Animali in pericolo di estinzione

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Deus ex machina
    ♣♣♣♣♣♣♣♣♣

    Group
    Black
    Posts
    196,007
    Location
    AUGUSTA TAURINORUM

    Status
    Offline
    Il Pipistrello calabrone (o pipistrello farfalla) (Craseonycteris thonglongyai, Hill 1974) è un pipistrello della famiglia dei Craseonycteridae, è l'unica specie di questa famiglia.

    Tassonomia

    L'analisi genetica pone questa famiglia nella superfamiglia dei Rhinopomatoidea. All'interno di questo gruppo, le famiglie più vicine ai Craseonycteridae sono Hipposideridae e Rhinopomatidae.

    Descrizione

    Dimensioni

    È considerato, insieme al mustiolo etrusco, il più piccolo mammifero esistente, pesando solo circa 2 grammi. La lunghezza complessiva del corpo e la testa è di 29-33 mm, non ha coda, ed ha apertura alare di 22-26 mm.

    Morfologia

    La caratteristica distintiva di questa specie è il muso che ricorda quello dei maiali, con le narici a forma di mezzaluna. Ha orecchie relativamente grandi e piccoli occhi normalmente nascosti dal pelo. Altra caratteristica è la totale assenza di coda, nonostante la presenza di due vertebre caudali, e la presenza di una larga membrana interfemorale, che, insieme alle ali relativamente larghe, permettono a questo pipistrello di librarsi come un colibrì.

    Colore

    Il Craseonycteris thonglongyai ha il pelo della parte superiore color bruno-rossastro o grigio, più pallido nella parte inferiore. Le ali e la membrana interfemorale sono invece più scure.

    Abitudini

    Il Craseonycteris thonglongyai vive in colonie, ma ogni individuo di una colonia è solitario. Gli individui di un gruppo dormono appesi vicini tra loro ma non attaccati l'uno all'altro.
    È attivo principalmente al crepuscolo, quando vola intorno alle cime dei bambù e degli alberi di teak.
    È un pipistrello insettivoro, la sua dieta comprende i Ditteri (per l'80%) e gli Imenotteri e più raramente gli Psocopteri.

    Distribuzione e habitat

    Questo piccolo chirottero è tipico delle foreste decidue umide vicino a caverne.
    Vive solamente in una piccola area presso il fiume Kwai nel Sai Yok National Park e in zone vicine in Thailandia, nella provincia Kanchanaburi. Ma ci sono stati avvistamenti anche del sud-est della Birmania.
    Si stima che rimangano circa 2000 pipistrelli in Thailandia, e probabilmente altrettanti in Birmania.

    Status e conservazione

    La Zoological Society of London, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera Craseonycteris thonglongyai una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione.


    image



    Edited by Shagrath82 - 20/4/2010, 23:37
    Web
     
    Top
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Deus ex machina
    ♣♣♣♣♣♣♣♣♣

    Group
    Black
    Posts
    196,007
    Location
    AUGUSTA TAURINORUM

    Status
    Offline
    Il coccodrillo dell'Orinoco (Crocodylus intermedius) è uno dei giganti sudamericani dell'ordine Crocodylia.

    Descrizione

    Le femmine della specie, diffusa esclusivamente nel bacino dell'Orinoco, sono lunghe sino a quattro metri e mezzo, mentre i maschi possono raggiungere la lunghezza di sei-sette metri. Contrariamente ai caimani, i coccodrilli dell'Orinoco presentano un muso stretto e allungato, che misura anche tre volte la sua larghezza alla base, e una cresta di squame fortemente carenate nella parte esterna delle zampe posteriori.

    Diffusione e conservazione

    Un tempo la specie era estremamente comune in tutti i principali affluenti dell'Orinoco. Tuttavia, a partire dal 1900 e in relazione alle richieste sempre più pressanti delle industrie produttrici di oggetti di abbigliamento, la pelle di questo rettile divenne estremamente ricercata e di conseguenza la specie cominciò a scomparire da molte regioni della parte nord-occidentale del Sud America. Basterà ricordare che in Venezuela, tra la fine degli anni venti e l'inizio degli anni trenta, furono commerciate giornalmente 4000 pelli di coccodrillo dell'Orinoco, mentre in Colombia, soltanto nel decennio 1930-1940, furono vendute alle concerie almeno 250.000 pelli della medesima specie. Le razzie di cui si resero responsabili i cacciatori di coccodrilli terminarono solo verso la fine degli anni quaranta.
    Attualmente non esistono in natura più di 1500 esemplari di coccodrillo dell'Orinoco: un migliaio di questi rettili sarebbero presenti nel Venezuela, mentre non più di 500 individui sopravviverebbero nella Colombia nord-orientale. Trattandosi di una entità alle soglie dell'estinzione, essa è stata inclusa nella Appendice I della CITES ed è oggi protetta integralmente in entrambi gli stati sudamericani attraversati dal fiume Orinoco.
    In base ai criteri della IUCN red list la specie è considerata in pericolo critico.

    image



    Edited by Shagrath82 - 20/4/2010, 23:39
    Attached Image
    3761718_lg.jpg

    Web
     
    Top
    .
  3.  
    .
    Avatar

    Deus ex machina
    ♣♣♣♣♣♣♣♣♣

    Group
    Black
    Posts
    196,007
    Location
    AUGUSTA TAURINORUM

    Status
    Offline
    Il fossa o fosa (Cryptoprocta ferox - Bennett 1833) è un mammifero carnivoro della famiglia degli Eupleridi endemici del Madagascar.

    Morfologia

    È lungo 150-180 cm, compresa la coda lunga quanto il corpo, e pesante 7-12 kg. L'altezza al garrese si aggira attorno ai 35 cm; l'animale ha quindi una forma molto allungata e snella, a prima vista si notano subito somiglianze con un piccolo puma o con uno jaguarundi. Il pelame è generalmente fulvo, di un colore simile a quello del cervo nobile o del canguro rosso, ma non mancano esemplari melanici nelle foreste pluviali del Madagascar orientale.

    Abitudini

    È un predatore, al vertice della catena alimentare. Le sue prede sono i lemuri (che insegue molto agilmente tra gli alberi, dove si muove sfruttando la lunga coda come un bilanciere) e praticamente ogni altro animale che popola l'isola, dai tenrec (Tenrecidae) al votsovotsa (Hypogeomys antimena), dai giovani potamocheri (Potamochoerus porcus) a varie specie di uccelli.
    Benché sia il terzo animale più grande dell'isola, dopo il coccodrillo del Nilo (Crocodylus niloticus) e il potamochero (Potamochoerus porcus), ha dimensioni contenute; ciò non gli impedisce di essere un predatore potente ed estremamente combattivo, in grado di abbattere tranquillamente prede ben più pesanti di lui. Gli allevatori malgasci sostengono che oltre al pollame e ai maiali riesca persino ad uccidere i loro zebù (Bos indicus), animale vitale per l'economia del Madagascar, e che possa addirittura costituire un pericolo per l'uomo, specie per i bambini. In realtà, a meno che non venga ferito o messo alle strette il fossa non è assolutamente una minaccia per gli esseri umani, non avendo comunque la taglia del grande predatore.
    Il fossa è un animale solitario, eccetto che nella stagione degli accoppiamenti (settembre - novembre) ; ogni esemplare occupa un territorio piuttosto vasto, tanto che alcuni fossa sono stati visti percorrere oltre 7 km in una notte.
    La gestazione dura circa tre mesi; la femmina da alla luce in una tana 2-4 piccoli, che pesano 100-150 g appena alla nascita. I cuccioli aprono gli occhi 15 giorni dopo la nascita e abbandonano la tana per la prima volta dopo circa due mesi. Sono svezzati definitivamente attorno al quinto mese di vita; raggiungeranno la taglia adulta a quattro anni.

    Distribuzione e habitat

    Il fossa in Madagascar è diffuso in ogni tipo di habitat ove siano presenti alberi (anche in quantità limitata), dalle foresta pluviali settentrionali e orientali alla foresta decidua occidentale alla foresta spinosa del sud; è assente solo dagli altipiani centrali, completamente disboscati. È interessante notare come arrivi fino ad oltre 2500 m di altitudine in montagna, habitat dove le sue prede principali sono i tenrec.

