IL VINILE - Il morto è ritornato dal suo funerale

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    Quando, a partire dalla metà degli anni 80, il formato CD cominciò ad imporsi sul mercato, tutti diedero il glorioso vinile rapidamente per morto. Superato dall'incredibile fedeltà della riproduzione al laser, priva di superfici di contatto col supporto che provocavano inevitabilmente dei rumori di fondo -il classico fruscio- il povero, derelitto, glorioso vinile sembrava avviato rapidamente all'estinzione nel disinteresse generale. Di più: tutti sembravano indifferenti alla sua sorte, addirittura contenti di liberarsi di un compagno non solo (in)fedele, ma ormai ritenuto ingombrante, scomodo, fragile e soprattutto fuori dal tempo. Tanti di loro furono venduti, chiusi in uno scatolone, regalati o addirittura buttati senza alcuna remora o rimpianto. Solo nel 1978 il vinile aveva stabilito il suo record di vendite con oltre un miliardo di pezzi venduti in tutto il mondo, che nell'arco di meno di una decade veniva già dato per spacciato. Molti anni dopo però, ci si cominciò ad accorgere non solo che il CD non era poi tutta questa gran cosa. Più che altro in termini di soddisfazione morale post-acquisto a causa di testi difficili da leggere, artwork mortificati dal formato esiguo, etc. Oltre a ciò, il vituperato vinile non soltanto consentiva invece di usufruire al massimo dell'uno e dell'altro aspetto di un album, ma nella percezione di molti offriva un suono molto più caldo ed umano. Anche al netto dello "schrrrrr" della puntina che graffiava i microsolchi per riprodurre l'ingegno musicale dei nostri artisti preferiti. Lentamente, l'atteggiamento di tanti cominciò a cambiare e da boia, il CD si è adesso ritrovato ad essere il condannato, a sua volta segnato dall'affermarsi del fenomeno della smaterializzazione dei supporti. Il tutto senza contare quello zoccolo durissimo di esaltati, costituito in buona parte da metallari e rockers vari, che mai aveva abbandonato l'amore della gioventù. Fino a quando...

    COME SDOPPIARSI GUIDANDO UNA MANOR
    La notizia era forse nell'aria, anche se per i più attenti alle evoluzioni dei gusti e del mercato la sorpresa è solo relativa: accanto ad un aumento esponenziale degli ascolti in streaming (nel 2015 +93% rispetto al 2014, che a sua volta registrava un +74% sul 2013, ma con i vinili che segnavano ugualmente un +30% - Fonti: Fimi - DDay.it) che risulta un servizio "di assaggio" fecente da traino alle vendite dei 33 giri, gli acquisti dei vinili nel mercato della Gran Bretagna hanno superato i download digitali. Insomma: quel pilota stradoppiato che guida una macchina assolutamente non competitiva è riuscito a rimontare tutti ed a rimettersi in corsa. L'eco di quanto sopra è stato eclatante ed i vari mezzi di informazione, sia cartacei che digitali, hanno concesso grande spazio alla vicenda. Tra le tantissime fonti disponibili, è un articolo comparso lo scorso Dicembre su Repubblica.it a fornirci lo spunto iniziale per riavviare la discussione e fare il punto della situazione a distanza di qualche anno. Già, perché della questione allora ancora in itinere, le cui prospettive erano ancora embrionali, Metallized.it si era già occupata circa sette anni fa sia in un articolo espressamente e romanticamente dedicato al vinile, che, inquadrando la situazione nel suo complesso, ad una mini-serie sulla smaterializzazione dei supporti del 2011.

    VINILI PARALLELI
    Andando al pratico, secondo le stime della Entertainment Retailers Association, il vinile è ritornato ad essere "un prodotto molto attraente" le cui vendite, come detto, hanno superato gli incassi dei formati digitali. Durante le settimane precedenti alla pubblicazione dell'articolo, infatti, secondo Repubblica.it

    in Gran Bretagna le vendite del vinile hanno superato quelle dei download digitali: 2.4 milioni di sterline contro i 2.1 milioni del digitale. Nella stessa settimana del 2015, per il vinile vennero spesi 1.2 milioni di sterline contro i 4.4 milioni per il formato digitale. A parte la settimana del Record Store Day, lo scorso aprile, è la prima volta che il vinile vende più del digitale.

