Morta Monica Vitti, la malattia: forma di Alzheimer. Il mistero del ricovero in Svizzera

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    Morta Monica Vitti, la malattia: forma di Alzheimer. Il mistero del ricovero in Svizzera



    Il morbo degenerativo, le voci sul ricovero in una clinica elvetica e gli ultimi anni accanto al marito

    Roma, 2 febbraio 2022 - Monica Vitti è morta a 90 anni. La grande attrice italiana ora ormai da 20 anni lontana dalle scene a causa di una malattia degenerativa che è stata recentemente raccontata dal marito Roberto Russo in una recente intervista al Corriere della Sera.

    La malattia
    “Ci parliamo con gli occhi. Ha una malattia tipo Alzheimer che si infiltra e sbriciola la memoria”, aveva detto in modo molto toccante il marito della Vitti.

    Quando è iniziata
    Una malattia degenerativa che l'ha colpita relativamente giovane e che appunto da 20 anni la costringeva lontana dal mondo del cinema che era stata la sua vita. L’ultima apparizione pubblica di Monica Vitti risale al 2002, quando presenziò alla prima italiana di “Notre-Dame de Paris”.

    La "bufala" del ricovero in una clinica svizzera
    Per anni si era diffusa la voce che proprio a causa della malattia la Vitti fosse ricoverata in una clinica svizzera. Una circostanza recentemente smentita proprio dal marito che ha riferito come la Vitti fosse sempre rimasta a vivere a Roma con lui e con una badante prprio perché la vicinanza delle persone care "è un fattore che fa la differenza", aveva detto Roberto Russo.

    Il ricordo di Baudo, la malattia e l'isolamento
    "Io ho avuto l"onore di conoscerla bene, di esserle amico, parliamo di una donna eccezionale". Sono le prime parole di Pippo Baudo che, in un'intervista all'AGI, ricorda l'attrice Monica
    Vitti, morta a 90 anni dopo una lunga malattia. "Era speciale: comica, autoironica e capace di fare tutto. Basti pensare a 'Polvere di Stelle' con Sordi. Avevamo un rapporto affettuoso - ricorda - abbiamo fatto 'Canzonissima' insieme e le piaceva parlare in dialetto siciliano per giocare, perche' era originaria di Messina". Negli ultimi anni pero' il presentatore e l'attrice si erano persi di vista. "Il suo uomo l'ha tenuta isolata, perché era malata di Alzheimer - racconta Baudo - non la sentivo da qualche anno, ma sono veramente giu' per questa morte. Si e' spenta una grande artista".

    fonte: Il Giorno
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    Credo che la morte, vista la malattia devastante, sia stata una liberazione.
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    Da Antonioni alla commedia all'italiana: la carriera inimitabile di Monica Vitti


    Musa dell'incomunicabilità e Ragazza con la pistola: fu l'unica donna a entrare nel club dei "colonnelli" del nostro cinema

    Musa del cinema d'autore o mattatrice della commedia? Icona romana o star internazionale? Monica Vitti, morta nella Città eterna a 90 anni, è stata tutto questo e probabilmente molto di più.

    Di sicuro la "vocazione" arrivò prestissimo, come raccontava lei stessa, durante la guerre, giocando ai burattini con i fratelli per non pensare al dramma che l'Italia viveva intorno a loro. Nel 1953 si diplomò all'Accademia nazionale d'arte drammatica, diretta dal maestro Silvio D'Amico, e i primi passi sul palcoscenico: Molière, Shakespeare ma anche accanto a Sergio Tofano, commedie sul personaggio di Bonaventura, prime prove di versatilità.



    Cambiato il nome, da Maria Luisa Ceciarelli al più "spendibile" Monica Vitti, arrivarono anche i primi ruoli al cinema, piccoli film che le permisero però di farsi notare. Ad esempio da Michelangelo Antonioni. Il regista ferrarese, al quale sarà a lungo legata anche da una relazione sentimentale, prima le fece doppiare (cosa che Monica fece anche per diversi film di Pasolini) Dorian Gray in Il Grido (1957) poi la scelse come protagonista della sua tetralogia sull'incomunicabilità: L'avventura (1960), La notte (1961), L'eclisse (1962) e Deserto rosso (1964). Diologhi criptici, personaggi nevrotici, borghesia già oltre l'orlo della crisi di nervi: uno stile nuovo e dirompente rispetto al cinema della commedia all'italiana che aveva conquistato il mondo ma anche rispetto alle oniriche incursioni di Fellini o al rigore filologico di Visconti. Nei Festival erano fischi e premi, l'ingresso nei libri di Storia del cinema assicurato all'istante.