    Conservazione

    La caccia a cui è sottoposto dagli allevatori, unita al terrore superstizioso verso questo che è uno degli ultimi grandi animali sopravvissuti in Madagascar, è costato al fossa una tremenda persecuzione; la deforestazione ha contribuito a peggiorare notevolmente la situazione tanto che la IUCN lo ha inserito nella sua "lista rossa" per le specie a rischio: nel 2000 si stimava infatti vivessero solo 2500 esemplari adulti; a dispetto del suo ampio areale (è diffuso in tutta l'isola eccetto gli ormai disboscati altipiani centrali) il fossa corre quindi un gravissimo pericolo d'estinzione.
    La Zoological Society of London, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera Cryptoprocta ferox una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione [2].
    Per chi volesse incontrare questo raro predatore, la località che offre più chances è indiscutibilmente il Parco Nazionale di Kirindy-Mitea nel Madagascar occidentale, che presenta un'alta densità di esemplari grazie al gran numero di prede disponibili nel territorio e che oltretutto essendo zona di foresta decidua non presenta le difficoltà tipiche dell'avvistamento degli animali selvatici nelle fitte foreste pluviali. Il periodo migliore è in autunno quando i fossa si accoppiano (l'accoppiamento avviene tra i rami degli alberi ed è di sicuro uno spettacolo non indifferente) e sono meno elusivi, spesso scendono a bere lungo il Kirindy River. Altre località in cui c'è la possibilità di avvistarlo, ma con ben maggiore difficoltà, sono i Parchi Nazionali di Andasibe-Mantadia e di Ranomafana e la Riserva speciale dell'Ankarana .

    image



    Edited by Shagrath82 - 26/6/2010, 10:52
    Web
     
    Top
    .
  4.  
    .
    Avatar

    Deus ex machina
    ♣♣♣♣♣♣♣♣♣

    Group
    Black
    Posts
    196,007
    Location
    AUGUSTA TAURINORUM

    Status
    Offline
    L'ara di Spix (Cyanopsitta spixii) è l'unico membro del genere di pappagalli Cyanopsitta. Questa ara è attualmente estinta in natura, ma è al centro di alcuni programmi di riproduzione. Viveva in Brasile, in alcune regioni degli stati brasiliani di Bahia, Piauí, Maranhão e Goiás. Ha un habitat naturale molto ristretto a causa della sua dipendenza dagli alberi di Tabebuia aurea per la nidificazione.

    Descrizione fisica

    Questo uccello è una delicata ara grigio-azzurra con coda ed ali lunghe. Ha la testa azzurro-cenerina, di forma distintamente squadrata, e le parti inferiori azzurro pallide. Le parti superiori, le ali e la lunga coda sono di un azzurro più intenso.

    Storia

    L'ara di Spix è chiamata così in onore del naturalista tedesco Johann Baptist von Spix. Il declino della specie viene attribuito alla caccia e alla cattura di questi uccelli, alla distruzione dell'habitat e all'introduzione dell'ape africanizzata, che compete con essa per i siti di nidificazione e uccide nel nido gli individui riproduttori. Gli ultimi tre uccelli vennero catturati a scopo commerciale nel 1987 e nel 1988. Un singolo maschio, in compagnia di una femmina di ara dalle ali blu, venne scoperto nel 1990. Una femmina di ara di Spix rilasciata dalla cattività nel 1995 scomparve dopo sette settimane. L'ultimo maschio selvatico morì nell'ottobre 2000. La specie si è estinta in natura probabilmento intorno al 2000, quando morì l'ultimo uccello conosciuto.

    Attuale popolazione in cattività


    In cattività è presente una popolazione di circa 68 esemplari. La maggior parte di questi esemplari sono nati in cattività. Di questi, solamente nove sono al centro dei programmi di riproduzione degli zoo; due uccelli si trovano al Loro Parque di Tenerife, in Spagna, e gli altri sette allo zoo di São Paulo, in Brasile. Nel 2004 la coppia del Loro Parque ha messo al mondo 2 piccoli. Nel 2006 al parco dei pappagalli (Loro Parque) di Tenerife sono stati mostrati al pubblico altri due piccoli. Essi non hanno ancora imparato a volare (aprile 2007). Al parco di Loro non viene mostrato al pubblico nessun adulto di Spix, poiché vengono tenuti sotto altissima sicurezza nel centro di riproduzione in cattività del Loro Parque. Lo scopo del programma di riproduzione è eventualmente quello di reintrodurre questa specie in natura.
    Circa 47 animali appartengono allo sceicco Saoud Bin Mohammed Bin Ali Al Thani di Doha, nel Qatar, che li acquistò da allevatori privati nelle Filippine e in Svizzera, e si trovano al centro di conservazione della natura di Al Wabra. Questo programma di riproduzione ha già fatto nascere 12 piccoli, sette dei quali nel 2006.

    image



    Edited by Shagrath82 - 15/1/2011, 20:44
    Web
     
    Top
    .
  5.  
    .
    Avatar

    Deus ex machina
    ♣♣♣♣♣♣♣♣♣

    Group
    Black
    Posts
    196,007
    Location
    AUGUSTA TAURINORUM

    Status
    Offline
    Il Colugo delle Filippine o Galeopiteco delle Filippine (Cynocephalus volans (LINNAEUS, 1758)), impropriamente detto anche lemure volante delle Filippine, è un mammifero asiatico della famiglia dei Cinocefalidi, a cui appartiene un'altra sola specie vivente, il lemure volante della Sonda (Galeopterus variegatus)

    Descrizione

    Nonostante il nome comune non hanno nulla a che vedere con i lemuri. Hanno piuttosto le dimensioni e la conformazione di un gatto, con un muso affusolato ed una faccia che ricorda quella di un pipistrello, grandi occhi e piccole orecchie arrotondate.
    Come gli altri dermotteri è dotato di un'ampia membrana, detta patagio, che si tende dal collo alle punte delle dita dei quattro arti e alla coda.

    Abitudini

    Sono animali esclusivamente arboricoli e di abitudini crepuscolari-notturne.
    Il patagio consente loro di spostarsi planando elegantemente da un albero all'altro, coprendo con un salto distanze di oltre cento metri.
    La loro dieta consiste di foglie, germogli, fiori e frutti.
    La gestazione dura circa 60 giorni. Si riproducono con un ritmo molto lento, il che li rende particolarmente suscettibili alle minaccie ambientali.

    Distribuzione e habitat

    Questo piccolo mammifero è diffuso nelle isole Mindanao, Basilan, Samar, Leyte e Bohol dell'arcipelago filippino. Abita pianure e zone montagnose, fittamente alberate a foresta. Si trova anche nelle piantagioni di cocco e albero della gomma.

    Status e conservazione

    La popolazione attuale è stimata intorno a 100.000 esemplari.
    La specie è considerata vulnerabile in base ai criteri della IUCN Red List of Threatened Species.
    La Zoological Society of London, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera Cynocephalus volans una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione.
    Attached Image
    763px_Cynocephalus_volans_Brehm1883.jpg

    Web
     
    Top
    .
  6.  
    .
    Avatar

    Deus ex machina
    ♣♣♣♣♣♣♣♣♣

    Group
    Black
    Posts
    196,007
    Location
    AUGUSTA TAURINORUM

    Status
    Offline
    Il grillo del focolare (Acheta domestica) è un insetto nativo dell'Europa. Entrambi i sessi appaiono di colore grigio o marrone, e hanno ali spesse che gli impediscono di volare, ma possono spostarsi grazie alle loro zampe posteriori molto sviluppate.
    Originari del Medio Oriente e dal Nord Africa, questo insetto è da tempo immemorabile adattatosi a vivere con l'uomo negli ambienti domestici di tutta Europa.
    Ora questo insetto dal caratteristico verso, sembra ovunque in fortissimo regresso a causa delle profonde trasformazioni in atto anche nelle case di campagna.
    Attached Image
    560px_Acheta_domestica_femelle.png

    Web
     
    Top
    .
  7.  
    .
    Avatar

    Deus ex machina
    ♣♣♣♣♣♣♣♣♣

    Group
    Black
    Posts
    196,007
    Location
    AUGUSTA TAURINORUM

    Status
    Offline
    Il Carabo di Olimpia (carabus olympiae) costituisce uno dei più classici esempi di insetti "estinti" poi ritrovati.