    Proseguendo nella lettura si apprende, inoltre, che:

    Kim Bayley, direttrice generale della ERA, ha legato il boom di acquisti allo shopping natalizio, sottolineando però l'importanza che la veste grafica e la qualità suono rivestono per gli acquirenti degli album. "Il vinile è un prodotto molto più attraente dei download digitali", ha dichiarato Bayley, "ed è anche aiutato dai supermercati (in Gran Bretagna sono in vendita in grandi catene come Tesco e Sainsbury, ndr) che ormai hanno in stock il vinile. Questo non solo incrementa il mercato esistente, ma ne crea di nuovo”.

    e già da questi primi stralci qui riportati è possibile trarre alcune considerazioni. Tenendo presente che quando si parla di "mercato", non si intende solo quello relativo a costi e ricavi delle etichette e degli artisti che escono su 33 giri, ma anche della creazione o della riconversione di negozi dedicati al vinile che, addirittura, sostituiscono quelli di CD e di molto altro. Se pensiamo a cosa si diceva solo pochi anni fa circa i due formati, sembra quasi di essere in un universo parallelo.

    IOVANI E VECCHI; AGGRAPPATI ALL'AMORE NERO
    Intanto, la situazione è cambiata repentinamente e lo ha fatto nell'arco di un solo anno. Un mercato che vedeva il vinile in ripresa, ma ancora ben distanziato nei ricavi rispetto al formato digitale, è stato stravolto da un allungo prepotente del microsolco che ha recuperato un gap ancora notevole ed è passato a condurre. Inoltre, il discorso relativo alla maggiore "comunicativa" ed ai vantaggi della fisicità rispetto all'immateriale in termini di appagamento interiore, unitamente al fatto che le grandi catene di distribuzione hanno fiutato l'affare, ha di fatto alimentato e (ri)creato un mercato sul quale quasi nessuno avrebbe scommesso. Dopo aver registrato anche il frettoloso passo indietro delle etichette, le quali non si limitano a stampare su vinile i lavori nuovi dei nomi più mainstream, ma hanno ampliato l'offerta sia per generi che per periodi temporali, l'articolo snocciola alcuni dati relativi a mercati extra-U.K.:

    negli Stati Uniti si è passati dai 4 milioni di pezzi venduti nel 2011 ai 13 milioni del 2014, mentre in Italia, nei primi sei mesi del 2016, si è registrato un +43% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Il vecchio 33 giri oggi raccoglie quasi 3,5 milioni di euro contro i 2,4 della prima metà dello scorso anno, portando la quota di mercato dei “dischi” al 5% del totale.

    Seguendo il trend, già mentre state leggendo il mercato U.S.A. dovrebbe essere arrivato attorno al 10% ed in Italia si prevede di arrivarci nei prossimi anni. Da qui altre considerazioni non marginali. L'aumento totale delle vendite negli Stati Uniti ha superato il 200% dopo che tra il 93 ed il 94 aveva toccato il punto più basso (Fonte: Wired.it), ed anche il +43% su base semestrale registrato qui da noi ha il suo peso. Restando il Italia, è vero che l'incidenza effettiva del vinile sul mercato globale della nazione è pari al 5% (solo un anno fa era il 4%, con un più 75% registrato a Novembre 2015 - Fonte: DDay.it), fermandosi ancora ad una soglia che non determina certamente le scelte complessive dell'industria di settore, ma è anche vero che la tendenza è costante e bisogna tenerne debito conto. Soprattutto perchè sembra inevitabilmente destinata ad aumentare dato che, come lo stesso articolo nota in chiusura, ad essere interessati al vecchio "disco" non solo solo gli over 50 refrattari alla modernità ed alla tecnologia come ci si aspetterebbe d'istinto, ma soprattutto

    Moltissimi teenagers e under 25 che vogliono ascoltare i loro artisti preferiti attraverso oggetti più seducenti e più collezionabili

    dato che

    "E' molto difficile dimostrare il proprio amore per un musicista senza avere qualcosa a cui aggrapparsi".

