Serie A 2021-22

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    Inter, è subito show: 4-0 al Genoa con super Calhanoglu

    Nel giorno del ritorno dei tifosi, l'ex Milan trascina la squadra di Inzaghi con l'assist per Skriniar e un gran gol. Nella ripresa i sigilli di Vidal e Dzeko
    Luca Taidelli
    @LucaTaidelli

    21 agosto - MILANO
    "Nel dubbio, ricordiamo che i campioni d'Italia siamo noi". Trascurata nei pronostici scudetto, l'Inter di Inzaghi manda un segnale chiaro al campionato nel giorno del ritorno dei tifosi allo stadio. La prudenza è d'obbligo, anche perché il Genoa viene sì triturato ma ad oggi è sembrato poca cosa, eppure lo spettacolo è stato davvero impressionante. Persi la freccia Hakimi e l'ariete Lukaku, Simone ha rivisto la traccia contiana con un gioco molto più arioso e vario. Illuminato da un super Calhanoglu, autore di un gran gol (e uno ancora più bello gli è stato annullato) e dell'assist per il rompighiaccio Skriniar, prima dei sigilli di Vidal e Dzeko nella ripresa.

    LE SCELTE—
    In attesa del mercato (da verificare l'entità dell'infortunio occorso a Thuram), privo dello squalificato (e acciaccato) Lautaro e dell’infortunato Sanchez, Simone Inzaghi esordisce in nerazzurro con il 3-5-1-1 che aveva funzionato nell’ultimo test, contro la Dinamo Kiev. A cucire un centrocampo di assaltatori con Dzeko c’è ancora Sensi. La difesa è quella scudetto, sugli esterni Darmian e Perisic. Il Genoa risponde con l’eroe del Triplete interista Pandev, che a 38 anni non vuole saperne di smettere, e fa coppia col 20enne Kallon. C’è anche il giovane Vanheusden, in prestito dai nerazzurri, a completare la difesa a tre con Biraschi e Criscito.

    LA PARTITA— Quello di Ballardini però è un argine che dura ben poco. Nel 5-3-2 rossoblu Sturaro e Cambiaso non chiudono e non spingono, mentre Rovella dopo una bella ripartenza (Kallon incrocia sul fondo) soffre l’intraprendenza delle mezzali di Inzaghi. Badelj cerca di metterci una pezza centralmente, ma l’Inter è da subito un’onda in piena perché asfissia l’avversario e dove non arriva con le giocate in velocità a palla bassa poi sfonda con i corazzieri. Vedi Skriniar che al 6' di testa svetta sul corner di Calhanoglu e apre col botto la stagione. Il turco si prende il Meazza in un quarto d’ora. Al 14' infatti chiude un triangolo lungo con Dzeko e infila la palla in buca d'angolo con un gran destro dal limite. Ballardini vede i suoi incapaci di superare la metà campo, ci prova prima avanzando Hernani e poi portando Sturaro sulle tracce di Barella. Peggio che andare di notte, con Brozovic (bravo Sirigu), Bastoni (che assolo!), Dzeko (traversa), Sensi e ancora Skriniar (da angolo del solito Calha) vicini al gol che chiuderebbe il match prima dell'intervallo. Invece su due leggerezze di Perisic e Darmian, prima Pandev (gran chiusura di Brozovic) e poi Kallon, con una girata mancina, rischiano di riaprirla proprio al 45'. La famosa concentrazione che Conte allenava con ossessione e che anche Inzaghi - che infatti s'imbelvisce con i suoi - predica al primo giorno ad Appiano. Nel recupero segna invece Perisic su imbucata di Brozo, ma era in fuorigioco di centimetri. Sipario su un primo tempo a una porta.

    ATTO SECONDO— Tre cambi nell'intervallo per Ballardini: dentro Sabelli, Serpe e Bianchi per Biraschi, Cambiaso ed Hernani. Ma l'Inter resta posseduta e Calhanoglu va subito vicino alla doppietta su invito di Dzeko, che non avrà più venti gol nei piedi ma resta un regista offensivo di livello superiore. Entra anche Favilli per Kallon, ma il problema resta quello di fare arrivare la palla dalle parti di Handanovic. Al 10' Calha fa esplodere il Meazza con un tracciante nel sette, ma Perisic era scattato di nuovo in fuorigioco millimetrico. Il Genoa ora alza il baricentro, ma così offre il fianco alle ripartenze nerazzurre. Nel sistema di Inzaghi convince la libertà concessa in fase offensiva e l'interscambiabilità tra Sensi e Calhanoglu, col marchigiano che all'occorrenza si abbassa, si vede poco ma contribuisce a pulire le uscite palla. Sensi al 69' lascia il campo insieme a Perisic per Vidal e Dimarco, mentre Melegoni rileva Sturaro appena dopo il riflesso con cui Sirigu nega la gioia a Dzeko. Edin ci riprova, l'ex Toro si supera ma Barella sulla ribattuta è geniale nel tacco per Vidal che al 74' chiude i conti. Inzaghi a questo punto concede la standing ovation a Calhanoglu, dentro Satriano, e fa rifiatare anche Barella con Vecino, ammonito dopo pochi secondi. Festa completata dal salvataggio sulla linea di Skriniar, dall'esordio di Dumfries e dall'incornata vincente di Dzeko sulla pennellata di Vidal. Vedi mai che Inzaghi rianima pure il pupillo di Conte...
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    Festa Atalanta al 93' con Piccoli, ma il Torino è da applausi

