Genitorialità

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    Madre, donna, lesbica. What else?

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    Ecco il topic per tutti i genitori del forum. Dove ci si può confrontare e scambiare opinioni
     
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  2. ^Julia^
     
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    Bell topic. A voi neomamme vi regalo questo articolo :)

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    I primi passi nel creare il "bambino viziato" avvengono presto. Vi descrivo un comportamento tipico: la mamma si rivolge al medico, ed è già disperata, perché il bambino piange e dice testualmente: "Dottore non sopporto di sentirlo piangere" oppure "Non ho il coraggio di sentirlo piangere". Vorrei che fissaste la vostra attenzione su due aspetti. Il primo è che il pianto non è mai espressione di un serio malessere (il bambino che sta veramente male non piange, ma si lamenta!). Il secondo aspetto è che per la mamma il problema non sembra essere: "Chissà per quale ragione piange?", ma "Non sopporto di sentirlo piangere!". Per prima viene la sua motivazione personale. E quindi, invece di preoccuparsi del motivo del pianto (è una richiesta!), antepone la sua esigenza e desidera ricorrere a qualcosa che in qualche modo possa fare tacere, sia pure temporaneamente, il pianto (ecco perché qualche psicologo è così severo). Di conseguenza comincia a mettere in atto tutta una serie di azioni o accorgimenti che crede utili allo scopo di tacitare una cosa che le procura fastidio. Ed ecco che inizia la scalata al bambino viziato, che comprende piccoli e progressivi cedimenti, piccoli gradini che diventano sempre più alti e ardui da scalare.
    Le prime e più comuni tappe: dare il succhiotto, cullarlo in culla o nel lettino, tenerlo molto in braccio.
    Questi sono i primi piccoli vizi o, meglio, le prime abitudini non necessarie e soprattutto non richieste dal bambino messe in atto dagli adulti, che per la propria tranquillità trovano più comodo tacitarlo nell'immediato. In realtà però, se non si cerca di risolvere (e non è difficile) il problema che lo disturba o lo irrita, facendolo piangere, i vari palliativi usati diventeranno poco alla volta insufficienti. E allora il succhiotto deve essere intinto nel miele o nello zucchero, non è più sufficiente tenerlo in braccio, bisogna anche camminare dondolandolo (avete presente quelle mamme che passeggiano con il bambino in braccio andando avanti e indietro lateralmente!) e così si comincia la scalata verso le altre tappe:

    Bere un biberon di camomilla prima di dormire
    Bere durante la notte più volte
    Bere un biberon di latte prima di dormire
    Dormire nel letto dei genitori
    Rifiuto di mangiare alimenti diversi dal latte
    Comportamenti isterici verso gli estranei (ad esempio durante la visita pediatrica)
    Non riuscire a somministrargli nessun tipo di medicina
    Comportamento aggressivo in famiglia

    Le madri si lamentano perché questi bambini urlano, piangono appena si nega loro qualcosa. Li definiscono prepotenti e aggressivi. Molte affermano di non essere più in grado di sopportarli. La colpa purtroppo non è dei bambini, ma di chi li ha resi così insopportabili, con continue concessioni quando faceva comodo farle senza doversi impegnare a capire e soddisfare i loro fabbisogni e le loro esigenze. Era molto più comodo cedere, rendeva la vita tranquilla (come usare l'antidolorifico per il mal di denti e non curarne la causa). Queste tappe non sono altro che il risultato di accorgimenti gratificanti introdotti per stare tranquille, senza valutare che diventano cattive abitudini o semplicemente abitudini che entrano in maniera irrinunciabile nel meccanismo consolatorio del bambino. A mano a mano che i bambini crescono queste cattive abitudini aumentano e di conseguenza diventano più complessi i meccanismi presenti nel bambino viziato. Oltretutto a una certa età le concessioni assumono un prezzo sempre maggiore e per venire concordate richiedono sacrifici sempre maggiori e quindi seccature a quelle mamme che proprio per evitarle avevano dato inizio alla catena di comportamenti che hanno viziato i figli (insomma la storia del gatto che si morde la coda).
    Quando il bambino è viziato diventa più difficile recuperarlo. Utile può essere mandarlo all'asilo, ma molte volte questo bambino è rifiutato dai compagni che lo trovano insopportabile, e riceve frustrazioni che possono complicare e peggiorare ulteriormente il suo carattere.
    A questo punto per onestà intellettuale devo dire che è molto semplice per i medici (ma soprattutto per gli psicologi) accusare la mamma! È facile, seduti dietro la scrivania, "pontificare", ma poi sono le mamme che vanno a casa e hanno a che fare quotidianamente con i bambini!
     
