Animali in pericolo di estinzione

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    Il cervo di Padre David o cervo milu (Elaphurus davidianus, Milne-Edwards 1866) è un cervide attualmente piuttosto raro. Originario delle zone acquitrinose subtropicali, si nutre sia di erba che di piante acquatiche.
    Un esemplare adulto pesa 150-200 kg e può vivere fino a 23 anni. Dopo una gestazione della durata di nove mesi, la femmina dà alla luce uno o due piccoli i quali raggiungono la maturità a circa 14 mesi.
    Il cervo di Padre David ha una coda lunga, grandi zoccoli e corna ramificate. Il nome cinese di questo cervide (四不像, in pinyin sì bú xiàng) si traduce con «le quattro diversità» perché si diceva che questi animali avessero le corna di un cervo, il collo di un cammello, le zampe di una mucca e la coda di un asino. D'estate gli esemplari adulti hanno un mantello color rosso acceso con una striscia dorsale scura. D'inverno invece prevale una colorazione di un tono grigio chiaro. I cerbiatti sono maculati.
    Nel XIX secolo gli europei scoprirono questi animali grazie a Padre Armand David, un missionario francese che operava in Cina. In quegli anni, l'unica piccola mandria sopravvissuta all'attività venatoria dell'uomo si trovava in una riserva di caccia dell'imperatore. Diciotto esemplari, durante l'occupazione di Pechino ad opera di truppe europee, furono trasferiti in Gran Bretagna. Quelli che invece rimasero in Cina divennero successivamente carne da macello per le truppe europee e giapponesi durante la Ribellione dei Boxer.
    Attualmente l'intera popolazione di cervi milu discende da quei 18 esemplari trasferiti in Gran Bretagna. Nel 1986, 39 cervi furono reintrodotti in Cina, nella riserva di Dafeng. Attualmente, gli esemplari viventi sono circa 2000, 500 dei quali in Cina.
    La specie è considerata a forte rischio di estinzione, anche se, geneticamente, non sembra soffrire il cosiddetto «collo di bottiglia» tipico delle specie animali con pochi esemplari rimasti.

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    Edited by Shagrath82 - 14/5/2010, 09:39
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    L'Elefante Indiano (Elephas maximus) è uno dei due rappresentanti della famiglia degli Elefantidi, l'unica sopravvissuta dell'ordine dei Proboscidati.

    Descrizione

    Detto anche elefante asiatico, questa specie presenta alcune differenze fisiche rispetto al parente africano. Oltre alle minori dimensioni, sono evidenti le differenze nella forma del cranio, che in questa specie ha due prominenze e un'insellatura interna. Le orecchie inoltre sono più piccole in proporzione alla testa. Il profilo del dorso di questa specie è convesso, a differenza di quello insellato dell'elefante africano. Inoltre, ha zanne più piccole, che spesso nelle femmine sono assenti o appena accennate. Questo animale, inoltre, presenta solitamente quattro zoccoletti nel piede posteriore, contro i tre della specie africana. L'elefante indiano ha una sola appendice digitiforme sulla proboscide.
    È il secondo animale di terraferma più grande. I maschi sono lunghi mediamente 5,5-6,4 metri, hanno un'altezza alla spalla di 2,7-3 metri, e pesano 3900-4700 kg. Le femmine sono leggermente più piccole.

