I siti patrimonio mondiali dell'Unesco della Grecia

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    Acropoli di Atene



    Acropolis-Athens34

    L'Acropoli di Atene si può considerare la più rappresentativa delle acropoli greche. È una rocca, spianata nella parte superiore, che si eleva di 156 metri sul livello del mare sopra la città di Atene. Il pianoro è largo 140 m e lungo quasi 280 m. È anche conosciuta come Cecropia in onore del leggendario uomo-serpente Cecrope, il primo re ateniese.
    L'Acropoli è stata dichiarata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.
    I resti risalenti all'epoca arcaica attestano che delle costruzioni imponenti si elevavano sull'acropoli alla fine del VII secolo a.C., epoca in cui le mura risalenti all'età micenea persero la loro importanza difensiva. Nella prima metà del VI secolo a.C., dopo l'espulsione dei Pisistratidi, l'acropoli cessò di essere una fortezza. Le antiche fortificazioni, le costruzioni e gli edifici templari furono distrutti durante l'occupazione persiana del 480 a.C.
    Le mura furono ricostruite da Temistocle e Cimone e, per celebrare la vittoria definitiva sui Persiani, fu eretta una statua colossale di Atena Promachos, scolpita da Fidia. Durante l'epoca di Pericle fu realizzata la ricostruzione dell'acropoli, con la costruzione del Partenone, dei Propilei ed in seguito dell'Eretteo e del Tempio di Atena Nike.

    Edited by Shagrath82 - 30/8/2014, 13:44
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    Sito archeologico di Delfi



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    Delfi o Delphi (Δελφοί — Delphoi in greco) è un importante sito archeologico ed una moderna città della Grecia che si estende sulle pendici del monte Parnaso, nella prefettura della Focide, a circa 600 m slm. Nei tempi antichi Delfi era l'ombelico del mondo greco, la sede del più importante e venerato oracolo (assieme a Dydyma) del dio Apollo: l'oracolo di Delfi; i resti del tempio dedicato all'Apollo Delfico (Ἀπόλλων Δελφίνιος — Apollon Delphinios) della mitologia greca fanno parte - con il famoso teatro e lo stadio in cui, ogni quattro anni, si svolgevano i giochi pitici (che seguivano di tre anni l'Olimpiade) - del famoso sito archeologico visitato annualmente da migliaia di turisti.
    Sull'architrave del portale al santuario (all'interno del quale ardeva l'άσβεστος φλόγα, fiamma eterna) era riportato il celebre motto ΓΝΩΘΙ ΣΕΑΥΤΟΝ (gnōthi seautón) che significa "conosci te stesso" e che sarà poi fatto proprio da Socrate.

    Storia del santuario

    Centro abitato già in età micenea (XI-X secolo a.C.), Delfi mostra le prime tracce di un culto a partire dall'VIII secolo a.C. La tradizione vuole che Zeus avesse indicato il luogo di fondazione del santuario nel punto in cui due aquile, fatte volare da lui, fossero atterrate insieme. Il nucleo più primitivo del santuario risale al VII secolo a.C. e fu più volte ricostruito a seguito di incendi e fenomeni naturali. I Giochi Pitici cominciarono ad aver luogo tra il 591 ed il 586 a.C., ma già poco dopo la sua fondazione il santuario era stato sede di competizioni poetiche. Fin dalla sua fondazione l'oracolo divenne centrale nella vita sociale e politica dei Greci, come nel caso della Grande Colonizzazione dell'VIII-VII sec. a.C., nella quale i responsi oracolari facevano da guida per i coloni. Rivestendo una così grande importanza, venne fondato un ente per la salvaguardia della neutralità dell'oracolo, chiamato Anfizionia di Delfi. Nonostante questa precauzione, molte famiglie aristocratiche greche tentarono di accaparrarsene i favori, come nel caso dell'incendio del 548 a.C. che distrusse il santuario, ricostruito a carico della famiglia ateniese degli Alcmeonidi. La stessa Anfizionia di Delfi fu spesso al centro di eventi bellici chiamati Guerre Sacre (in totale quattro), la prima delle quali, di dubbia storicità, ebbe luogo all'inizio del VI secolo a.C.
    A partire dalla fine delle Guerre Persiane, nel 480 a.C. (Delfi fu invasa nello stesso anno dai Persiani, ma senza gravi danni), le città greche cominciarono a depositare presso il santuario i propri tesori votivi, ospitati in apposite "cappelle" chiamate thesauroi, costruite a spese della città depositante, spesso non senza un valore propagandistico. Durante il secondo grande conflitto della storia greca, la Guerra del Peloponneso, il santuario fu sotto il controllo della città di Sparta.
    Dal 357 al 346 a.C. si combatté la terza Guerra Sacra, che vide emergere la Macedonia come potenza leader dell'Anfizionia di Delfi, leadership confermata durante la quarta ed ultima Guerra Sacra (340-338 a.C.), che segnò inoltre, con la battaglia di Cheronea del 338 a.C., la definitiva egemonia della Macedonia sulle città greche.
    Con la battaglia di Pidna del 168 a.C., e la conseguente caduta della Grecia nel gruppo delle province romane nel 145 a.C., Roma impiantò stabilmente la propria influenza sul santuario, che venne ripetutamente restaurato dagli imperatori Augusto, Domiziano ed Adriano. La diffusione del Cristianesimo minò all'origine il prestigio del santuario apollineo, fino alla sua definitiva chiusura da parte dell'imperatore Teodosio nel 394 d.C. (già nel 391 erano stati aboliti i culti pagani).

    Il sito archeologico ed il Museo

    Gli scavi sul sito di Delfi vennero avviati nel 1889 da parte della Ecole Française d'Athene, che ancora oggi se ne occupa e pubblica i nuovi ritrovamenti nel bollettino Fouilles de Delphes (FD).

    Il sito archeologico


    Il complesso degli scavi si snoda lungo una via principale detta Via Sacra, che sale lungo il pendio del monte Parnaso.
    Al principio della Via Sacra sono ancora visibili i resti di tombe e simulacri d'età romana, testimonianza degli interventi che il santuario subì da parte degli imperatori romani dal I secolo a.C. al II secolo d.C..
    Salendo si incontrano le prime importanti vestigia di fattura greca, in particolare i resti dei thesauroi votivi delle città greche. Sebbene per la maggior parte non restino altro che le fondamenta, sono da segnalare due eccezioni: il Tesoro dei Sifni, ricostruito con copie dei materiali originali (i materiali autentici si trovano all'interno del Museo), ed il Tesoro degli Ateniesi, ricostruito con i materiali originali.
    Salendo ancora lungo la Via Sacra si incontra il vero e proprio cuore del santuario, il tempio di Apollo (cfr. le immagini supra).
    Per costruirlo venne riportata della terra dalla valle del Parnaso, che venne impiegata per costruire un terrapieno in cui il tempio potesse affondare le fondamenta. La Via Sacra costeggia il terrapieno, e lungo il tratto di passaggio venne eretto il Muro Poligonale, sul quale molti pellegrini del santuario hanno lasciato iscritte nella pietra le loro intenzioni votive o i loro ringraziamenti al dio Apollo. Tra queste iscrizioni se ne è conservata una di grande valore storico e letterario: si tratta dell'iscrizione di Gelone, tiranno di Siracusa della famiglia dei Dinomenidi, che qui venne a ringraziare il dio per la sua vittoria nella corsa dei cavalli ai Giochi Olimpici. Di questa vittoria parla anche il poeta Pindaro, in una delle sue odi Olimpiche.

    Edited by Shagrath82 - 30/8/2014, 13:47
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    Sito archeologico dell'Epidauro



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    Epidauro ( Ἐπίδαυρος / Epídauros) è una piccola città greca dell'Argolide, conosciuta principalmente per il suo santuario dedicato ad Asclepio e per il suo teatro, ancora utilizzato al giorno d'oggi per accogliere rappresentazioni teatrali.
    È inserita nell'elenco dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.