    Sotto dopo 6' per il gran gol di Muriel, i granata reagiscono e trovano il pari con Belotti, ma il neo-entrato regala i tre punti a Gasp nel recupero
    dal nostro inviato Mario Pagliara

    21 agosto - TORINO
    Il Toro è costretto a ingoiare la beffa al terzo minuto di recupero, quando Piccoli concretizza uno spietato contropiede finale e firma il due a uno che regala la prima vittoria del campionato alla squadra di Gasperini. A ripensare al film della partita, sarebbe stato più giusto il pareggio che il Toro aveva meritatamente agguantato al 79’ con Belotti, riprendendo il capolavoro realizzato da Muriel al sesto minuto. Punizione troppo severa per la squadra di Juric, uscita dal campo tra gli applausi del pubblico di casa che ha compreso la buona serata offerta dai granata. Fa festa all’ultimo secondo l’Atalanta.

    L'AQUILONE DI LUIS—
    C’è un aquilone che permette all’Atalanta di decollare in fretta e finisce per smorzare l’entusiasmo del Toro troppo presto. E’ il capolavoro nato dopo appena sei minuti dal genio di Luis Muriel: fa tutto lui, si lancia in percussione sul centrodestra, si beve Rodriguez (che pure prova a portarlo fuori dall’area) , infine scocca un bolide che finisce dritto all’incrocio dei pali. Non avremo mai la controprova se Milinkovic Savic avrebbe mai potuto arrivarci, ma la cronaca impone di segnalare che il portiere del Toro sbaglia la scelta: battezza l’angolo basso, mentre la sfera s’insacca in quello alto. Torino-Atalanta inizia così, con un brivido caldo per i bergamaschi e una montagna subito da scalare per i granata. Nota statistica: Muriel è all’ottavo gol alla prima giornata di campionato, nessuno come lui in Serie A (davanti a Immobile a 7 gol). Anche lo scorso anno timbrò alla prima giornata, proprio contro il Toro, ancora all’Olimpico Grande Torino.

    L'ORGOGLIO GRANATA— A metà gara il Toro però è con la testa dentro la partita, pur con un paio di uomini in deficit (Lukic e Linetty): è bravo a sfruttare le diverse pause dell’Atalanta, che prova più a gestire che ad affondare il colpo in velocità. A tre minuti dal vantaggio di Muriel, Palomino salva alla disperata sulla combinazione Sanabria-Linetty. I granata si appoggiano molto sulla qualità offerta da Pjaca e Sanabria, e proprio da questi due nasce il colpo di testa del paraguaiano (13’). Musso para senza affanni. Al 22’ se non ci fosse un recupero prodigioso di Singo, ancora Muriel avrebbe la palla del raddoppio a pochi passi da Milinkovic. Il quarto d’ora finale del primo tempo è però tutto del Toro, che ci metto l’impeto e l’orgoglio: prima Sanabria sfonda (34’) ma Musso c’è. Poi l’occasione più grande è il colpo di testa di Bremer (40’) dagli sviluppi di un angolo, intercettato sulla linea di porta da Pessina. Nei minuti finali di primo tempo Pjaca è delizioso nel servire Aina, sul quale stavolta Musso deve ricorrere agli straordinari (43’), nel finale ci prova anche Mandragora ma senza fortuna.

    ECCO IL GALLO— Quando le squadre riemergono dagli spogliatoio, c’è Rincon al posto di un insufficiente Lukic. Il Toro ricomincia con la stessa foga, l’Atalanta prosegue al piccolo trotto: così dopo cinque minuti Sanabria potrebbe avere un’ottima occasione a tu per tu con Musso (su invito di Aina) ma gli manca il guizzo finale. Ancora Sanabria “rischia” il gol ad effetto con un colpo di tacco improvviso (‘9) direttamente da calcio d’angolo, ma c’è ancora Pessina a rovinare la festa sulla linea di porta. L’Atalanta è in difficoltà, Gasperini lo capisce e fa il doppio cambio prima dell’ora di gioco (12’ s.t.): dentro Lammers per Muriel e Miranchuk per Ilicic. A venti minuti esatti del secondo tempo, inizia la settima stagione con il Toro del capitano Andrea Belotti, subentrato al posto di Sanabria. Juric lo aveva tenuto inizialmente in panchina per la botta presa alla caviglia destra in Coppa Italia.

