I siti patrimonio mondiale dell'Unesco della Turchia

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    Aree storiche di Istanbul



    Istanbul (turco: İstanbul, pronuncia "Istànbul"; greco moderno Κωνσταντινούπολη, latino Costantinopolis) in Turchia è il capoluogo della provincia omonima. Con una popolazione di 12.573.836 abitanti è il principale centro industriale e culturale del paese, e la "città propria" più popolosa d'Europa (la terza "città propria" e la ventesima "zona metropolitana" più popolosa del mondo).
    Istanbul (Costantinopoli) fu la città capitale dell'Impero Romano (330-395), dell'Impero Romano d'Oriente (Impero Bizantino) (395-1204 e 1261-1453), dell'Impero Latino (1204-1261) e dell'Impero Ottomano (1453-1922). Istanbul è stata anche dichiarata una delle capitali europee della cultura per il 2010. Sin dal 1985, i quartieri storici di Istanbul fanno parte della lista UNESCO dei patrimoni dell'umanità.

    Storia

    Visione generale

    La sua ricchissima storia, che la vede alle origini città greca dal nome di Bisanzio (greco antico, Βυζάντιον), poi capitale dell'Impero Romano d'Oriente col nome di Costantinopoli (latino, Constantinopolis) e infine capitale dell'Impero Ottomano con il nome turco di İstanbul, ha lasciato notevoli testimonianze archeologiche e architettoniche che la rendono anche un centro turistico di rilevanza mondiale.

    Origine e varianti del nome (Bisanzio, Costantinopoli, Istanbul)


    Secondo un aneddoto il nome attuale deriva da una circostanza curiosa: quando i turchi alla conquista dell'Anatolia chiedevano ai greci dove fosse "la città" ricevevano come risposta, senza capirne il significato Isten polis, cioè "quella è la città", che finì per diventare il nome equivocato di Costantinopoli. Più probabilmente deriva da un'enfatizzazione della parola "città" per indicarla come la "città" per antonomasia, in analogia con la parola Urbe (o -in latino- "Urbs") con cui si indica Roma. Il nome Istanbul le venne dato ufficialmente solo attorno al 1930.
    Il nome dell'odierna Istanbul comunque riflette, nel corso dei secoli, il succedersi delle civiltà che ne hanno segnato la storia. Fondata dai coloni greci di Megara, nel 667 a.C., viene chiamata originariamente Βυζάντιον (Byzántion) in onore del loro re Byzantas. Sarà dunque Byzantium in latino e successivamente Bisanzio in italiano.
    Il nome greco di Κωνσταντινούπολις (Konstantinoupolis), da cui il latino Constantinopolis e l'italiano Costantinopoli, significa "Città di Costantino". Tale nome le fu dato in onore dell'imperatore romano Costantino I quando la città divenne capitale dell'impero romano, l'11 maggio dell'anno 330. Costantino la ribattezzò Nova Roma, ma questa denominazione non entrò mai nell'uso comune, sebbene ancora oggi la denominazione ufficiale secondo la Chiesa ortodossa e il Patriarcato Ecumenico sia "Costantinopoli Nuova Roma". Costantinopoli divenne successivamente la capitale dell'Impero Bizantino fino a quando, nel 1453, venne espugnata dai Turchi Ottomani.
    Il nome "Istanbul" potrebbe derivare dalla frase greca medievale "εἰς τὴν Πόλιν" (da leggersi con la pronuncia "istimˈbolin"), oppure da quella in dialetto ionico "εἰς τὰν Πόλιν" (pron. "istamˈbolin"), che significa "alla Città" o "nella Città". In questo modo i Greci si riferivano alla Città delle Città, come Costantinopoli era conosciuta durante l'era bizantina e successivamente. Più probabilmente è una semplice corruzione del greco [Kon]stan[inou]pol, con il prefisso "I-", come accadde per le città di Smirne e di Nicea, diventate Izmir ed Iznik. Il nome Stambul era di uso corrente nell'Ottocento.
    La città fu chiamata, nel corso dei secoli, con svariati altri nomi: Neà Romè o "Nuova Roma" come si è detto, Polis o "La Città" (per eccellenza, come già Roma), Rūmiyya al-Kubrā ("la Maggior Roma" in arabo), Qostantiniyye (Costantinopoli in arabo), e in turco İslambol ("Centro dell'Islam"), perché sede de facto del Califfato), Pây-i taht ("Il piede del trono" in persiano), Mikligardur ("Città grande" dei mercenari Vareghi (o Variaghi), cioè Vichinghi, che parlavano l'antico germanico norreno), Car(i)grad (cioè "Città degli Imperatori", in generale nelle lingue slave), Gostandnubolis (il suo nome in armeno).

    Storia

    La Bisanzio greco-romana


    La fondazione di Bisanzio, da parte dei coloni greci di Megara, risale al 667 a.C.. Grazie alla posizione di controllo sul Bosforo, la città si sviluppò in breve tempo tanto da diventare oggetto di contesa durante le guerre del Peloponneso.
    Dopo essersi schierata con Pescennio Nigro contro il vittorioso Settimio Severo, la città fu assediata e largamente distrutta fra il 193 e il 195. Nel 196 Bisanzio entrò a far parte dell'impero romano e fu ricostruita dallo stesso Settimio Severo, divenuto Imperatore, riottenendo rapidamente la sua precedente prosperità.

    La Costantinopoli romano-bizantina

    La posizione strategica di Bisanzio attrasse anche l'imperatore Costantino I che, l'11 maggio 330, la rifondò come "Nova Roma" (ma presto prese invece il nome di Costantinopoli), secondo la leggenda dopo un sogno profetico nel quale gli veniva indicato il posto dove stabilire la città. Costantino costruì un numero impressionante di palazzi, chiese, luoghi di divertimento, tra cui il famoso circo dove si svolgevano anche cerimonie e che vedrà sommosse e assemblee popolari. La città continuò a crescere anche dopo Costantino, nell'arco di un secolo furono costruite nuove mura che quasi raddoppiarono la superficie della città.
    Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, la posizione strategica di Costantinopoli avrebbe continuato a giocare un ruolo importante come punto di passaggio fra due continenti (Europa e Asia), e successivamente un polo d'attrazione per l'Africa ed altri paesi dal punto di vista commerciale, culturale e diplomatico. Costantinopoli controllò per lungo tempo le rotte fra Asia ed Europa, così come il passaggio dal Mar Mediterraneo al Mar Nero.
    A Costantinopoli nasce ciò che è considerato il fondamento del diritto romano, il Corpus Iuris Civilis, voluto da Giustiniano tra il 528 e il 565.
    Durante il medioevo, Costantinopoli fu la più grande e ricca città d'Europa: si pensa che nel X secolo potesse avere fino a un milione di abitanti. La maggior basilica costantiniana,Hagia Sophia (Divina Sapienza), monumento di estrema rilevanza architettonica dedicato alla Divina Sapienza, da sempre centro religioso della città, diventa il centro della cristianità greco-ortodossa. Nonostante le aspre lotte interne per il potere e la scarsa autorità individuale dell'imperatore, l'oligarchia bizantina mantenne una stabile struttura politica durante i quasi mille anni dell'impero.
    Dotata di un notevole impianto di fortificazioni, la città rimase per secoli inespugnata, fino al 1204, quando venne saccheggiata dagli eserciti della quarta crociata che instaurò per circa un secolo "L' impero latino". Per Costantinopoli era iniziato il suo declino. Il 29 maggio 1453, la città cadde in mano ai Turchi ottomani guidati da Maometto II il Conquistatore ( Fatih ), che ne fece la capitale dell'Impero Ottomano. La caduta di Costantinopoli, e quindi la fine dell'Impero Romano d'Oriente, è indicata talvolta come l'evento che convenzionalmente chiude il medioevo e inizia l'evo moderno.

