    Storia


    La nascita dell'edificio si colloca ufficialmente il 29 gennaio 1240, quando Federico II Hohenstaufen ordina affinché vengano predisposti i materiali e tutto il necessario per la costruzione di un castello presso la chiesa di Sancta Maria de Monte (oggi scomparsa). Questa data, tuttavia, non è accettata da tutti gli studiosi: secondo alcuni, infatti, la costruzione del castello in quella data era già giunta alle coperture.

    Incerta è anche l'attribuzione ad un preciso architetto: alcuni riconducono l'opera a Riccardo da Lentini ma molti sostengono che ad ideare la costruzione fu lo stesso Federico II. Pare fu costruito sulle rovine di una precedente fortezza prima longobarda e poi normanna. Probabilmente alla morte di Federico II (avvenuta nel 1250) l'edificio non era ancora terminato.

    Fu raramente adibito a feste, fra queste nel 1246 si ricordano le nozze di Violante, figlia naturale di Federico e Bianca Lancia con il conte di Caserta Riccardo Caetani.

    A partire dal XVII secolo seguì un lungo periodo d'abbandono, durante il quale il castello venne spogliato degli arredi e delle decorazioni parietali di marmo (le cui tracce restano visibili solo dietro i capitelli) e divenne oltre che carcere anche un ricovero per pastori, briganti e profughi politici. Nel 1876 il castello venne infine acquistato (per la somma di 25.000£) dallo Stato italiano in condizioni di conservazione estremamente precarie, che ne predispose il restauro a partire dal 1928. Nel 1936 fu dichiarato monumento nazionale.
    Nel 1996 l'UNESCO lo ha iscritto sulla lista dei Patrimoni dell'umanità per la perfezione delle sue forme e per l'armoniosa unione degli elementi culturali del nord Europa, del mondo islamico e dell'antichità classica, tipico esempio di architettura militare del medioevo.

    Descrizione

    L'edificio ha pianta ottagonale (16,30 m per lato all'esterno) e ad ogni angolo si innesta una torretta a sua volta ottagonale (lato 3,10 m), mentre l'ottagono che corrisponde alla corte interna ha lati di 8,65 m ciascuno. Il diametro dell'intero castello è di 56 m, mentre il diametro di ogni torre è di 7,80 m. Le torri sono alte 24 m e superano di poco l'altezza dell'intera struttura.

    L'interno

    Lo spazio interno è suddiviso in due piani, rialzati rispetto al piazzale antistante di 3 e 9,5 metri rispettivamente. Questa suddivisione viene ripresa all'esteno da due cornici marcapiano. Ogni piano è costituito da otto stanze trapezoidali, suddivise congiungendo gli spigoli dell'ottagono interno e gli spigoli di quello esterno, dove si impostano le omologhe torri.
    Il problema della copertura delle stanze è risolto scomponendo il trapezio iniziale in un quadrato centrale e due triangoli laterali. Il quadrato centrale viene coperto da una volta a crociera, mentre i due triangoli laterali sono sovrastati da due spicchi di volta a botte per ciascuna stanza. Al centro di ogni volta a crociera, nell'intersezione tra i costoloni, fuoriesce dall'intradosso una chiave di volta estradossata diversa per ogni stanza. I costoloni non hanno una funzione di portanza statica, ma hanno esclusiva funzione decorativa. Le volte a botte sono costruite seguendo l'andamento dei muri esterni relativi a quella parte della costruzione. Per quanto adiacenti, i due tipi di volte utilizzate sono completamente indipendenti: nell'intersezione tra le stesse, infatti, si può notare come l'orditura presenti una discontinuità, provocata da una sfasatura nella composizione delle due coperture contigue.
    Il piano di imposta della volta è sottolineato da una cornice, ripresa anche nel capitello sopra le colonne portanti.
    La comunicazione tra il piano inferiore e quello superiore è assicurata dalla presenza, non in tutte le otto torri, delle scale a chiocciola. Le scale si sviluppano secondo un senso antiorario e constano di 44 gradini trapezioidali che si dipartono, ognuno in un unico masso lapideo, da una colonna centrale del diametro di circa 22 centimetri.
    Il piano superiore, per quanto ricalchi la struttura del piano inferiore, si presenta più raffinato e curato: i costoloni che sorreggono le volte sono più slanciati, ed ogni sala è vivacemente illuminata dalla presenza delle finestre bifore o, in un caso, trifora. La particolarità di queste finestre è la presenza di gradini e di sedili che la fiancheggiano. Lungo le pareti di ogni sala corre un sedile al di sotto della base delle colonne.
    Degno di particolare attenzione, all'interno del castello è il marchingegno di manovra dell'antica saracinesca di chiusura del portale principale, visibile con tutti i cavedi necessari, all'interno della muratura portante, per lo scorrimento delle catene che lo sostenevano.