    E IL CAPITANO TIMBRA— Un quarto d’ora dalla fine, la caviglia destra di Bremer torna a fare male (infortunatasi durante il ritiro). Il brasiliano è costretto ad uscire, al suo posto entra Izzo. Juric ne approfitta anche per lanciare dentro Verdi al posto di uno stanco, ma positivo, Pjaca. Gasperini replica con Pezzella per Malinovskyi. E quando la partita comincia a trasmettere la sensazione di trascinarsi verso il finale, arriva l’urlo del capitano, quattordici minuti dopo essere entrato in campo. Perché dopo trentaquattro minuti del secondo tempo, Belotti riceve palla al limite dell’aria, dribbla prima Pasalic, poi scocca un destro reso imparabile dalla deviazione di Maehle. E’ il meritato uno a uno del Toro. L’Atalanta ormai è alle corde, non ne ha più e nel finale una splendida conclusione di Verdi per questioni di centimetri non ribalta completamente il punteggio. Ma la doccia gelata per il Toro arriva al terzo minuto di recupero, quando l’Atalanta se ne va in contropiede e firma l’uno-due con Piccoli.
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    Zaccagni non basta al Verona: colpo del Sassuolo con Traore

    Dionisi vince all'esordio in campionato contro la squadra di Di Francesco: grandissimo gol dell'ivoriano
    Dal nostro inviato Fabio Bianchi

    21 agosto - VERONA
    Alla fiera del gol passa il Sassuolo, ma il Verona di Di Francesco, in dieci per più di un tempo per l'espulsione di capitan Veloso, piace per gioco e grinta e tiene il risultato in bilico fino all’ultimo. Una partita piacevolissima, dove è emersa la grande qualità dei singoli del Sassuolo e le manovre di entrambe le squadre. Dionisi, al debutto in A, e Di Francesco, all'esordio sulla panca del Verona, hanno seguito giustamente le orme dei loro predecessori De Zerbi e Juric, c'è tempo per metterci la loro impronta. Risultato tutto sommato giusto, ma cosa sarebbe successo a uomini pari?

    IL SIGILLO DEL BABY EUROPA —
    Normali gli errori in fase di costruzione e spazi più aperti per l'assenza di pressing asfissiante, anche per il caldo. Ma nonostante questo, Verona e Sassuolo sono sembrate appunto già in palla. Dionisi all'ultimo punta su Raspadori, con Boga e Djuricic dietro a Caputo invece che Traorè. E i fatti gli hanno dato ragione, perché il campioncino d'Europa ha portato in vantaggio gli emiliani con uno scatto secco e il piatto vincente su invito di Djuricic. A Di Francesco non ha detto bene, perché quanto a occasioni il Verona nel primo round ne ha avute di più sullo 0-0. Su tutte, un tiro al volo di Zaccagni appena sopra e la traversa di testa di Kalinic. Poi capitan Veloso, già ammonito, ha pensato bene di tirare un pestone a Djuricic e ha lasciato la squadra in 10.

    DJURICIC-ZACCAGNI, CHE SFIDA — Nel secondo round sono piovuti i gol. In cattedra Djuricic, in gol dopo uno stupendo triangolo con Caputo e Zaccagni, l'ultimo dei Mohicani che ha tenuto in piedi le speranze del Verona con un rigore, procurato e segnato, e con un tiro a giro dopo la rete del 3-1 di Traorè. Il Sassuolo ha mostrato la capacità di creare occasioni, il Verona la tigna di non arrendersi mai . Ma serve una punta per supportare super Zaccagni.
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    Sarri prima soffre, poi sorride: la Lazio passa a Empoli 3-1 in rimonta

    Bandinelli spaventa i biancocelesti che pareggiano subito con Milinkovic. Lazzari e Immobile su rigore completano la rimonta
    Dal nostro inviato Stefano Cieri

    21 agosto - EMPOLI (FIRENZE)
    Parte bene l’avventura di Maurizio Sarri sulla panchina della Lazio. Pur con qualche sofferenza di troppo e con tante cose ancora da rivedere la sua Lazio coglie i tre punti che voleva dalla trasferta di Empoli. Confermando di essere un cantiere più che mai aperto, ma dimostrando anche di avere tanta qualità che, in attesa che il gioco decolli e certi automatismi migliorino, basta e avanza per andare avanti. Non è fortunato il ritorno dell’Empoli in Serie A dopo due anni. Il 3-1 è risultato fin troppo severo per la squadra di casa che, specie nel corso del primo tempo, mette in seria difficoltà la Lazio. Ma alla lunga paga una fragilità difensiva che va sicuramente migliorata. Problema analogo anche per Maurizio Sarri. La sua squadra sembra più avanti nella fase di proposizione che in quella di contenimento. Decidono i gol di Milinkovic (migliore in campo), Lazzari e il solito Immobile (dal dischetto). Il gol che illude i toscani è invece di Bandinelli.