    L'Istanbul ottomana e turca


    Sotto i sultani ottomani, Costantinopoli ritrovò un nuovo periodo di splendore, diventando sede de facto del califfato nel 1517, ma mantenendo la sede del Patriarcato Greco-Ortodosso (nonostante la forzata conversione della Basilica di Santa Sofia in moschea) e in generale il carattere cosmopolita che la caratterizzò nei secoli precedenti. Il XVI secolo segnò l'apice del potere ottomano. A questo secolo risale la costruzione delle più importanti moschee della città: Beyazit, Suleymaniye (la più grande moschea di Istanbul), Sultan Ahmet e Fatih.
    L'impero ottomano, sconfitto durante la prima guerra mondiale, finì ufficialmente il 1° novembre 1922. Quando nel 1923 fu fondata la Repubblica di Turchia, la capitale venne spostata da Istanbul ad Ankara. In un primo tempo trascurata in favore della nuova capitale, Istanbul passò attraverso un periodo di grande trasformazione negli anni '50 e '60. Prima degli anni '60, in particolare, il governo di Adnan Menderes perseguì lo sviluppo economico del paese attraverso la costruzione di nuove strade e industrie. Anche nel centro storico, moderne pavimentazioni stradali rimpiazzarono l'acciottolato e una larga parte dei quartieri vecchi venne demolita.
    Durante gli anni '70, la popolazione di Istanbul subì una rapida crescita in seguito alla forte immigrazione dall'Anatolia. Nuovi quartieri e zone industriali sorsero alla periferia della città e molti dei villaggi limitrofi vennero incorporati alla grande area metropolitana.
    Istanbul è tuttora sede del Patriarcato di Costantinopoli, una delle antiche sedi apostoliche.


    Turismo


    Monumenti

    Chiese ed ex chiese


    * Hagia Sophia o Basilica di Santa Sofia. Inaugurata nel 537, è il principale monumento di Istanbul.
    * Basilica di San Polieucto.
    * Chiesa di Theotokos Pammacaristos, oggi "Fetiye camii" (da leggere giamii, oggi parzialmente museo)
    * Chiesa dei Santi Sergio e Bacco (oggi "Kucuk Aya Sofia Camii", "Moschea della piccola Santa Sofia").
    * Chiesa di San Salvatore in Chora, poi "Kahriye camii" (oggi museo).
    * Hagia Eirene (sant'Irene).
    * Chiesa di Sant'Antonio da Padova a Beyoglu.

    Moschee

    * Sultanahmet camii o "Moschea Blu".
    * Laleli camii o "Moschea dei tulipani".
    * Ortaköy camii.
    * Rüstem Pasha camii
    * Sehzade camii.
    * Süleymaniye camii o Moschea di Solimano.
    * Yeni camii o "Moschea nuova".

    Palazzi



    * Palazzo del Topkapı. L'antica sede dei sultani ottomani è ora adibita a museo. Al suo interno merita menzione a sé L'Harem.
    * Palazzo Beylerbeyi.
    * Palazzo Estivo Aynalıkavak.
    * Palazzo Dolmabahçe.
    * Padiglione Ihlamur.
    * Palazzo Estivo Maslak.
    * Palazzo Estivo Küçüksu.

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    Edited by Shagrath82 - 17/2/2011, 18:06
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    Parco nazionale di Göreme e siti rupestri della Cappadocia



    Göreme ((GRC): Κόραμα (Korama)), posizionata tra le formazioni di roccia denonimate Fairy chimney, ed è una città della Cappadocia, regione storica della Turchia. Si trova nella provincia di Nevşehir nell'Anatolia centrale, 12 chilometri ad est dell'omonima capitale. Il Parco Nazionale di Göreme (Göreme Milli Parklar in Turco) venne aggiunto ai patrimoni dell'umanità dell'UNESCO nel 1985.
    I primi insediamenti nella regione risalgono all'era della cristianità del periodo romano. Tra i siti archeologici si possono ricordare le chiese di Ortahane, Durmus Kadir, Yusuf Koc e Bezirhane, inclusa Tokali Kilise, una chiesa scavata nella roccia.

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    Edited by Shagrath82 - 17/2/2011, 18:07
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    Hierapolis



    Hierapolis, Ierapoli o Gerapoli città ellenistico-romana della Frigia. Dominava la valle del fiume Lykos sulla strada che collegava l'Anatolia al Mar Mediterraneo. Le rovine si trovano nella odierna località di Pamukkale (castello di cotone), famosa per le sue sorgenti calde che formano straordinarie concrezioni calcaree, situata nella provincia turca di Denizli. Da non confondersi con Hierapolis in Siria.
    Nel sito archeologico opera dal 1957 la missione archeologica italiana di Hierapolis di Frigia, fondata dal professor Paolo Verzone del Politecnico di Torino. Attualmente il direttore della missione è il professor Francesco D'Andria dell'Università di Lecce. Hierapolis di Frigia è attualmente uno dei siti archeologici e naturalistici più frequentati del Mediterraneo. I visitatori e gli studiosi (circa 1,5 milioni all'anno) vengono attirati da tutte le parti del mondo in particolare dallo spettacolo delle concrezioni calcaree, dalle calde acque termali che sgorgano in mezzo alle rovine, e dal patrimonio architettonico della città antica: essa vanta, infatti, uno dei meglio conservati teatri antichi del mondo, la più estesa e scenografica necropoli dell'Asia Minore, e lo straordinario Martyrion dell'apostolo Filippo, il cui complesso occupa per intero la collina che sovrasta la città.