    GENERAZIONE Y E GENERAZIONE O(VER)
    Tutto questo, infatti, fornisce un ulteriore, fondamentale spunto al dibattito. Soprattutto considerando che secondo un sondaggio dell'ente di ricerca britannico ICM risalente allo scorso Aprile, che conferma appunto che proprio i più giovani sono adesso i maggiori acquirenti di dischi in vinile. Per la precisione e considerando nel calderone delle vendite sia il nuovo che l'usato e le ristampe, è proprio la fascia di età 18-24 a segnalarsi per le cifre spese. Il ritorno del vinile si basa, pertanto, in buona parte sulla sua scoperta da parte dei millennials più tardivi. Di conseguenza, quello che è in pieno fermento è un mercato destinato inevitabilmente a crescere. Lo farà perché conserverà ancora per un pezzo gli over 50 di cui sopra, che sono una categoria molto numerosa e sfrutterà proprio l'inserimento sulla scena di un numero di giovani che aumenterà per un pezzo, visto che ogni nuovo fenomeno che si scopre, avente una base davvero solida (la comunione di intenti tra adulti/anziani e giovanissimi ed anche se riferirsi al vinile come "nuovo fenomeno" è davvero strano), garantisce una duratura tendenza alla crescita. Almeno per alcuni anni. Questo produce anche un fenomeno sociologico piuttosto curioso del quale parleremo nella parte finale del pezzo insieme ad un grosso "MA" che lo accompagna. La grande risposta fornita dalla fascia di età della Generazione Y, ha inoltre prodotto una strana, ma inevitabile fusione tra passato analogico e presente digitale. Ciò con il fiorire di una serie di App dedicate alla condivisione della propria collezione di vinili in rete, il commercio/scambio e la possibilità di ascoltare la musica con "effetto vinile" sul proprio cellulare. Non manca, poi, quella fondamentale di poter ascoltare delle anteprime dei dischi che si stanno valutando, magari mentre si passeggia in un mercatino, laddove il vinile che si sta puntando non sia da noi conosciuto.

    UN TIPICO PIATTO RUSSO
    Il tutto innesta una spirale per cui, viste le vendite in costante aumento, sono gli stessi artisti ed a prescindere da quanto apprezzino realmente il vinile, a fare pressione sulle etichette affinché stampino i propri lavori su questo formato. Un altro indice del rifiorire dell'interesse sul vinile è fornito da un dato che in sé è fortemente negativo per tutto ciò che implica, ma che è comunque paradigmatico. Mi riferisco all'entrata in scena di soggetti che operano nell'illegalità, perlopiù dalla Russia e da alcuni altri paesi, producendo vinili pirata e/o falsi per soddisfare una richiesta collezionistica che in certi casi diventa quasi parossistica. Questo ed altro potrebbe produrre un lungo dibattito circa la reale qualità audio di molti dei prodotti attualmente in commercio, ma questa potrebbe essere materia di un diverso e specifico scritto. Chiaramente questo non solo inquina la scena del collezionismo, ma provoca un forte danno economico ad etichette che, talvolta, operano come licenziatarie di labels più grosse e dispongono di liquidità limitatissime. Per completare il quadro economico della vicenda, va anche aggiunto che il mercato del vinile sta contribuendo non solo alla sopravvivenza dei pochi negozi di dischi indipendenti rimasti, ma addirittura all'apertura di nuovi punti vendita con la creazione di relativi posti di lavoro. Questo, almeno, in Gran Bretagna, dove si apprende che i negozi di tal fatta -circa 300- nel primo semestre del 2016 hanno venduto 1.318.542 copie (+44% su base annua) in un contesto che vede un calo complessivo delle vendite dell'1,5%. Infine, c'è da rilevare l'effetto collaterale del ritorno in campo dei giradischi. Non solo quelli mai abbandonati o riesumati dalla cantina di papà, ma anche di quelli di nuova produzione. Dapprima modelli supereconomici per approfittare dell'inesperienza degli acquirenti e poi sempre più di alta qualità fino alla notizia che dal prossimo Giugno, dopo sei anni di stop la Technics avvierà nuovamente la produzione dell'SL-1200, uno dei prodotti più amati di sempre. Ma ogni grande marca ha in catalogo piatti di alto livello tecnico che vende quasi sempre a caro prezzo. Sorvoliamo poi sul contorno costituito da ampli, diffusori, etc. Tutto ciò produce ovviamente un concreto ritorno economico. Ma c'è chi si muove imprenditorialmente anche in altro modo e sempre cercando di ottenere un ricavo dall'unione del moderno con la tradizione.