    Il santuario

    Il santuario di Epidauro in età ellenistica divenne il centro per eccellenza dedicato al culto di Asclepio, divinità salutare del pantheon greco, Asclepio guariva i fedeli che si recavano in pellegrinaggio ad Epidauro durante le feste in suo onore, denominate Asclepieai.
    Le guarigioni dei fedeli avvenivano in un edificio detto Abaton ('impenetrabile'): prima di accedervi, infatti, il pellegrino doveva aver compiuto le lustrazioni di purificazione necessarie. L’abaton si trova nel centro del santuario, nella spianata dove sorgono gli edifici di carattere più propriamente religioso (abaton, tempio, tholos).
    L’abaton è un portico a due piani, composto da due ali appartenenti probabilmente ad epoche diverse. La facciata del nucleo originario, quello ad est, risalente alla seconda metà del IV secolo a.C., è composta da due colonnati di ordine ionico sovrapposti. La sala che si apre al suo interno era adibita all'accoglienza dei pellegrini che vi trascorrevano la notte in attesa del miracolo guaritore. Durante il sonno, infatti, il dio Asclepio appariva in sonno ai malati e dettava loro le cure necessarie per debellare la malattia. In alcuni casi il dio operava direttamente sul malato che, al risveglio, risultava guarito. I racconti di tutti i miracoli compiuti dal dio venivano poi trascritti dai fedeli su delle tavolette di argilla, disposte lungo le pareti interne della sala est dell’Abaton, a ricordo della potenza di Asclepio.
    Anche l’ala ovest dell’abaton, adiacente a quella est, è un portico formato da due colonnati sovrapposti: in questo caso, però, all’ordine dorico del piano inferiore si sovrappone un colonnato di ordine ionico. L’utilizzo del dorico si rifà ad una consuetudine tipica delle celle dei templi del Peloponneso alla fine del IV secolo a.C.. Questa similitudine, comprovata da analisi strutturali condotte negli ultimi anni dalla scuola tedesca, ha convinto gli studiosi ad alzare la cronologia dell’ala ovest alla seconda metà del IV secolo a.C., contro una datazione ad epoca romana fornita dalla tradizione. La sezione ovest, quindi, non viene più considerata un ampliamento romano del nucleo originario dell’Abaton, ma una costruzione di poco posteriore, se non addirittura contemporanea .
    La folla dei pellegrini che chiedevano di essere guariti dal dio aumentò nel corso dei secoli, l’edificio adibito al sonno sacro doveva dunque avere delle dimensioni considerevoli (la lunghezza dell’Abaton era di circa 70 metri).
    Ma non tutti i fedeli che giungevano ad Epidauro trascorrevano la notte nell’Abaton: questo edificio aveva infatti una funzione prettamente sacra mentre l’accoglienza dei forestieri avveniva in un altro edificio posto a nord del santuario, il cosiddetto Katagogion (dal verbo katagogheio, che significa ‘mangiare’).
    Il Katagogion è un edificio di pianta quadrata, suddiviso in quattro quadrati più piccoli. Ogni quadrato è formato da un cortile sul quale si affacciano delle stanze, diverse per forma e numero in ciascuna sezione. All’interno delle camere erano disposte le klinai, sulle quali venivano consumati i pasti, mentre, per dormire, i pellegrini potevano utilizzare le porzioni di spazio lasciate libere. Il Katagogionsi data al III secolo a.C., ma gli attuali resti risalgono ad un rifacimento del I secolo a.C., ad opera del senatore Antonino.
    Ma i pellegrini che ogni anno, in primavera, arrivavano da tutta la Grecia per festeggiare Asclepio erano molto più numerosi di quanti potevano trovare alloggio nel Katagogion: questo edificio, infatti, era una sorta di albergo dal carattere elitario, mentre la gran massa dei fedeli dormiva nelle tende disposte fuori dal recinto dello Ieron.

    Edited by Shagrath82 - 30/8/2014, 13:48
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    Sito archeologico di Olimpia



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    Olimpia, in greco Olympia, è il nome dell'antica città greca, sede dell'amministrazione e dello svolgimento dei giochi "olimpici" ma anche luogo di culto di grande importanza, come testimoniano i resti di antichi templi, teatri, monumenti e statue, venuti alla luce dopo gli scavi effettuati nella zona dove la città originariamente sorgeva.

    Storia

    Olimpia era incastonata in una valle situata lungo il corso del fiume Alfeo, nell'Elide (Peloponneso nord-occidentale), presso la località di Pisa. La città possedeva molti edifici, alcuni dei quali venivano usati come dimora dagli atleti che partecipavano ai giochi, detti appunto olimpici, che si svolgevano ogni quattro anni in onore di Zeus.
    In questo luogo venne compilato per la prima volta nel 776 a.C. un elenco di vincitori: è possibile da ciò desumere che si trattasse dell'esito delle prime Olimpiadi storicamente accertate.
    Olimpia comprendeva un recinto sacro, l'Altis, della lunghezza di 200 m e della larghezza di 177 m, situato in posizione sopraelevata rispetto alle altre costruzioni e al cui interno sorgevano i più importanti monumenti di culto e gli edifici adibiti all'amministrazione dei giochi.
    Sul lato sinistro dell'Altis, ovvero verso la parte orientale, erano situati lo stadio e l'ippodromo, mentre sul lato destro, cioè verso occidente, vi erano la palestra e il ginnasio al cui interno gli atleti che volevano partecipare ai giochi dovevano allenarsi almeno un mese prima dell'inizio delle gare.
    Il più famoso tempio di Olimpia era quello eretto in onore di Zeus: internamente vi si trovava la statua del dio realizzata da Fidia (o Phidia) nel 430 a.C., inserita fra le sette meraviglie del mondo.
    L'Heraion era invece il tempio dedicato alla dea greca Era (Giunone per la mitologia romana, la regina degli dèi), uno dei più antichi edifici dorici di cui oggi si possono ancora ammirare i resti e al cui interno venivano custodite le corone di alloro riservate ai vincitori dei giochi.
    Una delle vie principali di Olimpia era fiancheggiata da dodici thesauroi, i templi votivi al cui interno venivano custoditi i tesori delle città che partecipavano ai giochi; vi era inoltre un edificio circolare, il Philippeion, eretto nel IV secolo a.C. in onore di Filippo II re di Macedonia.
    I primi scavi effettuati nella città di Olimpia vennero eseguiti da un gruppo di archeologi francesi nel 1829, seguiti poi da un gruppo di tedeschi tra il 1875 ed il 1881, i quali evidenziarono l'esistenza delle piante di molti edifici. Durante gli scavi successivi vennero poi riportate alla luce - oltre alla famosa statua di Ermes e Dioniso, opera dello scultore Prassitele - diverse altre statue, altari, oggetti votivi in bronzo e in marmo.

    Edited by Shagrath82 - 30/8/2014, 13:48
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    Sito archeologico di Vergina


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    Vergina o Verghina, (in greco Βεργίνα) è un paesino del nord della Grecia, nella prefettura di Imathia, nella regione o periferia della Macedonia Centrale. Si trova a circa 12 km dal capoluogo della prefettura Veria, a 75 km da Salonicco, capoluogo della regione ed a 515 Km da Atene, sulle pendici dei Monti della Pieria (2193 m). Ha una popolazione di circa 2000 abitanti. Presso Vergina sorge uno dei maggiori siti archeologici della Grecia.

    Storia


    Verghina, al giorno d'oggi, è uno dei più importanti luoghi archeologici della Grecia. Prende il nome da una leggendaria regina morta suicida nel fiume Aliakmone dove si era gettata per non cadere nelle mani dei turchi. Il paesino è diventato famoso nell’autunno del 1977 con la scoperta della tomba di Filippo II, cosa che ha dimostrato, senza ombra di dubbio, che la prima capitale della Macedonia antica è da identificare proprio in Verghina.
    Dal I secolo d.C. la città venne abbandonata; da allora, il nome “Aigaì” non apparve più e fu sostituito con “Palatitsia”, nome che compare la prima volta nel XIV secolo, ed ha probabilmente a che fare con le rovine dei palazzi adiacenti.

    Mito


    Secondo la mitologia, Archelao, figlio di Temeno, dopo essere stato cacciato da Argo, si recò in Macedonia per aiutare il re Cisseo ad affrontare i suoi nemici, ma, giunto a destinazione, il re cercò di assassinarlo. Archelao, a questo punto, uccise Cisseo e scappò seguendo, secondo l’oracolo, una capra. Ove la capra (capra = Aix-aigòs) si fermò, egli fondò la città di Aigaì; essa fu la prima capitale dei macedoni fino al trasferimento a Pella. Pertanto, secondo l’usanza, i re macedoni continuarono ad essere seppelliti nella prima capitale, fatto su cui si è basata la teoria dell’identificazione di Verghina con Aigaì.