    Storia


    Importante città ellenistico-romana della Frigia, Hierapolis dominava la valle del fiume Lykos, lungo un percorso che univa l´Anatolia interna al Mediterraneo. Le rovine dell´antica città si trovano nella provincia di Denizli, in una località denominata in turco Pamukkale "castello di cotone" per le bianche formazioni calcaree create dal fluire dell´acqua che sgorga dalle sorgenti calde. Le recenti attività di scavo hanno permesso di riconoscere l´impianto urbano di Hierapolis, riferibile probabilmente ad età ellenistica, con un asse principale nord-sud, la grande plateia, lungo la quale si sviluppa un reticolo stradale ortogonale che divide la città in isolati regolari, piuttosto allungati. All´interno di questo impianto si disponevano gli edifici pubblici e le case. Nella parte nord della città, lungo la strada che portava verso Tripolis, cominciarono a formarsi, tra il II e il I secolo a.C., i primi nuclei della necropoli, che si svilupperà in età imperiale, con tombe a fossa ed edifici funerari.
    L'assetto monumentale della città meglio riconoscibile è quello che si creò dopo il rovinoso terremoto del 60, tra la fine del I ed il III secolo. È a questo periodo, infatti, che si può far risalire la costruzione o la trasformazione di molti monumenti quali l'agora commerciale, la Porta di Frontino, due grandi ninfei pubblici, e il grandioso teatro. La crescita della città subì un brusco arresto nel corso del IV secolo a causa di un violento terremoto che distrusse estese aree come quella dell'agorà commerciale.
    Con la costruzione delle mura di fortificazione bizantine, alla fine del IV secolo, la parte nord della città, compresa l'agorà commerciale, fu esclusa dal perimetro urbano ed utilizzata come cava per recuperare il materiale da costruzione. Hierapolis diviene in questa fase un importante centro della cristianità e lungo l´asse viario principale furono costruite la chiesa extraurbana (Terme-chiesa), la cattedrale con il battistero, la basilica a pilastri e, sulla collina orientale, il Martyrion di san Filippo. Alla fine del VI secolo, un altro terremoto provocò il crollo della maggior parte degli edifici ierapolitani, comprese le mura bizantine.

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    Edited by Shagrath82 - 17/2/2011, 18:07
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    Pamukkale



    Pamukkale, che in turco significa "castello di cotone", è un sito naturale della Turchia sud-occidentale, all'interno della provincia di Denizli. L'antica città di Hierapolis venne costruita sulla sommità del bianco castello che copre un'area di 2700 metri di lunghezza e 160 d'altezza. Può essere visto da grande distanza, perfino quando ci si trova sul lato opposto della vallata, a circa 20 Km dalla città di Denizli, a circa 20 Km. Pamukkale si trova nella regione interna Egea, nella valle del fiume Menderes, che crea un clima temperato per buona parte dell'anno.

    I movimenti tettonici non solo hanno causato frequenti terremoti, ma hanno anche permesso la nascita di numerose fonti termali, ed è proprio l'acqua che sgorgata da queste fonti con il suo contenuto minerale, in particolare di gesso, che creò Pamukkale. A parte una piccola quantità di materiale radioattivo, l'acqua contiene grandi quantità di carbonato di idrogeno e calcio, che rende le piogge ricche di bicarbonato di calcio. Questi fenomeni atmosferici lasciano spessi strati bianchi di calcare e travertino lungo il pendio della montagna, rendendo l'area simile ad una fortezza di cotone o di cascate di ghiaccio.
    Pamukkale è un importante centro turco per i turisti che viaggiano dalle coste dell'Adalia e del Mar Egeo per vedere questo luogo che, in coppia con Hierapolis, è uno dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. Esistono pochi luoghi al mondo simili a questo, ad esempio le Mammoth Hot Springs negli USA, e Huanglong nella provincia cinese di Sichuan (altro sito dell'UNESCO).
    Sfortunatamente Pamukkale venne abusata nel tardo ventesimo secolo, alcuni hotel sono stati costruiti sopra al sito, distruggendo parte delle rovine di Hierapolis. L'acqua calda è stata incanalata per riempire le piscine degli alberghi, e quella mancante rubata ai monumenti che in questo modo hanno preso il tipico colore bruno. Inoltre è stata costruita una strada asfaltata in mezzo al sito. Le persone ci camminano sopra con le scarpe, lavandosi con sapone e shampoo nelle piscine, ed anche guidando bici e moto lungo la discesa.
    Dopo che l'UNESCO ha messo gli occhi su Pamukkale, e dato che il sito stava perdendo attrattiva, venne attualizzato un piano di recupero. Gli hotel furono demoliti, e la strada coperta da piscine artificiali che sono tuttora accessibili, a differenza del resto, dai turisti scalzi. Vi si possono trovare anche dei girini. Una piccola trincea è stata scavata lungo il bordo, al fine di recuperare l'acqua ed evitarne la dispersione. Le parti brune vengono lasciate al sole, senza essere coperte dall'acqua, sbiancandole e peggiorando quindi il problema. Molte piscine sono vuote. Alcune aree sono coperte d'acqua per un paio di ore al giorno, secondo la programmazione mostrata in cima alla collina.
    L'attività vulcanica sotterranea che ha generato le fonti termali, permette anche all'anidride carbonica di fuoriuscire generando quella che viene chiamata "Plutonium", formata interamente da plutone, e che significa "luogo del dio della morte".

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    Edited by Shagrath82 - 17/2/2011, 18:08
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    Grande Moschea ed Ospedale di Divriği



    La Grande Moschea di Divriği, venne costruita nel 1299 nella provincia turca di Sivas (provincia). L'architetto fu Hürremşah di Ahlat e la moschea venne eretta su ordine del sultano Mengüçoğlu Ahmet Şah. Le iscrizioni contengono lodi al sultano seljuke Alaaddin Keykubat I. La moschea, insieme al darüşşifa (ospedale), è stata inclusa dall'UNESCO tra i Patrimoni dell'umanità a causa degli incredibili intarsi e dell'architettura. Viene considerato uno dei più importanti lavori trovati in Anatolia; le opere in rilievo con ornamenti floreali e geometrici, in particolare, attraggono turisti.

    L'Ospedale di Divrigi è un patrimonio dell'umanità dell'UNESCO situato nella città turca di Divriği. Compone il patrimonio insieme alla moschea cittadina fin dal 1985.


    Storia


    La città anatolica Divriği passò sotto il controllo turco nel 1071. Nel 1228–29 l'emiro Ahmet Shah vi costruì una moschea con annesso ospedale. Dal 1118 al 1277 (anno dell'occupazione mongola) la città venne governata da Mengücek e dai suoi discendenti. L'ospedale venne costruito nel 1228-29 per scelta di Malikaturan Malik, moglie di Ahmet Shah. L'ospedale doveva ospitare dei malati mentali, peer cui sarebbe più corretto definirlo una specie di antico manicomio. L'architetto che curò la costruzione del complesso (moschea ed ospedale) fu Khurramshad of Ahlat. a Divriği verso la fine del XII secolo per decisione del sultano Turan Melek, figlio del re Mengücek di Erzincan, Fahreddin Behram Chah.