    L'esterno

    Il portale di ingresso principale si apre sulla parete della struttura ottogonale orientata esattamente ad Est, vale a dire di fronte al punto in cui sorge il sole in coincidenza degli equinozi di primavera e d'autunno. Ad esso si accede attraverso due rampe di scale simmetriche, disposte a tenaglia ai lati dell'ingresso, ricostruite nel 1928.
    A differenza del semplice ingresso secondario dalla parte opposta (orientata a ponente) dell'edificio (costituito da un semplice portale ad arco a sesto acuto), l'ingresso principale è decorato con due colonne scanalate che sorreggono un finto architrave su cui si imposta un frontone di forma cuspidale.
    Ogni parete presenta due finestre: una monofora in corrispondenza del primo piano ed una bifora per il secondo piano, non sempre in asse tra loro. Da questa regola si discostano le facciate orientale ed occidentale (quelle in cui sono posti i due portali) che non presentano la monofora, e la facciata settentrionale, che presenta una trifora per il secondo piano. Ulteriori feritoie sono presenti sulle torri, per dare luce alle scale a chiocciola interne.
    Dal punto di vista strutturale è importante notare come le mura tra le torri si ergano direttamente dal terreno, mentre le torri presentano uno zoccolo, messo in risalto nella parte superiore da una cornice in stile gotico.
    Ad ulteriore prova della perfezione strutturale dell'edificio si può notare come le tangenti ai lati del cortile interno si incontrano precisamente al centro delle torri ottagonali.

    Il cortile interno

    Nel cortile interno la compattezza delle mura è attenuata solo dalla presenza di tre ingressi nella parte inferiore e tre "porte finestre" nella parte superiore. La sensazione all'interno del cortile è che tutto il primo piano funga da zoccolo per il piano superiore, alleggerito dalla presenza di archi ciechi.
    Si pensa che al centro di questo cortile in precedenza ci fosse una vasca anch'essa ottogonale, costituita da un unico pezzo in marmo secondo la descrizione del Troyli nel 1743.[3] Una delle molte leggende vuole che questa rappresentasse il Santo Graal[4] che sempre secondo tale leggenda sarebbe rimasto per un periodo all'interno di questo castello.
    Sotto la vasca, al centro del cortile, al di sotto del piano di calpestìo è presente una grande cisterna per la raccolta delle acque piovane, aspetto tenuto in gran conto in questo edificio tanto che erano presenti altre cinque cisterne di raccolta all'interno delle torri. Tuttavia attualmente quella al di sotto del cortile interno è l'unica funzionante.
    Le alte pareti da cui è formato il cortile interno danno l'idea di trovarsi all'interno di un pozzo che, nella simbologia medioevale rappresenta la conoscenza

    Ipotesi sulla funzione dell'edificio

    Malgrado sia comunemente definito "castello", l'esatta funzione dell'imponente edificio è tuttora sconosciuta. Privo dal punto di vista architettonico di elementi tipicamente militari e posto in una posizione non strategica, in realtà l'edificio non fu probabilmente una fortezza. Alcuni elementi della costruzione, inoltre, fanno decisamente scartare questa ipotesi: ad esempio le scale a chiocciola nelle torri sono disposte secondo un senso antiorario (a differenza di qualunque altra costruzione difensiva dell'epoca), situazione che metteva in svantaggio gli occupanti del castello contro eventuali assalitori perché sarebbero stati costretti ad impugnare l'arma con la sinistra. Le feritoie, inoltre, sono troppo strette anche per ipotizzare un lancio di frecce.
    Anche l'ipotesi che fosse una residenza di caccia, attività assai amata dal sovrano, è messa in discussione dalla presenza di fini ornamenti e dall'assenza di stalle e altri ambienti tipici delle residenze di caccia.
    A causa dei forti simbolismi di cui è intrisa, è stato ipotizzato[citazione necessaria] che la costruzione potesse essere una sorta di tempio, o forse una sorta di tempio del sapere, in cui dedicarsi indisturbati allo studio delle scienze.
    In ogni caso si rivela come un'opera architettonica grandiosa, sintesi di raffinate conoscenze matematiche ed astronomiche.
    Alcune lievi asimmetrie nella disposizione delle residue decorazioni e delle porte interne, quando non dovute a spoliazioni o alterazioni, hanno suggerito ad alcuni studiosi l'idea che il castello e le sue sale, pur geometricamente perfette, fossero stati progettati per essere fruiti attraverso una sorta di "percorso" obbligato, probabilmente legato a criteri astronomici.
    Per spiegare la totale mancanza di corridoi si è inoltre ipotizzato che al livello del primo piano vi fosse un tempo un ballatoio in legno, oggi scomparso, dal lato prospiciente il cortile interno, che avrebbe consentito l'accesso indipendente alle singole sale.