    Necropoli

    L’area della necropoli, situata tra i villaggi Palatitsia e Verghina, si estende per più di un chilometro quadrato e comprende più di trecento tumuli, tutti situati verso sud. Il loro diametro può variare da m. 15 ai 20 mentre l’altezza da m. 0,50 a 1,00, ma ve ne possono essere alcuni che superano queste misure in larghezza o in altezza. Le ricerche archeologiche hanno mostrato che il tumulo più antico risale all’Età del ferro ( 1000-700 a.C. ) e quello più recente è del periodo ellenistico.
    Le tombe macedoni sono in genere formate da camera a volta, facciata architettonica con porta monumentale, corridoio e tumulo. Questo tipo di impostazione strutturale è simile a quella dei tholoi micenei, come anche i corredi funerari che sono stati trovati a Sindos, alla foce del Vardar, ad est di Verghina, conservano in età arcaica il rituale della maschera d’oro. Questi dati, unitamente alle continue esaltazioni e ai riferimenti alle discendenze argive da parte della famiglia reale macedone, ci danno la certezza che la popolazione dorica, dopo aver sostanzialmente accettato gran parte delle strutture e usanze civili di Micene, le abbia mantenute in uso anche in Macedonia.

    Palatitsia

    In corrispondenza del luogo identificato come Palatitsia, a 2 km dal villaggio di Verghina, nel 1855, l’archeologo francese Lèon Heuzey, intraprese i primi scavi verso la parte orientale. Successivamente vennero condotti altri scavi, dando la possibilità di delineare in maniera precisa la pianta del complesso architettonico del palazzo imperiale. Manolis Andronikos, nel 1949, riuscì ad ottenere un incarico per Veria, che comprendeva anche l’area di Verghina. Egli esplorò nel 1952 il “grande tumulo”, un’altura che già dal secolo precedente attirò l’attenzione per il suo carattere artificiale. Si tenne conto dei frammenti di steli funerarie rinvenute in quel punto; queste, insieme all’abbondante cumulo di terra e pietrame, sarebbero state ammassate sulle tombe reali da Antigono Gonata con lo scopo di difenderle in seguito al saccheggio di Aigaì da parte dei Galati al servizio di Pirro avvenuto intorno al 273 a.C. . Gli scavi proseguirono nel resto dell’area cimiteriale fino al 1961.

    Il Grande Tumulo


    Il 30 agosto del 1977 riprese l’esplorazione del tumulo direzione sud-ovest, dove venne rinvenuta la tomba di Filippo II, vicino ad altre due tombe reali, quella detta “di Persephone” e quella, probabilmente, di Alessandro IV; ma fu la prima a destare maggiore interesse, sia per l’alto valore storico che per la sua conformazione.

    Tomba di Filippo II

    La ghirlanda e l'urna d'oro (decorato con il sole di Verghina a sedici raggi) dalla tomba attribuita a Filippo II. Ora nell'allestimento sotterraneo del Grande Tumulo di Verghina.
    La ghirlanda e l'urna d'oro (decorato con il sole di Verghina a sedici raggi) dalla tomba attribuita a Filippo II. Ora nell'allestimento sotterraneo del Grande Tumulo di Verghina.
    La tomba di Filippo II è costituita da due stanze, anticamera e camera principale, entrambi coperte da volte a botte ed alte m. 5.30; nella prima, che misura m. 3.36 x 4.46, quindi rettangolare, vennero deposte le ceneri di Cleopatra, moglie più giovane del sovrano, assassinata subito dopo la sua morte. La seconda stanza, quella riservata a Filippo, è quadrata e risulta di m. 4.46 di lato. Sommando queste misure allo spessore dei tre muri da m. 0.56, e che insieme misurano m.1.68, si ottiene la lunghezza di m. 9.50. Questo vuol dire che la tomba in questione è la più lunga e la più alta tra quelle scoperte finora in Macedonia. La parte esterna delle volte non venne lasciata scoperta, come era solito fare per questo genere di opere in area macedone, ma venne interamente coperta da uno strato di stucco dello spessore di dieci centimetri. L’ingresso, monumentale, è sormontato da un fregio dorico al di sopra del quale si trova, protetto da una cornice in rilievo, una scena di caccia che misura m. 5.56 di larghezza e m. 1.16 di altezza. In questo fregio, un paesaggio montuoso fa da sfondo a cinque scene scandite da alberi di specie diverse; i tronchi senza foglie, i vestiti pesanti ed i cappelli di alcuni cacciatori, sembrano propri di un clima invernale. Davanti al luogo dell’azione vi è un ampio piano di terra e sia il paesaggio che l’ambiente sono perfettamente definiti. Con un cavallo dipinto in bianco è indicato con chiarezza il sovrano, Filippo, che si viene a trovare davanti alla lotta tra uomini e animali, con esplicita funzione di rivolgere lo sguardo verso il lato destro della scena; egli sovrasta un leone e lo sta per colpire a morte. Invece, il giovane erede Alessandro, è inquadrato tra due alberi ed è identificabile dalla corona di alloro. È da rilevare il sorprendente studio dei cavalieri, dei cani (ve ne sono rappresentate ben nove razze) e degli alberi, così come gli effetti di volume che costituiscono il culmine di una ricerca classica in uno spazio plastico. Nel primo albero troviamo un elemento che Nikias, autore dell’opera, aveva già adottato nella sua “Allegoria di Nemea”: un piccolo quadro votivo appeso e contornato da nastri a formare un gioco del quadro nel quadro. Accanto è presente un pilastro visto di spigolo, lì situato a rappresentare l’intervento umano nella consacrazione dell’ambiente naturale, quest’ultimo comunque messo in evidenza come primo e fondamentale stadio per la rappresentazione della scena. Dalla disposizione delle figure si può ritenere che l’attenzione di Nikias non fosse volta a definire una narrazione continua rispettosa del susseguirsi cronologico delle azioni, ma piuttosto all’unità visiva della composizione, dove le figure stesse, seppur in taluni casi solo leggermente, si vanno armonicamente a sovrapporre. La costante preoccupazione del pittore testimoniata dalle fonti, era quella di dare il giusto risalto alle figure rispetto al fondo, e doveva riflettere lo studio di un corretto rapporto chiaroscurale tra gli elementi della scena. La luce, diluita e azzurrina, rende evanescenti le montagne sullo sfondo, e si diffonde tra le quinte di roccia; la stessa luce si fa più contrastata e si diffonde verso il primo piano della scena sciogliendosi nel paesaggio senza che se ne possa riconoscere una fonte determinata. Il calcolo meticoloso di un passaggio continuo della luce dal fondo lattescente ai primi piani, condizionò la tecnica di esecuzione dell’affresco, dove l’intonaco fu bagnato ripetutamente in corso d’opera, verosimilmente per ritornare su ciò che era stato già fatto e per graduare più sensibilmente e con maggiore precisione le sfumature, sfumature che vengono sottolineate dalla scelta del colore: il bianco del fondo e di uno dei cavalli, i toni caldi del giallo-arancio, rosso, bruno, viola pallido e porpora per le figure in primo piano, e quelli freddi più bassi, verde ed ombra azzurra, fino agli accenti cupi delle rocce. L’artista non si limita così all’uso dei quattro colori che facevano parte dell’antica tradizione pittorica (azzurro, nero, ocra e rosso). Nikias rinuncia, quindi, allo splendor, il riflesso lampeggiante introdotto in pittura poco tempo prima probabilmente da Euphranor, dove la luce proveniva da un punto fortemente determinato.
    La tomba venne fatta costruire sicuramente da Alessandro intorno al 336 a.C., anno della morte del padre, ed è probabile che fu egli stesso a scegliere Nikias per l’esecuzione del fregio. Il pittore ateniese si inserì in uno degli ambienti culturali più vivi dell’antichità, in gran parte influenzato da Aristotele, che fu chiamato da Filippo per educare il figlio. Ma quasi certamente fu l’artista ad influenzare in parte il filosofo che, nell’elaborazione del “De Sensu”, parla di pittori che “vogliono rappresentare qualcosa che appare attraverso l’aria, o l’acqua” ; il testo evoca proprio la trasparenza atmosferica, la densità corposa dell’elemento in cui sono immersi gli oggetti.

    Edited by Shagrath82 - 30/8/2014, 13:50
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    Sito archeologico di Micene e Tirinto



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    Micene è una città dell'antica Grecia, situata nella pianura di Argo, a circa 12 km dal mare e a 9 dalla città di Argo.
    È inserita nell'elenco dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.

    Storia


    L'origine del nome Micene non è greca: essa fu probabilmente fondata da uomini provenienti da Creta o da un'altra isola fuori dalla Grecia.
    Nella mitologia, Miceneo fondò la città, che fu invece fortificata da Perseo. La civiltà minoica giunse in questo territorio, ma in seguito si distaccò totalmente dal ceppo originario, tanto da assumere la denominazione di civiltà micenea. Da qui, questa civiltà si infiltrò in tutta la Grecia fra il 2000 a.C. e il 1200 a.C.. I Micenei furono poi sostituiti e assorbiti nel dominio della città dagli Achei calati dal nord.
    Dopo gli Achei, i Dori presero possesso della città e la ressero fino alla sua fine, quando, secondo studi archeologici, la città fu distrutta da un immane incendio.

