Animali in pericolo di estinzione

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    Centinaia sono state le specie animali sterminate dall'uomo nell'epoca moderna; oltre il 95% delle estinzioni animali dal 1600 in poi sono state causate dalla caccia sfrenata, dalla distruzione dell'habitat, dai mutamenti climatici o dalla competizione con specie introdotte (non originarie del luogo). Casi celebri sono la ritina di Steller, estintasi alcune decine di anni dopo la sua scoperta, oppure il tilacino e l'huia, che oggi si sta tentando di clonare.
    Ultimamente, la presa di coscienza dell'uomo nei confronti dell'ambiente che lo circonda ha fatto sì che si cominciasse a cercare di porre rimedio agli errori del passato: ecco allora che vi sono progetti di ricreare animali come il quagga, l'uro con incroci e selezioni genetiche, come avvenne nel secolo scorso con il tarpan.

    Questa discussione vuole ricordare alcuni animali inseriti nella lista delle specie in pericolo die stinzione

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    Edited by Shagrath82 - 17/4/2010, 16:01
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    Lo storione beluga (Acipenser huso) è il più grande tra tutti gli storioni, il più pregiato per quanto riguarda carne e caviale.
    Il nome "caviale" deriva dal Persiano خاگ‌آور (Khāg-āvar) letteralmente "pesce generatore di uova". Il Caviale si ottiene anche dalle uova di altre tipologie di pesci, ma in questo caso il nome caviale viene fatto precedere dalla specie di pesce in questione, per caviale tout-court si intende quello di storione.
    Lo storione Beluga è una delle rare specie di pesci primitivi sopravissute fino ad oggi grazie alle particolari caratteristiche ambientali e alimentari del proprio habitat.

    Diffusione e habitat

    Vive nell'Adriatico, nel Mar Caspio nel Mar Nero e nel fiume Po.

    Specie protetta

    La presenza di dighe, che impediscono la risalita, l'uccisione di femmine per l'estrazione delle uova (caviale) ed i fenomeni di inquinamento hanno minacciato seriamente questa specie.

    Alimentazione

    Caccia soprattutto invertebrati.

    Descrizione

    La bocca nettamente infera, protrattile e tubiforme. Ha sul davanti 4 barbigli cilindriformi che rivolti all'indietro non raggiungono il labbro superiore. Il muso è molto allungato tanto che la sua lunghezza è pari a quasi la metà del corpo. Sul corpo sono presenti 9-14 scudi dorsali, 24-36 scudi laterali e 8-14 scudi ventrali. La coda è eterocerca, con il lobo superiore molto allungato.
    La pinna dorsale ha 31-43 raggi, quella anale 22-27. La pinna dorsale, la pinna anale e le pinne ventrali sono posizionate nella parte posteriore del corpo. Il primo raggio delle pinne pettorali è ossificato.
    La livrea prevede dorso grigio-grigio-bruno o verdastro, più chiaro lungo i fianchi, mentre il ventre è giallo-biancastro.

    Dimensioni


    Maschi

    * 5,3-7,5 m di lunghezza, eccezionalmente 9 m
    * 1000-2700 kg di peso

    Femmine


    * 4,7-7,2 m di lunghezza
    * 760-1470 kg di peso


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    Edited by Shagrath82 - 17/4/2010, 16:02
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    L'addax (Addax nasomaculatus) costituisce una sola specie nella famiglia delle antilopi ed è strettamente imparentata con l'orice. Essa è nota anche come antilope dalle corna a vite, e differisce dalla maggior parte delle altre antilopi per l'assenza delle ghiandole facciali e per i grossi denti quadrati che sono più simili a quelli dei bovini che non a quelli delle altre antilopi. Un maschio adulto, che alla spalla raggiunge 1 m, pesa più di 100 kg. La colorazione del mantello varia a seconda delle stagioni e d'inverno, è grigio bruno con la parte posteriore, il ventre e le zampe bianchi; d'estate, tutto il corpo assume un color sabbia, o quasi bianco. La testa è bianca e distintamente marcata con chiazze brune e nere a formare una X bianca al di sopra del naso.
    Tra le corna, vi è un ciuffo di lunghi peli neri, mentre corta è la criniera. La coda è corta e snella e termina con un ciuffo di peli. Ambedue i sessi sono muniti di corna, ma quelle della femmina sono alquanto più sottili. Le corna sono come quelle dell'orice, ma ricurve verso l'esterno a partire dalla base e con spirale rivolta all'indietro sopra il collo: esse possono raggiungere una lunghezza di circa 90 cm in linea retta dalla base alla punta con 1,5-3 giri a spirale.