    TRADUZIONI MOLTO CARE, TIRATURE MOLTO LENTE
    In Olanda, per esempio, una startup di nome Vinyliyf si occupa di "tradurre" su vinile le canzoni da voi preferite, al prezzo di 50 euro più spese di spedizione per il vostro disco in copia unica. E non è che una delle tante che punta sul vinile nero. Ma a proposito dell'industria, è da rimarcare un altro dato che ha dell'incredibile. Talmente repentina era stata la presunta fine del comparto del vinile e così per certa era stata data, che le fabbriche che materialmente producevano i dischi avevano chiuso i battenti. Di conseguenza, non solo si erano persi posti di lavoro, ma anche professionalità di settore e macchine che, una volta spente e lasciate al loro destino per sopraggiunta inutilità, si erano rapidamente ammalorate senza essere sostituite. La nuova, prepotente richiesta, quindi, si scontra anche con la difficoltà materiale di produrre i nuovi pezzi data la presenza di appena una ventina di fabbriche in tutto il mondo. Fatto che deprime il tasso di crescita di una nicchia di mercato che, in assenza di tale problema, avrebbe numeri ancora più alti. Si pensi che i tempi di lavorazione di una tiratura in vinile si aggirano sui sei mesi, un lasso temporale poco compatibile con le normali esigenze di un mercato digitale che è istantaneo per definizione. Le nuove macchine, dopo la perdita della grandissima parte di quelle vecchie ed ormai obsolete, costano qualcosa come oltre 300.000 euro. Una cifra non certo alla portata di tutti che blocca molti dei nuovi soggetti imprenditoriali potenzialmente interessati alla questione. Una delle fabbriche rimaste, comunque, è ubicata a Settala, nei dintorni di Milano e negli ultimi tempi ha triplicato la sua produzione standard. In buona parte soddisfacendo tirature da 500/1000 pezzi per volta per band rock-metal, fino ad arrivare a tirarne fino a 6000 al giorno.

    22.000 x 1
    Partendo sempre dallo stesso articolo che ha dato il LA a quello che state leggendo e procedendo per link disponibili, si scopre che l'impatto del rifiorire dell'interesse per il vinile ha prodotto altri risultati i quali, presi singolarmente, possono significare relativamente poco se non in termini di "immagine del supporto", ma una volta interpolati forniscono ulteriori particolari ad un quadro d'insieme sempre più interessante. A New York la biblioteca musicale, un ente che opera in regime di autofinanziamento, allo scopo di raccogliere i fondi necessari alla sua sopravvivenza ha offerto al pubblico 22.000 vinili facenti parte della sua collezione. Quando si mette in vendita qualcosa a buon prezzo -nella fattispecie: un dollaro per album in molti casi ancora cellofanati- è ovvio attendersi un certo interesse da parte del pubblico, ma una chilometrica fila davanti alla New York City Public Library for the Performing Arts, composta in buona parte da giovani che ha richiesto giorni per essere smaltita, ha comunque destato una certa impressione. Anche per l'isteria con la quale gli intervenuti cercavano di accaparrarsi i pezzi migliori. Perfino la defunta sede storica di HMV in Oxford Street, inaugurata nel 1921 alla presenza del compositore Sir Edward Elgar -erano i tempi del grammofono e non c'erano ancora i dischi in vinile- visitata da Brian Epstein per farsi stampare i primi provini su vinile di un gruppetto di nome Beatles per la Decca, ha riaperto i battenti, pur più piccola di un tempo. Sempre dalla vecchia Londra, arriva anche la notizia dell'apertura della Vinyl Library, la libreria del vinile. Per il corrispettivo di appena una sterlina è possibile iscriversi, mettere a disposizione la propria collezione ed avere accesso in prestito a quelle degli altri iscritti.