    Archeologia

    Gli scavi archeologici furono avviati da Heinrich Schliemann: nel 1874 furono scoperte le tombe di alcuni re di Micene, insieme ai corredi funebri. Ulteriori analisi hanno stabilito che questi gioielli risalgono ai secoli XVI e XII a.C..
    La città aveva una acropoli di forma triangolare, sulla quale sono rinvenibili la celebre porta dei Leoni, la tomba di Agamennone e il palazzo reale.
    Fra gli oggetti ivi rinvenuti, sono da ricordare anche sigilli, ceramiche e tavolette con iscrizioni.

    Tirinto è un'antica città dell'Argolide, in Grecia.
    Fa parte dell'elenco dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
    Della città restano soltanto alcuni resti archeologici: le mura e le rovine del Palazzo reale, scoperto da Heinrich Schliemann nel 1884-1885.

    Edited by Shagrath82 - 30/8/2014, 13:51
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    Isola di Delo



    Ruines_de_Délos



    Delo (Delos, greco Δῆλος) è un'isola (3,4 km²) della Grecia, nel Mar Egeo. Fa parte dell'arcipelago delle Cicladi ed è situata vicino all'isola di Mykonos (3,5 miglia marine ed 1 miglio marino dalla sua estremità Ovest), dalla quale è raggiungibile tramite battelli.
    L'isola è oggi praticamente disabitata ed è un un immenso sito archeologico che richiama turisti ed appassionati di archeologia da ogni parte del mondo. È inserita nell'elenco dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. Un piccolo stretto separa Delo dalla vicina isola di Rinia, ugualmente disabitata.

    Storia

    Nell'antichità l'isola si chiamava Ortigia (Ortyghia). I reperti archeologici hanno dimostrato che l'isola era già abitata fin dal 3000 a.C.. I coloni dell'isola (circa nel 1000 a.C.) probabilmente vi portarono il culto di Apollo, dio della luce e della musica. Nel III e nel II secolo a.C. fu una città-Stato indipendente. Decadde dopo il saccheggio di Mitridate VI, re del Ponto (86 a.C.), i suoi monumenti vennero distrutti e gli abitanti (circa 20.000) vennero uccisi.
    Fu sotto l'influsso della città di Atene dal VI secolo al IV secolo a.C.. Fu sede della Lega di Delo (o Lega delio-attica) dal 478 a.C. fino al 454 a.C..

    Monumenti


    Dal 1872 la Scuola Archeologica Francese iniziò scavi sistematici nell'isola, scavi che ancora oggi continuano. L'isola praticamente è un immenso sito archeologico, che si estende su tutta la superficie dell'isola a cominciare dalla parte occidentale, dove nell'antichità si trovava il porto sacro. Risale all'VIII sec. uno degli esempi più antichi di moli di protezione, rappresentato da una poderosa struttura in blocchi di granito locale che si estende per circa 100 m.
    Nella parte nord-occidentale si trovano i Propilei e l'Agorà dei Compitaliasti o Ermesiasti che fu fondata nel II secolo a.C. e veniva usata dai commercianti romani e dai liberti i quali vi si radunavano e onoravano i Lares Compitales, cioè le divinità dei crocicchi; subito dopo, la Via Sacra con le basi degli ex voto. Ad Ovest c'era la grande Stoà di Filippo, costruita intorno al 210 a.C.. Nella parte opposta c'è il cosiddetto Portico Sud (III secolo a.C.) e l'Agorà Sud o Agorà dei Delii. Il santuario di Apollo si trovava a Nord-Est della Stoà di Filippo insieme a tre templi dedicati al dio, il terzo dei quali, di cui si conservano le fondazioni, è noto come "Tempio degli Ateniesi".
    Nelle vicinanze, un po' prima del tempio di Apollo, si trova la Casa dei Nassi (metà del VI sec. a.C.), a nord l'altare Keraton e a Nord-Est di esso il tempio di Artemide (II secolo a.C.), costruito sui ruderi di un tempio precedente. Nella parte Nord del tempio si trovano i cosiddetti "Tesori" e ad Est di essi il Prytaneion (metà del V secolo a.C.) e ad Ovest il monumento del toro (IV-III sec. a.C.). A Sud-Est del monumento, l'altare di Zeus Salvatore protettore dei marinai e a Nord il tempio di Dionisio (inizi III sec.) ed il portico che si dice sia stato fondato da Antigono Gonata alla fine del III sec. a.C.
    Nella parte Ovest c'erano varie edifici l"Ekklesiasterion", luogo di riunione della Bulè e del Demos dei Delii ed il "Tesmoforion", costruzione del V secolo, collegato al culto di Demetra. Nella parte Nord del santuario, nel quartiere del lago si trovava L'Agorà di Teofrasto, il santuario dei dodici dei dell'Olimpo, il tempio di Latona e l'Agorà degli italiani. Dal tempio di Latona, a Nord del Lago Sacro, una strada portava alla famosa Via dei Leoni, ex-voto dei Nessi del VII sec. a.C., consistente in 9 leoni di marmo dei quali se ne conservano solo cinque. Un po più in basso si trovava il lago sacro dove, nell'antichità, nuotavano i cigni di Apollo, coperto con terra nel 1926 dopo un'epidemia di malaria.
    A Nord-Ovest della Via dei Leoni si trovava la sede dei Poseidoniasti di Beirut, centro di commercianti che adoravano Poseidone, due palestre, il santuario dell'Archegeta, il Ginnasio e lo Stadio. Il quartiere più abitato era quello del Teatro. Molte sono le abitazioni di età ellenistica e romana ornate con mosaici i pavimenti musivi: Casa dei Delfini, Casa delle Maschere, Casa del Tridente, Casa di Dionisio. Da questo punto si può arrivare al museo che custodisce reperti degli scavi dell'isola.
    A Nord-Ovest della Casa delle Maschere si conservano le vestigia del Teatro che aveva una capienza di 5.500 posti, costruzione del II sec. a.C. Troviamo inoltre nel Monte Cinto (Kynthos) resti del santuario di Zeus del Cinto e quello di Atena del Cinto.

    Mitologia


    Secondo la mitologia greca vi si rifugiò Latona per partorire lontano dall'ira di Era. È pertanto considerata il luogo di nascita del dio Apollo e della dea Artemide, figli di Latona.
    Asteria, figlia della titanide Febe e del titano Ceo, fu la sposa del titano Perse, e gli diede una figlia che chiamarono Ecate. Per sfuggire all'amore fedifrago di Zeus, Asteria si trasformò in una quaglia, ma la fuga precipitosa la fece precipitare nel mar Egeo, come un astro (appunto Asteria). Zeus ne fu addolorato e trasformò Asteria in un'isola, che si chiama anche Ortigia, ovvero "isola delle quaglie". Su quest'isola Leto (sorella di Asterio) trovò asilo e vi partorì Apollo e Artemide. E siccome per la nascita di Apollo, dio del Sole, l'isola fu tutta circonfusa di luce, fu, da allora, chiamata Delo, dal verbo greco deloo che significa “mostrare", poiché era ormai visibile.

    Edited by Shagrath82 - 30/8/2014, 13:52
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    Centro storico Chorá con il Monastero di San Giovanni "il teologo" e la Caverna dell'Apocalisse sull'isola di Patmos



    Patmos_monastery

    Il monastero di San Giovanni sorge sull'isola di Patmos, in Grecia; nel 1999 è stato inserito nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.

    Storia


    Il monastero venne fondato alla fine del X secolo sulle rovine di un antico tempio dedicato ad Artemide; nel 1088, grazie anche all'aiuto dell'imperatore bizantino Alessio I Comneno, venne consacrato a San Giovanni il "Teologo".
    In epoca romana Patmos era un luogo d'esilio, in cui secondo la tradizione l'evangelista Giovanni avrebbe scritto il libro dell'Apocalisse. Patmos è infatti citata esplicitamente nell'opera come luogo in cui egli avrebbe avuto le sue visioni, e la caverna in cui ciò sarebbe avvenuto è considerata come uno dei luoghi più importanti da parte della Chiesa greco-ortodossa.

    Patmos (In greco: Πάτμος) è una piccola isola del mar Egeo, famosa per essere menzionata nell' Apocalisse, il libro della rivelazione scritto da San Giovanni Evangelista. Patmos ospita le grotte dove si suppone che il santo abbia scritto le sue rivelazioni.

    Geografia


    Patmos appartiene all' arcipelago del Dodecaneso. Si trova a nord di Leros e a sud dell'isola di Ikaria.

    Mitologia


    In base alla mitologia Oreste, dopo aver ucciso la madre Clitennestra, si rifugiò a Patmos per sfuggire alle Erinni.