    Habitat

    Una volta l'addax era diffusa su tutto il Nord-Africa, nell'Arabia e nella Palestina. Gli antichi egiziani la tenevano in uno stato semidomestico: le pitture ritrovate in una tomba, che si può far risalire al 2500 a.C., mostrano l'addax ed altre antilopi con collari ed impastoiate a dei pali.
    Sembra inoltre che il numero di addax che un uomo possedeva costituisse un segno di ricchezza e di posizione sociale. Certamente l'addax sarà stata tra i più bei simboli di posizione sociale.
    Più recentemente, l'addax è stata trovata dall'Algeria al Sudan; però non è mai stata scorta più a sud di una linea, grossolanamente tracciata, che vada da Dakar a Kartum. Ora, esse si sono molto ridotte di numero e stanno facendosi sempre più rare: si ritiene che ve ne siano ancora 5000 capi. Particolari precisi sulle addax in cattività sono riportati in un registro genealogico tenuto nello Zoo di San Diego, negli Stati Uniti d'America. Durante il 1966 ed il 1967, in sette giardini zoologici di tutto il mondo, si registrarono 33 nuove nascite.
    Due sono le cause principali di tale riduzione numerica delle antilopi addax. Prima di tutto, il loro habitat è in corso di distruzione per l'apertura delle zone desertiche a progetti industriali, cui si aggiunge la distruzione della rada vegetazione da parte dei greggi di capre domestiche. In secondo luogo, le addax vengono uccise dai cacciatori. Le loro corna sono infatti considerate le più graziose fra tutte le altre - causa sicura di persecuzione - mentre la loro pelle è usata per le scarpe. L'addax è lenta nei confronti delle altre antilopi e così essa diviene facile preda dell'uomo e dei suoi cani da caccia. Non è difficile inseguire un'addax fino all'esaurimento, perché essa, una volta terrorizzata, userà le sue energie fino alla fine nel cieco tentativo di mantenere una velocità elevata di fuga. Un cacciatore a cavallo, che corra con andatura non troppo sostenuta, esaurirà un'addax dopo un'ora; mentre i moderni cacciatori in automobile possono sfiancarla in meno di dieci minuti. L'animale sarà allora così esausto che difficilmente potrà tentare di difendersi. Nel Sudan, tuttavia, le possibilità dell'addax di sopravvivere stanno ora migliorando perché i nomadi che erano stati la causa della riduzione del loro numero si vanno ora fissando in zone più ospitali lontano dal regno naturale delle addax. D'altra parte, è dal 1966 soltanto che l'addax è stata protetta formalmente, il che purtroppo non significa che effettivamente lo sia in pratica. Uno dei fattori intanto che migliora le sue possibilità di sopravvivenza è costituito dal suo adattamento all'habitat desertico. I piedi sono corti e largamente spaziati, permettendo loro di camminare sulla sabbia in viaggi rapidi; questi costituiscono una caratteristica degli animali del deserto che devono coprire larghe zone in cerca del cibo scarso.
    Inoltre, l'addax è in condizioni di sopravvivere nelle zone più interne del deserto, là dove le condizioni di vita sono così difficili che nessun altro animale a sangue caldo potrebbe sopravvivere permanentemente. Sebbene possa bere grandi quantitativi di acqua per volta, l'addax è nondimeno in grado di sopravvivere senza acqua fresca quasi indefinitamente, ricavandosela sia dalla succulenta vegetazione, sia dalla rugiada che si condensa sulle piante.

    Abitudini

    Le abitudini dell'addax non sono ben note per effetto della scarsa diffusione e l'inaccessibile natura della popolazione. Le addax sono molto diffidenti; al minimo allarme esse fuggono ad un galoppo frenetico. Se disturbate troppo spesso, esse possono andare così lontano da perdersi nelle zone più aride del deserto e morirvi di fame. Nel 1963, una pattuglia con cammelli trovò una pista di addax e lì vicino, una carcassa fresca intatta di un'addax che apparentemente era morta in siffatto modo.
    Tale sensibilità si trova acuita dagli estremi poteri sensori dell'addax: essi sono bene sviluppati come in molti altri animali del deserto che vivono lontano tra loro e che, altrimenti, avrebbero difficoltà a localizzarsi l'un l'altro. L'addax si sposta in piccoli greggi da 4 a 20 capi - raramente più di 30 - guidati da un vecchio maschio. Molto di rado si son visti greggi di 300 capi. Normalmente, i gruppi risiedono in una zona che procura loro vegetazione sufficiente, altrimenti essi percorrono lunghe distanze per cercarla.

    Dieta erbivora

    I movimenti delle addax sono in stretto rapporto con la distribuzione che a sua volta è correlata ai fenomeni atmosferici. È quindi molto probabile trovare le addax lungo la frangia settentrionale delle piogge estive tropicali, spostandosi verso il nord d'inverno allorché il sistema mediterraneo porta la pioggia a sud. L'addax può avvertire dove son cadute le piogge annusando a distanza le zone dove la vegetazione è divenuta verde.
    La dieta di fibre vegetali è costituita dall'erba Aristida, che può essere verde durante tutto l'anno, reagendo all'aria umida o alla pioggia quando passa la fascia delle intemperie. Queste piante sono sensibili anche ad un singolo scroscio di pioggia e restano verdi durante tutto l'inverno.
    Le addax sono delle mangiatrici sofisticate in quanto mangiano solo certe parti della pianta. Quando pascolano sui prati di Aristida, esse si cibano di tutte le foglie che si trovano ad un dato livello di altezza. Del resto, le foglie secche esterne dell'erba Parnicum, l'alimento favorito dell'addax del sud, non vengono toccate. Esse infatti prendono soltanto le foglie verdi fresche, spingendo le loro teste nel mezzo della massa, per afferrare gli steli in sviluppo, rompendoli e tirandoli all'esterno con uno strattone della testa verso l'alto. I semi del Parnicum sono a loro volta molto graditi. Essi vengono colti facendo passare gli steli attraverso la bocca in modo che tutti i semi vengono asportati. Poiché questi sono presenti per la maggior parte dell'anno e sono ricchi di proteine, essi costituiscono un elemento importante nella dieta dell'addax.
    Gli escrementi dell'addax sono sempre coperti da un sottile strato di muco: è stato ora suggerito che alcune delle leguminose mangiate dall'addax producono fluidi viscosi che, a loro volta, fanno sì che l'animale secerni muco dalle pareti dell'intestino. Questo strato di muco faciliterebbe il passaggio della vegetazione grossolana e preverrebbe che gli steli secchi assorbano acqua a spese dell'addax.

    Riproduzione ignota

    Quasi nulla si sa circa la riproduzione da parte delle addax, salvo che viene messo al mondo un solo piccolo per volta, normalmente in inverno o all'inizio della primavera.