    The Vinyl Library è partita molto bene: già in molti, infatti, hanno deciso di regalare le proprie collezioni: la più grande donazione è statadi 300 dischi mentre qualcosa è arrivato anche d’oltreoceano(più precisamente da New Orleans). Un aspetto interessante,come sottolinea Sophie Austin, è quello che le persone
    potranno far alloggiare i loro dischi, senza doversi preoccupare di
    trovare del nuovo spazio nelle proprie case o decidere di sbarazzarsene. Le due fondatrici hanno anche dichiarato di voler fare di The VinylLibrary non solo un luogo di scambio di oggetti, ma un vero e proprio luogo di incontro dove le persone possano incontrarsi,
    ascoltare musica insieme (come si faceva una volta intorno ad un unico giradischi) e scambiare opinioni e conoscenze: creare, insomma, una comunità che condivida l’idea di un sound dal sapore retrò e che possa dare vita anche ad altre iniziative, come laboratori musicali, proiezioni di film e documentari inerenti il mondo della musica.


    (Lifegate.it)

    Tutti quelli appena citati sono casi che singolarmente non sono troppo indicativi, ma risultano certamente indicatori di una certa tendenza globale. Del resto, quanti di noi abitano in una città medio-grande o comunque dotata di un centro commerciale che ospita certe catene, può osservare da solo come anche qui, presso gli spazi occupati da certi marchi, sono ormai da tempo usuali i corners dedicati al vinile. Ancora una volta, non che sia qualcosa di rilievo assoluto, ma è un altro sintomo della situazione generale.

    ZEROVIRGOLAROCK
    Volendo trarre alcune conclusioni, che per forza di cose potranno essere riviste tra alcuni mesi alla luce dei nuovi dati, ci sono delle cose che però vanno necessariamente osservate a prescindere dai numeri, pure importantissimi. Questo se si vuole analizzare globalmente una tendenza culturale e di mercato. A tale proposito, voglio sottolineare alcuni aspetti in particolare. Pur non potendo ancora contare su grandissimi numeri in assoluto (negli U.S.A. il maggior rivenditore di vinili è diventata una catena di abbigliamento hypster -Urban Outfitters, in partnership con Crosley- che ne ricava uno "zerovirgola" del suo fatturato totale; In Italia il 5% non determina certo i ricavi complessivi del settore, etc.) e pur considerando che forse mai ne farà anche se la crescita è destinata a durare, ci sono dei sottoindicatori socio-culturali sui quali vale la pena di riflettere. Sempre il sito DDay.it riprendendo i dati ufficiali ci informa che, per quanto riguarda i dati aggiornati al 2014 nelle vendite dei vinili:

    Il rock è l’assoluto dominatore con il 68% di tutte le vendite di LP, e chi ne ha giovato di più sono i piccoli negozi di dischi indipendenti che hanno ottenuto il 45% di tutte le vendite.

    DEI JOVANOTTI TRA DUE ANZIANI ED UN CANE CHE MORDE
    Quanto sopra introduce elementi di valutazione della situazione che possono fornire molti spunti di discussione negli eventuali commenti da parte vostra. Intanto, a dispetto di una classifica italiana che si vuol spesso far credere sia dominata dagli stessi nomi di quella digitale mentre ciò non risponde al vero, è il rock che a livello mondiale tiene davvero in vita il vinile. Questo, oltre a fornire linfa vitale per la sopravvivenza dei piccoli negozi -che spesso, però, trattano anche e soprattutto l'usato- chi continua a comprare copie fisiche, così come avviene per i CD, sono i veri appassionati. Ossia quelli del Jazz, della Classica e del Rock in tutte le sue declinazioni. Generalizzando molto: noi. Per quanto riguarda i nomi e circoscrivendo il discorso all'Italia (ma le cose non sembrano sostanzialmente cambiare rivolgendo lo sguardo oltre confine), è forse utile pubblicare la classifica delle vendite dei vinili in Italia, ripristinata dalla FIMI a Gennaio 2016. Si badi bene che al momento in cui sto scrivendo l'articolo, ossia a Dicembre 2016, è disponibile solo il dato complessivo del 2015 ma, forse, al momento in cui leggerete sarà disponibile quella del 2016. Eventualmente, questa sarà aggiunta ex post. Ma andiamo a dare un'occhiata:

    Classifica FIMI 2015
    1. Rattle That Lock - David Gilmour
    2. Lorenzo 2015 CC. - Jovanotti
    3. The Dark Side Of The Moon - Pink Floyd
    4. Led Zeppelin IV - Led Zeppelin
    5. The Wall - Pink Floyd
    6. Led Zeppelin III - Led Zeppelin
    7. Wish You Were Here - Pink Floyd
    8. The Endless River - Pink Floyd
    9. The Division Bell - Pink Floyd
    10 Led Zeppelin - Led Zeppelin

    Sembra tutto fantastico, no? Solo Jovanotti a fare da incomodo in una classifica che per il resto vede solo la presenza di illustri, indiscutibili classici del rock. Ci sarebbe da fare salti di gioia, se non fosse che ci sono solo classici e, praticamente, solo due band per nove posti con appena due dischi di nuova uscita. Dicevamo del raffronto con l'estero. Ebbene: troviamo solo una quantità non troppo superiore di novità (Adele, Taylor Swift e pochi altri) e nomi diversi tra le riedizioni di vecchi classici (Beatles, Rolling Stones, Elvis, etc.), ma comunque, classici. Ciò vuol dire che, a prescindere dal piacere che può farci il notare come certe cose restino sempre punti fermi, i nuovi gruppi che pure spessissimo decidono di uscire anche su vinile, non vengono praticamente considerati dal pubblico generalista. Certo, è chiaro che anche le tirature delle nuove proposte, in tantissimi casi a cura di piccole etichette dalle possibilità limitate, sono molto inferiori a quelle delle ristampe dei gruppi storici. Ma fino a che punto questo dipende semplicemente dalle ristrettezze economiche dei gruppi stessi e delle labels, o non già dal disinteresse della gente che ne determina appunto la poca disponibilità economica? E quanto questo disinteresse -parlo sempre del pubblico più generalista- deprime in modo decisivo la possibilità per le nuove leve di proporre la propria musica e contribuisce a tenere sempre alti i prezzi dei vinili? Quanto tutto questo contribuisce quindi alla creazione di un immane cane intento a divorare la propria coda, fino a quando non esisterà più nemmeno quella?

    INDIGESTI CINEPANETTONI MUSICALI
    Andiamo avanti: Abbiamo detto che ormai anche i grandi nomi decidono spesso di far uscire le proprie opere su vinile e che i giovani/giovanissimi si rivolgono sempre più a questo storico formato. Per quanto riguarda il primo punto, è da rilevare come proprio le vendite in ambito rock abbiano contribuito in modo determinante a risollevare questo mercato e, per diretta conseguenza, abbiano oltretutto consentito alle realtà mainstream di poter contrattare con le etichette le loro uscite viniliche con ragionevoli argomenti a sostegno delle loro richieste. Si badi bene: sempre con numeri da "zerovirgola" o poco più rispetto al totale delle vendite e, quindi, più per un fatto di immagine che altro. Al netto di tutto ciò, però, un intero comparto del mercato, quello dei "cinepanettoni della musica", deve di fatto la sua esistenza al fiorire di quello specializzato e non viceversa. Questo però, è uno dei tanti motivi che se non superati, confinerà la quota di mercato del vinile in un ambito sempre contenuto, oltre a quelli tecnologico-sociali. Volendo ancora una volta dare dei numeri unendo il tutto ad un approccio culturale alla situazione, è Wired.it a venirci in aiuto con le seguenti considerazioni che non fanno altro che confermare le nostre tesi:

    Il pluripremiato Random Access Memories dei Daft Punk, per fare un esempio, negli Stati Uniti, ha venduto solo 50mila copie in vinile. Nel momento in cui 25, l’album di Adele, ha toccato quota 7 milioni di copie vendute in formato digitale, sfiorava le 116mila copie col vecchio supporto analogico.