    TUTTO NEI PRIMI 45 MINUTI—
    La Lazio parte forte, ma per farlo si scopre anche tanto, troppo. Così dopo aver trascorso i primi minuti tutti nella metà campo della squadra di casa, al primo ribaltamento di fronte prende gol. E’ il 4’ quando Bajrami dalla trequarti pesca Bandinelli tutto solo all’ingresso dell’area laziale. Il diagonale del centrocampista empolese è chirurgico e non lascia scampo a Reina. Ma il vantaggio dei toscani dura solo due minuti. Sul cross di Felipe Anderson Milinkovic sale in cielo, svettando su Romagnoli, e ristabilisce le distanze. La fase che segue vede una Lazio costantemente proiettata nella metà campo avversaria, ma senza occasioni concrete. La squadra di Sarri dà la sensazione di non avere ancora le idee chiare su come sviluppare il gioco. L’Empoli, invece, quando ha la possibilità di attaccare lo fa in maniera lineare ed efficace. I padroni di casa hanno tre occasioni importanti per riportarsi in vantaggio, ma le falliscono prima con Mancuso, poi con Cutrone e infine con Bandinelli che colpisce il palo esterno. Errori che nell’ultimo quarto d’ora della prima frazione l’Empoli paga caro. Perché la Lazio comincia a carburare grazie soprattutto alla vena del suo uomo migliore, Milinkovic. Il serbo, dopo il gol dell’1-1, lancia Lazzari per quello del sorpasso. Prima dell’intervallo arriva anche il terzo gol dei laziali, con Immobile. Su rigore concesso per il fallo di Vicario su Acerbi.

    NON CAMBIA NULLA— La ripresa comincia con un Empoli che rompe gli indugi e si butta nella metà campo avversaria per tentare di rimontare. La Lazio balla un po’ all’inizio, soprattutto attorno al 10’, quando i padroni di casa hanno una grossa doppia occasione. Ma prima Reina su Bandinelli, quindi un prodigioso Luiz Felipe su Bajrami salvano la squadra di Sarri. Il tecnico biancoceleste a quel punto corre ai ripari per far rifiatare un po’ i suoi. Dopo aver sostituito nell’intervallo Akpa Akpro con Luis Alberto getta nella mischia pure Moro (per Pedro) e Andre Anderson (per Milinkovic). E nel finale inserirà anche Escalante e Muriqi al posto di Leiva e Immobile. Cambi che consento agli ospiti di gestire con meno ansie il doppio vantaggio. Andreazzoli prova a scuotere i suoi anche lui attingendo risorse dalla panchina. Il tecnico dei toscani inserisce prima Henderson, Crociata e Zurkowski (per Bandinelli, Cutrone e Haas), quindi La Mantia e Fiamozzi (escono Mancuso e Stojanovic). Ma il rimescolamento non produce conseguente tangibili per la squadra di casa. Anzi, è la Lazio a sfiorare la quarta marcatura prima con Luis Alberto e successivamente con Andre Anderson. L’Empoli ha però il merito di provarci fino alla fin e in pieno recupero colpisce una traversa con Bajrami. Ma la vittoria della Lazio è ormai in cassaforte.
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    Magari fossero scesi in campo i nostri.
    Abbiamo fatto segnare Vidal, rendiamoci conto
     
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    CITAZIONE (stefchoen @ 22/8/2021, 09:40) 
    Magari fossero scesi in campo i nostri.
    Abbiamo fatto segnare Vidal, rendiamoci conto

    Ma voi non eravate quelli che si scansavano con noi?
     