    Pericoli della struttura

    Al momento dell'inserimento tra i patrimoni dell'umanità l'ICOMOS pose l'attenzione sul fatto che l'acqua filtrava dal soffitto dell'edificio. Contemporaneamente è stato sottolineato il fatto che i recenti lavori di ristrutturazione del tetto hanno conservato l'aspetto originale

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    Edited by Shagrath82 - 17/2/2011, 18:08
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    Hattusha: capitale ittita



    Hattusa (URUḪa-at-tu-ša; Ḫattuša) fu la capitale dell'Impero Ittita. È situata nei pressi dell'attuale villaggio noto un tempo come Boğazköy, ed ora chiamato Bogazköi, un capoluogo di distretto della provincia turca di Çorum, e si trova all'interno di un'ansa del fiume Kızılırmak (Marashantiya nelle fonti ittite e Halys nell'antichità) nell'Anatolia centrale, a circa 145 km a nord-est di Ankara, ad una quota media di 1100 metri sul livello del mare.
    Hattusa venne aggiunta ai patrimoni dell'umanità dell'UNESCO nel 1986.

    I dintorni


    Il territorio che circonda la città includeva ricchi campi agricoli, colline per la pastorizia e boschi. Si possono ancora osservare piccoli boschi all'esterno della città, misero ricordo della loro grandiosità del tempo. Questo significa che gli abitanti avevano a disposizione molto legname per la costruzione degli edifici. I campi fornivano frumento, orzo e lenticchie. Si coltivava anche il lino, ma la fonte primaria per l'abbigliamento erano le pecore. I boschi permettevano la caccia a vari tipi di cervi, ma probabilmente si trattava solo di un hobby per la nobiltà dell'epoca. La carne veniva presa dagli animali domestici. C'erano molti altri insediamenti nelle vicinanze, come ad esempio il santuario di roccia di Yazılıkaya e la città di Alaca Höyük. Dal momento che i fiumi erano troppo piccoli per permetterne la navigazione alle navi principali, tutti i trasporti da e verso Hattusa erano effettuati via terra.

    Storia antica della città


    Prima del ventesimo secolo a.C. un insediamento probabilmente di indigeni Hatti si stabilì in quei luoghi che erano stati abitati anche in passato. Le prime tracce risalgono al sesto millennio a.C, all'inizio del calcolitico. Nel diciannovesimo e diciottesimo secolo a.C., mercanti provenienti da Assur, capitale assira, stabilirono in città una stazione di posta, creando un nuovo quartiere. Il centro della loro rete commerciale venne stabilito a Kanesh (Nesha), il sito archeologico noto come Kültepe nei pressi di Cesarea in Cappadocia. Gli affari richiedevano la memorizzazione di dati: il commercio da Assur importò quindi la scrittura ad Hattusa, sottoforma di caratteri cuneiformi.
    Uno strato carbonizzato rinvenuto durante gli scavi riporta alla luce un incendio che devastò la città intorno al 1700 a.C.. Il responsabile sembrerebbe essere re Anitta di Kushar (città probabilmente identificabile con Alişar), che se ne assunse la responsabilità erigendo un'iscrizione:

    « Di notte presi la città con la forza; ho sradicato l'erbaccia nel palazzo. Se un re dopo di me tentasse di ricolonizzare Hattush, possa il dio del tempo fulminarlo. »


    La città dell'Impero Ittita

    Solo una generazione dopo, un re di lingua nashili scelse la città come propria residenza e capitale del suo impero. Nesian, di lingua indoeuropea, iniziò ad usare la lingua hattili. La Hattush hattiana divenne la Hattusa nesiana, ed il re prese il nome di Hattusili I. Gli hattusili segnarono la nascita di uno stato ittita che non parlasse l'hattiano, e di una discendenza reale grandi re ittiti, 27 dei quali sono ora conosciuti per nome.
    Dopo che i Kaskas arrivarono nel nord dell'impero, tentarono di assaltare la città per due volte, costringendo i re a spostarsi in un'altra città. Sotto il regno di Tudhaliya I, gli ittiti si spostarono a nord verso Sapinuwa, tornando solo in seguito. Sotto Muwatalli si mossero a sud, fino a Tarhuntassa ma lasciando Hattusili III a governare su Hattusa. Mursili III riportò il trono ad Hattusa, dove i re restarono fino al termine dell'Impero Ittita.
    Al suo culmine la città copriva un'area di 1.8 km² e comprendeva una porzione interna ed una esterna, entrambe circondate da un'imponente ed ancora ammirabile cerchia di mura erette durante il regno di Suppiluliuma I (circa 1375 a.C.-1335 a.C.). La città interna occupava circa 0.8 km² e comprendeva una cittadella con grandi edifici amministrativi e templi.
    A sud si trovava una città esterna di circa 1 km², con porte decorate con rilievi raffiguranti guerrieri, leoni e sfingi. Esistevano quattro templi, ognuno con annessa una corte con portico, e numerosi edifici secolari e strutture residenziali. All'esterno delle mura si trovavano i cimiteri, molti dei quali contenenti sepolcri crematori. I conteggi attuali stimano la popolazione tra i 40.000 ed i 50.000 abitanti nel periodo d'oro. Durante i primi tempi la città interna ospitava un terzo di quegli abitanti. Le case erano costruite in legno e mattoni di fango, e per questo motivo non ci restano testimonianze se non delle mura in pietra dei templi e dei palazzi.
    La città venne distrutta intorno al 1200 a.C., portando al collasso dell'impero ittita. La città venne abbandonata fino alla metà del primo millennio a.C.. Sono stati ritrovati numerosi insediamenti frigi.

    La scoperta della città

    A partire dal 1906, il Deutsche Orientgesellschaft (istituto tedesco di archeologia) iniziò gli scavi ad Hattusa, scavi interrotti durante la seconda guerra mondiale e la grande depressione). I lavori vengono tuttora svolti dall'Istituto Tedesco di Archeologia (Deutsche Archäologische Institut). Hugo Winckler e Theodor Makridi Bey fecero i primi scavi nel 1906, 1907 e 1911-13. Una delle scoperte più importanti è rappresentata dagli archivi reali di tavolette d'argilla scritti in caratteri cuneiformi, che contengono la corrispondenza ufficiale, i contratti, i codici di leggi, procedure e riti religiosi, profezie degli oracoli e letteratura del Vicino Oriente. In particolare, una tavola riporta i dettagli di un insediamento pacifico in cui convivevano ittiti ed egiziani, governati da Ramesse II, attorno al 1283 a.C.. Una copia è esposta presso le Nazioni Unite di New York quale esempio di una dei primi trattati di pace internazionali.
    Nonostante le circa 30.000 tavolette recuperate da Hattusa formino il nucleo della letteratura ittita, altri archivi sono stati scoperti in seguito in altri centri dell'Anatolia, come Tabigga/Maşat Höyük (nella provincia di Tokat (provincia)) e a Sapinuwa/Ortaköy. Questi tesori sono attualmente divisi tra i musei archeologici di Ankara e Istanbul.