    Motivi simbolici


    L'edificio, oltre ad essere un esempio di costruzione precisa, è anche un edificio carico di simbolismi che hanno appassionato numerosi studiosi.
    L'ottagono su cui è articolata la pianta del complesso e dei suoi elementi è una forma geometrica fortemente simbolica: si tratta della figura intermedia tra il quadrato, simbolo della terra, e il cerchio, che rappresenta l'infinità del cielo, e quindi segnerebbe il passaggio dell'uno all'altro.
    La scelta dell'ottagono potrebbe derivare dalla Cupola della Roccia a Gerusalemme, che Federico II aveva visto durante la sesta crociata, o dalla Cappella Palatina di Aquisgrana.
    L'intera costruzione è intrisa di forti simboli astrologici, e la sua posizione è studiata in modo che nei giorni di solstizio ed equinozio le ombre gettate dalle pareti abbiano una particolare direzione. A mezzogiorno dell'equinozio di autunno, ad esempio, le ombre delle mura raggiungono perfettamente la lunghezza del cortile interno, ed esattamente un mese dopo coprono anche l'intera lunghezza delle stanze.
    Due volte l'anno (l'8 aprile e l'8 ottobre, ed ottobre in quel tempo era considerato l' ottavo mese dell' anno), inoltre, un raggio di sole entra dalla finestra nella parete sudorientale e, attraversando la finestra che si rivolge al cortile interno, illumina una porzione di muro dove prima era scolpito un bassorilievo.
    Sulle due colonne che fiancheggiano il portale di ingresso sono accovacciati due leoni, quello di destra che guarda verso sinistra e viceversa, rivolti verso i punti dell'orizzonte in cui il sole sorge nei due solstizi d'estate e d'inverno.
    Si può notare un'altra particolarità nell'edificio: alle cinque cisterne d'acqua presenti sotto le torri, si collegano idealmente cinque camini all'interno. Alcuni[citazione necessaria] hanno posto in relazione questa presenza con le parole del Vangelo secondo Luca: Oggi io vi battezzo con l’acqua, ma verrà chi vi battezzerà col fuoco, accreditando così l'ipotesi che la costruzione fosse adibita ad una sorta di tempio.
    È stato notato come l'edificio, visto da lontano, appaia molto simile ad una corona e, in particolare, quella con cui fu incoronato Federico II stesso (anch'essa ottagonale).
    Volendo idealmente tagliare il portale di ingresso all'edificio con una linea verticale passante per il suo asse, sarebbe possibile vedere una grande F, iniziale del sovrano che la volle e che forse lasciò così la sua impronta e la sua firma. La disposizione delle scale, inoltre, sarebbe stata studiata affinché chiunque esca non possa mai dare le spalle all'edificio o all'iniziale dell'uomo che lo fece costruire.
    Il numero otto ricorre in vari elementi di questa costruzione: la forma ottagonale della costruzione, del cortile interno e delle otto torri ai vertici, le otto stanze interne, la vasca interna che doveva essere ottagonale, otto fiori quadrifogli sulla cornice sinistra sul portale di ingresso, altri otto sulla cornice inferiore, otto foglie sui capitelli delle colonne nelle stanze, otto foglie sulla chiave di volta, otto foglie di vite sulla chiave di volta della prima sala del piano terra, otto foglie di girasole sulla chiave di volta di un'altra sala, otto foglie ed otto petali su quella della quinta sala, otto foglie di acanto sulla chiave di volta dell'ottava sala, otto foglie di fico sulla chiave di volta dell'ottava sala al piano superiore.

    Utilizzo dell'immagine di Castel del Monte

    La vista di questo caratteristico castello probabilmente non sarà una novità neanche per i meno inclini alle visite turistiche, dal momento che già il 2 maggio 1977, un francobollo da 200 lire ne riportava una veduta prospettica. Lo troviamo di nuovo, questa volta nell'emissione della serie ordinaria, raffigurato nel valore dal 20 lire, emesso il 22 settembre 1980.
    Appena ventidue anni dopo, la sagoma del Castel del Monte veniva scelta per la moneta metallica da 1 centesimo di euro coniata in Italia.
    L'edificio è stato anche scelto per rappresentare il politecnico di Bari: nello stemma del politecnico, infatti, è presente la pianta dell'edificio.

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    Edited by Shagrath82 - 3/9/2012, 19:26
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