    L'antilope durante la Seconda Guerra Mondiale


    Durante la seconda guerra mondiale gli uomini in servizio all'estero dovevano far censurare le loro lettere; il desiderio però di far conoscere ai loro familiari a casa dove essi fossero, sembra fosse irresistibile; o forse non era altro che una specie di gioco che consisteva nel battere gli addetti alla censura. in tutti i casi, i metodi ed i mezzi impiegati in questo tentativo erano numerosi, diversi ed ingegnosi.
    Anche i censori non erano a corto di furbizia e molto spesso una lettera raggiungeva la sua destinazione con ben poco del suo contenuto intatto. Ma un pezzo di informazione era passato ed aveva avuto successo nel dare ad alcune famiglie astute un'idea di dove si trovasse il mittente; infatti, i soldati americani scrissero a casa descrivendo «un'antilope bianca». Cosicché, in base a questa descrizione, le loro famiglie andarono al giardino zoologico ed identificarono l'animale: l'antilope bianca era l'addax cosicché qualsiasi riferimento ad un'antilope bianca indicava chiaramente l'Africa settentrionale.

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    Edited by Shagrath82 - 17/4/2010, 16:03
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    Il Panda gigante (Ailuropoda melanoleuca, David 1869), è un mammifero carnivoro appartenente alla famiglia degli Ursidi. Originario della Cina centrale, vive nelle regioni montuose del Sichuan e del Tibet. Verso la seconda metà del ventesimo secolo, il panda è diventato un emblema nazionale in Cina, ed è attualmente raffigurato sulle monete d'oro cinesi.

    Caratteristiche

    Il nome in cinese vuol dire "orso-gatto", ma è meglio conosciuto come Mottled bear (Kumalapalapandamaori, letteralmente: piede di gatto - nero bianco).
    Nonostante il fatto che, secondo la tassonomia si tratti di un carnivoro, la sua dieta è essenzialmente quella di un erbivoro. In effetti, esso si nutre quasi esclusivamente di bambù (circa 38 kg di germogli al giorno, pari al 45% del peso corporeo). Tecnicamente esso, come molti altri animali, è onnivoro (è noto che il panda accompagna con uova, insetti ed occasionalmente carogne, necessarie fonti di proteine, i suoi pasti a base di bambù). Le sue orecchie si muovono durante la masticazione.
    Esso è imparentato alla lontana con il Panda rosso, ma la somiglianza tra i due nomi sembra più che altro provenire dalla comune alimentazione basata sul bambù. Prima che tale parentela con il Panda rosso venisse scoperta, nel 1901, il Panda gigante era conosciuto come Parti-coloured bear.
    Per molti decenni la precisa classificazione tassonomica del panda è stata oggetto di discussione, in quanto sia i Panda giganti sia i Panda rossi presentano al contempo caratteristiche appartenenti agli orsi e ai procioni. Comunque, esami genetici hanno rivelato che i Panda giganti sono veri e propri orsi, appartenenti a pieno titolo alla famiglia degli Ursidi. La specie di orsi ad essi più vicina è quella dell' orso dagli occhiali del Sud America. Resta in discussione se i Panda rossi vadano collocati o meno tra gli Ursidi piuttosto che nella famiglia dei Procyonidae. Le origini del panda gigante vanno ricercate in alcune forme del Miocene superiore (circa 10 milioni di anni fa). L’europeo Agriarctos sembra appartenere allo stesso ramo evolutivo di Ailuropoda, così come Ailurarctos, vissuto in Cina. Fossili di panda giganti veri e propri (genere Ailuropoda) risalgono al Pliocene superiore della Cina (poco meno di 3 milioni di anni fa). Ailuropoda microta, questo il nome della specie fossile, possedeva già le specializzazioni della forma attuale, ma era più piccolo. Un'altra specie fossile, Ailuropoda baconi, più grande dell'odierno panda gigante, è conosciuta in terreni del Pleistocene cinese.
    Il Panda gigante è dotato di un insolito palmo, fornito di un "pollice" e cinque dita; il "pollice" è in effetti il frutto di una modificazione intervenuta all'osso del polso. Sembrerebbe, quindi, che il Panda abbia sei dita, ma dal punto di vista anatomico quel "pollice" non rappresenta un dito. Infatti è solamente lo sviluppo dell'osso sesamoide radiale, che rappresenta una esigua parte del polso degli altri animali. Stephen Jay Gould vi ha scritto un saggio, ed ha utilizzato successivamente il titolo Il pollice del Panda per una collezione di saggi pubblicati in volume.
    È lungo 120/150 cm, dal peso che varia dai 75 ai 160 Kg. Può vivere fino a trent'anni.

    Riproduzione

    Il tasso di natalità del Panda gigante è molto basso, sia allo stato naturale sia in cattività: la femmina alleva soltanto un piccolo e, se partorisce due gemelli, non riesce ad occuparsi di entrambi ma si occupa di uno solo. Lo svezzamento si completa in nove mesi, ma i piccoli restano con la madre fino ai 18 mesi, dove imparano a procurarsi il cibo e come sfuggire ai predatori.
    I panda raggiungono la maturità sessuale tra il 4° e il 6° anno di vita. Il periodo riproduttivo dura solo 1-3 settimane all'anno e questo periodo di fertilità dura solo pochi giorni.
    Gli animali sono in genere consanguinei poiché sia nelle aree protette che in natura sono sparsi in gruppi poco numerosi. Se fossero liberi di vagare da una montagna all'altra, cosa attualmente impossibile a causa delle vallate occupate dagli insediamenti umani, potrebbero riprodursi con esemplari di altri gruppi contribuendo alla variabilità del loro genoma.