    Sistematica ed identificazione
    Di dimensioni relativamente grandi (mm 28-37), ha profilo generale allungato, capo nor-male e di colore nero con al più riflessi viola sull'occipite; le mandibole sono falciformi, le antenne sono lunghe, raggiungenti nelle femmine e superanti, nei maschi, il terzo anteriore dell'elitra. Le zampe sono robuste, totalmente nere o di un bruno rossiccio molto scuro. Il disco del pronoto (rivestimento chitinoso inspessito del protorace degli artropodi) presenta un colore nero violetto o rosso dorato, mentre le elitre sono verdi o verde dorato o dorato purpureo metalliche. Esistono comunque diverse variazioni individuali che riguardano in particolare le dimensioni ed il cromatismo.

    Habitat, ecologia e biologia


    La specie vive in ambienti montani nell'intrico di rododendri o tra le sassaie dei pascoli aperti ed in faggeta pura tra gli 800 e i 1200 m. E' comunque presente solo in alcuni biotopi ristretti delle Prealpi Biellesi, con particolari condizioni e fattori favorevoli, di cui determinante pare essere l'alto tasso di precipitazioni medie annue. Si nutre quasi esclusivamente di piccoli gasteropodi. L'accoppiamento avviene da giugno ad agosto ed in tale periodo maschio e femmina usano spesso divaricare le elitre emettendo un caratteristico stridio. Le uova hanno sviluppo embrionale di 10 giorni, larvale di 60-75, pupale di 15-18. L'immagine schiude per lo più nella tarda estate ed in autunno. La larva infatti di regola non sverna. L'adulto iberna da ottobre a maggio e va in estivazione in luglio, ricomparendo dopo le piogge estive.

    Fattori di minaccia

    La specie è minacciata dall'eccesso di raccolta nella località tipica; le popolazioni silvicole sono minacciate dalla ceduazione della faggeta e dalla pulizia del sottobosco e del soprassuolo forestale.

    Curiosità

    Vive in una stretta zona delle Prealpi biellesi, venne scoperto nel 1855 da Eugenio Sella, il quale volle denominarlo in onore della cugina Olimpia
    Attached Image
    Carabus_olympiae_2.JPG

    Web
     
    Top
    .
  8.  
    .
    Avatar

    Deus ex machina
    ♣♣♣♣♣♣♣♣♣

    Group
    Black
    Posts
    196,007
    Location
    AUGUSTA TAURINORUM

    Status
    Offline
    Il kouprey (Bos sauveli, noto anche come kouproh o bue grigio) è un bue di foresta selvatico che vive soprattutto in Cambogia settentrionale, ma si ritiene che si trovi anche in Laos meridionale, Vietnam occidentale e Thailandia orientale. Venne scoperto nel 1937.
    Il kouprey è un ungulato molto grande, circa delle stesse dimensioni di un bufalo acquatico selvatico. Il maschio di kouprey può misurare fino a due metri d'altezza al garrese e pesare in media 900 chilogrammi. Comunque, secondo gli zoologi vietnamiti, nelle mandrie di kouprey scoperte recentemente in Vietnam vi sono esemplari che pesano circa 1700 kg o giù di lì. I kouprey hanno corpi alti ma sottili, zampe lunghe e dorsi gibbosi. I kouprey possono essere sia grigi che bruno scuri o neri. Le corna delle femmine sono a forma di lira, con spirali rivolte verso l'alto come quelle delle antilopi. Le corna dei maschi, larghe e incurvate all'indietro, sono rivolte verso l'alto ed iniziano a logorarsi sulle punte a circa tre anni di età. Entrambe i sessi hanno narici frastagliate e code lunghe.
    I kouprey vivono nelle basse colline parzialmente ricoperte da foresta, dove si nutrono soprattutto di erba. I kouprey sono diurni; di notte si spingono in zone aperte per pascolare, mentre di giorno si ritirano sotto la copertura della foresta. Vivono in mandrie che possono raggiungere i venti esemplari, composte generalmente solo da vacche e piccoli, ma che durante la stagione secca possono ospitare anche tori.
    Si stima che al mondo siano rimasti meno di 250 kouprey. Questo numero scarso è dovuto alla caccia incontrollata datogli dai locali e dai soldati, in concomitanza con le malattie introdotte dal bestiame e con la distruzione dell'habitat. Comunque si sospetta che il kouprey sia sempre stato abbastanza raro.
    Attached Image
    kouprey_big.jpg

    Web
     
    Top
    .
  9.  
    .
    Avatar

    Deus ex machina
    ♣♣♣♣♣♣♣♣♣

    Group
    Black
    Posts
    196,007
    Location
    AUGUSTA TAURINORUM

    Status
    Offline
    L'aye-aye o aye aye (Daubentonia madagascariensis, Gmelin 1788) è un primate nativo del Madagascar. Il primo a riconoscerlo fu, nel 1775, lo zoologo tedesco Schreiber; verso la metà del XIX secolo tale scoperta fu confermata dal naturalista inglese Richard Owen.

    Tassonomia

    È l'unico rappresentante vivente del suo genere, della sua famiglia e del suo infraordine (Chiromyiformes): l'aye aye gigante (Daubentonia robusta) è infatti estinto da tempo.

    Distribuzione

    L'aye aye vive nella zona costiera orientale del Madagascar, dove colonizza la foresta pluviale al di sopra dei 700 m d'altitudine: lo si trova sempre più spesso nelle piantagioni, sia a causa della distruzione dell'habitat di questa specie, sia poiché qui gli animali trovano con facilità il cibo.
    L'aye-aye non è facilissimo da avvistare; alcuni fra i luoghi migliori per incontrarlo sono il Parco Nazionale di Ranomafana, il Parco Nazionale di Andasibe-Mantadia e la Riserva Speciale di Nosy Mangabe, dove numerosi individui furono trasferiti quando la specie fu "riscoperta" nel 1961.

    Descrizione

    Dimensioni


    L'aye-aye è lungo fino a 90 cm (compresa la coda che misura fino a circa mezzo metro) e pesa 2-3 Kg, con le femmine che pesano mediamente 100 g in meno dei maschi: queste misure ne fanno il più grande primate notturno attualmente esistente.

    Aspetto

    Il pelo è lungo, folto, di colore nero o bruno scuro, con sfumature rossicce sul ventre ed un collare bianco-crema attorno al collo.
    È stato descritto come un animale dalle orecchie da pipistrello, la faccia da volpe, gli occhi da gatto, il corpo da scimmia, le mani da strega e la coda ed i denti da scoiattolo: si tratta infatti di un animale unico nel suo genere, con caratteristiche comuni coi primati ed i roditori, al punto che i primi zoologi europei scambiarono questo animale per una qualche specie di scoiattolo gigante che aveva abitudini ipogee e si nutriva di lombrichi, che infilzava col lungo dito medio, e come tale lo classificarono (Chiromys madagascariensis).
    La faccia ha forma triangolare ed è ricoperta da pelo rado, con ciuffi di peli sulle sopracciglia e sul muso: gli occhi sono relativamente piccoli, distanziati, verdastri e dalla pupilla verticale da animale notturno. Ai lati della testa spuntano due grandi orecchie ellittiche di colore nero lucido, anch'esse glabre.
    La caratteristica principale della faccia è rappresentata dagli incisivi larghi e piatti, estremamente simili a quelli dei roditori, che hanno crescita continua.
    Le mani sono glabre e possiedono pollici opponibili: le dita sono lunghe, ricurve e dotate di forti unghie, in particolare il terzo dito delle mani anteriori è poco più di un bastoncino scheletrico ed è lungo fino al triplo rispetto alle altre dita. Con questo bastoncino l'aye aye si procaccia il cibo (vedi alimentazione.