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    Edited by Shagrath82 - 17/2/2011, 18:09
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    Nemrut Dağı



    Il Nemrut Dağı è un rilievo della Turchia, appartenente al gruppo del Tauro Orientale è, con i suoi 2150m, il più alto della Mesopotamia settentrionale.
    Sulla sua sommità si erge la tomba santuario del re Antioco I di Commagene, riportata alla luce nel corso di scavi effettuati dalla American School of Oriental Researches diretti da Theresa Goell nel 1953. Si compone di un tumulo di pietra frantumata, di 150 m di diametro per un'atezza di 50 m. Alla base tre terrazze: terrazza nord, terrazza ovest e terrazza est, formano il santuario; altari e statue gigantesche a creare uno scenario toccante che coglie il suo apice alla luce dell'alba e al tramonto del sole. Data la sua ardua collocazione, la natura ha prevalso sull'uomo e con fulmini, terremoti e lo stesso trascorrere del tempo, le statue sono state decapitate e le teste sistemate intorno all'incredibile tumulo. Il luogo della sepoltura, nonostante diversi tentativi, è ancora da scoprire.

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    Edited by Shagrath82 - 17/2/2011, 18:09
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    Xanthos



    Xanthos fu una città dell'antica Licia, luogo dell'attuale Kınık, nella provincia turca di Antalya, e del fiume sul quale la città è stata costruita. Nelle antiche fonti il termine "Xanthos" viene usato come sinonimo di "Licia".
    Il sito è iscritto tra i Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO dal 1988.

    La città

    Xanthos fu il nome greco della città di Arñna, di origine Licia. Il nome che gli ittiti ed i luviani diedero alla cittadina fu Arinna. Secondo i romani, invece, era Xanthus, dal momento che il suffisso greco -os veniva tradotto in -us dai latini. Xanthos fu il centro della cultura e del commercio per i liciani, ed in seguito per i persiani, i macedoni, i greci ed i romani che a turno conquistarono la città occupandone i territori adiacenti.
    Xanthos viene citata da numerosi scrittori greci e romani. Strabone afferma che sia la più grande città Licia. Sia Erodoto che Appiano ne descrivono la conquista fatta da Harpagus per conto dei persiani approssimativamente nel 540 a.C. Secondo gli scritti di Erodoto, i persiani sconfissero un esiguo esercito licio nelle pianure a nord della città. Dopo lo scontro, i liciani si ritirarono all'interno della città che venne assediata. I liciani distrussero la propria acropoli, uccisero le proprie mogli, i figli, e gli schiavi, dopodiché iniziarono un attacco suicida contro le truppe persiane. Morì l'intera popolazione ad eccezione di 80 famiglie che non si trovavano in città durante la battaglia.
    Durante l'occupazione persiana, venne insediato un capo locale a Xanthos, e nel 520 a.C. era già in uso il conio delle monete. Dopo il 516 a.C. Xanthos venne inclusa tra i primi nomos nella lista tributaria di Dario I di Persia. Le fortune di Xanthos furono legate a quelle della Licia, anche quando questa cambiò alleanza durante la guerra greco-persiana. Gli scavi archeologici ne dimostrano la distruzione attorno al 475 a.C.-470 a.C., o per mano dell'ateniese Cimone o dei persiani, questo punto è ancora dibattuto. Dal momento che non esistono racconti della sua distruzione, né negli scritti greci né in quelli persiani, alcune correnti di pensiero ne legano la fine a cause naturali o accidentali.
    Nella seconda metà del quinto secolo a.C., Xanthos conquistò la vicina Telmessos incorporandola nella Licia.
    I resoconti sulla resa della città ad Alessandro Magno sono discordi: quelli di Arriano parlando di una cosa pacifica, ma subito dopo accenna ad un saccheggio. Dopo la morte di Alessandro la città passò sotto il controllo degli eredi; Diodoro Siculo ne narra la cattura da parte di Tolomeo I di Antigone. Appiano, Cassio Dione e Plutarco dicono che venne distrutta durante le guerre civili romane attorno al 42 a.C., da Bruto, ma Appiano parla anche di una ricostruzione effettuata da Marco Antonio. I resti di un anfiteatro romano sono ancora visibili. I racconti di Marino dicono che Xanthos ospitava anche una scuola di grammatica.
    Gli scavi archeologici hanno permesso di recuperare molti testi in lingua licia ed in greco, compresi numerosi testi bilingue utili per la decifrazione del liciano.

    Il fiume Xanthos

    Strabone usa il termine Sibros o Sirbis per riferirsi al fiume Xanthos. Durante l'invasione persiana il fiume si chiamava Sirbe, che significa "giallo" come la parola greca "xanthos". Il fiume aveva un colore giallastro a causa del terreno a base alluvionale della vallata.
    Una leggenda greca narra che il fiume venne creato dagli spasimi del parto di Latona il cui tempio, a Letoon, si trova sulla riva occidentale del fiume, pochi chilometri a sud di Xanthos. Letoon venne scavata nel ventesimo secolo e portò alla luce vari testi lici, greci ed aramaici. Un testo trilingue (licio-greco-aramaico), noto come trilingue di Letoon, contiene un riferimento a re Artaserse. Anche Letoon, come Xanthos, è stata inserita tra i Patrimoni dell'umanità.

    La Xanthos dell'Iliade

    Xanthos è il nome dato al fiume God (conosciuto come Scamandro o Skamandros ai mortali) che tentò di affogare Achille nel libro XXI dell'Iliade.
    Nell'Iliade Xanthos è anche il nome di uno dei cavalli semidei di Achille che, rimproverato per la morte di Patroclo, ricordò ad Achille la sua morte predestinata.

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    Letoon



    Il santuario di Latona (in greco Leto), chiamato Letoon, a volte latinizzato in Letoum, si trova presso Xanthos, e fu uno dei principali centri religiosi della Licia, regione dell'Anatolia. Il sito si trova tra le città di Kaş e Fethiye nella provincia turca di Antalya, affacciato sul fiume Xanthos e circa quattro chilometri a sud dell'omonima città.
    Il sito non fu mai completamente abitato, ma restò prevalentemente un centro religioso, ed ha permesso agli archeologi di ritrovare materiale risalente al sesto secolo a.C., prima dell'egemonia culturale greca che iniziò all'inizio del quarto secolo. All'inizio il sito fu probabilmente consacrato al culto di una divinità materna che in Licia veniva chiamata Eni Mahanahi, e che fu soppiantata da Latona e dai suoi figli gemelli.
    Nella mitologia greca si accenna anche ad un precedente culto di Apollo nella valle dello Xanthus, voce non supportata da fonti storiche o archeologiche. La cosa sarebbe implicita in due miti, ognuno dei due connesso al nome "Lydus". Il primo ha nasce tra i telchini di Rodi e colonizza la regione al tempo dell'inondazione di Deucalione; l'altro "Lycus" è il fratello di Egeo e proviene da Atene, un profeta che introdusse il culto del Liciano Apollo, il che lo rese un colonizzatore ateniese.
    La fondazione del tempio ellenistico dedicato a Latona, ed ai suoi figli Artemide ed Apollo, è stato scavato sotto la direzione di H. Metzger a partire dal 1962. Gli archeologi hanno scavato buona parte delle rovine; le scoperte comprendono il trilingue di Letoon, iscrizione in greco, in licio ed in aramaico, che fornì un ottimo aiuto per la decifrazione del licio; è tuttora conservato al Fethiye Museum.
    Il sito restò attivo durante il periodo romano. Il sito venne cristianizzato dalla costruzione di una chiesa, per la cui erezione vennero riutilizzati i mattoni del vecchio santuario, che in seguito venne abbandonata nel settimo secolo.