    NON PER SOLDI, MA PER AMORE. IL RICHIAMO DELLA LUNA
    Sempre da Wired.it:

    Da qui, prende piede l’idea che il rinnovato mercato dei vinili dipenda quasi esclusivamente da due nicchie: quelle degli appassionati di mezza età, legati al supporto con cui hanno spolpato musica dagli anni ’70 a quelli ’80 e i DJ con la necessità di un approccio più fisico al mestiere. Non è un caso che, oggettivamente, i vinili di nuova uscita abbiano prezzi piuttosto alti: sono dedicati a un pubblico con occupazione stabile e discrete possibilità economiche. Anche perché, oggi, produrre vinili non può essere economico: in tutta Europa c’è solo una decina di impianti di produzione, che hanno bisogno di quantitativi minimi e di attese piuttosto lunghe.

    Per i gruppi piccoli, è un dato di fatto, non c'è ritorno economico dal vinile, ma solo di immagine. Paradigmatiche le dichiarazioni di alcuni responsabili di Rough Trade di Londra, punto di riferimento nel settore fin dal 76, che fa notare come molti entrino solo per acquistare una copia di London Calling dei Clash oppure, ancora più spesso, di The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd ovviamente in vinile, "e lo farà anche tra cento anni, quando saremo tutti morti". Un disco che, per inciso, era in testa nelle vendite di vinili in Italia nell'ultima settimana del 2016. Anche qui vecchi classici e addirittura solo due in particolare. Tornando all'Italia, è un dato di fatto che i gruppi metal ed alcune etichette, contribuiscono a tenere vivo il culto del vinile in maniera determinante. Fate voi qualche nome in sede di commento, se credete.

    L'HYPSTERIA PER IL VINILE
    Passando al secondo punto, però, c'è una considerazione particolarissima da fare alla quale, di primo acchito, in pochi pensano. Al di là del fatto che -anche se lo stralcio di articolo che avete appena letto non ne parla- il notare come i giovani, millennials compresi, comprino comunque musica su un supporto fisico (generalmente -e sottolineo "generalmente"- giovani lavoratori o più spesso figli di adulti con occupazioni stabili) sia un dato comunque positivo, se si indaga sui motivi per i quali questa scelta viene fatta ci si imbatte in una spiegazione che può lasciare di stucco. Almeno per qualche attimo. I motivi del ritorno al vinile sono tantissimi e tra questi, escludendo volontariamente la diatriba sulla resa sonora, come prima accennato, possiamo certamente annoverare in primis il fascino e l'estetica dell'oggetto (copertina finalmente davvero fruibile; testi leggibili senza microscopio), che comprende lati quali l'odore peculiare, il peso del tutto e le dimensioni, elementi che consentono di instaurare un rapporto fisico che procura automaticamente più soddisfazione, in quanto coinvolge più sensi contemporaneamente. Da considerare sia dal punto di vista culturale che fisico, anche la possibilità di "scavare" gli scaffali dei negozi o delle bancarelle, con maggiore soddisfazione alla ricerca di un prodotto che ha una storia ben più affascinante di quella del CD. Poi la parte modaiola e se vogliamo un po' hypster (bestemmia) di rivolgersi a qualcosa di tecnologicamente superato -fisico, ma analogico; un delizioso anacronismo- e rivalutarne l'aspetto presuntamente esclusivo e varie altre questioni. Ma tra tutte, un'altra merita di essere approfondita in particolare.