    Abitudini


    L'aye aye è un animale notturno: passa il giorno riposando in nidi che si costruisce ammassando foglie all'interno di tronchi cavi o alla biforcazione di grossi rami, per poi uscire fra i 30 minuti prima del tramonto e le tre ore dopo di esso.
    Si tratta di animali essenzialmente arboricoli, che percorrono anche 4 km ogni notte saltando di ramo in ramo: l'aye aye trova infatti difficoltoso muoversi in orizzontale.
    Questi animali sono sempre stati considerati solitari o tutt'al più monogami: recenti ricerche hanno tuttavia dimostrato che le interazioni sociali fra aye aye sono più complesse di quanto si credeva un tempo. Gli aye aye, infatti, possiedono un proprio territorio all'interno del quale si nutrono: i territori dei maschi (fino a 80 acri) si sovrappongono in varia misura, mentre quelli delle femmine (25 acri od oltre) non si sovrappongono mai. Il territorio di un maschio si sovrappone spesso a quelli di più femmine nelle zone di confine. Ogni individuo marca il proprio territorio con secrezioni delle ghiandole su gola, guance e dei genitali.
    Spesso gli aye aye si riuniscono in gruppi per nutrirsi: la coordinazione all'interno del gruppo è data da segnali odorosi e vocalizzazioni come grugniti e sibili.
    I maschi sono solitamente socievoli fra loro al di fuori del periodo riproduttivo, quando si sviluppa una forte aggressività intraspecifica e si assiste a combattimenti od anche a maschi che aggrediscono altri maschi durante la copula.
    I maschi e le femmine, invece, interagiscono molto poco al di fuori della copula: come in molti lemuri, le femmine hanno ruoli di dominanza rispetto ai maschi.

    Alimentazione


    Si tratta di animali onnivori, che mangiano vermi, larve e pupe d'insetti, oltre che materiale vegetale.
    Ai fini dell'alimentazione il dito medio è fondamentale: di esso l'animale si serve per dare colpetti alla corteccia degli alberi, alla ricerca di suoni sordi che rivelino la presenza di una larva al di sotto dello strato legnoso. A questo punto l'aye aye pratica un'incisione nel legno coi denti ed utilizza il dito come amo per pescare l'insetto.
    Allo stesso modo il lungo medio viene utilizzato per estrarre il midollo dei bambù e della canna da zucchero od i frutti dal loro guscio.
    Di questo bastoncino l'aye aye si serve anche per bere: l'animale, infatti, non avvicina mai direttamente la bocca ai fori che pratica nelle uova o nelle noci di cocco, ma vi imbeve prima il dito e poi lo porta alla bocca.
    Dopo essersi nutriti, gli aye aye seppelliscono i resti dei loro pasti[citazione necessaria].

    Riproduzione

    Non c'è un periodo preciso degli accoppiamenti: la gestazione dura circa 5 mesi, al termine dei quali viene dato alla luce un unico cucciolo, che viene tenuto principalmente dalla madre, anche se il padre resta sempre nei pressi (per assicurarsi che altri maschi non si accoppino con la femmina) ed a volte offre pezzi di cibo al piccolo. Le mammelle, caratteristica unica tra i primati, sono situate nella regione inguinale.
    Il cucciolo viene svezzato attorno ai 7 mesi d'età: i maschi raggiungono la maturità sessuale attorno all'anno e mezzo d'età, mentre le femmine sono ricettive solo dopo il secondo anno di vita. Tuttavia, i giovani non si separano dalla madre prima del compimento del secondo anno. La dentatura da latte degli aye aye è come quella dei lemuri, mentre quella definitiva è simile a quella dei roditori.
    La speranza di vita di questi animali in natura è sconosciuta: in cattività, tuttavia, vari esemplari hanno superato i 23 anni di vita.

    L'aye aye nella cultura popolare

    L'aye aye non teme l'uomo, e frequentemente si aggira nei villaggi alla ricerca di frutta matura o uova, per nutrirsi delle quali non esita ad entrare nelle case: quando incontra l'uomo, se questi resta calmo, non esita ad avvicinarsi per studiarlo ed annusarlo, mostrando in questo atteggiamenti simili a quelli del procione.
    Il significato originale del nome aye-aye è andato perduto assieme alla lingua che gli diede origine, tuttavia si pensa che il nome corrisponda al grido d'allarme da fare per avvisare della presenza dell'animale.
    Questi primati, infatti, sono considerati nella strangrande maggioranza del proprio areale portatori di sventura, sottoforma di malattie, disastri o decessi.
    Essere indicati da un aye aye, infatti, vuol dire essere condannati a morte, mentre secondo gli indigeni Sakalava l'aye aye è l'esecutore delle sentenze del diavolo che si siede sul petto del prescelto e gli buca il cuore nel sonno col dito medio.
    Perciò, qualora se ne avvisti uno, è indispensabile correre dallo stregone del villaggio, che provvederà a catturare l'animale ed ucciderlo, ed è stata questa superstizione la rovina dell'aye aye assieme alla sistematica deforestazione.

    Conservazione


    Nonostante recenti ricerche abbiano dimostrato che la situazione dell'aye aye non è così disperata come un tempo si pensava, la specie rimane considerata in pericolo critico in base ai criteri della IUCN.
    La Zoological Society of London, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera Daubentonia madagascariensis una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione.
    Attached Image
    Aye_aye__Daubentonia_madagascariensis__2.jpg

    Web
     
    Top
    .
  10.  
    .
    Avatar

    Deus ex machina
    ♣♣♣♣♣♣♣♣♣

    Group
    Black
    Posts
    196,007
    Location
    AUGUSTA TAURINORUM

    Status
    Offline
    Il Rinoceronte di Sumatra (Dicerorhinus sumatrensis) è una delle tre specie asiatiche della famiglia dei Rinocerontidi.
    E il più piccolo rappresentante della famiglia. La lunghezza testa-tronco non supera i 240 cm., l'altezza al garrese arriva massimo a 135-140 cm. e il peso va dai 600 kg delle femmine agli 800-900 kg dei maschi, raramente fino ad una tonnellata. Fra i rinoceronti è anche quello più primitivo, tanto da poter essere considerato un vero fossile vivente. La sua pelle presenta pieghe meno profonde rispetto alle altre due specie asiatiche, per cui è anche detto "semicorazzato". È oltretutto l'unico rinoceronte provvisto di pelo, per quanto piuttosto rado e sparso. Ha due corna, come i rinoceronti africani, ma il secondo è molto piccolo, e nelle femmine appena abbozzato. Il primo è lungo di solito 25 centimetri; si sono però registrati casi di lunghezza eccezionale, sino ad 80 cm.
    Il Rinoceronte di Sumatra ha il labbro superiore prensile, e si nutre quindi di foglie, ramoscelli, frutti e germogli di bambù. E un'animale solitario, e l'unico legame sociale è quello fra madre e figlio. Ama immergersi negli acquitrini melmosi per rinfrescarsi, e vive sempre nei pressi di fonti sorgive. Misterioso e schivo, nessuno è praticamente riuscito a studiarlo in maniera approfondita, per cui non si sa niente riguardo la sua attività riproduttiva, che comunque deve essere limitata. Allo stato brado vive soltanto nelle foreste tropicali di Sumatra, anche a una certa altitudine, e in alcune riserve nel Borneo, in Birmania, Cambogia, Laos e Thailandia. La popolazione della Malaysia è recentemente scomparsa a causa di una malattia. Non si sa con precisione quanti Rinoceronti di Sumatra siano rimasti. Una stima realistica -per eccesso- indica un numero da 250 a 400 esemplari. A questi vanno aggiunti i circa 15 ospitati in vari giardini zoologici del mondo. La separazione fra i vari gruppi rende difficile stabilire un'organica politica di protezione.
    All'inizio dell'anno 2007 fu ripresa per la prima volta da una telecamera fissa e nascosta nel suo ambiente naturale, l'ancora più rara sottospecie del Borneo, Dicerorhinus sumatrensis harrissoni. Si suppone che gli esemplari siano tra i 25 e i 50, concentrati soprattutto nelle foreste dello stato di Sabah, nel Nord dell'isola.
    Attached Image
    photo.jpg

    Web
     
    Top
    .
  11.  
    .
    Avatar

    Deus ex machina
    ♣♣♣♣♣♣♣♣♣

    Group
    Black
    Posts
    196,007
    Location
    AUGUSTA TAURINORUM

    Status
    Offline
    Lo Storione cobice ('Acipenser naccarii') è un pesce anadromo endemico del Mar Adriatico.

    Distribuzione ed habitat


    Come già detto la specie si ritrova soltanto nel Mar Adriatico e non esistono segnalazioni autorevoli da altri mari. Per la riproduzione risale soprattutto il fiume Po ed alcuni suoi affluenti ma anche Adige, Brenta, Piave, Tagliamento, Livenza ed altri tributari dell'Adriatico, anche appenninici. Sul lato orientale del Mar Adriatico risale sicuramente i fiumi Cetina e Neretva ma la sua distribuzione non è nota con certezza. Pare accertata la sua presenza nel Lago di Scutari tra Albania e Montenegro.