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    Edited by Shagrath82 - 17/2/2011, 18:10
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    Città di Safranbolu



    Safranbolu è la città che rappresenta l'omonimo distretto della provincia turca di Karabük, nella regione del Mar Nero. Si trova circa a duecento chilometri a nord di Ankara e undici a sud del Mar Nero o, più precisamente, nove chilometri a nord di Karabük.

    Storia

    La Città vecchia comprende ancora molti vecchi edifici, con 1008 artefatti registrati. Ci sono un museo privato, venticinque moschee, cinque tombe, otto fontane storiche, cinque bagni turchi, tre caravanserragli, un orologio della torre, una meridiana e centinaia di case e magioni. Esistono anche colline con vecchi insediamenti, tombe di roccia e ponti storici. La Città Vecchia si trova sul fondo di un burrone, in un'area secca ed all'ombra delle montagne circostanti. La Città Nuova, al contrario, è situata su un pianoro due chilometri ad ovest della Città vecchia.
    Il nome della città deriva dallo zafferano, ed è dovuto al fatto che Safranbolu fu un centro importante per la coltivazione ed il commercio dello zafferano.
    Safranbolu venne aggiunto nel 1994 alla lista dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO a causa della perfetta conservazione di case e architetture dell'Impero Ottomano.

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    Sito archeologico di Troia



    Troia (in greco Τροία o Ίλιον e in latino Trōia o Īlium) è un'antica città dell'Asia Minore all'entrata dell'Ellesponto, in Turchia. Fu teatro della guerra di Troia narrata nell'Iliade, che ne descrive l'assedio e la distruzione.
    La città venne riscoperta nel 1872 da Heinrich Schliemann.
    Il sito archeologico di Troia è stato proclamato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO nel 1998.

    Nome

    L'originario nome ittita di Troia era Taruisa/*Tarhuisa, derivato da quello di Taru/Tarhui/Tarhunt, il Dio della Tempesta protettore della città. Il "Dio della Tempesta" è menzionato fra le tre divinità protettrici della città nell'atto di vassallaggio col quale Alaksandu, re di Wilusa (Ilio-Troia), nel 1280 a.C. chiede di rientrare nella protezione dell'imperatore ittita Muwatalli II. La predilezione per Troia del Dio della Tempesta si ritrova anche in Omero.

    Mito

    Secondo il mito, la città fu fondata dai discendenti di Dardano, figlio di Zeus, che secondo la tradizione greca, proveniva dall'isola di Samotracia, mentre nell' Eneide di Virgilio viene ritenuto originario della città etrusca di Corythus (Tarquinia).
    Durante il regno di Laomedonte, la città fu munita di mura da Poseidone ed Apollo.

    Assedio e distruzione

    Sotto il regno di Priamo la città fu assediata dalla spedizione achea, al comando di Agamennone, che voleva vendicare il rapimento di Elena da parte di Paride. Dopo dieci anni di assedio, la città cadde grazie allo stratagemma del cavallo ligneo ideato da Ulisse.

    Archeologia


    Nel 1871 Heinrich Schliemann (1822-1890), seguendo le indicazioni e le descrizioni dei testi omerici, organizzò una spedizione archeologica in Anatolia, sulla sponda asiatica dello Stretto dei Dardanelli. I suoi scavi si concentrarono sulla collina di Hissarlik, dove era avvenuto un precedente scavo archeologico effettuato dalla scuola francese guidata da Calvert, poi interrotta per mancanza di fondi. Qui si trovò di fronte a più strati che corrispondevano a differenti periodi della storia di Troia. Arrivato al secondo strato (a partire dal basso) riportò alla luce un immenso tesoro e pensò di aver scoperto il leggendario tesoro di Priamo narrato nell'Iliade. I suoi ritrovamenti, però, risalivano ad un periodo precedente a quello della Troia omerica, collocata intorno al XIII secolo a.c. In realtà la città narrata nei poemi omerici, si scoprì in seguito, era collocata al sesto strato.
    Le successive campagne di scavo furono condotte da Wilhelm Dörpfeld (1893-1894) e Carl Blegen (1932-1938).
    Le ricerche condotte portarono alla scoperta di nove livelli sovrapposti, con varie suddivisioni, datati con l'ausilio dell'analisi degli oggetti rinvenuti e l'esame delle tecniche costruttive utilizzate e dei quali è stato possibile delineare le piante delle ricostruzioni.

    * Troia I (3000 - 2600 a.C.): villaggio neolitico, con ritrovamenti di utensili in pietra e di abitazioni dalla struttura elementare;
    * Troia II (2600- 2250 a.C.): piccola città con mura caratterizzate da porte enormi, presenza del megaron (palazzo reale) e case in mattoni crudi che recano segni di distruzione da incendio, che Schliemann suppose potessero riferirsi ai resti della reggia di Priamo rasa al suolo dagli Achei;
    * Troia III - IV - V (2000 - 1800 a.C.): tre villaggi distrutti ognuno dopo poco tempo dalla fondazione;
    * Troia VI (1800 - 1300 a.C.): grande città a pianta ellittica disposta su terrazze ascendenti, fortificata da alte e spesse mura, costituite da enormi blocchi di pietra squadrati e levigati, con torri e porte. La distruzione della città dovrebbe essere avvenuta intorno alla metà del XIII secolo a.C. forse a causa di un terremoto.
    * Troia VIIa (1300 - 1170 a.C. ): la città precedente fu immediatamente ricostruita, ma ebbe vita breve. I segni di distruzione da incendio hanno indotto Blegen ad identificare questo strato come quello corrispondente alla Troia omerica;
    * Troia VIIb1 - VIIb2 - VIIb3 (XII - XI secolo a.C. fino a circa 950 a.C.);
    * Troia VIII (VIII secolo a.C.): colonia greca priva di fortificazioni;
    * Troia IX (dall'età romana al IV secolo): costruzioni romane edificate sulla sommità spianata della collina e rifacimento.
    L'insediamento decadde con la caduta dell'Impero Romano d'Occidente.