    ANDIAMO AD ASCOLTARE MUSICA DAL NONNO?
    Un sondaggio commissionato ad una grossa società statunitense di ricerca sui consumi, ha evidenziato che tra gli acquirenti under 35 interessati all'acquisizione di vinili -ossia il 54% del totale e quindi la maggioranza- la molla più potente che spinge all'acquisto è la voglia di differenziarsi dai genitori, di ribellarsi a quanto fatto dalla generazione precedente; come sempre. Si, ma il fatto è che la generazione precedente, quella dei CD, sono gli attuali 45/60enni, ossia una fascia di età che include molti nostri lettori (io stesso sono molto prossimo ai 50). Solo che in questo caso tutto questo significa differenziarsi dalla generazione precedente, tornando a rivolgersi al formato di due generazioni fa nel caso della fascia tendente ai 60 e, comunque, a ciò che faceva all'inizio anche quella più vicina ai 45. E' forse la prima volta che uno stacco generazionale basato sia su un fatto sociologico che sulla tecnologia, preveda un ritorno al passato vissuto come ribellione. Rifiutare papà tornando al nonno. E' perlomeno curioso, no? E forse anche un po' inquietante.

    Per i dati statistici: Fonte Repubblica.it ove non diversamente specificato.

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    non avendo il giradischi non faccio parte di questa minoranza vintage :D
    Però è un articolo bellissimo e molto accurato
     
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    ho solo roba imbarazzante di mio padre :D
     
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    Credo sia una moda estemporanea da hipster.
    Ok, il suono caldo eccetera (che poi secondo me non è il supporto il problema, ma l'ingegner e del suono e il produttore in sala di registrazione a fare la differenza), ma credo che il vinile sia tornato di moda perché è quanto di più antimoderno. Un po' come nell'era dei fast food o della cucina fusion la gente voglia mangiare Farine che si trovavano due secoli fa (e che spesso fanno cagare).
    Poi per carità, sempre meglio il vinile che spotify
     
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    CITAZIONE (Asche_zu_Asche @ 21/1/2017, 09:52) 
    Credo sia una moda estemporanea da hipster.
    Ok, il suono caldo eccetera (che poi secondo me non è il supporto il problema, ma l'ingegner e del suono e il produttore in sala di registrazione a fare la differenza), ma credo che il vinile sia tornato di moda perché è quanto di più antimoderno. Un po' come nell'era dei fast food o della cucina fusion la gente voglia mangiare Farine che si trovavano due secoli fa (e che spesso fanno cagare).
    Poi per carità, sempre meglio il vinile che spotify

    anche se non sono esperto su sta storia, l'impressione è quella che mi hai dato tu.
    d'altra parte basta guardare le classifiche dell'articolo per capire di che album stiamo parlando. Roba che tipo dopo il 1980 è già già troppo avanti (apparte Jovanotti, va be, come dire, lasciamo perdere), di sicuro non un simbolo del futuro, più che altro di una riesumazione per ulteriori analisi.
    Poi bo, io rimango stronzo e uso ancora internet perchè non ho introiti.
     
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    QUOTE (Reek @ 21/1/2017, 11:15) 
    Poi bo, io rimango stronzo e uso ancora internet perchè non ho introiti.

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    devo decidermi a comprare un piatto e capire se posso attaccarlo al pc :hihi:
     
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    Anche ne ho un casino...erano dei miei genitori e fortunatamente ho anche il giradischi!!! Molti amici volevano acquistarlo, ma io non me ne separeró mai!!!
     
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  9. Coffins
     
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    Tendenzialmente tendo a preferire cd per questioni di praticità/facilità di ascolto, economicità e questioni di spazio(inizia a scarseggiare)
    Però per determinati dischi a cui sono particolarmente legato, per determiati artwork(che devo per forza ammirare in formato più esteso), per determinate uscite in lp con formati particolari che giustificano l'acquisto in tale formato(gatefold apribili,poster,booklet ricchi) l'acquisto in LP è praticamente OBBLIGATORIO.
    Insomma nonostante i vinili rappresenteranno si e no il 20xcento dei dischi che possiedo, devo però ammettere che a parità di disco il rituale del mettere sul piatto un vinile prendendoti i tuoi tempi rigirandotelo tra le mani, fermarsi per cambiare lato, mi da molto più piacere di ascoltare lo stesso disco in formato cd che so in automobile
     
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    CITAZIONE (Divine Conspiracy @ 21/1/2017, 18:08) 
    CITAZIONE (Reek @ 21/1/2017, 11:15) 
    Poi bo, io rimango stronzo e uso ancora internet perchè non ho introiti.

    :quoto:

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