[Tex 169-171] Sulle tracce di Tom Foster

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    Tex n. 169 , mensile
    La carica dei Navajos
    Soggetto e sceneggiatura: Gianluigi Bonelli
    Disegni: Fernando Fusco/ Erio Nicolò
    Copertina: Aurelio Galleppini

    Tex e Carson accettano di aiutare l’agente della Pinkerton Rick Anders a rintracciare Tom Foster, rapito venti anni prima dagli indiani, quando era bambino. E il fratello minore, per poter mettere le mani sull’eredità, deve accertarne l’avvenuta morte…

    In questo numero: da pag. 5 a pag. 62, si conclude l’avventura precedente (disegni di Fusco); da pag. 63 a pag. 114, "L’uomo venuto da Denver" (disegni di Nicolò).
     
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    Tex n. 170 , mensile
    Sulle tracce di Tom Foster
    Soggetto e sceneggiatura: Gianluigi Bonelli
    Disegni: Erio Nicolò
    Copertina: Aurelio Galleppini

    Seguendo la pista di Tom Foster, i pards bloccano il trafficante d’armi Bud Randolph per ottenere informazioni sul pellerossa dai capelli biondi. Il gaglioffo crede però che i rangers abbiano fiutato il piano che sta mettendo in piedi con la sua cricca: una sanguinosa rivolta comanche da rifornire con i suoi fucili! Un piano che Tex e soci sono lieti di scombinare, sfasciando il saloon di uno dei complici e facendo esplodere il magazzino dei comancheros. Intanto, nel villaggio di Lone Wolf, l’indiano bianco viene a sapere che Aquila della Notte lo sta cercando...

    Edited by Shagrath82 - 9/10/2023, 18:10
     
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    Tex n. 171 , mensile
    L'indiano bianco
    Soggetto e sceneggiatura: Gianluigi Bonelli
    Disegni: Erio Nicolò
    Copertina: Aurelio Galleppini

    Prezzolati da Shafter, capo di una banda di comancheros, un gruppo di bandidos cerca di eliminare Tex e i suoi pards. Ma i nostri resistono con tenacia fino alla carica della cavalleria. Giunto infine al campo di Lone Wolf, dopo aver convinto il sakem a lasciare il sentiero di guerra, Tex incontra “Yellow Hair” Foster: ma l’indiano bianco sceglie di restare fra i suoi fratelli rossi.

    In questo numero: da pag. 5 a pag. 104, si conclude l’avventura precedente (disegni di Nicolò); da pag. 105 a pag. 114, "Quartiere cinese" (disegni di Letteri).
     
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    Bravo come lui, nessuno mai più
    La lettura, da parte di un amico, della storia intitolata “L’uomo venuto da Denver” (Tex Gigante n.ri 169-171, novembre 1974-gennaio 1975) è stata l’occasione per parlare ancora dell’umanità di Tex e per evidenziare come Gian Luigi Bonelli sapesse far emergere in modo discreto tratti intimi della personalità del nostro Eroe.
    Nelle prime pagine vediamo Tex occuparsi di normali incombenze per un capo Navajo in tempo di pace: manda Kit e Tiger tra gli Shoshones quali inviati speciali del Dipartimento indiano e dirime i conflitti tra i pastori di Kayenta, ascoltando “le loro lagnanze e” risolvendo “i loro problemi con soddisfazione di tutti” (pag. 66 del n. 169).
    Nulla di avventuroso, dunque, anzi; Carson sembra infastidito dagli impegni di Tex, a causa dei quali non può andare a caccia o partire subito per Forte Defiance. Carson non ha certo le responsabilità di Tex (capo tribù, agente indiano, ranger, padre), e qui fa in qualche modo le veci del lettore che si chiede, e chiede a Tex, quando incomincerà l’azione.
    Ma è principalmente attraverso i dialoghi con Rick Anders, l’agente della Pinkerton che giunge alla riserva Navajo per chiedere l’aiuto di Tex, che GLB tratteggia il carattere del suo (e nostro) Eroe.
    Anders ha una lettera di presentazione di Mac Parland, il quale, evidentemente, non gli aveva spiegato che tipo di uomo fosse Tex, tanto che Anders fa due errori nell’arco di pochi minuti: offre a Tex un premio di diecimila dollari per convincerlo ad aiutarlo e, solo dopo, dinnanzi al disinteresse mostrato da Tex e Carson per il denaro, gli dà da leggere la lettera di una madre addolorata per la perdita del figlio, rapito dagli indiani vent’anni prima.
    Il volto di Tex dice più delle due battute che pronuncerà a lettura ultimata (“Perché non me l’avete data prima?”; “Il dolore di una madre non può lasciare indifferente nessuno, mister Anders. Vi è mai capitato di pensarlo?”, pag. 79 del n. 169) ed è per quel dolore, che anche Tex-padre ha provato, che decide di occuparsi della ricerca del ragazzo rapito, Tom Foster.
    La seconda scena madre si svolge a pag. 30-43 del n. 170. Ricordo che quando lessi la storia la prima volta, da bambina, ne rimasi colpita, forse un po' anche sconvolta, e in quel momento mi ritrovai a fianco di Rick Anders a pensare "Signore Onnipotente!... E sono difensori della legge!", mentre osserva allibito Tex e Carson intenti a distruggere il locale di Crane, fiancheggiatore dei Comancheros.
    Poi, però, ricordai che più che difensori della legge, i pards sono difensori della giustizia, e pensai alla crudeltà dei Comancheros che si riverberava anche nei rapporti di tutti i giorni, persino in quelli col padrone della scuderia, un negro ex soldato di cavalleria, che nel corso della storia dà ai lettori una lezione su che cos'è la gratitudine, meritandosi uno scambio di battute Tex-Carson che la dice tutta sulla loro capacità di valutare gli uomini giusti.
    Ma ciò che mi riappacificò subito con la scena che mi aveva turbata fu il monologo di Tex a pag. 46-47, anche questo sottolineato dal silenzio-assenso di Carson. Quel monologo dovrebbero ancora oggi leggerlo e rileggerlo tutti gli sceneggiatori di Tex e i lettori che cianciano tanto di "umanità". In un paio di battute mi sembrò di percepire un Tex quasi stanco di correre su e giù per il West a caccia di malfattori, ma la determinazione con cui prosegue nel resto del discorso rappresentò la promessa che Tex non si sarebbe mai arreso.
    Anche qui Tex ha il volto duro, determinato ma anche malinconico, di quando legge la lettera della madre sofferente; certe espressioni le sapeva rappresentare unicamente Nicolò attraverso la bellezza, per me rimasta inarrivabile, dei volti dei quattro protagonisti.
    Rielaborando queste note, mi sono resa conto che, banalmente, ai lettori “moderni” non importa un accidente dell’umanità di Tex: quello che vogliono è vederlo fallire quel tanto che basta affinché sia indotto a recriminare; lo vogliono vedere incapace di fare veramente giustizia (da qui, anche, la marea di “ritorni” di criminali che erano o avrebbero dovuto essere cibo per vermi); lo vogliono vedere incapace di proteggere gli innocenti; lo vogliono vedere comportarsi un po’ da stronzo saccente, da perfetto ipocrita che si rimangia le decisioni prese e le scelte fatte in passato.
    Perché il Tex di GLB è sempre stato bravo, troppo bravo. E la bravura – a taluni – ha sempre dato fastidio.
    Se qualcuno fosse interessato a leggere il post (trama e scheda storica), ecco il link a “L’uomo venuto da Denver”: www.ubcfumetti.com/tex/?IT-TX-169-171
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3 replies since 10/5/2014, 14:59   51 views
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