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    Banale, ma diventare madre è stata la cosa più bella della mia vita
     
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    Ora che sono al lavoro ed ho molto da fare (cof-cof) vi racconto brevemente com'è andata.
    Il 25 mattina decidiamo di scappare dalla casa dei miei suoceri per farci un giretto a Nice, inseguendo il bel tempo. Tutto bene: passeggiata, gelato (bleah, dovrebbero mettere in galera chi spaccia falsi gelati all'italiana). verso le sei decidiamo di ripartire, peccato che Amanda si senta male. Dolori ricorrenti alla schiena, contrazioni ravvicinate. Sta per salire in macchina quando le si rompono le acque. Tempo di trovare un ospedale col navigatore e cercare di spiegarsi col personale. In più preoccupate perché si era in anticipo rispetto alla data prevista. Nella sfiga, troviamo un'infermiera di origine italiana. Ora, spiegatemi perché gli italiani all'estero sono tutti campani o calabresi. In poche parole parlavamo con una specie di ispettore Clouseau con accento napoletano. Noi convinte che Amanda avrebbe fatto il cesareo, invece scopriamo che in Francia sono molto più rigide. Dato che erano in posizione e non si presentavano complicanze, il parto sarebbe stato naturale. In poche parole, da dove ne esce uno, possono uscirne due.
    Parto veloce, alle 23 erano nati tutti e due e Amanda è stata bravissima. Io per poco mi sentivo male, lo ammetto (i racconti splatter delle amiche non rendono l'idea, servono solo a spaventare le future mamme). Sabrina, la prima, di due kg, Stefano un kg e sette. Lui filato in incubatrice per qualche giorno.
    Io ho capito di amare i miei figli il giorno dopo, quando andando alla nursey non trovo più Stefano. Dato che aveva un ittero molto forte lo avevano trasferito senza dirci nulla (per fare la fototerapia, prima di quel momento manco sapevo cosa fosse). Io ero a dir poco isterica, credo mi abbiano sentito fino a Mentone :lol: La fortuna è che ho un amico carissimo, medico, che appena ha saputo che erano nati i nostri figli, si è preso due giorni di permesso, è partito da Torino, ed è venuto giù ad aiutarci e a fare da interprete coi medici, aiutandoci e rassicurandoci (poi fa il duro, ma quando glieli mettiamo in braccio si scioglie).
    Ora dopo due settimane posso dire che
    - non si dorme un cazzo
    - farsi una doccia di 5 minuti equivale a vincere il superenalotto
    - ogni volta che esco al mattino per andare a lavorare mi sento uno schifo e mi sento dilaniata dai sensi di colpa (ma come fanno i papà ad andare al lavoro così serenamente?)
    - giuro che non riesco a capire come sia possibile che due esserini così piccoli facciano così tanta cacca :lol:

    Ah, il gatto l'ha presa benisismo e non è geloso, solo che vorrebbe dormire insieme a loro ma non è il caso
     
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    Lo ammetto: ogni volta che al mattino esco di casa e vado a lavorare mi sento terribilemnte in colpa a lasciare i bambini. Mi mancano da morire
     
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    fatti meno seghe emntali e porta a casa la pagnotta