    Datazione "letteraria" della guerra di Troia

    Fonti letterarie greche parlano di una distruzione di Troia ad opera greca da collocarsi piuttosto nella fine del XII secolo a.C.
    Tucidide parla di Agamennone e della guerra di Troia nel Il libro delle "Storie" (par.9), ma la datazione è ricavabile piuttosto dal passo del libro V legato al cosiddetto "discorso dei Meli". Nel dialogo con gli Ateniesi, i Meli sottolineano di essere di tradizione dorica e di essere stati colonizzati dagli Spartani da 700 anni. Siccome l'avvenimento è del 416 a.C. e passano 80 anni tra la guerra di Troia e la colonizzazione dorica ("ritorno degli Eraclidi"), la data attribuita da Tucidide alla caduta di Troia è il 1196 a.C. (416+700+80), cioè il XII secolo a.C..
    Erodoto ricostruisce una datazione più antica, ma attraverso una ricerca meno storiografica: nel II libro delle "Storie" (lògos egizio, cap.145) egli sostiene di essere nato 400 anni dopo Omero ed Esiodo. La distruzione di Troia è così spostata più indietro: 1350-1250 a.C.
    Eratostene di Cirene è autore della datazione che, dal III secolo a.C., riscuote maggiore successo. Non essendoci giunte opere complete di questo autore, la sua datazione viene riportata da Dionisio di Alicarnasso nelle "Antichità romane", in un passato collegato all'arrivo di Enea in Italia e alla fondazione di Lavinio. Dionisio riporta la data esatta, in termini antichi, della caduta di Troia, che corrisponderebbe all'11 giugno 1184-1182 a.C., ancora XII secolo a.C..
    Ultima conferma sembra venire dalla Piccola Cosmologia di Democrito di Abdera, filosofo del V secolo a.C. e contemporaneo di Erodoto. Egli dice di aver composto quest'opera 730 anni dopo la distruzione di Troia; essendo vissuto intorno al 450 a.C., la data in questione risulta essere il 1180 a.C.
    Popoli, nazioni, genti e famiglie che pretendevano e pretendono di derivare da Troia [modifica]
    In passato non era raro che genti, popoli, nazioni, famiglie e uomini importanti, per nobilitarsi, cercassero di darsi un origine nobile. Normalmente era la letteratura antica che forniva gli "agganci" giusti. I letterati, gli scrittori, i poeti - spesso in cerca di gratificazone da parte dei potenti - si sottoponevano volentieri a questo gioco cortigiano di grande importanza anche politica. Nuove dinastie, nuovi regnanti, invasori, cercavano in operazioni del genere la legittimazione dei sudditi (e dei vari gruppi di potere potenzialmente avversi), elemento indispensabile per poter aspirare ad un dominio duraturo.
    Così moltissimi sono i popoli, le genti, le nazioni, i re e le dinastie che in passato (soprattutto nei secoli post 1000 in cui il panorama politico e sociale europeo è più dinamico) hanno fatto derivare la propria origine genealogica ed "etnica" da Troia:

    * Romani (e quindi, volendo, gli Italiani)
    * Franchi (antenati di Francesi e Tedeschi)
    * Scandinavi e Islandesi (che riconducevano - con autori come Snorri Sturlusson - la genealogia di re e dinastia al Re di Turchia, intendendo il Re di Troia)
    * Turchi (ancora Ataturk amava sottolineare questa derivazione)

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    Moschea Selimiye e suo complesso sociale



    La Moschea Selimiye ( in lingua turca Selimiye Camii) è una moschea ottomana della città di Edirne in Turchia. Essa venne commissionata dal sultano Selim II e costruita dall'architetto Mimar Sinan fra il 1568 ed il 1574. Fu considerata da Sinan il suo capolavoro e uno dei più elevati esempi di architettura ottomana.

    Storia

    Questa grande moschea è ubicata al centro di un complesso külliye costituito da un ospedale, una madrassa, una biblioteca, un hammam ed un gruppo di negozi. In questa moschea Sinan impiegò un sistema ottagonale di sostegno che venne creato attraverso otto pilastri inseriti in un involucro quadrato di mura. Le quattro semi-cupole, agli angoli, dietro gli archi che nascono dai pilastri, sono le sezioni intermedie tra la cupola l'enorme cupola (31.25 metri di diametro con profilo sferico) e le pareti.

    Mentre le moschee convenzionali erano costituite da un interno segmentato, lo sforzo di Sinan a Edirne fu quello di realizzare una struttura che consentisse di vedere il mihrab da qualsiasi posizione all'interno della moschea. Circondata da quattro alti minareti, la Moschea di Selim II ha una grande cupola in cima. Intorno alla moschea vi sono biblioteche, madrasse, ospizi, bagni turchi, cucine per i poveri, negozi, ospedale e cimitero. Questi servizi sono stati allineati lungo un asse e raggruppati là dove possibile. Di fronte alla moschea si trova un piazzale rettangolare con una superficie pari a quella della moschea.
    L'innovazione, non è nelle dimensioni della costruzione, ma nell'organizzazione del suo interno. Questi gli elementi innovativi:

    Il mihrab è spinto indietro in un abside, come in un'alcova, con uno spazio sufficientemente profondo da consentire l'illuminazione da finestre poste sui tre lati. Questo ha l'effetto di rendere, i pannelli di piastrelle posti nella parte inferiore, splendenti con la semplice luce naturale.
    La sala principale è a forma ottagonale con cupola di copertura circolare.
    La cupola è sorretta da otto imponenti pilastri.
    La volta ottagonale dispone ai quattro angoli di altrettante semicupole.

    La bellezza derivante dalle forme geometriche è il culmine della ricerca progettuale di una lunga vita, da parte di Sinan, per ottenere uno spazio unitario interno.
    Durante l'assedio bulgaro di Edirne, nel 1913, la cupola della moschea venne colpita dall'artiglieria. Grazie alla robusta costruzione della cupola, la moschea sopravvisse all'assalto riportando solo danni minori. Su ordine di Atatürk il danno non fu ripristinato per servire da monito per le generazioni future.
    La moschea venne inserita nelle rovescio delle banconote turche da 10.000 lire del 1982-1995.

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    Çatalhöyük



    Çatalhöyük (pronuncia turca [tʃaˈtaɫhœˌjyk]; spesso scritto Çatal Hüyük fuori dalla Turchia; da çatal, "forcella" e hüyük, "collina", variante dialettale della parola höyük[senza fonte]) è un importante centro abitato di epoca neolitica dell'Anatolia (in Turchia), nella Provincia di Konya, ai margini meridionali della pianura.
    Il sito, ricostruito lungo una sequenza di 14 livelli stratigrafici che vanno dal 6500 al 5500 a.C. ca., occupa una superficie di 600 x 350 m.
    È stato scoperto alla fine degli anni cinquanta; James Mellaart vi ha condotto campagne di scavi tra il 1961 ed il 1965. Dal 1993, ulteriori ricerche sono condotte da Ian Hodder.
    Il sito archeologico si trova 60 chilometri a sud della città di Konya ed è visitabile da parte dei turisti.