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    Praticamente subiamo il gol della sconfitta in contropiede al 93simo in casa.
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    Ma vaffanculo Szczesny
     
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    Alla Juve non basta super Dybala: l'Udinese fa 2-2 grazie agli errori di Szczesny

    L'argentino firma la prima rete bianconera della stagione, dopo 3'. Raddoppia Cuadrado, poi Pereyra riapre il match su rigore e Deulofeu agguanta il pari. Pali per Morata e Bentancur, Ronaldo in campo dal 15' s.t.: va in gol nel recupero ma il Var dice che è in fuorigioco
    Livia Taglioli

    22 agosto - MILANO
    Rocambolesco esordio stagionale per la Juve che, in vantaggio di due reti, si fa riprendere dall’Udinese: alla Dacia Arena finisce 2-2, con un doppio errore di Szczesny che prima provoca un rigore poi perde un pallone con leggerezza, regalandolo a Okaka. Totale: i gol di Dybala e Cuadrado vengono rimontati da Pereyra dal dischetto e da Deulofeu e la Juve deve accontentarsi di un pareggio. Allegri per la prima Juve dell’anno aveva scelto la strada della prudenza – anche se la più rumorosa – evitando di inserire fra i titolari Ronaldo e Chiesa (più prevedibile la panchina iniziale di Locatelli, freschissimo di firma) e lanciando un 4-4-2 non sperimentato nei test pre campionato, con Cuadrado a centrocampo e la coppia Dybala-Morata davanti, prima di inserire anche Ronaldo, Kulusevski e Chiesa nel corso della ripresa.

    PARTENZA LANCIATA. E DYBALA…—
    Il pubblico c’è e si sente, alla Dacia Arena. Ma soprattutto si sente la voglia straripante della Juve, che parte ai mille all’ora, trascinata da un Dybala straripante contro un’Udinese solida e guardinga, con Pussetto perenne spina nel fianco bianconero, ma raramente in grado di mettere in difficoltà la squadra di Allegri. Questo il flash sul primo tempo, con la Juve certo facilitata da un vantaggio praticamente immediato: dopo 3’capitan Dybala sfrutta al meglio un assist di Bernardeschi e trova la via del gol, il n.101 in bianconero per lui, a conferma di tutto quanto di buono ha detto su di lui Allegri nei giorni scorsi (e dopo i due centri nelle due gare di pre-season disputate). La Juve, galvanizzata dall’1-0, sale in cattedra con personalità e autorevolezza: gioco in velocità, verticalizzazioni, inserimenti in avanti come da manuale della “nuova Juve” di Allegri.

    CUADRADO CONCEDE IL BIS— Poi l’Udinese si affaccia alla partita: a darle la scossa è Pussetto, che prima impegna Szczesny a terra e poi mette di poco a lato di testa. Ora la Juve in fase di non possesso lascia un po’ troppo fare, Allegri cerca di dare la sveglia a una squadra che rischia di farsi schiacciare dal fraseggio avversario. Al 23’ però cambia di nuovo tutto: assist di Dybala per lo scatto di Cuadrado che affonda la falcata in area, salta Nuytinck e di destro infila Silvestri: è il 2-0. La Juve riguadagna metri in avanti, l’Udinese mantiene il possesso palla cercando la costruzione offensiva, ma ora i bianconeri si accorciano e pressano il portatore di palla, e per la squadra di Gotti è più difficile arrivare dalle parti di Szczesny. Con il primo tempo che vede Morata cercare senza fortuna il tris.

    PEREYRA NON SI FA ATTENDERE. E NEANCHE DEULOFEU— Il primo boato, alla ripresa del gioco, è per Ronaldo: così il pubblico accoglie il suo riscaldamento, col portoghese che risponde con un sorriso e il pollice alzato. Entrerà in campo al 15’, al posto di Morata, con anche Kulusevski e Chiellini, fuori Ramsey e Bernardeschi. Nel frattempo, al 6’, l’Udinese aveva dimezzato lo svantaggio: Szczesny respinge ma non trattiene una conclusione di Arslan, poi lo atterra commettendo un fallo da rigore (con ammonizione annessa). Dal dischetto Pereyra di destro firma l’1-2. La Juve timbra due volte i pali difesi da Silvestri, prima con Morata e poi con Bentancur, cercando quella rete che la metterebbe in sicurezza. Ronaldo di testa sbaglia di poco la mira, al 29’ entra anche Chiesa (al posto di Cuadrado). E invece succede il contrario: al 38’ un clamoroso pasticcio di Szczesny regala a Okaka la possibilità di un assist e a Deulofeu la porta spalancata: è il 2-2, prima non convalidato dal Var e poi sì. Allo scadere Locatelli fa il suo battesimo in bianconero, poi Jajalo sfiora il tris. Ma il finale è griffato Ronaldo: al 49’ di testa sfrutta un assist di Chiesa e segna, ma il Var annulla per fuorigioco. E il match finisce 2-2.
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    Abraham inventa, Veretout segna: la Roma e Mou partono con un tris alla Fiorentina

    Decide la doppietta del francese dopo le reti di Mkhitaryan e Milenkovic, espulsi Dragowski e Zaniolo. Due assist per il nuovo centravanti giallorosso
    Chiara Zucchelli