    La salvaguardia del panda

    I Panda giganti sono una specie a rischio, minacciata di continuo dall'impoverimento del loro habitat e da un tasso di natalità molto basso (vedi la sezione riproduzione). Si crede che siano in circa 1.600 a sopravvivere attualmente allo stato naturale. Il Panda gigante è il simbolo del WWF (World Wildlife Fund), organizzazione che si occupa di preservare le specie dal rischio di estinzione.
    La Zoological Society of London, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera l'Ailuropoda melanoleuca una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione.
    Per ovviare alla mancanza di informazioni sui panda selvatici si è deciso di costruire un centro di ricerca nella valle di Wolong in Cina. È stato inoltre creato un centro di riproduzione in cattività. I risultati di questa ricerca sono serviti a redigere progetti dettagliati per realizzare e gestire riserve in cui collocare gli esemplari rimasti: tali progetti prevedono, fra l'altro, la creazione di corridoi di foresta che colleghino le varie riserve, un intervento sul territorio volto alla reintroduzione di numerose specie di bambù, in modo da evitare che le piante muoiano tutte nello stesso periodo, e la realizzazione di iniziative con cui indurre gli abitanti delle foreste e dei villaggi a procedere in modo selettivo nella distribuzione delle foreste di bambù.

    Panda nati in cattività


    Il primo panda nato in cattività, una femmina chiamata Ming-MIng nacque il 9 settembre 1963 nello zoo di Pechino. Nel 1978 nello stesso zoo venne alla luce Yaun Jing, il primo piccolo di panda frutto di un'inseminazione artificiale. Nonostante questi iniziali successi, soltanto tre zoo al di fuori della Cina - Madrid, Città del Messico e Tokyo - sono riusciti a far nascere panda, e il livello di nascite resta scarso persino in Cina. Fino al 1992 lo zoo di Pechino ha fatto nascere 30 panda, ma in Cina soltanto il 5% dell'intera popolazione in cattività è frutto dell'inseminazione artificiale. La creazione di centri di produzione in zone dove i panda si recano naturalmente è un passo positivo verso l'aumento delle nascite. Anche se privo di fondi, il centro di Wolong, situato sulle montagne della provincia occidentale di Sichuan, è un esempio ideale: qui, per lo meno, i panda vivono in un luogo che ricorda il loro ambiente naturale. Se tuttavia questa creatura tanto amata, ma poco compresa, non sparirà per sempre sarà grazie alla protezione che egli potrà essere offerta in futuro nelle zone in cui vive ora, più che grazie alla capacità degli zoo di facilitarne la riproduzione.

    La scomparsa del bambù

    Prima del 1975 si prestava scarsa attenzione alla protezione del panda maggiore, finché un disastro naturale avvenuto in Cina non ne ridusse drasticamente il numero. Il panda si nutre di germogli di bambù, piante che muoiono dopo la fioritura: nel suo habitat ne esistono numerose specie e ciò impedisce che esse fioriscano e muoiano simultaneamente; invece, nelle zone contaminate dall'intervento umano rimangono spesso pochi tipi di bambù (a volte addirittura uno solo). Nel 1975, essendosi sfortunatamente verificata una fioritura contemporanea di tutte le specie di bambù rimaste, i panda restarono privi di cibo e si decimarono. Il panda ha sviluppato la capacità di far fronte alle periodiche morie di piante percorrendo lunghe distanze in cerca di nuove foreste. Queste migrazioni servono anche a evitare che esemplari di uno stesso gruppo si accompino fra loro, ma poiché l'habitat del panda è stato sottoposto a processi di degrado e deforestazione, esso non può più rifugiarsi in altre foreste dove trovano nuovo cibo e accoppiarsi.

    l Panda gigante nell'Occidente


    Il Panda gigante è stato conosciuto in Occidente a partire dal 1869, grazie al missionario francese Armand David (1826–1900) che donò al Museo di Storia Naturale di Parigi la pelle di un esemplare morto procuratagli da un cacciatore. I cacciatori e coloro che fornivano gli animali agli zoo si recarono sul posto attirati da questa rarità e, nei primi tempi, vennero prelevati dalle foreste cinesi circa 70 esemplari. Dal 1949 le esportazioni sono sottoposte a un severo controllo: fino al 1983 sono stati prelevati e trasferiti a zoo di tutto il mondo 24 esemplari.
    Si tratta di una specie molto amata dalla gente, in buona parte perché i panda sono dotati di un aspetto amabile e indifeso come quello dei bambini, il che li fa spesso assomigliare a dei teddy bear viventi. In più, il fatto che il Panda sia solitamente raffigurato disteso nell'atto di mangiare tranquillamente il bambù allontana la sua immagine da quella dell'animale cacciatore, aggiungendole un ulteriore tocco di innocenza.
    Il prestito di panda giganti a zoo americani e giapponesi ha costituito un importante tassello all'interno della diplomazia della repubblica popolare cinese negli anni '70, in quanto tra i primi scambi culturali intervenuti tra la RPC e l'Occidente.
    Tuttavia, a partire dal 1984 i panda hanno smesso di essere oggetto di relazioni diplomatiche: la Cina ha infatti da allora cominciato ad offrire i panda in prestito ad altri paesi soltanto per periodi di dieci anni. Le condizioni standard di questi prestiti includono una tariffa di un milione di dollari americani all'anno e la disposizione che ogni cucciolo nato durante il periodo del prestito resti di proprietà della repubblica popolare cinese.
    Nel 1998 una azione legale intrapresa dal WWF ha spronato l'U.S. Fish and Wildlife Service a richiedere agli zoo americani che l'importazione di panda continui a condizione di assicurare che metà della tariffa versata alla Cina venga utilizzata al fine della conservazione dei panda all'interno del loro habitat naturale.

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    Edited by Shagrath82 - 17/4/2010, 16:04
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    Il panda minore (Ailurus fulgens) o panda rosso è un mammifero dell'ordine dei carnivori, unico rappresentante vivente della famiglia Ailuridae.
    In cinese è anche conosciuto col nome di hǔo hú (火狐), che letteralmente significa volpe di fuoco (in inglese firefox, termine che designa anche la volpe rossa). Il panda rosso è infatti il simbolo del browser Mozilla Firefox, che da lui prende il nome.