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    ehhh...uscire di casa per lavorare e lasciare i bambini a casa è brutto anche per i papà. Solo che sappiamo esprimere peggio le nostre emozioni (e a qualche papà il lavoro è una scusa per non stare a casa coi bambini che rompono, lo ammetto)
     
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    I miei figli dimenticheranno

    Il tempo è un animale strano. Somiglia a un gatto, fa come gli pare. Ti guarda sornione e indifferente, scappa via quando lo implori di fermarsi e rimane immobile se pure lo preghi, per favore, di andare. A volte ti azzanna mentre fa le fusa, oppure ti raspa con la sua lingua ruvida. Ti graffia mentre ti sta baciando.

    Il tempo, piano piano, mi solleverà dalla fatica estenuante di avere dei figli piccoli. Dalle notti senza sonno e dai giorni senza requie. Dalle mani grassocce che ininterrottamente si aggrappano, mi scalano, mi tirano, mi frugano senza ritegno e senza remore. Dal peso che riempie le mie braccia e piega la mia schiena. Dalle voci che mi chiamano e non ammettono ritardi, attese, esitazioni. Mi restituirà l’ozio vacuo della domenica mattina, le telefonate senza interruzioni, il privilegio e la paura della solitudine. Alleggerirà, forse, il fardello della responsabilità che certe volte mi opprime il diaframma.

    Ma il tempo, inesorabilmente, raffredderà di nuovo il mio letto, adesso caldo di corpi piccoli e respiri veloci. Svuoterà gli occhi dei miei figli, che ora traboccano di un amore poderoso e incontenibile. Toglierà dalle loro labbra il mio nome urlato, cantato, sillabato e pianto cento, mille volte al giorno. Cancellerà – un po’ alla volta oppure all’improvviso – la familiarità della loro pelle con la mia, la confidenza assoluta che ci rende praticamente un corpo solo. Con lo stesso odore, abituati a mescolare i nostri umori, lo spazio, l’aria da respirare. Subentreranno, a separarci per sempre, il pudore, il giudizio, la vergogna. La consapevolezza adulta delle nostre differenze.

    Come un fiume che scava l’arenaria, il tempo minerà la fiducia che mi rende ai loro occhi onnipotente. Capace di fermare il vento e calmare il mare. Riparare l’irreparabile, guarire l’insanabile, resuscitare dalla morte.

    Smetteranno di chiedermi aiuto, perché avranno smesso di credere che io possa in ogni caso salvarli. Smetteranno di imitarmi, perché non vorranno diventare troppo simili a me. Smetteranno di preferire la mia compagnia a quella di chiunque altro, e guai se questo non dovesse accadere.

    Sbiadiranno le passioni – la rabbia e la gelosia, l’amore e la paura. Si spegneranno gli echi delle risate e delle canzoni, le ninne nanne e i C’era una volta termineranno di risuonare nel buio.

    Con il tempo, i miei figli scopriranno che ho molti difetti, e, se sarò fortunata, ne perdoneranno qualcuno.

    Saggio e cinico, il tempo porterà con sé l’oblio. Dimenticheranno, anche se io non dimenticherò.
    Il solletico e gli inseguimenti (“Mamma, ti prendo io!”), i baci sulle palpebre e il pianto che immediato ammutolisce con un abbraccio. I viaggi e i giochi, le passeggiate e le febbri alte. I balli, le torte, le carezze mentre si addormentano piano.

    I miei figli dimenticheranno. Dimenticheranno che li ho allattati e cullati per ore, portati in fascia e tenuti per mano. Che li ho imboccati e consolati e sollevati dopo cento cadute. Dimenticheranno di aver dormito sul mio petto di giorno e di notte, che c’è stato un tempo in cui hanno avuto bisogno di me quanto dell’aria che respirano.

    Dimenticheranno, perché è questo che fanno i figli, perché è questo che il tempo pretende.

    E io, io, dovrò imparare a ricordare tutto anche per loro, con tenerezza e senza rimpianto. Gratuitamente. Purché il tempo, sornione e indifferente, sia gentile abbastanza con questa madre che non vuole dimenticare.
     