    Descrizione

    Assai simile allo storione comune, se ne differenzia principalmente per alcuni particolari:
    * il muso è molto più corto e tozzo (e questo è il carattere di più semplice rilevamento all'esame macroscopico)
    * il colore del dorso è più scuro e più brunastro
    * c'è un numero minore di placche ossee laterali lungo i fianchi
    * le dimensioni sono sensibilmente minori (fino a 200 cm di lunghezza, media 140 cm per 20 kg).

    Riproduzione


    Essendo una specie anadroma risale i fiumi per la riproduzione ma pare esistano popolazioni residenti in acqua dolce, ad esempio quelle del Po a monte della diga di Isola Serafini che pare si riproducano con successo nonostante sia loro precluso l'accesso al e dal mare.
    Molti aspetti della biologia riproduttiva della specie restano oscuri.

    Alimentazione

    La dieta è a base di crostacei ed insetti a cui gli esemplari maggiori aggiungono dei piccoli pesci.

    Conservazione

    La specie corre un serio rischio di estinzione a causa sia della pesca professionale (vietata da alcuni anni) che degli sbarramenti che impediscono la risalita. Anche l'inquinamento influenza negativamente la riproduzione della specie. E' di particolare rilievo la sua conservazione in quanto il suo areale è ridotto e le principali località di riproduzione si trovano in Italia. Attualmente si sta sperimentando, con buoni risultati, l'allevamento e la reimmissione in natura di giovani esemplari. La sua cattura e detenzione sono vietate su tutto il territorio nazionale.
    Attached Image
    storione.jpg

    Web
     
    Top
    .
  12.  
    .
    Avatar

    Deus ex machina
    ♣♣♣♣♣♣♣♣♣

    Group
    Black
    Posts
    196,007
    Location
    AUGUSTA TAURINORUM

    Status
    Offline
    L'aluatta del Guatemala (Alouatta pigra Lawrence, 1933), in spagnolo saraguato, è un primate platirrino della famiglia degli Atelidi.


    Diffusione


    Vive in Messico sud-orientale (stati di Campeche, Chiapas e Quintana Roo: sono gli unici primati dello Yucatan), Belize e Guatemala settentrionale: è endemica della Selva Maya, una grande foresta pluviale al confine fra i tre stati.


    Dimensioni


    Misura circa un metro è mezzo di lunghezza, di cui poco più della metà spetta alla coda, per un peso che sfiora i 12 kg: queste misure ne fanno la più grande delle scimmie urlatrici ed uno dei primati autoctoni più grandi del Nuovo Mondo.

    Aspetto

    Il pelo è uniformemente nero, leggermente più lungo sulla gola rispetto al resto del corpo: in corrispondenza dei genitali, il pelo diventa bianco. I maschi hanno un caratteristico scroto di colore rosa, che è la principale caratteristica distintiva fra questa specie e la congenere Alouatta palliata, di cui la sottospecie mexicana è simpatrica con A. pigra.

    Dimorfismo sessuale


    I maschi sono molto più grandi delle femmine: basti pensare che il peso medio dei maschi è 11,4 kg, mentre quello delle femmine è di 6,5 kg.

    Abitudini


    Si tratta di animali sociali, che vivono in gruppi di 5-10 individui, quindi di dimensioni inferiori a quelli delle altre scimmie urlatrici: di questi, i due terzi sono adulti, distribuiti solitamente in rapporto maschi/femmine di 4:3. Un gruppo è solitamente composto da un maschio dominante e varie femmine coi propri cuccioli: a volte si trovano anche altri maschi subordinati, il cui ruolo è con tutta probabilità quello di difendere il gruppo in caso di pericolo. Pare che le dimensioni del gruppo siano inversamente proporzionali al numero di cuccioli portati con successo all'età adulta, a causa dell'alta probabilità di infanticidio da parte dei maschi subordinati.
    A volte si trovano maschi solitari o gruppi di giovani maschi apolidi: questi maschi possono usurpare il trono dei maschi dominanti oppure crearsi un nuovo gruppo. Li si trova spesso associati alla scimmia ragno Ateles geoffroyi.
    Rispetto alle altre scimmie urlatrici, ha abitudini più terricole: come le congeneri, tuttavia, questi animali sono piuttosto statici, passando circa il 70% del tempo a riposare ed il restante tempo a mangiare e dedicando solo una minima parte alla socializzazione. I lunghi periodi d'inattività di questi animali servono a dare all'intestino il tempo di digerire le foglie, poichè nelle scimmie urlatrici mancano molti adattamenti tipici degli animali erbivori.
    Rispetto alle altre scimmie urlatrici, in questi animali la densità per chilometro quadro è più bassa (al massimo 90 individui per kmq): ogni gruppo difende il proprio territorio emettendo delle potenti vocalizzazioni (88 decibel a 5 m di distanza). Quando sono presenti più maschi, essi tendono a vocalizzare a turno, sicchè ascoltando i canti di queste scimmie è possibile intuire con precisione il numero di maschi presenti nei vari gruppi: queste indicazioni sono fondamentali per un determinato gruppo, che in base al numero stimato di individui rivali può decidere o meno di confrontarsi fisicamente.

    Alimentazione


    Si tratta di animali esclusivamente erbivori: si nutrono principalmente di foglie, fiori e soprattutto di frutta. Sono infatti le specie più frugivore del genere Alouatta, e tendono a mangiare foglie solo qualora i frutti siano scarsi o difficili da reperire.

    Riproduzione


    Generalmente, solo il maschio dominante e pochi altri maschi ad un livello alto della scala gerarchica possono copulare: il ciclo estrale delle femmine dura 11-20 giorni, ma i giorni fertili sono in tutto 2-4.
    Prima dell'accoppiamento, il maschio annusa l'urina della femmina e ne lecca i genitali per verificare a che punto è il ciclo estrale: per dimostrare la propria predisposizione all'accoppiamento, ambedue i sessi cacciano ripetutamente la lingua dentro e fuori dalla bocca. Pare inoltre che le femmine possano incitare i maschi afferrando loro i peli della testa.
    La gestazione dura sei mesi, al termine dei quali viene partorito un unico cucciolo: quest'ultimo ha una colorazione argentata, che mantiene fino ai due mesi e mezzo d'età, quando viene rimpiazzata dal consueto mantello nero.
    Spesso i maschi commettono infanticidio: si pensa che lo scopo di questo gesto sia quello di limitare la troppa crescita dei gruppi, con conseguente impoverimento delle risorse. I piccoli restano con la madre per circa un anno: essa li difende strenuamente da ogni pericolo.
    La maturità sessuale viene raggiunta attorno ai 3-4 anni d'età: già a 4 mesi, tuttavia, lo scroto dei maschi può colorarsi di rosa.
    La speranza di vita di questi animali si aggira attorno ai 20 anni.
    Attached Image
    Howler_monkey_belzie_wen.jpg

    Web
     
    Top
    .
  13.  
    .
    Avatar

    Deus ex machina
    ♣♣♣♣♣♣♣♣♣

    Group
    Black
    Posts
    196,007
    Location
    AUGUSTA TAURINORUM

    Status
    Offline
    Il rinoceronte nero (Diceros bicornis, Linnaeus, 1758) è un mammifero perissodattilo della famiglia dei Rinocerontidi originario delle aree orientali e centrali dell'Africa, compresi Kenya, Tanzania, Camerun, Sudafrica, Namibia e Zimbabwe. Nonostante questo rinoceronte venga chiamato nero è in verità di colore grigio, bruno o bianco. Il suo nome swahili è kifaru
    Alla specie venne dato questo nome per distinguerla dal rinoceronte bianco (Ceratotherium simum). Ciò è sbagliato, però, perché queste due specie non sono facilmente distinguibili tra loro dal colore. La parola white, bianco, usata per indicare il «rinoceronte bianco», deriva dalla parola afrikaans che significa largo, in inglese wide, e non bianco.
    L'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) ha annunciato il 7 luglio 2006 che una delle sue quattro sottospecie, il rinoceronte nero dell'Africa occidentale (Diceros bicornis longipes), è stata dichiarata sperimentalmente estinta.
    Rimangono in natura 3600 rinoceronti neri.