    Diffusione e habitat


    2.Canini 3.Premolari
    4.Molari

    È diffuso dal Nepal orientale attraverso il Bhutan e la Birmania fino alla Cina centromeridionale.
    Vive nelle foreste.

    Abitudini

    Si nutre prevalentemente di bambù ma anche di frutta, foglie, radici ed occasionalmente insetti e piccoli vertebrati.
    La gestazione ha una durata di circa 130 giorni e le cucciolate sono composte da 1 a 4 cuccioli.
    Si nutre di notte mentre di giorno dorme. Quando dorme si allunga su un ramo e lascia a penzoloni le zampe mentre la coda l'arrotola al corpo e anche sul capo (non cade e non vede la luce del giorno). Le zampe anteriori hanno un sesto dito: un cuscinetto carnoso che serve per agguantare i bambù. A volte per bere utilizza un sistema curioso: mette la zampa nell'acqua e poi la lecca.

    Conservazione


    La Zoological Society of London, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera Ailurus fulgens una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione.

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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 13:48
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    Il Gerboa iraniano (Allactaga firouzi Womochel, 1978) è un roditore della famiglia dei Dipodidae, endemico dell'Iran.
    Gli individui hanno una lunghezza del corpo tra 9 e 26 cm, e una coda lunga da 14 a 30 cm. Come le altre specie di gerboa presentano lunghe zampe posteriori, che possono raggiungere i 10 cm. Queste caratteristiche fanno capire come il gerboa sia ben adattato per muoversi saltando e usando la lunga coda per bilanciarsi. La colorazione della pelliccia è bruno-rossastra e nera mischiata con biondo rossiccio e giallo opaco, per mimetizzarsi con il terreno dove si trovano le tane.

    Distribuzione e habitat


    La specie è conosciuta per una sola piccola popolazione trovata nel sud dell'Iran, su un terreno piano con substrato ghiaioso e una vegetazione montana rada di tipo steppico.

    Abitudini

    Si tratta di un animale solitario e notturno, che trascorre il giorno in tane sotterranee. Ha una dieta vegetariana.

    Status e conservazione

    La specie è considerata in pericolo critico in base ai criteri della IUCN Red List, in quanto particolarmente minacciata dalla perdita del suo habitat e dalla riduzione del suo areale.

    La Zoological Society of London, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera l'Allactaga firouzi una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione.

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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 13:49
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    L'alligatore della Cina (Alligator sinensis Fauvel, 1879) è l'unica specie di alligatoridi presente in Asia, endemica della Cina orientale.

    Descrizione

    Nell'aspetto, questa specie è una miniatura quasi perfetta del suo cugino americano. Gli alligatori cinesi raramente superano i 2,1 m, essendo le loro dimensioni medie di 1,5 m. Pesano all'incirca 36 kg. In proporzione hanno la testa più grande di quella dei giovani alligatori americani delle stesse dimensioni, oltre ad avere squame più granulari e strisce di colore più chiaro su uno sfondo scuro.

    Diffusione e conservazione

    È oggi presente nel tratto del fiume Yang-tze che percorre le province di Anhui, Zhejiang e Jiangsu. Tuttavia, il corso inferiore dello Yang-tze è soltanto l'estremo lembo orientale di un areale originariamente ben più vasto: fino a tempi storici, infatti, l'alligatore della Cina era diffuso anche nel medio corso del Fiume Azzurro, raggiungendo ad ovest le province di Hupeh e Yunnan, e a nord lo Hwang Ho. Le cause della scomparsa della specie da queste regioni e della sua attuale estrema rarefazione nelle province cinesi più orientali sono molteplici e intimamente correlate. La distruzione e l'inquinamento degli ambienti umidi, l'incremento demografico "esplosivo" e la conseguente espansione degli insediamenti umani in aree naturali prossime a quelle occupate dalla specie sono senz'altro gli interventi antropici indiretti che maggiormente hanno pesato sul destino dell'alligatore della Cina. Altrettanto nefasti sono stati però gli interventi antropici diretti, e cioè le uccisioni degli esemplari catturati accidentalmente o volontariamente e le cacce effettuate a scopo commerciale. Per il suo indubbio interesse scientifico, l'alligatore della Cina è oggi minacciato anche dalle brame dei collezionisti di trofei naturalistici, i quali non esitano a sborsare cifre spesso considerevoli pur di entrare in possesso della pelle o del cranio di questo rarissimo rettile. A tale proposito vale la pena di ricordare che, secondo i dati forniti dalla Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), diversi esemplari della specie in questione, ovviamente catturati ed esportati in maniera illegale, vengono ogni anno importati e messi in vendita a Hong Kong e in molti altri grandi mercati erpetologici internazionali. Nel 1956 uno studio condotto da alcuni zoologi cinesi permise di contare, in tutto il territorio attraversato dal corso inferiore del Fiume Azzurro, un totale di appena 500 esemplari di alligatore della Cina. Attualmente, invece, non esistono dati precisi sulla reale consistenza numerica delle residue popolazioni della specie. Tuttavia è pressoché certo che il maggior numero di colonie si trova oggi nella provincia di Anhui, ove nel 1981 furono osservati circa 300 individui di questo piccolo alligatore. Per cercare di impedire l'estinzione di un rettile tanto interessante, il governo della Repubblica Popolare Cinese ha istituito delle riserve naturali - destinate unicamente all'allevamento e allo studio della specie - nelle aree meno soggette ad antropizzazione. Una delle stazioni di allevamento più note si trova a Xiadu, nella regione di Xuancheng; in questa località sono presenti almeno 90 esemplari di alligatore della Cina, e molti di questi sono stati catturati e successivamente liberati a Xiadu dai contadini e dai pastori della zona. La specie compare nella lista dei vertebrati cinesi in via di rarefazione ed è perciò protetta anche da una legge governativa che ne proibisce rigidamente la cattura e l'uccisione.
    L'alligatore della Cina, incluso dal 1975 nel Red Data Book, è inoltre tutelato dalla Convenzione di Washington


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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 13:51
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    Il Chirogaleo dalle orecchie pelose (Allocebus trichotis Günther, 1875) è un lemure della famiglia dei Cheirogaleidae, endemico del Madagascar.
    È l'unica specie del genere Allocebus.