    22 agosto - ROMA
    Un’espulsione procurata, due assist, una traversa: a Roma, nella prima notte in campionato di Mourinho, brilla la stella di Tammy Abraham. E’ lui, senza dubbio, il migliore in campo nella sfida che la Roma vince 3-1 (doppietta di Veretout, gol di Mkhitaryan, rete viola di Milenkovic) contro la Fiorentina di Italiano. Era stato buon profeta, alla vigilia, il tecnico portoghese: "Lui è bravo, io sono bravo, la Fiorentina è una buona squadra e sarà una partita difficile". Vero, perché la Viola, per oltre un’ora, è assolutamente dentro la partita, vende carissima la pelle e quasi non sembra risentire dell’espulsione, nei primi minuti di Dragowski. La sensazione è che, quando avrà il vero Vlahovic, magari senza il mercato in testa, il gruppo di Italiano potrà crescere molto, così come sembra destinata a crescere la Roma che, intanto, si gode la sua stella inglese, decisiva in tutti i momenti chiave del match.

    SUPER TAMMY—
    E’ lui a far espellere Dragowski (Pairetto molto severo in tutte le decisioni), a cui va via in velocità dopo poco più di un quarto d’ora. Il portiere viola è costretto a fermarlo con le cattive, l'arbitro va sul rosso diretto e al suo posto entra Terracciano, con Italiano che toglie Callejon e ridisegna la Fiorentina passando dal 4-3-3 al 4-3-2. Con Castrovilli in panchina, è Gonzalez il più attivo della Viola ma è la Roma a passare in vantaggio al 26’: Vlahovic perde palla, Abraham vede Mkhitaryan, bravo a tagliare in mezzo e a segnare il primo gol dell’anno dopo che il Var giudica regolare la sua posizione. La Fiorentina prova a farsi vedere dalle parti di Rui Patricio ma Abraham è in serata di grazia e nessuno riesce a tenerlo. Ci provano Pulgar e Bonaventura, l’inglese scappa via ogni volta che può e sembra trovarsi benissimo nel 4-2-3-1 giallorosso.

    DIECI CONTRO DIECI— Allo scadere del primo tempo Zaniolo viene ammonito per un brutto fallo su Gonzalez ed è un giallo che pesa perché al 52’ ne arriva un altro (ingenuità sempre su Gonzalez) e Nicolò lascia la Roma in dieci, ristabilendo la parità numerica. E’ il momento peggiore per la squadra di Mourinho: la Fiorentina prende coraggio e al 60’ arriva il pari di Milenkovic: cross di Pulgar, Abraham e Mancini vanno su Vlahovic, Milenkovic ne approfitta (Cristante lo perde in marcatura) e batte Rui Patricio.

    ELDOR RISPONDE— Il gol subìto sveglia la Roma che va vicina al pareggio con una traversa di Abraham, di testa, quasi perfetto nello sfruttare un sombrero di Pellegrini su Biraghi. Al 64’ Pairetto annulla un gol a Veretout per fuorigioco di Abraham: nuovo controllo al Var e nuovo semaforo verde per la Roma perché l’inglese è partito in posizione regolare. Abraham esce qualche minuto dopo, anche per un indurimento al flessore, - al suo posto Shomurodov - e i 27mila dell’Olimpico gli riservano un minuto netto di applausi e standing ovation. Meritatissima, per come ha giocato, per come ha fatto squadra, per come ha rincorso gli avversari dopo una settimana sull’ottovolante, passata a fare su e giù tra Italia e Inghilterra per concludere il trasferimento. Vinto, almeno stasera, il duello con l’altro golden boy Vlahovic, che si è fatto notare solo al 55’ per una girata con cui ha impegnato Rui Patricio. Poco, troppo poco per un giocatore del suo talento. Talento che invece mette di nuovo in mostra Eldor Shomurodov che regala, dopo una giocata spettacolare a Veretout il gol del 3-1. L’ex Genoa si libera di potenza di Castrovilli e indovina il corridoio giusto per il francese, bravo ad inserirsi e a siglare la doppietta personale. Senza esultare, visto il passato a Firenze. Esultano eccome, invece, i romanisti, che salutano l’Olimpico applaudendo ancora Abraham che risponde mandando baci a tutto lo stadio. L’amore è già scoppiato.
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    Joao Pedro rimonta lo Spezia: il Cagliari si prende il pari

    Liguri avanti coi gol di Gyasi al 7' e Bastoni al 58', ma nella ripresa ci pensa il brasiliano (secondo centro su rigore), che in 4' raggiunge la squadra di Thiago Motta
    dal nostro inviato G.B. Olivero

    23 agosto - CAGLIARI
    Il campionato di Cagliari e Spezia inizia con un pareggio e qualche rimpianto. I sardi hanno creato e sbagliato tanto, sono riusciti a rimontare dallo 0-2, ma tornano a casa con la sensazione di aver sprecato l’occasione di iniziare con una vittoria. Ma probabilmente è più dispiaciuto lo Spezia, che dopo un’estate tribolata causa Covid, difficoltà sul mercato, addio a giocatori importanti e cambio di guida tecnica, ha disputato una gara ordinata e ha visto svanire nel giro di cinque minuti il doppio vantaggio che aveva costruito. La doppietta di Joao Pedro ha bilanciato le reti di Gyasi e Bastoni lasciando con l’amaro in bocca la famiglia Platek presente in tribuna.