    Abitudini

    Le sue abitudini sono molto simili a quelle dell'elefante africano. Vive in branchi di 8-20 individui, guidati da una femmina anziana. Si nutre prevalentemente di erbe e germogli, non disdegnando comunque frutti e cortecce.
    L'elefante indiano trascorre gran parte della giornata in cerca del cibo necessario alla sopravvivenza: circa 150 kg di frutta e foglie ogni giorno. I maschi adulti in libertà sono solitari, mentre le femmine e i maschi più giovani si spostano in gruppi composti da un numero di esemplari che varia da 5 a 120.
    Questo animale ha una gestazione molto lunga, di 20-22 mesi, al termine dei quali nasce un solo piccolo. Grande amante dell'acqua, l'elefante ama spruzzarsela addosso con la proboscide e fare bagni rinfrescanti. Il suo habitat naturale è vario, ma generalmente lo si trova nelle giungle e nelle praterie, ma si spinge anche fino in montagna. Vive in tutta la zona del sud-est asiatico, dall'India alla parte settentrionale dell'Indonesia.
    L'elefante indiano, a parte l'uomo, non ha nemici naturali, anche se le tigri possono rappresentare un serio pericolo per i cuccioli se non sono difesi dalle madri. Anche questo elefante è molto longevo, avendo un'età media di 65-70 anni.
    Rispetto al parente africano è di indole più pacifica e tranquilla. Per questo lo si è potuto addomesticare fin dai tempi antichi e in diverse zone dell'India e dell'Indocina è utilizzato come animale da lavoro, specie per il trasporto dei tronchi. E l'elefante più comune nei circhi, anche se occasionalmente può essere causa di incidenti.
    Non si hanno dati precisi sulla popolazione degli elefanti indiani, che è comunque superiore alle 100.000 unità.

    Sistematica

    Sono presenti quattro sottospecie di elefante asiatico:

    * Elephas maximus
    o Elephas maximus maximus (Elefante di Ceylon)
    o Elephas maximus borneensis (Elefante del Borneo)
    o Elephas maximus indicus (Elefante della indiano)
    o Elephas maximus sumatrensis (Elefante di Sumatra)
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    L'elefante di Sumatra (Elephas maximus sumatrensis) è una sottospecie di elefante asiatico. Come indica il nome, questo elefante vive solamente s Sumatra. L'elefante di Sumatra è più piccolo della sottospecie indiana ed è estremamente minacciato. Un censimento della popolazione condotto nel 2000 ha indicato che rimangono solamente 2000-2500 elefanti selvatici. Il 65% degli elefanti di Sumatra morti sono vittime della persecuzione umana. Il 30% di queste vittime vengono avvelenate dall'uomo a causa della paura suscitata da questi animali. L'83% dell'antico areale dell'elefante di Sumatra è stato ora trasformato in piantagioni; ciò significa che l'elefante deve imparare ad adattarsi al suo nuovo habitat se vuole sopravvivere.

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    La zebra di Grévy (Equus grevyi), a volte detta zebra imperiale, è un mammifero della famiglia degli Equidi.
    Prende il nome da Jules Grévy, presidente della Francia: fu il governo dell'Abissinia, negli anni '80 dell'Ottocento, a volergli dedicare il nome dell'animale.

    Descrizione

    La zebra di Grévy, sotto molti aspetti, ricorda l'asino, mentre le altre specie di zebra sono più facilmente avvicinabili al cavallo. È la specie di zebra dalle dimensioni maggiori. Alta 1,25-1,6 metri al garrese, è lunga 2,5-3 metri dalla testa alla coda, con quest'ultima che misura tra i 38 e i 75 centimetri. I maschi pesano tra i 380 e i 450 kilogrammi, le femmine tra i 350 e i 400. È tra le diverse specie, quella con le orecchie di dimensioni maggiori e con le striature tra loro più ravvicinate.

    Diffusione

    Allo stato brado, vive in Kenya, Somalia ed Etiopia.
    In alcune aree del Kenya convivono la zebra di Grévy e la zebra delle pianure.
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    La zebra di montagna del Capo, o zebra delle montagne del Capo (Equus zebra) è un mammifero della famiglia degli Equidi, diffuso nella zona meridionale del Sudafrica.

    Descrizione

    Come per tutte le zebre, anche per la zebra di montagna le strisce bianco-nere sono probabilmente un segnale per riconoscere i membri del gruppo e uno strumento per confondere i predatori.