    I centri principali

    * Scala è il principale abitato dell'isola. È composto di quattro sezioni Netia dove si trova la darsena dove attraccano le navi dal Pireo.

    Monumenti


    Il centro storico di Chora con il monastero di San Giovanni e la grotta dell' Apocalisse sono state dichiarate dall'UNESCO patrimonio dell'Umanità. Chora è uno dei pochi centri in Grecia che è stato abitato senza interruzioni. È inoltre uno dei pochi posti nel mondo ove le funzioni religiose siano ancora praticate nella loro forma originaria, così come lo erano agli inizi del Cristianesimo. Insieme al suo monastero che la domina dall'alto e la grotta dell'Apocalisse, Chora costituisce un luogo di pellegrinaggio e di notevole interesse artistico. Il monastero di San Giovanni il "Teologo" e la grotta commemorano il sito dove l'apostolo compose due delle opere più sacre della Cristianità: il Vangelo e l'Apocalisse.

    Edited by Shagrath82 - 30/8/2014, 13:53
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    Città medievale di Rodi



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    Rodi (In greco: Ρόδος, pronunziato: Ròdhos) è una città della Grecia situata all'estremità settentrionale dell'isola omonima, capoluogo della prefettura del Dodecaneso. Grazie ai suoi numerosi monumenti e alle sue articolate strutture turistiche, Rodi è diventata dagli anni Sessanta un centro di grande attrazione turistica.

    Profilo


    La città è costituita da due parti ben distinte: la città antica, cinta da mura imponenti erette dai cavalieri, e la città moderna, sviluppatasi dopo il 1912 sotto l'amministrazione italiana.

    Arte

    Nel periodo dei cavalieri (XIV secolo - XVI secolo) e in particolare al tempo del gran maestro Pierre d'Aubusson, Rodi si arricchì di splendidi edifici in stile tardo gotico. Sul Collachio, il nucleo della città murata raggruppato intorno alla cittadella classica, sorsero le costruzioni più interessanti e i vari alberghi delle "Lingue", ovvero residenze ufficiali delle rappresentanze delle varie nazioni. Entro le mura si trova poi il vecchio quartiere turco. Infine, scavi archeologici hanno permesso di individuare i templi di Atena e Zeus sull'acropoli; sono stati localizzati anche l'antico stadio, l'odeon, la palestra del Ginnasio e il tempio di Apollo in stile dorico.

    Città vecchia di Rodi


    La città vecchia di Rodi, racchiusa entro le cinta di mura costruite al tempo dei Cavalieri di Rodi, è stata dichiarata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO nel 1988.

    Le mura di Rodi

    Le mura di Rodi, ritenute un capolavoro di architettura militare, furono innalzate verso la metà del XIV secolo sul tracciato delle precedenti, rifatte dopo l'assedio turco del 1480 e dopo il terremoto dell'anno successivo. Furono munite di bastioni e torri di avvistamento. Il bastione di San Giorgio ha forma poligonale; quello del Carretto, circolare. Nelle mura si aprono alcune porte, tra cui la porta d'Amboise e la porta di San Atanasio attraverso la quale Solimano il Magnifico fece il suo ingresso nella città nel 1522. La porta Marina, sul fronte del mare, è ornata di due torri merlate.

    Collachio


    Collachio è il nome del quartiere fortificato che ospitava le rappresentanze diplomatiche chiamate allora "Alberghi delle Lingue" e gli edifici pubblici dell'ordine cavalleresco.

    Ospedale dei Cavalieri

    L'Ospedale dei cavalieri è un edificio del XV secolo, restaurato negli anni del dominio italiano. Oggi ospita il museo archeologico.

    Il palazzo dell'Armeria

    Il palazzo dell'Armeria è un edificio del XIV secolo destinato a luogo di degenza. Oggi ospita il museo delle arti decorative.

    Via dei cavalieri

    La via dei Cavalieri (in Lingua greca: odòs Ippotòn) è la strada più suggestiva di Rodi lungo la quale erano situati gli "Alberghi delle Lingue". L'ordine dei cavalieri di San Giovanni era diviso per lingue, in quanto a quei tempi non esisteva ancora il concetto di nazione. Gli alberghi servivano anche da ricovero per i pellegrini diretti a gerusalemme, che spesso sostavano a Rodi. La via dei Cavalieri inizia in corrispondenza del Nuovo Ospedale dei Cavalieri, in succesione troviamo l'Albergo della lingua d'Italia, il Palazzo del Grande Maestro Francese, l'Albergo della Lingua di Francia, l'Albergo della Lingua di Spagna e l'Albergo della Lingua di Provenza. La via termina davanti a un grande portone gotico, che congiunge il Palazzo del Grande Maestro con la chiesa di San Giovanni, oggi distrutta.

    Palazzo del Gran Maestro

    Il Palazzo del Gran Maestro fu costruito nel XIV secolo, trasformato in galera nel periodo ottomano e andò distrutto nel 1856 per l'esplosione di una polveriera alloggiata nella chiesa di San Giovanni, che sorgeva nella parte opposta della piazza. Fu innalzato di nuovo negli anni del dominio italiano; la ricostruzione finì nel 1940, poco prima che gli italiani lasciassero l'isola. L'ingresso con le sue imponenti torri è uno dei pochi elementi originali. Al suo interno presenta un grande cortile porticato; i suoi interni sono lussuosamente decorati. In un angolo della via dei Cavalieri si trova il primo ospizio dei Cavalieri, la cui costruzione durò dal 1440 al 1489; oggi è la sede del Museo archeologico.

    Moschea di Solimano


    La moschea fu eretta in onore di Solimano il Magnifico dopo l'espugnazione della città nel 1522, l'odierno edificio fu ricostruito nel 1808. Peculiarità dell'edificio è il suo intonaco rosa acceso, l'interno è caratterizzato da una generale sobrietà. La moschea è utilizzata ancora oggi come luogo di culto da parte della comunità turca, ma in genere è chiusa.

    Rodi antica


    La città di Rodi fu fondata nel 408 a.c. su modello di Ippodamo di Mileto, ideato a metà del V secolo a.c. sulla base della pianta ortogonale di stampo babilonese.

    L'acropoli

    Al Tempo dei Romani molti autori raccontavano della sfarzosità del luogo, con i suoi fontanili e le terrazze circondate da boschi rigogliosi. Oggi la cima appare quasi completamente spoglia e ciò che è pervenuto fino a noi appare in pessime condizioni.

    Il tempio di Apollo

    Le tre colonne del tempio sovrastano tutta la zona e si possono scorgere già in lontananza, in realtà solo la piattaforma è originale.

    L'Odeón


    Sotto il tempio di Apollo troviamo un teatro all'aperto di circa 800 posti, completamente ricostruito dagli italiani. In realta è molto probabile che un tempo fosse un odeón, una sala concerti coperta.

    Lo stadio


    Vicino all'odeón troviamo lo stadio sempre ricostruito dagli italiani della lunghezza di 201 m.

    Le opere pubbliche e l’architettura del periodo italiano

    Durante l’occupazione italiana protrattasi dal 1912 al 1943 e riconosciuta a livello internazionale con il Trattato di Losanna del 1923, fu dato avvio a numerose opere pubbliche e private e si procedette altresì al restauro di numerosi monumenti. Da qualche anno è in corso una rivalutazone del lavoro dell'amministrazione italiana, anche da parte dei greci stessi; il sito istituzionale del comune di Rodi, ad esempio, individua nella storia della città un "periodo italiano" e così recita : "Gli Italiani... preservarono le strutture dei periodo dei Cavalieri, demolendo le superfetazioni del periodo Ottomano..., intrapresero un ampio programma di infrastrutture (strade, elettricità, porto, etc.) trasformando radicalmente la città di Rodi, che veniva fornita di un nuovo piano regolatore, di una normativa edilizia e di molti nuovi edifici pubblici e privati." Ancora oggi se ci aggiriamo per Rodi moderna possiamo facilmente riconoscere le architetture, gli spazi e i particolari architettonici, gli arredi urbani (lampioni, balaustre, panchine ecc.) l'ambiente costruito tipico italiano del periodo tra le due guerre.
    Le opere pubbliche principali realizzate furono:

    * la ricostruzione del Palazzo del Gran Maestro che era stato distrutto in periodo Ottomano dall'esplosione di una polveriera;
    * il Palazzo del Governo, 1926-27 - arch. Florestano di Fausto, oggi Prefettura;
    * il grande Albergo delle Rose, 1925-27, oggi casinò;
    * il Municipio di Rodi;
    * il Teatro Nazionale, 1937, del quale si ignora al momento l'architetto progettista;
    * la chiesa dell’Annunciazione, modellata sulla distrutta chiesa dei Cavalieri di San Giovanni;
    * il Palazzo di Giustizia, oggi Capitaneria di porto, degli architetti Florestano di Fausto e Rodolfo Petracco;
    * il Palazzo delle Poste, sempre dell'architetto Florestano di Fausto;
    * la nuova Agorà, un nuovo mercato di fronte al porto, di Mandraki;
    * il palazzo Aktaion (1925), che era il “Circolo d’Italia” e il luogo dove si incontravano nel tempo libero gli ufficiali italiani;
    * l’acquario dell’architetto Armando Bernabiti;
    * la chiesa di S. Francesco;
    * la banca di Grecia.