    Poi un radicale cambio di pelle e di passo, grazie a un altro maestro, proprio della Commedia all'italiana, Mario Monicelli: La ragazza con la pistola (1968) che oltre a risollevarla dal flop internazionale dello spy movie rosa Modesty Blaise la impose come emblema di comicità al femminile. Un successo cui seguirono tantissime commedie per tutti gli anni 70 e 80, spesso al fianco di un'altra icona della romanità, Alberto Sordi (Io so che tu sai che io so, Polvere di Stelle). Ma anche film taglienti come Dramma della Gelosia o fenomeni di costume come L'anatra all'arancia. Un successo che, di diritto, la mise nel novero dei "colonnelli" della commedia italiana (lo stesso Sordi, Nino Manfredi, Vittorio Gassman), unica donna.

    La sua fama l'aveva già portata all'estero lavorando con Jospeh Losey, Miklós Jancsó, Luis Buñuel (Il fantasma della libertà) e André Cayatte. Ma la paura di volare mise un freno a una possibile storia di divismo globale. Ma popolarità e fama erano indiscusse, ovunque. Al punto che passò alla storia lo scivolone del quotidiano fancese Le Monde che nel 1988 ne pubblicò il necrologio (lei ci scherzò su per anni).

    Negli anni Ottanta anche un reincontro con Antonioni in Il mistero di Oberwald e soprattutto, nel 1983, Flirt dell'esordiente Roberto Russo: le valse l'Orso d'argento al Festival di Berlino e un nuovo amore, quello con il regista (dopo la lunga parentesi con il direttore della fotografia Carlo Di Palma) suo futuro marito. Furono anche gli anni del ritorno a teatro in La strana coppia (1987) e Prima pagina (1988). Dopo aver esordito anche nella regia col film Scandalo segreto (1990), sua ultima apparizione sul grande schermo, nel 1992 recitò nella miniserie TV Ma tu mi vuoi bene? accanto a Johnny Dorelli, e nella stagione 1993-1994 fece parte del cast di Domenica in. Nel 1994 dise no alla Caterina de' Medici di La Regina Margot di Chéreau (ruolo che andò a Virna Lisi, premiata a Cannes). Nei primissimi anni Duemila le ultime apparizioni pubbliche, poi la malattia, affrontata con discrezione, lontano dai rfilettori, accudita da Roberto Russo fino all'ultimo.

    Tra i suoi premi, cinque David di Donatello come migliore attrice protagonista (più altri quattro riconoscimenti speciali), tre Nastri d'argento, una Concha de Plata a San Sebastián e il Leone alla carriera della Mostra del Cinema di venezia nel 1995.

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    Cazzo mi è spiaciuto tantissimo, ci sono rimasto veramente male stamattina.
    Che attrice ragazzi e che bella donna da giovane.

    Menomale che si possono ancora guardare i vecchi film per vedere che grandi attori avevamo, oggi non lo so, non mi metto quasi mai a guardare film non mi viene voglia, dopo due minuti mi rompo le palle con dialoghi noiosi o al limite del ridicolo e se ti vuoi guardare qualche film serio è fin troppo complicato.
    Una volta c'era una semplicità e una naturalezza sia nelle trame che nella recitazione, forse anche la gente era più semplice, oggi si complica sempre tutto di più.

    E' anche vero che se davvero aveva questa malattia forse è stato meglio, è veramente una malattia che toglie la dignità a una persona e un'attrice come la Vitti non se la meritava proprio.

    Ma vabbè preferisco ricordarla così:

     
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    Quanto era bella da giovane, meglio ricordarla così, quando era piena di vita
     
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