    Tassonomia e nomenclatura

    Esistono quattro sottospecie di rinoceronte nero:

    * centro-meridionale (Diceros bicornis minor): la sottospecie più numerosa; era diffusa un tempo dalla Tanzania centrale, attraverso Zambia, Zimbabwe e Mozambico, fino al Sudafrica settentrionale ed orientale;
    * sud-occidentale (Diceros bicornis bicornis); quella più adatta alle savane aride e semi-aride della Namibia, dell'Angola meridionale, del Botswana occidentale e del Sudafrica occidentale;
    * dell'Africa orientale (Diceros bicornis michaeli); era diffusa in passato dal Sudan meridionale, dall'Etiopia e dalla Somalia, attraverso il Kenya, fino alla Tanzania centro-settentrionale. Oggi, il suo areale è limitato principalmente alla Tanzania;
    * dell'Africa occidentale (Diceros bicornis longipes); è una sottospecie estinta. In passato, era diffusa nella maggior parte delle savane dell'Africa occidentale. Fino a tempi recenti ne sopravviveva ancora qualche esemplare in Camerun settentrionale, ma l'8 luglio 2006 l'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura ha dichiarato questa sottospecie sperimentalmente estinta.

    Descrizione

    Un rinoceronte nero adulto è alto 140-170 cm al garrese e misura 3,3-3,6 m di lunghezza. Pesa tra gli 800 ed i 1400 kg, ma eccezionalmente può raggiungere anche i 1820; le femmine sono più piccole dei maschi. I due corni sul cranio sono costituiti da cheratina: quello più grande, sulla fronte, è lungo generalmente 50 cm, ma in alcuni esemplari ha raggiunto anche i 140 cm.
    Il corno più lungo mai misurato era di 1,5 metri. Talvolta si può sviluppare anche un terzo corno. Questi corni vengono utilizzati a scopo difensivo ed intimidatorio, ma sono utili anche per scavare le radici e per spezzare i ramoscelli mentre mangia. Il colore della pelle dipende più di ogni altro fattore dalle condizioni locali del suolo e dal comportamento del rinoceronte; proprio per questo molti rinoceronti neri non sono veramente di colore nero. Il rinoceronte nero è parecchio più piccolo del rinoceronte bianco ed ha un lungo labbro superiore appuntito e prensile utilizzato per strappare le foglie ed i germogli quando si nutre[4]. Il rinoceronte bianco, invece, ha labbra squadrate utilizzate per pascolare l'erba. Quello nero si può distinguere dal bianco anche per le minori dimensioni del cranio e delle orecchie. Inoltre non ha la caratteristica gobba sul dorso del rinoceronte bianco.
    Il suo spesso strato di pelle lo protegge dalle spine e dalle erbe dai margini taglienti. Questa pelle ospita molti parassiti esterni, ad esempio acari, che costituiscono la fonte di nutrimento principale per le bufaghe e le garzette che vivono in compagnia di questo colosso. Il rinoceronte è dotato di una vista pessima, ma può fare affidamento su un udito ed un olfatto ben sviluppati. Ha grandi orecchie che ruotano come antenne satellitari per individuare ogni suono ed un grande naso dotato di un eccellente senso dell'olfatto per individuare i predatori.

    Distribuzione e conservazione

    Per la maggior parte del XX secolo il rinoceronte nero è stata la specie di rinoceronte più numerosa. In Africa, intorno al 1900, ve ne erano probabilmente alcune centinaia di migliaia. Durante l'ultima metà del XX secolo, però, il loro numero è diminuito severamente, passando dai 70.000 esemplari della fine degli anni '60 ai 10.000-15.000 del 1981. Agli inizi degli anni '90 questo numero scese sotto i 2500 e nel 1994 venne riportato che ne rimanevano solamente 2410. Secondo la International Rhino Foundation, comunque, la popolazione è da allora aumentata, raggiungendo i 3610 nel 2003. Secondo un rapporto dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura del luglio 2006, un recente studio sul rinoceronte nero dell'Africa occidentale, diffuso un tempo nelle savane dell'Africa occidentale ma di cui ne rimanevano solamente 10 esemplari, è giunto alla triste conclusione che questa sottospecie si è estinta. Purtroppo, anche il rinoceronte bianco settentrionale farà presto la stessa fine, dal momento che ne rimangono attualmente solo 4. L'unico rinoceronte che si è allontanato di più dalla soglia dell'estinzione è quello bianco meridionale, di cui ne rimangono 14.500: ben poca cosa, però, rispetto agli 83.000 di un secolo fa. Il rinoceronte nero è stato spinto sulla soglia dell'estinzione dal bracconaggio illegale per il suo corno e dalla distruzione dell'habitat. Il corno viene utilizzato nella medicina tradizionale cinese e gli erboristi sostengono che con esso si possano risvegliare pazienti in stato comatoso o curare le febbri. La supposta efficacia dell'utilizzo del corno di rinoceronte nel trattamento di qualsiasi malattia non è mai stata confermata, però, dalla scienza medica. Nel giugno del 2007 è stato documentato il primo caso di vendita di corno di rinoceronte nero negli Stati Uniti (confermata dai test genetici effettuati sul corno confiscato), avvenuto in un negozio di medicina tradizionale cinese nella Chinatown di Portland (Oregon). In Medio Oriente viene utilizzato anche per fabbricare le impugnature ornamentali scolpite dei pugnali cerimoniali chiamati jambiya. La richiesta di questi corni esplose negli anni '70, causando, tra il 1970 ed il 1992, un declino della popolazione del 96%.

    Comportamento ed ecologia


    Il rinoceronte nero è un brucatore erbivoro che si nutre di foglie, ramoscelli, germogli, cespugli spinosi e frutta. La sua dieta è utile a ridurre la quantità di piante legnose e di conseguenza favorisce la crescita di una maggiore quantità di erba, il che va a beneficio di altri animali. È noto che possa nutrirsi di quasi 220 diverse specie di piante. Durante la siccità può sopravvivere senza acqua fino a 5 giorni. Il rinoceronte nero vive soprattutto nelle praterie, nelle savane e nelle boscaglie tropicali.
    Questi animali si alimentano la mattina e la sera. Nelle ore più calde del giorno sono meno attivi e trascorrono il tempo riposando, dormendo o rotolandosi nel fango. Quest'ultima attività è parte essenziale della vita di tutte le specie di rinoceronte. Aiuta a raffreddare la temperatura corporea durante il giorno ed a proteggersi dai parassiti. Se il fango non è disponibile si rotolano nella polvere. Si abbeverano soprattutto durante il pomeriggio.
    Sono animali solitari e vivono insieme solamente durante il periodo degli accoppiamenti, ma le madri ed i piccoli possono talvolta raggrupparsi insieme per brevi periodi di tempo. I maschi non sono socievoli quanto le femmine, sebbene possano talvolta tollerare la presenza di altri rinoceronti. Non sono molto territoriali e spesso sconfinano sui territori di altri esemplari. Questi territori variano a seconda della stagione e della disponibilità di cibo ed acqua. In ambienti dove questi abbondano i territori sono più piccoli e viceversa sono più estesi se questi scarseggiano. Nel Serengeti i territori variano tra i 43 ed i 133 km², mentre nel Ngorongoro si estendono tra i 2,6 ed i 44 km². I rinoceronti neri sono anche stati visti occupare certe aree che tendono a visitare per riposarsi, chiamati «case», situate solitamente in luoghi più elevati.
    Il rinoceronte nero ha la reputazione di essere estremamente aggressivo. Attacca per paura, confusione e panico. A causa della vista molto scarsa carica soltanto guidato dall'olfatto; proprio per questo questi animali sono stati osservati caricare tronchi d'albero e termitai. I rinoceronti neri non sono molto aggressivi nei confronti degli altri membri della specie e solitamente si limitano a false aggressioni. I maschi talvolta combattono tra loro spingendosi con la testa o cozzando con i corni. Di solito, comunque, evitano se possibile di incontrare altri maschi. Le femmine, invece, non sono aggressive tra di loro. Nonostante le loro aggressioni, gli adulti di questa specie non hanno predatori naturali.
    Il rinoceronte nero è considerato uno degli animali più pericolosi d'Africa. Per via del temperamento aggressivo, ma anche a causa della sua pessima vista, è portato a caricare qualsiasi cosa che abbia un odore non familiare nel suo ambiente. Sono famose le sue cariche agli autoveicoli nella savana africana, che possono portare al ribaltamento di jeep e furgoni e al ferimento degli occupanti.
    Per individuare le aree di foraggiamento e le pozze d'acqua i rinoceronti neri seguono gli stessi sentieri utilizzati dagli elefanti. Quando devono brucare utilizzano sentieri più piccoli. Questi animali sono molto veloci e correndo sulle dita possono raggiungere i 56 chilometri all'ora.