    Descrizione

    È uno dei più piccoli lemuri viventi: è lungo 12,5-14,5 cm ed ha una coda di 15-20 cm. Pesa tra i 75 ed i 100 g.

    Distribuzione e habitat

    L'areale dell'A. trichotis è limitato al Madagascar nord-orientale, in una zona di foresta compresa tra Tamatave e Morondava.

    Abitudini

    Sono animali arboricoli e notturni, le cui abitudini sono poco conosciute.
    Durante il giorno dormono in nidi di foglie fresche, all'interno di cavità del tronco degli alberi.
    Poco si sa sulla loro dieta: osservati in cattività, si nutrono di frutti e insetti. La forma della mandibola, i grandi incisivi superiori e la lunga lingua sono simili a quelli di altre specie che sono solite staccare la corteccia degli alberi per nutrirsi di linfa e resine vegetali.

    Status e conservazione


    Un tempo ritenuto estinto (ne erano noti solo pochi esemplari impagliati, risalenti al XIX secolo) l'A. trichotis è stato riscoperto nel 1989. In atto la popolazione è stimata al di sotto dei mille esemplari. In base ai criteri della IUCN Red List la specie è considerata in pericolo.
    La Zoological Society of London, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera l'Allocebus trichotis una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione.

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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 13:52
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    L'Axolotl (Ambystoma mexicanum)è considerato la forma neotenica dell'Ambistoma tigrinum (Salamandra tigre).
    Precedentemente l'axolotl è stato classificato come Ambistoma mexicanus ma recenti studi hanno confermato come gli individui che giungono alla forma adulta non differiscano da A. tigrinum.
    Allo stato libero l'axolotl vive esclusivamente nel lago di Xochimilco, che si trova a 20km a sudest di Città del Messico.

    Curiosità


    Oltre ad essere in grado di rigenerare parti del proprio corpo, riesce anche a decidere se diventare adulto o rimanere girino. Nell'axolotl, come nelle altre specie neoteniche (ad esempio il Tritone alpino), la neotenia è dovuta a cause ambientali legate probabilmente all'alimentazione.
    In A.tigranum la neotenia è geneticamente recessiva.


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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 13:53
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    L'ara glauca, Anodorhynchus glaucus, è un pappagallo sudamericano che è attualmente criticamente minacciato. È strettamente imparentata con l'ara di Lear, A. leari, e con l'ara giacinto, A. hyacinthinus.

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    È una grande (70 cm) ara azzurra. È di colore azzurro-turchese pallido con una grande testa grigiastra. Ha una coda relativamente lunga ed un becco massiccio. Ha un anello perioculare glabro di colore giallo e dei lembi di pelle a forma di mezzaluna bordano la mandibola.
    Questo uccello vive nell'Argentina settentrionale, nel Paraguay meridionale, nell'Uruguay nord-orientale e in Brasile. Durante il XIX secolo si è fatto raro a causa delle catture e della perdita dell'habitat e nel XX secolo ci sono stati solamente due avvistamenti confermati di uccelli selvatici. Le spedizioni degli ornitologi nel Paraguay sudoccidentale durante gli anni '90 hanno fallito nel rinvenire qualunque evidenza che confermasse la presenza dell'uccello. Inoltre, solo gli abitanti più anziani della regione hanno conoscenza di quest'ara, l'ultimo avvistamento della quale è avvenuto nel 1932. È molto probabile che la scomparsa dell'uccello sia collegata all'abbattimento estensivo delle palme yatay (Syagrus yatay), le cui noci sembra che abbiano costituito il suo cibo principale. Comunque, habitat idonei sembrano essere rimasti nel parco nazionale di El Palmar, nella provincia argentina di Entre Ríos, e le voci persistenti dell'esistenza dell'uccello necessitano di ulteriori esami.
    In guaran, veniva chiamata guaa-obi, per il suono dei suoi vocalizzi.

    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 13:54
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    Il Pipistrello frugivoro di Bulmer (Aproteles bulmerae (Menzies, 1977)) è un pipistrello della famiglia degli Pteropodidi, endemico della Nuova Guinea.
    È l'unica specie del genere Aproteles.

    Descrizione

    Un esemplare adulto arriva a pesare circa 600 g, ed è lungo poco meno di 30 cm, con una apertura alare di 16 cm.
    La principale caratteristica distintiva della specie è la mancanza dei denti incisivi inferiori.
    Il mantello è di colore marrone scuro, quasi nero. Il dorso è glabro, per la fusione a questo livello delle membrane alari.

    Abitudini

    Come la maggior parte dei Chirotteri, l'A. bulmerae ha abitudini notturne e, come la gran parte dei Megachirotteri, non ha un sistema sviluppato di ecolocalizzazione ma piuttosto si affida alla vista. È un abile volatore, capace di compiere lunghi spostamenti alla ricerca di cibo. È una delle poche specie di pipistrelli in grado di volo retrogrado.
    In base alla struttura dentaria si ritiene che si tratti di animali frugivori pressoché obbligati.
    La femmina raggiunge la maturità sessuale intorno ai tre anni di età. I piccoli trascorrono le prime settimane di vita aggrappati alla madre.

    Distribuzione e habitat

    La specie è endemica della Nuova Guinea.
    L'unica colonia nota popola una caverna nella regione di Hindenburg (Papua Nuova Guinea occidentale), nota localmente come Luplupwintem. La caverna si trova ad una altitudine di 2.400 m, all'interno di una foresta di conifere.