    Le architetture rispecchiano le due fasi di governatorato che si ebbero a Rodi: quella di Mario Lago, protrattasi sino al 1936, e quella di De Vecchi, sino agli anni della Seconda guerra mondiale. Quelle del primo periodo furono più eclettiche e ciò si legge soprattutto negli edifici progettati dall’architetto Florestano di Fausto. I richiami sono i più disparati, dal neorinascimento del Palazzo delle Poste (uno dei primi edifici pubblici), all'arabesco della tradizione locale con la nuova Agorà, al veneziano del Palazzo del Governo, che ricorda molto da vicino il Palazzo Ducale di Venezia o, infine, alla vicina Art Déco del Grand Hotel delle Rose. Nel secondo periodo invece si ha il predominio di quel "neoclassicismo semplificato", tipico di Piacentini e tanto caro al regime per i suoi effetti monumentali e propagandistici. In quest’ultimo periodo si ritrova anche qualche accenno razionalista in edifici minori, alcuni di pregevole fattura come la chiesa di S. Francesco, o un misto di razionalismo e neoclassicismo come il Teatro Nazionale o l’Acquario.
    Certo a Rodi non si raggiunge quella espressione e quei canoni architettonici dell’International Style che invece si affermano, negli stessi anni, nella realizzazione “ex novo” della cittadina di Portolago, nell'isola di Leros. Rodi è il capoluogo del Dodecaneso, la città delle visite ufficiali, con una storia importante, e agli occhi del regime non può che essere celebrativa dei sogni imperiali di quegli anni. L’essenzialità funzionale delle architetture di Portolago, e addirittura la purezza di alcune di esse, mentre potevano adattarsi, forse a pennello, ad una città militare, contrastavano con quell'idea di "romanità" che il Fascismo propugnava e che voleva esportare anche nelle colonie.

    Edited by Shagrath82 - 30/8/2014, 13:54
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    Le meteore



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    Meteora è una famosa località ubicata nel nord della Grecia, al bordo nord occidentale della pianura della Tessaglia, nei pressi della cittadina di Kalambaka. Essa è un importante centro della chiesa ortodossa, nonché una rinomata meta turistica, ed è stata dichiarata patrimonio dell'umanità dall’Unesco.

    Meteora (che significa "sospeso in aria") si caratterizza per la presenza di numerose torri naturali di roccia. Su diverse di queste torri si sono insediati dei monasteri (a loro volta detti "meteore"), caratteristici per l'ardita costruzione in cima a pareti a picco. Oggi sono funzionanti e visitabili sei monasteri (Agios Stefanos, Agia Triada, Gran Meteora, Varlaam, Roussanou e Agios Nikolaos), oltre un settimo disabitato; altri sono andati distrutti ed in parte se ne conservano le rovine.
    Fino al secolo scorso i monasteri erano raggiungibili solo con scale a pioli o con sistemi a carrucola, ora ci sono scale in muratura o scavate nella roccia la cui salita è impegnativa ma non molto faticosa, richiedendo di solito circa dieci minuti. La visita consente ai turisti di vedere alcuni luoghi dei monasteri come la chiesa e, nei più grandi, il museo. Il panorama è sempre molto suggestivo. L'ingresso ai monasteri è a pagamento (2,00 € nel 2006) e per le donne sono a disposizione dei teli da indossare a modo di gonna per coprire le gambe scoperte o i pantaloni.
    La morfologia del luogo ed in particolare le torri hanno avuto origine con l'erosione dell'arenaria. Molto probabilmente l'erosione è iniziata ad opera del delta di un fiume che 25 milioni di anni fa sboccava nel mare che copriva l’attuale pianura della Tessaglia. Poi i rilievi sono stati modellati dall'acqua e dal vento, giungendo alla formazione di quattro gruppi di torri alte fino 400 metri. Per la particolare conformazione rocciosa Meteora è oggi meta di scalatori provenienti da tutto il mondo.

    Storia

    Meteora è sede di uno dei principali raggruppamenti di monasteri della Grecia, secondo solo a quello del monte Athos.
    I primi insediamenti risalgono all’XI secolo, quando i primi eremiti occuparono alcune grotte nei fianchi dei dirupi.
    Nei pressi della formazione rocciosa detta “Dupiani”, agli inizi del XII secolo si formò una comunità di asceti che dette avvio ad uno stato monastico organizzato.
    Nel XIV secolo, allo scopo di difendersi dai turchi, furono costruiti monasteri sulle cime di rocce inespugnabili. Si narra che Athanasio, nel fondare il monastero della Trasfigurazione (Gran Meteora) con le severe regole monastiche del monte Athos, abbia chiamato “Meteoro” la roccia a base dell'edificio, dando così origine al termine di meteora ancora oggi in uso.
    Dopo un periodo di proliferazione e di ampliamento dei monasteri, il passare del tempo e le calamità, come le incursioni di vari conquistatori, condussero al declino molti di essi, in particolare dopo il XVII secolo.

    Edited by Shagrath82 - 30/8/2014, 13:57
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    Monasteri di Daphni, Ossios Loukas e Nea Moni


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    Il monastero di Daphni o Daphnion (in greco: Δάφνι o Δάφνιον) è un edificio che si trova 11 chilometri a nordovest di Atene, presso Chaidari. Il monastero è situato vicino all'omonima foresta, lungo la strada che conduceva ad Eleusi; la foresta si estende su di una superficie di poco meno di 20 chilometri quadrati.

    Storia


    Il monastero venne fondato agli inizi del VI secolo, cristianizzando il sito di un antico Santuario dedicato ad Apollo che era stato profanato dai Goti nel 395: per questo scopo vennero riutilizzate le colonne ioniche che sorreggevano il tetto del Tempio di Apollo. Di queste colonne oggi ne rimane in loco una sola: le altre sono state trasportate a Londra da Lord Elgin.
    La chiesa principale del monastero, costruita in stile bizantino nel corso dell'XI secolo, ha pianta ottagonale ed è sormontata da una cupola di notevoli dimensioni. Al suo interno sono conservati alcuni fra i più antichi mosaici del periodo dei Comneni, quando le immagini austere tipioche della dinastia macedone si stavano trasformando in uno stile più delicato, tipico della dinastia successiva.
    Dopo che il monastero venne saccheggiato dai Crociati nel 1205, Otho de la Roche (Duca di Atene) lo donò all'abbazia cistercense di Bellevaux. I monaci francesi ricostruirono l'esonartece, circondarono il complesso monasteriale con un muro difensivo ed effettuarono numerose altre modifiche, fino a che non vennero scacciati dagli Ottomani nel 1458. Lentamente la costruzione cadde in rovina. Le autorità ottomane abbandonarono il luogo nel 1821 ma i restauri non iniziarono fino al 1888.
    Nel 1990 il monastero di Daphni venne incluso nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. Nel 1999 un violento terremoto lo danneggiò pesantemente e il monastero è tuttora chiuso al pubblico per consentire i restauri di cui esso necessita.

    Ossios Loukas
    (in greco: Ὅσιος Λουκᾶς) è un antico monastero che si trova nei pressi della città di Distomo, in Beozia (Grecia). Si tratta di uno dei principali esempi dell'arte bizantina e per questa ragione nel 1990 è stato inserito nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.

    Storia


    Il monastero di Ossios Loukas si trova in una zona di particolare pregio paesaggistico, sulle pendici del monte Elicona. Venne fondato agli inizi del X secolo dall'eremita San Loukas le cui reliquie sono conservate all'interno del monastero cui egli diede il nome. San Loukas morì il 17 febbraio 953 ed è famoso per aver predetto all'imperatore bizantino la riconquista dell'isola di Creta (riconquista avvenuta poi nel 960 per mano di Niceforo Foca, divenuto a sua volta imperatore tre anni più tardi).
    Il tesoro più gelosamente custodito del monastero è la tomba del suo fondatore, originariamente situata nella cripta ma successivamente sistemata dove si uniscono le due chiese del complesso monasteriale. Questa sepoltura stillava, nella credenza popolare, il myron, una sorta di olio profumato che aveva il potere di guarire dalle malattie. I pellegrini venivano da ogni parte nella speranza dell'evento miracoloso, incoraggiati a dormire a fianco della tomba per poter essere risanati grazie al rito dell'incubazione. Questo continuo pellegrinaggio fu la principale fonte di sostentamento del monastero per secoli, permettendone anche l'ampliamento con la costruzione di nuovi edifici.
    Attorno alla tomba si trovano dei mosaici che mostrano, oltre allo stesso San Loukas, l'egumeno Philotheos nell'atto di porgere al santo un'immagine della chiesa appena costruita.