    PRIMO TEMPO—
    Semplici, come previsto, affida la regia a Strootman e punta sulla voglia di farsi perdonare di Nandez: le polemiche sembrano alle spalle, anche se ovviamente l’uruguaiano continua a sognare un trasferimento prima della chiusura del mercato. Nel 3-4-3 dello Spezia, invece, Bastoni (terzino sinistro nella scorsa stagione, mezzala qualche anno fa) prova a interpretare il ruolo dell’organizzatore di gioco e Maggiore l’aiuta. La squadra di Thiago Motta va rapidamente in vantaggio: al 7’ Carboni si fa attrarre dalla palla fuori dall’area, viene fatto fuori da un triangolo tra Gyasi e Verde, Godin non riesce a respingere la conclusione di Gyasi che finisce nell’angolino. Qualche dubbio sulla reattività di Cragno nell’occasione. Lo Spezia porta una buona pressione a centrocampo, il Cagliari costruisce qualcosa solo su azione di corner e al 24’ Walukiewicz, liberato da un’uscita incerta di Zoet, manda in curva da due metri. Nel finale, dopo un salvataggio di Erlic su tiro di Deiola, si sveglia Joao Pedro: un colpo di testa centrale e poi un bel tiro a giro ben parato da Zoet.

    SECONDO TEMPO— A inizio ripresa Pavoletti spreca un comodo assist di Nandez e al 6’ lo stesso Nandez viene fermato da Erlic con un intervento disperato. Al 13’ raddoppia lo Spezia al termine di un’azione corale a cui partecipano Bastoni, Verde, Gyasi, Amian e ancora Bastoni che segna con un tocco al limite dell’area piccola. La partita, però, non è chiusa e nel giro di pochi minuti il Cagliari la pareggia. Fa tutto Joao Pedro: al 17’ si gira al limite e pesca l’angolino; al 21’ trasforma un rigore che Pavoletti si era procurato anticipando Zoet dopo un tiro deviato. I sardi, passati al 4-3-2-1 dopo gli ingressi di Zappa e Pereiro, spingono cercando la vittoria, lo Spezia si affida a qualche ripartenza segnando anche con Mraz ma in posizione di fuorigioco. Nel finale la stanchezza si fa sentire, diminuisce la precisione e non ci sono più pericoli.
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    Il Milan risponde subito all’Inter: Brahim Diaz condanna la Samp

    Buona la prima per i rossoneri, che trovano una prova di personalità ma rischiano nel finale. Debutto in A per Maignan e Giroud, esordio con la nuova maglia per Florenzi
    Marco Pasotto

    23 agosto - MILANO
    Alla fine l’ha vista lunga Pioli. Con il suo 4-2-3-1 usato sicuro, preferito al 4-4-2, che ha premiato il tecnico rossonero consegnando il gol della vittoria proprio sui piedi del suo trequartista. Il Milan sbanca la sponda blucerchiata di Marassi con un gol di Brahim Diaz e replica subito all’Inter. Una vittoria costruita sul gioco, sulla personalità e sulle qualità dei singoli, anche se con diversi patemi nei minuti finali. E’ stato un Diavolo molto riconoscibile, nel senso che ha utilizzato i pregi esibiti già nella scorsa stagione e questo potrà essere un vantaggio rispetto ad avversari che hanno cambiato allenatore. La Samp ha provato a metterla sul piano dell’agonismo e della buona stella di qualche individualità, ma è annegata sotto il peso dei tanti errori in fase di impostazione e di una fase difensiva ancora (molto) da rivedere. I blucerchiati hanno giocato con la patch che celebrava i 100 gol di Quagliarella sul braccio, ma il capitano non è riuscito a incidere. I rossoneri si confermano a proprio agio in trasferta (lo scorso campionato sono arrivate 16 vittorie, record della A) e questo successo è anche il numero 150 per Pioli nel massimo campionato: un bel traguardo.