    Status e conservazione


    Questa specie, a lungo ritenuta estinta, è stata riscoperta nel 1975 all'interno di una caverna della Nuova Guinea, dove vive la unica popolazione nota.
    Negli anni la specie ha subito un inarrestabile declino a causa dell'abbattimento di numerosi esemplari da parte di cacciatori locali.
    Nel 1993 la popolazione è stata stimata in circa 160 individui.
    La specie è considerata a rischio critico in base ai criteri della IUCN Red List.
    La Zoological Society of London, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera l'Aproteles bulmerae una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione.


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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 13:56
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    La moretta del Madagascar (Aythya innotata) è un'anatra tuffatrice estremamente rara del genere Aythya, in passato ritenuta estinta. Prima della riscoperta nel 2006, l'ultimo avvistamento confermato della specie avvenne sul lago Alaotra, sull'altopiano centrale del Madagascar, nel 1991. L'unico maschio incontrato venne catturato e allevato nei Giardini Botanici di Antananarivo fino alla sua morte un anno più tardi.

    Le minacce e il declino

    Basandoci sugli appunti scritti da Webb e Delacour negli anni '20 e '30 sembra che l'uccello fosse ancora relativamente comune sul lago Alaotra (questi appunti danno anche un'idea di quanto sia cambiata da allora la regione del lago Alaotra).
    Questo uccello iniziò probabilmente a diminuire drammaticamente tra la fine degli anni '40 e l'inizio degli anni '50 e la causa del declino fu l'introduzione di numerose specie di pesci nel lago, che uccisero la maggior parte degli anatroccoli delle morette; anche i siti di nidificazione, così come gli uccelli adulti, iniziarono ad essere vittima dei pesci introdotti. Le coltivazioni di riso, l'allevamento del bestiame sulle coste, i mammiferi introdotti (ratti), la pesca con tramagli e la caccia sono tutti fattori che fecero sparire completamente dal lago quest'anatra. L'ultimo avvistamento di un gruppo di questi uccelli sul lago Alaotra è del 9 giugno 1960, quando un piccolo stormo di circa 20 uccelli venne individuato sul lago. Nel 1960, nonostante la rarità della specie, venne ucciso un maschio, e quest'esemplare è ora conservato presso il Museo Zoologico di Amsterdam. Nel 1970 ci fu un avvistamento molto dubbio di un maschio nei pressi di Antananarivo.

    Ricerche recenti e riscoperta


    Le ricerche intensive e le campagne pubblicitarie del 1989-1990, 1993-1994 e 2000-2001 hanno fallito nel tentativo di avvistare almeno uno solo di questi uccelli.
    Comunque, uno stormo di nove adulti e quattro anatroccoli nati da poco fu scoperto su un lago in una remota area del Madagascar settentrionale nel novembre 2006.
    Nella Lista Rossa della IUCN del 2006 venne classificata come "probabilmente estinta"; in seguito alla riscoperta, venne riportata al suo vecchio status di criticamente minacciata nell'edizione del 2007


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    La balenottera azzurra (Balaenoptera musculus, Linnaeus 1758) è un cetaceo della famiglia delle Balaenopteridae. È probabilmente il più grande animale mai esistito sulla Terra e sicuramente è il più grande mammifero vivente.

    Descrizione

    Questa balenottera può essere lunga oltre 30 metri e pesare più di 150 tonnellate. Secondo le testimonianze di alcuni avvistamenti avvenuti nel 1996, pare sia stata avvistata una Balena Azzurra di lunghezza superiore ai 31 metri. L'esemplare più grande misurato era lungo 33 metri ma vi sono notizie non confermate di esemplari che avrebbero sfiorato i 36 metri. Può raggiungere i 90 anni di età.
    La caratteristica più saliente sono le 55-68 pieghe cutanee lungo la gola e il petto, che permettono a questi cetacei di ampliare enormemente la cavità orale per fare entrare grandissime quantità di acqua ricca di plancton. Poi, quando la bocca viene chiusa, la parte inferiore della cavità orale si contrae e comprime la lingua contro il palato, facendo defluire l'acqua lateralmente. I 520-800 fanoni, specie di lamine cornee dai bordi sfrangiati infisse nella mascella superiore al posto dei denti, funzionano da setaccio e intrappolano il cibo, che è costituito in massima parte da un gamberetto lungo 4-5 cm, Euphasia superba, detto comunemente "krill".

    Abitudini

    Queste creature gigantesche non hanno né vista acuta né senso dell'olfatto, ma hanno un ottimo udito. Come tutte le balene, possono localizzare gli oggetti emettendo dei gridi acutissimi e raccogliendone l'eco. La balenottera azzurra sale alla superficie ogni 10-15 minuti per respirare con gli sfiatatoi, e il suo fiato caldo al contatto con l'aria fresca forma dei getti di vapore alti fino a 9 metri. Dopo avere respirato da 3 a 8 volte, la balenottera si inabissa di nuovo. Le sue pinne anteriori, che servono da stabilizzatori o per cambiare direzione, sono molto lunghe (da cui il nome balaeno-ptera = balena con le ali). La possente coda, mossa dall'alto in basso, le imprime una velocità di crociera da 8 a 21 km/ora in superficie, che possono diventare 33 km/ora per una ventina di minuti in caso di inseguimento. Il nome "azzurra" le deriva dal colore blu acciaio del dorso e dei fianchi. La femmina, dopo una gestazione di 11-12 mesi, partorisce un solo piccolo che alla nascita è lungo 7-8 metri e pesa fino a 3 tonnellate. L'aumento giornaliero del feto, dalla fecondazione alla nascita, è in media di 7 kg. Successivamente, per 7-8 mesi il "piccolo" prende il latte dalla madre (un latte ricchissimo in grassi e proteine con meno del 35% di acqua - quello umano ne ha l'80%) bevendone fino a 490 litri al giorno, pompatigli in bocca a mezzo di contrazioni dei muscoli delle mammelle. Con questa alimentazione il balenottero aumenta in media di circa 90 kg al giorno. In 23 mesi (11 di gestazione e 12 del primo anno di vita) dalla frazione di milligrammo dell'uovo può arrivare a 26 tonnellate: un aumento di quasi 30 miliardi di volte, la crescita più rapida sia del regno animale che di quello vegetale. La femmina dà alla luce un piccolo ogni 2 o 3 anni.