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    Quindici motivi per fare un figlio


    Per osservare da lontano i suoi occhi che ti cercano nella folla e all’improvviso ti riconoscono.

    Per sentire il suo corpo farsi sempre più pesante tra le tue braccia mentre lentamente si abbandona al sonno. E pensare che chi ha inventato la parola fiducia, probabilmente, aveva appena avuto un bambino.

    Perché ti farà capire quanto siano sopravvalutate cose come il pudore, la coordinazione nel ballo e i pavimenti puliti.

    Perché verrà il giorno in cui, uscendo in strada al mattino presto nell’aria fresca di una stagione di mezzo, lui o lei alzerà lo sguardo e punterà il dito verso il cielo con lo sguardo pieno di meraviglia. E tu ricorderai che certe volte la luna indugia un po’ più del solito prima di tramontare.

    Per fare una selezione definitiva tra quelli che chiami amici.

    Perché ti insegnerà da capo un sacco di cose che sapevi quando eri piccolo, ma che negli anni hai dimenticato senza accorgertene. Come farsi rincorrere dalla propria ombra, cucinare torte col fango, erigere torri tremolanti coi ciottoli di fiume e far volare aquiloni di carta igienica (oltre a una vastissima gamma di onomatopee).

    Per scoprire che il tuo esempio non potrà cambiare il mondo, ma di certo può decidere il destino di una persona.

    Perché niente ti ricorda che sei un animale come osservare quotidianamente un bambino nel suo primo anno di vita.

    Perché sarà bello convincersi per un po’ di essere in grado di compiere miracoli (far passare il dolore col tocco di un bacio, riportare in vita bambole moribonde o ricostruire in pochi minuti castelli di mattoncini distrutti da un trenino deragliato in una curva azzardata).

    Perché ti insegnerà senza saperlo la differenza tra orgoglio e protervia.

    Per chiarire definitivamente che se parte un mambo, tu devi ondeggiare il bacino.

    Per capire come valga davvero la pena passare il tempo. E cioè, ad esempio, seguendo il riflesso del sole su un muro, osservando la corsa delle nuvole in cielo, allestendo spettacoli di ombre cinesi, contando i fili d’erba in un prato.

    Per ridere insieme fino a farsi venire il mal di pancia, oppure trattenere a stento una risata davanti a un’espressione tanto seria quanto buffa, o a una parola storpiata in modo adorabile.

    Perché se gli adulti, a volte, perdonano il male ricevuto, i bambini spesso se ne dimenticano.

    Per scoprire che puoi davvero temere la sofferenza di un’altra persona più del tuo stesso dolore e godere della sua felicità come se fosse la tua. E se questo non si chiama amore, io non saprei proprio come definirlo.
     
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    CITAZIONE (_Katia_ @ 25/9/2015, 18:35) 
    I miei figli dimenticheranno

    Il tempo è un animale strano. Somiglia a un gatto, fa come gli pare. Ti guarda sornione e indifferente, scappa via quando lo implori di fermarsi e rimane immobile se pure lo preghi, per favore, di andare. A volte ti azzanna mentre fa le fusa, oppure ti raspa con la sua lingua ruvida. Ti graffia mentre ti sta baciando.

    Il tempo, piano piano, mi solleverà dalla fatica estenuante di avere dei figli piccoli. Dalle notti senza sonno e dai giorni senza requie. Dalle mani grassocce che ininterrottamente si aggrappano, mi scalano, mi tirano, mi frugano senza ritegno e senza remore. Dal peso che riempie le mie braccia e piega la mia schiena. Dalle voci che mi chiamano e non ammettono ritardi, attese, esitazioni. Mi restituirà l’ozio vacuo della domenica mattina, le telefonate senza interruzioni, il privilegio e la paura della solitudine. Alleggerirà, forse, il fardello della responsabilità che certe volte mi opprime il diaframma.