    Comunicazione


    Questi animali esibiscono molte forme di comunicazione. A causa della loro pessima vista e della natura solitaria, per individuare la presenza di altri rinoceronti si basano soprattutto su tracce olfattive. Schizzi di urina vengono lasciati su alberi ed arbusti, intorno alle pozze d'acqua ed alle aree di foraggiamento. Le femmine recettive all'accoppiamento lasciano un numero di schizzi di urina maggiore delle altre. La defecazione avviene negli stessi punti utilizzati da più rinoceronti, cioè nelle aree di pascolo, sui sentieri in direzione delle fonti d'acqua ed in altre aree. Questi cumuli di escrementi sono molto importanti per identificare i vari esemplari. Imbattendosi in essi, i rinoceronti li annuseranno per capire quali esemplari sono presenti in quell'area e a loro volta vi lasceranno le proprie deiezioni. Meno comunemente sfregano la testa o il corno contro i tronchi d'albero per lasciarvi dei segnali.
    Sono stati inoltre riscontrati diversi tipi di vocalizzazioni. Durante i combattimenti vengono emessi grugniti e suoni simili a squilli di tromba. Un lungo grugnito indica ira, mentre dei richiami simili a starnuti vengono utilizzati per avvisare i conspecifici di un pericolo. Brevi grugniti emessi con le orecchie ritte e le narici raggrinzite indicano una reazione di sorpresa alla venuta di un nuovo arrivato. Per quando sono impauriti è stato descritto un suono dai toni elevati. Perfino peggiore è un tremendo grido emesso quando questi bestioni sono terrorizzati. «Mmwonk», un profondo suono rimbombante, è segno di soddisfazione. Degli squittii emessi con differenti toni ed intonazioni possono significare «Mi sono perso», «Dove sei?», «Sono quaggiù» ed altre emozioni che però devono ancora essere comprese. Anche in base alla velocità dei respiri si può comunicare accoglienza, ansietà e rassicurazione. Un grugnito affannoso è un saluto comune con cui maschi e femmine accolgono un altro esemplare.
    Il linguaggio del corpo è meno importante nella comunicazione dei rinoceronti neri. Un maschio adulto talvolta può esibire un rituale di aggressività nei confronti di un potenziale rivale. In tal caso esso annuserà l'aria, sbufferà ripetutamente e sbatterà la testa tra gli arbusti. Può anche mettersi in posizione di attacco. Se uno di questi colossi solleva la coda, questa postura può voler significare varie cose: curiosità, allarme o disponibilità sessuale. Anche le orecchie erette indicano curiosità, ma se esse vengono sbattute vuol dire che il rinoceronte è adirato.

    Riproduzione

    In natura gli adulti sono solitari e si ritrovano insieme solamente per accoppiarsi. L'accoppiamento può avvenire in qualsiasi momento dell'anno ma negli ambienti più aridi le nascite tendono ad essere più numerose verso la fine della stagione delle piogge.
    Quando è recettiva la femmina strofina i genitali contro i cumuli di escrementi. Se un maschio vuole accoppiarsi con lei inizia a seguirla; quando essa defeca il suo spasimante gratta e sparge intorno il cumulo, rendendo più difficile ad ogni maschio adulto seguire la sua scia olfattiva.
    Il corteggiamento comprende una serie di grugniti e di strofinamenti di corna tra i maschi. È noto anche un altro tipo di corteggiamento, detto «bluffa e fuggi», in cui il rinoceronte sbuffa e dondola aggressivamente la testa da una parte all'altra prima di fuggire via ripetutamente. Le coppie riproduttive rimangono insieme per 2-3 giorni e talvolta perfino per settimane. Durante questo periodo si accoppiano varie volte al giorno ed ogni copula dura mezz'ora.
    Il periodo di gestazione dura tra i 15 ed i 16 mesi. L'unico piccolo che viene partorito alla nascita pesa 35–50 kg e può seguire la madre dopo appena tre giorni. Lo svezzamento avviene a circa due anni e mezzo. La madre ed il piccolo rimangono insieme per 2-3 anni, prima della nascita del prossimo piccolo; in questo caso le figlie femmine possono continuare a rimanere con la madre, formando piccoli gruppi. I piccoli vengono catturati occasionalmente dalle iene e dai leoni. La maturità sessuale viene raggiunta a 5-7 anni dalle femmine e a 7-8 anni dai maschi. La speranza di vita in condizioni naturali (senza la pressione dei bracconieri) è di 35-50 anni
    Attached Image
    Black_rhino_Ngorongoro_Crater.jpg

    Web
     
    Top
    .
  14.  
    .
    Avatar

    Deus ex machina
    ♣♣♣♣♣♣♣♣♣

    Group
    Black
    Posts
    196,007
    Location
    AUGUSTA TAURINORUM

    Status
    Offline
    Il monito del monte ("scimmietta di montagna", Dromiciops gliroides (Thomas, 1894)), conosciuto anche come colocolo, è l'unico mammifero vivente della famiglia dei Microbioteridi e dell'ordine dei Microbioteri. Molti scienziati ipotizzano che questo marsupiale semi-arboreo del Sudamerica provenga dall'Australia, da dove sarebbe arrivato attraversando l'Antartide, dove sono stati ritrovati fossili di marsupiale, così come accadde per l'obdurodonte, di cui sono stati ritrovati esemplari fossili in Argentina.

    Descrizione


    Il monito del monte è poco più grande di un topo; la lunghezza è tra gli 8 e i 13 centimetri; Il peso varia tra i 17 e i 31 grammi. Ha una coda spessa, abbastanza prensile, della stessa lunghezza.
    La pelliccia è corta e bruna nella parte superiore, con un certo numero di chiazze bianche, ed è più chiara dal lato inferiore. Le orecchie sono corte e tonde, e ha cerchi bianchi intorno agli occhi.

    Diffusione e habitat


    Vive nelle foreste umide del Cile meridionale, a latitudini comprese tra 36° e 43°, nell’isola di Chiloé, nella Cordigliera della costa, nella valle centrale e nella cordigliera delle Ande. L’areale comprende anche settori dell’Argentina. Non è mai stato visto al di sopra di 1100 metri s.l.m. e predilige le piantagioni di bambù.

    Abitudini

    È un animale notturno e prevalentemente, ma non esclusivamente, arboricolo.
    La dieta comprende soprattutto insetti (in particolare larve e pupe) ma anche altri piccoli invertebrati e frutta.
    Costruisce nidi rotondi con foglie di quila e nei mesi dell'inverno australe cade in letargo.
    Le femmine partoriscono da 1 a 4 piccoli. La maturità sessuale è raggiunta nel secondo anno di vita.

    Conservazione

    La specie è considerata vulnerabile in base ai criteri della IUCN Red List.
    La Zoological Society of London, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera Dromiciops gliroides una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione.
    Attached Image
    080325203453_large.jpg

    Web
     
    Top
    .
  15.  
    .
    Avatar

    Deus ex machina
    ♣♣♣♣♣♣♣♣♣

    Group
    Black
    Posts
    196,007
    Location
    AUGUSTA TAURINORUM

    Status
    Offline
    Il dugongo (Dugong dugon) è un mammifero dell'ordine dei Sirenidi; l'unica specie del genere Dugong e della famiglia dei Dugongidi.

    È un parente molto prossimo del lamantino, da cui si differenzia soprattutto per la forma biforcuta della coda. Per secoli oggetto di caccia, è oggi a rischio di estinzione.