    Distribuzione


    Le balenottere azzurre vivono praticamente in tutti gli oceani e migrano dai luoghi di alimentazione estivi nelle acque polari ricche di plancton (ove vi sono banchi di krill fino a 10 metri di spessore) alle zone di riproduzione nelle acque temperate. Una sottospecie, la balenottera comune minore (Balaenoptera musculus brevicauda) dalla regione caudale più corta, vive in alcune zone dell'emisfero Australe, e misura una ventina-trentina di metri (ad un massimo di 28-29 metri).

    Conservazione


    Una balenottera azzurra offre un 27% di grasso (che può dare da 140 a 150 litri di olio), un 30% di carne e un 18% di ossa che vengono macinate e usate come fertilizzante: costituiva perciò un tesoro per i balenieri e per tale ragione è stata cacciata fin quasi all'estinzione. La Commissione Baleniera Internazionale ne ha vietato la caccia nell'Atlantico fino dal 1960, nell'Antartico dal 1965, nel Pacifico dal 1966 e in tutto il mondo dal 1967: è pertanto cacciata solo dalle nazioni che non fanno parte della Commissione e dai bracconieri. Tuttavia la popolazione di 5000 balenottere che abitava il Pacifico settentrionale è ridotta a 1200-1700 individui, nell'Atlantico settentrionale non ne sopravvivono che poche centinaia, e delle 200.000 che vivevano nell'emisfero Australe non ne restano che 9000 circa (metà delle quali della sottospecie "minore").
    La Zoological Society of London, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera Balaenoptera musculus una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione.

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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 13:59
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    La balenottera comune (Balaenoptera physalus) è una specie della famiglia Balaenopteridae dell'ordine Cetacea (Cetacei).

    Descrizione

    Dimensioni di B. physalus paragonate a quelle dell'uomo. La balenottera comune è il secondo animale del pianeta per dimensioni, dopo la balenottera azzurra. Si sa che può raggiungere e superare i 26 m, anche se la lunghezza media è molto inferiore. Gli animali dell'emisfero boreale sono normalmente di 1-1,5 m più corti di quelli dell'emisfero australe e alcuni autori ritengono che si tratti di sottospecie distinte. È facilmente confusa con la balenottera boreale o con la balenottera azzurra o nei tropici con la balenottera di Eden. Un elemento essenziale per riconoscere la balenottera comune a distanza ravvicinata è la pigmentazione asimmetrica della testa: sul lato destro, il labbro inferiore, la cavità orale e alcuni dei fanoni sono bianchi, mentre il lato sinistro è grigio uniforme. Quando nuota proprio sotto la superficie è spesso chiaramente visibile il labbro bianco, che può tuttavia essere confuso con la pinna pettorale bianca di una megattera. Un tempo una delle balenottere più comuni, presenta oggi popolazioni seriamente compromesse dalla caccia baleniera.

    * Lunghezza: 18-22 m
    * Peso: 30-80 tonnellate

    Comportamento

    Non evita né si avvicina alle barche. È quasi impossibile valutare quando emergerà o si allontanerà: può essere difficile osservarla da vicino. Il tipo di emersione varia a seconda che stia nuotando in superficie oppure stia emergendo da un'immersione profonda. Soffia tipicamente da 2 a 5 volte, a intervalli di 10 o 20 secondi, prima di immergersi per 5-15 minuti (anche se può restare immersa più a lungo). Si immerge sino a profondità di almeno 230 m. La pigmentazione asimmetrica può essere legata al modo in cui la balena nuota sul lato destro mentre si nutre. Talora salta completamente fuori dall'acqua. È una nuotatrice veloce, capace di raggiungere velocità di 30 km/h. Si vede più spesso di altre balenottere in piccoli gruppi.

    Alimentazione

    La dieta della Balenottera comune è piuttosto varia. Le componenti principali sono: krill, pesci e piccoli cefalopodi, ma varia a seconda della distribuzione (emisfero boreale, australe o Mediterraneo). La tecnica di caccia è particolare: si avvicina a notevole velocità ad un branco di pesci per buttarsi nel punto in cui questo è più fitto. Quindi, distendendo la regione golare, che può anche raddoppiare il diametro della parte anteriore del corpo, ingoia acqua e pesci.

    Distribuzione


    Più comune nell'emisfero australe, meno comune nei tropici. Giunge nelle acque polari, ma meno frequentemente della balenottera azzurra o della balenottera minore. Nel Mediterraneo si trovano normalmente solo le balenottere comuni. Ci sono probabilmente tre popolazioni isolate: nel Nord Atlantico, nel Nord Pacifico e nell'emisfero meridionale. Alcune popolazioni migrano verso basse latitudini, con acque relativamente calde, in inverno e verso latitudini più elevate, con acque più fredde, in estate, anche se gli spostamenti sono meno prevedibili che in altri cetacei di grandi dimensioni. Certe popolazioni di basse latitudini, come quelle del Golfo di California (Baia di Cortez), in Messico, sembrano essere stanziali. Si trova normalmente al largo, ma la si vede anche sottocosta là dove l'acqua ha profondità sufficiente.

    Conservazione

    La Zoological Society of London, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera Balaenoptera physalus una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione.

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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 14:00
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