    Abitudini

    Si nutrono di ciuffi d'erba, cortecce, foglie, frutti e radici.

    Tassonomia

    Nel 2004, C.P. Grove e C.H. Bell pubblicarono un celebre articolo sulla rivista Mammalian Biology, sostenendo che la zebra delle montagne del Capo e la zebra di Hartmann, precedentemente considerate due sottospecie della specie Equus zebra, erano in realtà sufficientemente diverse da giustificare una loro riclassificazione come specie distinte. In particolare, la zebra delle montagne del Capo ha un dimorfismo sessuale pronunciato, con femmine di dimensioni maggiori rispetto ai maschi, cosa che non si osserva nelle zebra di Hartmann. Anche la distribuzione delle strisce sul manto presenta notevoli differenze, con strisce nere più sottili e distanziate per la zebra di Hartmann. Le due specie si trovano in zone geografiche separate.
    Tuttavia in un più recente studio genetico, Moodley & Harley (2005) non trovarono alcuna evidenza genetica tale da far ritenere le due forme di zebra di montagna niente più che due popolazioni o sottospecie differenti e conclusero che i nomi Equus zebra zebra e Equus zebra hartmannae dovessero essere conservati.

    Diffusione

    La zebra di montagna del Capo è diffusa nella zona meridionale del Sudafrica. Il suo habitat naturale sono le zone montuose, secche e rocciose.

    Conservazione

    La specie è considerata in pericolo di estinzione in base ai criteri della IUCN red list.
    Alcune popolazioni di zebre delle montagne sono protette in vari parchi nazionali africani. Esiste inoltre un progetto a cura di vari zoo europei per proteggere questa specie minacciata.
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    L'emione persiano od onagro (Equus hemionus onager) è un Equide tipico dell'asia centrale.

    Distribuzione

    In passato era presente nelle steppe che vanno dal Turkestan russo alla Persia nord-orientale e all'Afghanistan nord-occidentale; è probabile che si spingesse fino all'Arabia e la Mesopotamia de era diffuso anche in Siria.
    Attualmente il suo abitat è limitato in alcune aree protette dell'Iran. In particolare nell'area protetta Touran nella provincia di Semnan, dove si stimano 471 esemplari, e nella provincia Fars nell'area protetta Bahram-e-Goor, dove si stimano 96 esemplari.

    Morfologia

    Altezza al garrese: 110 cm. Il mantello è giallo biancastro: il bianco, argenteo e lucente, si estende dalle zampe e dalla regione inferiore del corpo all'inguine e, dietro le spalle, fino al dorso giallastro. D'inverno il mantello si trasforma in una lanosa pelliccia.
    L'onagro, che vive in piccole mandrie guidate da un maschio, è stato cacciato sin dall'antichità. La sua carne, specie se si trattava di un animale giovane, era considerata un piatto prelibato dai buongustai dell'antica Roma e viene tuttora ricercata dagli arabi e dai persiani. È un uso abbastanza diffuso quello di catturare i piccoli dell'onagro per poi farli accoppiare, a tempo debito, con asine domestiche: si ottengono così ottimi asini da sella di bellissima conformazione.

    Status e conservazione


    La specie è classificata come in pericolo critico di estinzione (CR) da parte della IUCN. Inoltre è iscritta all'appendice II della CITES.
    La specie, la cui popolazione residua è stimata in non più di 600 esemplari, è oggi seriamente minacciata sia dalla caccia che dalla competizione con specie domestiche.
    La Zoological Society of London, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera Equus hemionus onager una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione.
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    Il cavallo di Przewalski anche noto come Takhi oppure Pony della Mongolia (Equus ferus przewalskii o E. przewalskii) è il parente più prossimo, tra quelli attualmente esistenti, del cavallo domestico. Nel 1881, Poliakov concluse che si trattasse di una specie a sè stante, tant'è che le diede il nome di Equus przewalskii. Tuttavia, più recentemente, si è preferito rivederne il nome scientifico, adottando così il più completo Equus ferus przewalskii (il mondo scientifico, comunque, è ancora diviso circa la corretta classificazione). Quel che certo è che il cavallo di Przewalski e quello domestico, nonostante la differenza di cromosomi (64 per quello domestico e 66 per il Przewalski) sono i due unici equidi a potersi incrociare dando alla luce ibridi fertili.
    Nel 2002, la popolazione complessiva era pari a 1.000 capi, tutti discendenti di soli 15 esemplari catturati intorno al 1900 e allevati negli zoo di tutto il mondo.