    Anatomia


    Il dugongo è un animale acquatico di grossa mole e di colore grigio-brunastro che può superare i 3 metri di lunghezza, per un peso compreso tra 400 e 500 kg.
    La femmina risulta spesso leggermente più lunga e pesante del maschio ma non abbastanza da poter parlare di dimorfismo sessuale.
    Il dugongo ha una struttura fisica tozza e compatta che gli ha fatto guadagnare il popolare soprannome di "mucca di mare"; in questo sirenide, infatti, una pinna caudale orizzontale divisa in due lobi simile a quella dei cetacei si associa ad un corpo estremamente massiccio provvisto di due ghiandole mammarie toraciche e di due grosse pinne anteriori appiattite, a forma di spatola. Queste ultime hanno una doppia funzione: esse servono sia da mezzo di locomozione sia, in pochi casi, da arti prensili.
    Anche la testa ha una forma insolita, caratterizzata da minuscoli occhi e orecchie e da un grosso paio di spesse "labbra": mentre i primi sono però fattori propri di molti mammiferi marini (si pensi alla balena o all'orca), il secondo è posseduto solo da questa specie, ed è dovuto alla sua particolare dieta.
    La sua pelle è, al pari degli altri sirenidi, usata principalmente come accumulatore di materia grassa, risorsa che torna utile durante l'inverno come protezione termica dalle basse temperature. Essa è inoltre estremamente resistente e dotata di buone capacità rigenerative: una profonda ferita inflitta da una rete da pesca d'alto mare può guarire infatti anche in un solo giorno.
    L'anatomia interna del D. dugon è molto simile a quella umana, essendo come noi esso un mammifero. Nonostante la sua vita si svolga completamente in mare (ciò non vale per la maggior parte gli altri sirenidi, come il tricheco o la foca), infatti, esso è dotato di polmoni e non di branchie: ciò lo costringe periodicamente a salire a galla per prendere aria; dopo l'inspirazione, però, la maggior parte dell'ossigeno non viene fissato nell'emoglobina del sangue come accade per noi, ma nella mioglobina dei muscoli: questo stratagemma, utilizzato anche da molti altri mammiferi marini, gli permette di evitare embolie durante la risalita e di restare sott'acqua per tempi molto lunghi.
    Il cervello di questo curioso sirenide è poi abbastanza sviluppato, cosa non insolita nella Classe Mammalia, ed inoltre il dugongo possiede un apparato fonativo capace di modulare suoni su diversa frequenza, lo stesso principio sul quale si basano i cosiddetti canti delle megattere ed anche, benché su di un livello molto più avanzato, la voce umana.

    Comportamento


    I dugonghi sono animali sociali, che spesso vivono anche in gruppi composti da tre o quattro individui; in ogni gruppo può essere presente anche più di un maschio, comportamento questo non riscontrabile che in poche altre specie viventi. La socialità è per questa specie più un mezzo di difesa che un sistema di attacco: ciò avviene perché i dugongidi non si dedicano alla caccia, e quindi non hanno bisogno di alleati che li aiutino a tendere trappole alle prede (si pensi al comportamento del leone, un mammifero terrestre carnivoro).

    Dieta


    Il dugongo è un mammifero erbivoro marino, uno dei pochi esistenti; per questo motivo la sua dieta è basata esclusivamente sulle piante marine (della famiglia Potamogetonaceae, anche se non disdegna le Hydrocharitaceae e le Cymodoceaceae), che è solito brucare nelle acque più basse, dove i predatori (come ad esempio gli squali) non si avventurano quasi mai. Accurate analisi sulle feci di questi animali hanno spesso rilevato la presenza di piccoli invertebrati: è abbastanza chiaro pensare che nella maggioranza dei casi essi siano inghiottiti per sbaglio durante il pascolo delle piante acquatiche. L'alimentazione è l'attività cui il dugongo si dedica maggiormente durante la giornata: può arrivare a mangiare ben 30 kg di alghe al giorno; per agevolarsi il manatee adopera le sue muscolose "labbra", molto utili per strappare le alghe dal fondale, e le pinne anteriori, che usa quasi come mani per reggere il cibo (si veda l'immagine a sinistra).

    Riproduzione

    Anche la riproduzione è un momento importante per il dugongo: l'accoppiamento è un'operazione molto lunga e lenta, che può durare anche diverse ore; essendo un mammifero, la femmina partorisce un cucciolo già vivo, che subito provvede ad allattare, anche questa volta adoperando le pinne anteriori come braccia per mantenere il piccolo.
    Spesso la scelta del partner avviene secondo un rituale per il quale più maschi si contendono, lottando, la stessa femmina; è stato però documentato anche un comportamento differente, per cui un gran numero di individui maschi si reca in un'unica zona, e le femmine scelgono liberamente con chi accoppiarsi, basandosi probabilmente sul modo in cui ciascun pretendente mette in mostra le proprie doti. Durante questo periodo i dugonghi maschi, solitamente non molto territoriali, divengono estremamente aggressivi, al punto che anche per un essere umano può essere pericoloso avvicinarli.

    Storia e leggende


    Il più antico resto di dugongo, risalente a 6000 anni fa, si trova in Giappone, nell'arcipelago di Ryu Kyu: le ossa di questo primitivo animale ci hanno rivelato che esso è stato lasciato praticamente invariato dall'evoluzione fino al giorno d'oggi, il che significa evidentemente che è perfetto per l'habitat in cui vive. Oggi esiste una sola specie di dugongo, il D. dugon, ma non è sempre stato così: fino al XVIII secolo, infatti, ne era esistita una seconda, l'Hydrodamalis gigas, poi estintasi per l'eccessiva caccia da parte dalle popolazioni locali e dai colonizzatori europei all'inizio del 1700. L'unica specie di dugongo sopravvissuta è dunque oggi considerata protetta, malgrado la caccia abusiva o la pesca disattenta ne stiano lentamente causando la completa estinzione.
    Un tempo i dugonghi erano molto diffusi anche nel Mar Mediterraneo, e ciò fa pensare che le mitiche sirene, esseri dal busto di donna e la coda di pesce cui diverse leggende fanno riferimento, non siano altro che gruppi di dugonghi visti da lunga distanza da marinai da troppo tempo lontani dalla terraferma. A favore di questa ipotesi ci sono anche alcuni particolari antropomorfi del dugongo, ovvero le ghiandole mammarie toraciche e l'abitudine di allattare i cuccioli reggendoli con le pinne anteriori: ciò avrebbe fatto immaginare agli antichi marinai mediterranei le leggende sulle sirene; restano però inspiegati i racconti sui loro canti ammaliatori e sulla loro bellezza, che sembrano cozzare con le caratteristiche del dugongo. Questa tesi è avvalorata inoltre da alcune frasi che pare abbia pronunciato Cristoforo Colombo molti secoli più tardi, nelle quali si faceva riferimento ad un piccolo gruppo di dugonghi come a delle "brutte sirene".
    In alcuni altri stati, specialmente appartenenti al sud-est asiatico, si sono create diverse leggende sui dugonghi: alcune culture lo vogliono portatore di sfortuna, mentre altre ritengono la sua presenza di buon augurio; ci furono civiltà, sempre in quei luoghi, che credevano le lacrime di dugongo una magica pozione amorosa, mentre infine altre (appartenenti alle isole Filippine) utilizzavano le sue ossa per fabbricare amuleti contro la sorte avversa.

    Diffusione


    Oggigiorno il dugongo è diffuso solamente nell'Oceano Indiano e all'estremità occidentale di quello Pacifico, in corrispondenza a particolari gruppi di isole equatoriali e tropicali come l'Australia, l'Indonesia o lo Sri Lanka; solo pochi secoli fa una mappatura del genere avrebbe però compreso anche l'Oceano Atlantico ed il Mar Mediterraneo, zone da cui ora il dugongo è completamente estinto.
    Il luogo in cui la densità della popolazione di dugonghi raggiunge il valore massimo è l'Australia, soprattutto nelle sue coste settentrionali, seguita dalle sponde egiziane del Mar Rosso; negli altri stati i dugonghi sono invece una specie rara, raggiungendo al massimo i 100 individui a nazione: basti pensare che il Kenia, luogo dove una volta i manatee abbondavano, oggi conta una popolazione totale di soli 6 individui. Anche nelle già nominate isole giapponesi Ryu Kyu, habitat da millenni di questi animali, la situazione è tragica, così come in Madagascar e nelle isole al largo della costa orientale africana: ciò ha spinto importanti organizzazioni mondiali, come il WWF, a dichiarare il dugongo un animale in via d'estinzione da salvaguardare.
    Attached Image
    dugongo12.JPG

    Web
     
    Top
    .
202 replies since 23/7/2008, 13:29   16251 views
  Share  
.