    Architettura

    La chiesa dedicata a Maria Theotokos, la più antica del complesso, è anche l'unica chiesa di cui ci sia giunta notizia che sia stata costruita nella Grecia continentale nel corso del X secolo.[1] La pianta ha la forma di un parallelogramma, molto simile a quella di Fenari Isa Cami a Costantinopoli, la più antica di questo tipo che sia stata costruita in Grecia. I muri dell'edificio sono stati costruiti secondo la tecnica dell'opus mixtum (parte mattoni, parte pietra, parte marmo) e mostra decorazioni pseudo-kufiche.
    Contigua a questa vi è una chiesa più grande, detta Katholikon, che probabilmente risale al 1011-1012. Essa è la più antica costruzione ancora esistente a cupola ottagonale, con otto pilastri eretti attorno al perimetro del naos. La cupola emisferica, senza tamburo, poggia su quattro pilastri che hanno la funzione di provvedere alla transizione dalla base ottagonale della cupola alla base quadrata dei muri della chiesa.[2] Su tutti e quattro i lati il cubo principale che costituisce la chiesa è sormontato da gallerie e cappelle.

    Decorazione


    Ossios Loukas è il più grande dei tre monasteri bizantini dello stesso periodo che sono giunti fino a noi (gli altri due sono il monastero di Daphni e il monastero di Nea Moni, anch'essi inclusi fra i Patrimoni dell'umanità), ma è l'unico ad essere dedicato ad un singolo santo militare. La profezia di San Loukas riguardo la riconquista dell'isola di Creta è commemorata dall'immagine di Giosuè sul muro esterno della chiesa: Giosuè era considerato il prototipo dei guerrieri della fede, il cui aiuto era stato fondamentale nelle guerre combattute contro gli Arabi. Il Katholikon contiene uno dei migliori esempi di mosaici risalenti alla dinastia macedone. Essi però non sono completi: manca l'originale immagine di Cristo Pantocratore all'interno della cupola e le figure degli arcangeli che normalmente si trovavano fra le finestre superiori.
    Vi sono prove che il monastero di Ossios Loukas era fra i più fastosamente decorati in tutto il regno bizantino, con sculture, superfici in oro e argento, mosaici (specialmente sulle superfici curve), dipinti, icone, candelieri, tendaggi di seta e ricchi paramenti sacri. Solo una piccola parte di tutto ciò si è conservata all'interno del complesso monasteriale, soprattutto superfici marmoree e vetrate a graticcio. Nonostante tutte le perdite subite nel corso del tempo, il Katholikon "ci dà la miglior idea possibile delle condizioni dell'interno di un edificio religioso nei primi secoli dopo la fine dell'Iconoclastia".

    Nea Moní
    (in greco: Νέα Μονή, Nuovo Monastero) è il nome di un monastero di epoca bizantina che si trova nell'isola di Chio, in Grecia. Venne costruito nel corso dell'XI secolo e dal 1990 è stato inserito, insieme ai coevi monasteri di Daphni e Ossios Loukas, nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. Il monastero è consacrato all'Assunzione della Vergine Maria.

    Edited by Shagrath82 - 30/8/2014, 13:58
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    Monte Athos



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    La Repubblica del Monte Athos (in greco Άγιον Όρος, Ághion Óros) pur appartenendo formalmente al territorio dello stato greco, che vi mantiene una sorta di governatore, è in realtà un'"entità teocratica indipendente" tanto che, nonostante la Grecia faccia parte dell'Unione Europea e abbia abolito i controlli doganali, l'ingresso è sottoposto a una particolare giurisdizione restrittiva. Per entrarvi è infatti necessario uno speciale permesso di soggiorno, il Dhiamonitirion, che permette di visitare Monte Athos per 4 giorni. Si può comunque richiedere in loco un'estensione per altri 2-3 giorni.

    Organizzazione

    Si trova nella "lingua" più orientale della Penisola Calcidica ed è abitata da circa 1500 monaci ortodossi distribuiti in 20 monasteri principali o laure, oltre a 12 Skiti (comunità di monaci singoli sorte intorno a chiese) e a circa 250 Celle, o eremi isolati. Tutte le Skiti o le Celle sono autonome per quel che riguarda la loro vita interna, ma ricadono sotto la giurisdizione di uno dei 20 monasteri principali per quel che riguarda i problemi generali della vita monastica e i problemi amministrativi.
    Ognuno dei 20 monasteri principali elegge un proprio superiore e i rappresentanti per la Santa Assemblea che esercita il potere legislativo su tutto il Monte Athos.
    L'unica città, che funge da capitale, è Karyai: qui hanno sede le istituzioni della repubblica monastica, la tesoreria, gli alloggi dei rappresentanti dei vari monasteri, la farmacia, le poste, un piccolo ospedale, alcune botteghe e una foresteria. Vi risiede anche il governatore dello stato greco. La città, al centro della penisola di Athos e a 375 mt. s.l.m., è stata costruita intorno al IX secolo, in un sito nelle cui vicinanze sorgeva nell'antichità un santuario dedicato alla dea Artemide. A Karyai è conservata il Tragos, un rotolo di pergamena redatto nel 971 dagli Igumeni dei monasteri athoniti e controfirmato e sigillato dall'imperatore Giovanni Zimisce, che sancisce l'indipendenza perpetua del Monte Athos.

    Il divieto di ingresso alle donne

    Trattandosi di un territorio abitato da monaci, per lunga tradizione a Monte Athos possono entrare solo uomini. Il controllo viene effettuato all'imbarco da Uranopoli e, se necessario, viene ripetuto all'arrivo a Dafni. Una credenza popolare a riguardo racconta che il divieto si estenderebbe anche agli animali. La notizia è infondata ma in realtà il divieto di accesso alle donne è stato così rigoroso nel corso della millenaria storia dell'Athos, che solo poche volte è stato infranto. Ciò è capitato ad esempio durante la seconda guerra mondiale, quando un gruppo di partigiani comunisti, tra cui alcune donne, entrarono nella montagna sacra in spregio alla sacralità del luogo.

    L'ospitalità monastica


    Una delle caratteristiche principali del Monte Athos è che i visitatori sono ospitati dai vari monasteri. Per questa ragione il loro ingresso è limitato e l'accoglimento delle richieste può richiedere molti mesi. Solo il 10% circa dei 30.000 visitatori annui ammessi sono stranieri. La vita interna e gli spostamenti tra i vari monasteri sono regolati dalla vita quotidiana monastica. Il tramonto, secondo l'antica consuetudine, corrisponde alla mezzanotte e i monaci si svegliano nella notte, all'ora sesta nel loro orologio tradizionale, per la preghiera. Il pranzo avviene verso le 11 e la cena verso le 17. I visitatori mangiano con i monaci e tutto si svolge in non più di 15 minuti, mentre un monaco legge le Scritture: mangiare, infatti, distrae dalla preghiera, scopo principale della loro vita. I visitatori vengono accolti al loro arrivo da un monaco che offre loukoumies, raki e acqua. Vengono poi accompagnati nella foresteria dove si dorme in camerate con servizi comuni. Naturalmente possono partecipare alle varie funzioni religiose, ed in effetti questo è quel che fanno la maggioranza dei visitatori, che si comportano da veri pellegrini ortodossi.

    Le ricche testimonianze storiche, artistiche, documentali e mistiche

    L'Athos custodisce numerosi tesori artistici: antichi manoscritti, icone e affreschi dipinti dai più illustri rappresentanti della pittura bizantina, Teofane il Greco e Manuele Panselinos. Fin dalle origini, la Santa Montagna ha ospitato mistici e maestri spirituali, i cui scritti - assieme a quelli di molti altri autori cristiani - furono raccolti nella Filocalia, una celebre antologia del XVIII secolo, la quale ha influenzato profondamente il mondo ortodosso.