    Schema abitativo e culto dei morti
    Il villaggio era costruito secondo una logica completamente diversa da quella moderna: le case erano monocellulari e addossate l'una all'altra; essendo poi di altezze diverse, ci si spostava passando da un tetto ad un altro e per molte case l'ingresso su quest'ultimo era l'unica apertura. La circolazione e gran parte delle attività domestiche avveniva dunque al livello delle terrazze. L'assenza di aperture verso l'esterno, nonché di porte a livello del terreno, difendeva la comunità dagli animali selvatici e da eventuali incursioni di popolazioni confinanti, anche se resta oscuro il livello di conflittualità tra le diverse comunità dell'epoca. L'unica via d'accesso all'intero complesso erano scale che potevano facilmente essere ritirate in caso di pericolo.
    A Çatalhöyük ogni abitazione era divisa in due stanze. Quella più grande aveva al centro un focolare rotondo ed intorno dei sedili e delle piattaforme elevate per dormire; in un angolo c'era un forno per cuocere il pane. La stanza più piccola era una dispensa per conservare il cibo: tra una casa e l'altra c'erano dei cortili usati come stalle per capre e pecore. Circa un terzo delle case presenta stanze decorate e arredate apparentemente per scopi cultuali: sulle pareti, infatti, sono state rinvenute pitture e sculture di argilla che raffigurano teste di animali (qualcosa di analogo ai bucrani) e divinità (specialmente femminili, legate al culto domestico della fertilità e della generazione). Queste abitazioni non vanno pensate come santuari: il culto è ancora solo domestico e dà conto di una "ossessione simbolica", quella di un aggregato di umani che vivono a stretto contatto con i propri morti e che ha da tempo istintivamente associato penetrazione sessuale e sepoltura dei semi per l'agricoltura.[6] Gli abitanti della città di Çatalhöyük seppellivano i propri morti, divisi per sesso, sotto il letto. Questi, prima di essere sistemati sotto i letti, venivano esposti all’aperto in attesa che gli avvoltoi procedessero ad una completa escarnazione, con lo stesso sistema usato ancora oggi in India ed in Persia, dove i cadaveri sono depositati nelle cosiddette Torri del Silenzio.

    Economia e commercio
    Fra i ritrovamenti relativi alla cultura materiale sono da segnalare l'abbondante produzione ceramica (via via lustrata chiara, poi scura, poi ingubbiata di rosso, ma non ancora dipinta, come poi accadrà nel neolitico anatolico) e la raffinata industria litica, realizzata per il 90% in ossidiana, pietra vulcanica vetrosa di cui la regione è ricca e di cui è attestato un intenso commercio locale fin dall'epoca protostorica.
    Lo schema economico di base è quello tipicamente agro-pastorale, ma si segnalano scelte ardite, quali quella di coltivare frumento invece che orzo e quella di allevare bovini invece che caprovini.

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    Pergamo e il suo paesaggio culturale multistratificato


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    Pergamo è un'antica città dell’Asia Minore, nell'Eolide (verso il sud-est della Troade e sud della Misia; e verso il nord dell'Ionia e nord-ovest della Lidia), posta a poca distanza dalla costa del Mar Egeo, su di una collina (l'Acropoli di Pergamo) che costituisce la principale località archeologica dell’area. La città attuale è nota col nome di Bergama (Turchia, Provincia di Smirne).
    La città ebbe una fioritura in età ellenistica, quando divenne capitale dell’omonimo regno, raggiungendo il massimo splendore sotto la dinastia illuminata degli Attalidi (241-133 a.C.). La città divenne un importantissimo centro artistico, considerata quasi una seconda Atene ellenistica. In seguito divenne parte dell'Impero romano. Viene citata nell'Apocalisse di Giovanni come una delle sette chiese dell’Asia.
    Il mito vede la città fondata da Grino, nipote di Telefo, che avrebbe onorato l'amico Pergamo, nipote di Achille, intitolando a lui la città. La città viene citata per la prima volta da fonti intorno al 400 a.C., ma l'acropoli doveva già essere abitata in età arcaica. Presso la città aveva sede un importantissimo santuario di Esculapio, rinomato per la capacità taumaturgiche dei suoi sacerdoti ed importante sede di pellegrinaggi provenienti da tutta la Grecia.
    La sua importanza si accrebbe notevolmente in età ellenistica, quando Lisimaco, uno dei Diadochi di Alessandro Magno, dopo la battaglia di Ipso (301 a.C.) scelse e fortificò l'acropoli come sede del suo tesoro (di oltre 9000 talenti) e ne diede la custodia a Filetero, figlio di Attalo. Quando Lisimaco fu sconfitto da Seleuco I, Filetero ne approfittò per consolidare la sua posizione e rendere definitiva la sua supremazia sulla città, divenendo il capostipite della dinastia degli Attalidi.
    A Filetero successe Eumene I, che rafforzò ulteriormente il regno contro le mire espansionistiche dei sovrani seleucidi.
    Con il successore Attalo I (241-197 a.C.) la città esercitò la sua egemonia su gran parte dell’Asia Minore occidentale. Il sovrano rifiutò di pagare il tributo ai Galati, tribù celta stanziatasi nell'area dell'Asia Minore che aveva fondato il regno della Galazia, alleati di Antioco III seleucide. Questi mossero guerra ai pergameni, ma furono sconfitti nel 240 a.C. presso le fonti del Caico assieme alle truppe di Antioco. Pergamo riuscì quindi ad annettersi molti territori seleucidi dell’Asia Minore. Ma è nel 232 a.C. con la vittoria sui Tolistoboi, altra tribù celtica della Galazia, preso il tempio di Afrodite della città di Pergamo che il re Attalo I libera le sue terre dalle incursioni celtiche. Seguirono altre guerre con seleucidi, con alterne fortune. Venne stipulata un'alleanza con i romani, di cui rimasero alleati dinastici e la città conobbe una notevole fioritura artistica.
    Eumene II (197-159 a.C.) successe ad Attalo I e sotto di lui il regno ebbe un’ulteriore espansione. Il re protesse le arti e la cultura, fondando la biblioteca di Pergamo ed erigendo il famoso Altare di Zeus. Il figlio di Antioco III, Seleuco IV, assediò la città durante la guerra tra Roma e Antioco III.
    Con Attalo II (159-138 a.C.), fratello di Eumene II e tutore di Attalo III (il figlio minorenne di Attalo I), ma di fatto re di Pergamo, il regno consolidò l’alleanza con i romani combattendo contro altri dinasti ellenistici.
    Infine Attalo III (138-133 a.C.) fu l’ultimo dinasta indipendente, poiché alla sua morte lasciò il regno in eredità ai romani, e il suo territorio venne a costituire la provincia romana d'Asia.
    In età romana Pergamo fu una città prospera, famosa per l’attività dei ceramisti, la produzione di unguenti e di pergamene, che prendono il nome dalla città. La città fu probabilmente sede di una chiesa apostolica poiché viene nominata nell’Apocalisse di Giovanni.
    Il declino della città seguì quello dell’Impero Romano. In età bizantina fu sede di vescovado. Saccheggiata dagli arabi, la città fu poi presa dagli Ottomani, che vi edificarono diverse moschee.
    I resti della capitale furono scavati a partire dal 1873.
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