    Ma il tempo, inesorabilmente, raffredderà di nuovo il mio letto, adesso caldo di corpi piccoli e respiri veloci. Svuoterà gli occhi dei miei figli, che ora traboccano di un amore poderoso e incontenibile. Toglierà dalle loro labbra il mio nome urlato, cantato, sillabato e pianto cento, mille volte al giorno. Cancellerà – un po’ alla volta oppure all’improvviso – la familiarità della loro pelle con la mia, la confidenza assoluta che ci rende praticamente un corpo solo. Con lo stesso odore, abituati a mescolare i nostri umori, lo spazio, l’aria da respirare. Subentreranno, a separarci per sempre, il pudore, il giudizio, la vergogna. La consapevolezza adulta delle nostre differenze.

    Come un fiume che scava l’arenaria, il tempo minerà la fiducia che mi rende ai loro occhi onnipotente. Capace di fermare il vento e calmare il mare. Riparare l’irreparabile, guarire l’insanabile, resuscitare dalla morte.

    Smetteranno di chiedermi aiuto, perché avranno smesso di credere che io possa in ogni caso salvarli. Smetteranno di imitarmi, perché non vorranno diventare troppo simili a me. Smetteranno di preferire la mia compagnia a quella di chiunque altro, e guai se questo non dovesse accadere.

    Sbiadiranno le passioni – la rabbia e la gelosia, l’amore e la paura. Si spegneranno gli echi delle risate e delle canzoni, le ninne nanne e i C’era una volta termineranno di risuonare nel buio.

    Con il tempo, i miei figli scopriranno che ho molti difetti, e, se sarò fortunata, ne perdoneranno qualcuno.

    Saggio e cinico, il tempo porterà con sé l’oblio. Dimenticheranno, anche se io non dimenticherò.
    Il solletico e gli inseguimenti (“Mamma, ti prendo io!”), i baci sulle palpebre e il pianto che immediato ammutolisce con un abbraccio. I viaggi e i giochi, le passeggiate e le febbri alte. I balli, le torte, le carezze mentre si addormentano piano.

    I miei figli dimenticheranno. Dimenticheranno che li ho allattati e cullati per ore, portati in fascia e tenuti per mano. Che li ho imboccati e consolati e sollevati dopo cento cadute. Dimenticheranno di aver dormito sul mio petto di giorno e di notte, che c’è stato un tempo in cui hanno avuto bisogno di me quanto dell’aria che respirano.

    Dimenticheranno, perché è questo che fanno i figli, perché è questo che il tempo pretende.

    E io, io, dovrò imparare a ricordare tutto anche per loro, con tenerezza e senza rimpianto. Gratuitamente. Purché il tempo, sornione e indifferente, sia gentile abbastanza con questa madre che non vuole dimenticare.

    benvenuti all'angolo delle banalità delle mamme italiche
     
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    mi raccomando, educate i vostri figli al rispetto e all'eguaglianza tra i sessi :)
     
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    Madre, donna, lesbica. What else?

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    CITAZIONE (Divine Conspiracy @ 11/10/2015, 13:11) 
    mi raccomando, educate i vostri figli al rispetto e all'eguaglianza tra i sessi :)

    ahahah...lo spero vivamente
     
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    CITAZIONE (Asche_zu_Asche @ 25/9/2015, 18:55) 
    benvenuti all'angolo delle banalità delle mamme italiche

    :quoto:
     
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    CITAZIONE (necronomicon @ 12/10/2015, 08:48) 
    CITAZIONE (Asche_zu_Asche @ 25/9/2015, 18:55) 
    benvenuti all'angolo delle banalità delle mamme italiche

    :quoto:

    sono d'accordo. Io amo mio figlio, il primo pensiero è sempre per lui. Però un giorno andrà via, dovrà essere indipendente, e non posso passare la mia vita a ricordare quando era piccolo e passavo le notti in bianco. Se lo ami lo fai senza pensare e senza farlo pesare a lui e agli altri
     
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