    Curiosità


    Il monte Athos è una penisola. Ma vi è stato almeno un lasso di tempo, in età non geologica ma storica, in cui è stata separata dal continente divenendo, tecnicamente, un'isola. Ciò avvenne durante la seconda spedizione delle Guerre persiane, quando Serse, memore della precedente sfortunata missione navale di Mardonio, fece costruire un canale navigabile per risparmiare alla flotta persiana il periplo del promontorio, le cui insidie avrebbero potuto rivelarsi ancora una volta esiziali.
    L'esistenza della ciclopica opera idraulica, la cui memoria ci è tramandata da Erodoto, è stata a lungo messa in dubbio. Si deve a una recente ricerca archeologica, effettuata con avanzate tecniche di prospezione, la clamorosa riscoperta della sua esistenza. Con il senno di poi sarebbe bastato guardare le cose dall'alto: il Canale di Serse ha infatti lasciato una traccia ben visibile dallo spazio, persino dalle immagini satellitari a bassa definizione disponibili in rete.

    Edited by Shagrath82 - 30/8/2014, 14:02
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    Sito archeologico di Mystras



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    Mistra o Mistrà (in greco Μύστρας , Μυζηθράς Mizithras o Myzithras nella cronaca di Morea) era una città fortificata nel Peloponneso meridionale (chiamato nel medioevo Morea), alle pendici del monte Taigeto, vicino all'antica Sparta. Dista circa 8 km dalla moderna città di Sparti.

    Storia

    Nel 1249, Mistrà divenne sede del principato latino di Acaia, creato nel 1205 dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei crociati nel corso della Quarta crociata. Il principe Guglielmo II di Villehardouin, pronipote dello storico della Quarta crociata, Goffredo di Villehardouin, vi costruì un palazzo.
    Nel 1261 Mistrà fu ceduta dai latini insieme ad altre piazzeforti, come riscatto per Guglielmo II, che era stato catturato nella battaglia di Pelagonia. Michele VIII Paleologo, imperatore bizantino, fece della città la sede del Despotato di Morea. Rimase la capitale del despotato, sotto il controllo dei parenti dell'imperatore, sebbene i veneziani controllassero la costa e le isole. Mistrà e il resto della Morea conobbero una certa prosperità , se comparata alla situazione del resto dell'Impero bizantino nel 1261. Sotto il despota Teodoro, Mistrà divenne la seconda città più importante dell'impero dopo Costantinopoli e il palazzo di Guglielmo II divenne la seconda residenza imperiale.
    Mistrà fu anche l'ultimo centro di erudizione bizantina: qui infatti visse il filosofo neoplatonico Giorgio Gemisto Pletone fino alla morte, avvenuta nel 1452. E furono loro ad influenzare poprio da Mistrà il Rinascimento italiano, specialmente dopo che egli aveva accompagnato l'imperatore Giovanni VIII Paleologo a Firenze nel 1439.
    L'ultimo imperatore bizantino, Costantino XI Paleologo (che venne ucciso durante la presa di Costantinopoli da parte dei Turchi ottomani nel 1453), era stato in precedenza despota di Mistrà. Demetrio Paleologo, ultimo despota di Morea, si arrese e consegnò la città all'imperatore ottomano Mehmed II nel 1460. I veneziani conquistarono Mistrà nel 1687 e la tennero fino al 1715. Nuovamente riconquistata dai turchi, rimase nelle loro mani fino al 1832, quando fu abbandonata allorché Ottone I di Grecia decise di ricostruire l'antica città di Sparta. Mistrà si spopolò lentamente: gli ultimi abitanti lasciarono la città negli anni '50.
    Nel 1989 Mistrà, oggi monumento nazionale greco e mèta di visite turistiche, è stata dichiarata patrimonio dell'umanità dall'Unesco.

    Edited by Shagrath82 - 30/8/2014, 14:03
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    Il Pythagoreion e l'Heraion di Samo



    Heraion



    Il Pythagoreion è un antico porto fortificato che si trova sull'isola di Samo, in Grecia.

    I resti di numerose strutture di epoca greca e romana, fra cui un notevole antico acquedotto, sono stati inseriti nel 1992 nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO, insieme al vicino Heraion.

    L'Heraion di Samo è un tempio dedicato ad Era che si trova sull'isola greca di Samo, nel Mar Egeo, costruito dagli architetti Rhoikos e Theodoros nel 540 a.C.. Nel 1992 venne inserito nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO insieme al vicino Pythagoreion.
    Il tempio era un Heraion di tipo diptero, cioè circondato da una doppia fila di colonne, con un profondo pronao a tetto quadrato ed una cella chiusa dietro di esso, entrambi divisi in tre spazi uguali da due file di colonne. Queste colonne si trovavano su basamenti insoliti per l'epoca, caratterizzati da scanalature orizzontali.
    L'Heraion di Samo fu il primo dei giganteschi templi ionici, ma sfortunatamente crollò dopo appena dieci anni dalla sua costruzione, probabilmente a causa di un terremoto. Una delle statue giganti (kouros) provenienti dal tempio è conservata nel museo archeologico dell'isola.

    Edited by Shagrath82 - 30/8/2014, 14:05
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    Tempio di Apollo Epicuro a Bassae



    1280px-Bassai_Temple_Of_Apollo_Detail

    Il tempio di Apollo Epikourios è un antico tempio greco che si trova presso la città di Bassae nella regione dell'Arcadia (nel Peloponneso), in Grecia. L'edificio, inserito fra i Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO, venne costruito da Ictino, l'architetto cui si deve la costruzione del Partenone e del Tempio di Efesto, nei pressi dell'Acropoli di Atene. Secondo Pausania l'edificio fu costruito fra il 450 e il 425 a.C.. Il tempio venne eretto per esprimere riconoscenza nei confronti di Apollo, dio del sole e della salute, per aver risparmiato la città dalla pestilenza che infuriava in Grecia sul finire del V secolo a.C.

    Architettura

    Il tempio ha un allineamento nord-sud, in contrasto con la maggior parte delle costruzioni simili che sono allineate nel senso est-ovest. Ciò fu dovuto al limitato spazio disponibile: il tempio infatti sorge sul fianco di una montagna, a 1.131 metri di altezza sul livello del mare. Per superare questa restrizione fu posta una porta sul lato orientale del tempio, forse per permettere ai devoti del dio Apollo di potersi rivolgere dove sorge il sole, o forse per lasciar entrare la luce del mattino ed illuminare la statua del dio.
    Il tempio è di dimensioni relativamente modeste, con lo stilobate che misura 38,3 per 14,5 metri, con un peristilio di sei colonne per quindici, di ordine dorico. Esso venne costruito interamente in pietra calcarea dell'Arcadia, tranne che il fregio, scolpito in marmo. Come tutti i templi maggiori è dotato di 3 "stanze": un pronao, un nao (che probabilmente ospitava una statua di Apollo) ed un opistodomo. Il tempio conteneva alcune raffinatezze ottiche come quelle contenute nel Partenone, come ad esempio il pavimento incurvato.
    L'elemento più insolito di questo tempio è rappresentato dal fatto che in esso si ritrovano tutti e tre gli ordini dell'architettura classica greca: il dorico, lo ionico ed il corinzio. Le colonne doriche formano il peristilio, quelle ioniche sorreggono il porticato mentre le colonne corinzie si trovano nella parte più interna del tempio. Da notare che queste colonne mostrano il più antico esempio di capitello corinzio giunto fino a noi.
    L'esterno era relativamente poco decorato, mentre all'interno c'era un fregio continuo che mostrava i Greci in lotta con le Amazzoni e i Lapiti in battaglia con i Centauri.

    Gli scavi archeologici


    Le rovine del tempio vennero notate da viaggiatori francesi e tedeschi nella seconda metà del XVIII secolo, ma gli scavi archeologici non iniziarono prima del 1836, da parte di un gruppo russo diretto da Carlo Brullo. Parte dei ritrovamenti è oggi conservato al Museo Puškin di Mosca e al British Museum.
    A partire dal 1902 vennero condotti scavi sistematici da parte della prima società archeologica di Atene, sotto la direzione di K. Kourouniotis, K. Romaios e P. Kavvadias. Ulteriori scavi vennero condotti nel 1959, nel 1970 e fra il 1975 e il 1979.
    La distanza del tempio dalle principali vie di comunicazione ha giocato a suo vantaggio nel corso dei secoli: infatti, mentre altri templi vennero nel tempo adattati ai nuovi culti o distrutti dalle guerre, il tempio di Apollo non seguì questo destino. Inoltre, grazie alla sua distanza dalle maggiori aree metropolitane della Grecia, esso non è soggetto alle piogge acide, che sciolgono il calcare e danneggiano irrimediabilmente il marmo.
    È attualmente in corso un'importante opera di restauro.

    Edited by Shagrath82 - 30/8/2014, 14:06
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