    LE SCELTE—
    D’Aversa, al debutto in campionato sulla panchina blucerchiata, ha piazzato come da copione Candreva, Gabbiadini e Damsgaard (tante le pretendenti lungo l’estate, Milan compreso) dietro a Quagliarella. In mediana accanto a Thorbsy si è accomodato Ekdal, con Silva in panchina. Pioli si era portato dietro fino all’ultima amichevole – vigilia di Ferragosto – il dubbio sul sistema di gioco da usare a Marassi, poi nei giorni successivi ha scelto l’opzione “conservativa”: 4-2-3-1, con il debutto in gare ufficiali di Giroud, assistito da Saelemaekers, Diaz e Leao, preferito a Rebic. In mediana il tecnico rossonero accanto a Tonali ha fatto partire Krunic, tenendo Bennacer in panchina. Così come in panchina – ma non è una sorpresa – è finito Romagnoli, con Kjaer e Tomori confermati coppia centrale di riferimento. Prima convocazione per l’ultimo arrivato Florenzi.

    LETARGO— La Samp ha provato a intimorire subito il Diavolo, partendo forte e cercando di aggirarlo soprattutto dalla destra, ma le buone intenzioni sono durate una manciata di minuti. Anche perché i blucerchiati hanno evidenziato nuovamente le difficoltà in fase di non possesso viste in Coppa Italia. La prima occasione per il Milan infatti entra di diritto nel libro degli orrori difensivi perché Leao, che ha chiamato Audero a una parata fantastica con un siluro di sinistro, è stato innescato direttamente da un lancio di Maignan. Una cartolina improponibile in Serie A. E il gol rossonero è nato nello stesso modo. Altro lancio del portiere francese per Calabria, il capitano (sarà lui il vice Romagnoli) ha approfittato del letargo in cui è caduto Augello ed è sfuggito via crossando per Diaz, che ha girato di destro in porta. Non benissimo, ma è bastato per indurre Audero, questa volta, all’errore: la smanacciata è stata goffa e la palla gli è sfuggita sul lato. Al di là delle brutture difensive blucerchiate, la partita è stata molto bella. Ritmi alti, squadre che non hanno badato molto alle riflessioni e hanno cercato l’affondo vincente a ogni azione. La Samp ha reagito, Candreva ha scaraventato in area un paio di cross velenosissimi e lo stesso ha fatto Leao dall’altra parte. Un primo tempo che ha premiato il Milan anche per la qualità dei singoli. Leao era in una di quelle serate sì, e quando succede diventa irrefrenabile. Giroud ha dettato sapientemente i passaggi (e in un’occasione ha sfiorato il gol, che Audero gli ha vietato con un gran riflesso a distanza ravvicinata). Diaz ha protetto palla benissimo ed è stata molto interessante la divisione delle mattonelle con Saelemaekers nelle zone centrali della trequarti: il belga spesso e volentieri ha appoggiato la manovra convergendo fino alla lunetta dell’area doriana, slittamento che ha creato difficoltà alla Samp nelle marcature.

    QUANTI ERRORI— I blucerchiati invece in quella zona del campo il più delle volte si sono impantanati. Gabbiadini ha faticato a trovare sbocchi, Damsgaard ha acceso la luce solo a sprazzi, e Quagliarella ha toccato pochi palloni. La differenza sostanziale è che il Milan ha saputo distendersi bene ed è riuscito ad arrivare spesso a poca distanza dalla porta avversaria. Krunic per esempio ha sprecato da ottima posizione una respinta di Audero su Hernandez. E il Diavolo è stato valido anche nella pressione alta quando la Samp avviava l’azione. Il pericolo più grande per la porta rossonera è stato una traversa di Gabbiadini su punizione deviata da Maignan. Anche nella ripresa è stata una sfida giocata a viso aperto. Il Milan ha evitato l’errore di rintanarsi a protezione del gol di vantaggio, continuando a tenere un baricentro alto e a mettere sotto pressione la Samp. Uno dei rari break è arrivato per via di una brutta amnesia di Hernandez, che ha spalancato la porta a Gabbiadini a pochi metri da Maignan: il francese ha salvato con un grande riflesso. Per il resto, il trascorrere dei minuti ha aumentato proporzionalmente la quantità di errori in costruzione della Samp. Una sequenza di appoggi falliti anche banalmente. A metà frazione dentro Rebic e Bennacer per Leao e Diaz da una parte, Verre e Murru per Gabbiadini e Augello dall’altra. “Gabbia” è uscito zoppicando vistosamente ed è poi crollato in un pianto nervoso a bordo campo. Gli ultimi dieci minuti hanno registrato l’esordio di Florenzi, alto a destra al posto di Saelemaekers, e sono stati piuttosto travagliati per il Milan, costretto a subire gli assalti – disordinati, ma ripetuti – di una Samp che ha provato generosamente a buttarsi nella metà campo altrui. Assalti respinti: Marassi è caduto.
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