    Storia


    Il cavallo di Przewalski prende il nome dal generale russo Nikolai Przhevalsky (1839-1888), che fu anche esploratore e naturalista. La forma "Przewalski" corrisponde alla traslitterazione polacca del nome russo. Prezwalski fu il primo a descrivere, nel 1881, questo cavallo, durante una spedizione da lui stesso guidata e volta proprio a trovare tracce certe di questo animale, del quale, fino ad allora, si avevano solo poche notizie confuse. Intorno al 1900, Carl Hagenbeck ne catturò alcuni esemplari, poi ceduti a diversi zoo del mondo.
    In Mongolia, la popolazione allo stato brado subì, a causa di diversi fattori, un forte calo durante il XX secolo, fino a scomparire del tutto negli anni '60: l'ultimo branco fu avvistato nel 1967 e l'ultimo esemplare allo stato brado nel 1969. Le spedizioni successive non hanno più trovato traccia dell'animale. Una delle principali cause dell'estinzione del cavallo di Przewalski allo stato selvatico fu la caccia: grazie alla clorofilla presente nell'erba, infatti, nella gola del cavallo di Przewalski si forma un muco particolare, denso e verde, che si pensava potesse curare una malattia particolarmente diffusa all'epoca dell'estinzione di questo animale dalla Mongolia.
    Nel 1977 fu creata la "Fondazione per la Preservazione e la Protezione del Cavallo di Przewalski": cominciò così un programma di scambio di esemplari tra i diversi zoo, al fine di limitare gli incroci tra consanguinei; più tardi iniziò il vero programma volto ad aumentare il numero di capi. Nel 1992, la Fondazione reintrodusse 16 cavalli in Mongolia, in quello che nel 1998 divenne il Parco Nazionale Hustai, a cui poi se ne aggiunsero altri. Ad oggi, il programma di ripopolamento continua con un certo successo.
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    Il leone marino di Steller (Eumetopias jubatus Schreber, 1776) è un Otariidae che vive nelle acque costiere dell'oceano Pacifico settentrionale dalla Columbia britannica all'Alasca e al Giappone settentrionale.
    È stato descritto per la prima volta dal naturalista tedesco Georg Wilhelm Steller da cui prende il nome.

    Descrizione

    Il maschio può arrivare a 4 m di lunghezza, con una circonferenza minima di 3 m, può pesare 700 kg e oltre. Le femmine, come in tutti gli otaridi auricolati, sono decisamente più piccole e leggere. Il pelo nel maschio è molto variabile, per lo più nero o marrone rossiccio, ma anche grigio scuro o grigio chiaro, spesso screziato di bianco; nelle femmine è prevalentemente marrone chiaro, negli individui giovani dapprima color ardesia o grigio-nero, successivamente color noce, sempre duro e lucido e inferiormente privo di peluria. Le pinne sono rivestite di una ruvida e robusta pelle, le orecchie cilindriche sono finemente ricoperte di pelo. Le setole bianche che orlano a mo' di baffi il labbro superiore possono raggiungere i 45 cm di lunghezza.

    Abitudini


    Nel periodo del parto e dell'accoppiamento sono i maschi anziani delle otarie leonine, come nella maggioranza degli Otaridi, che approdano per primi sui litorali sempre cercati con cura e a cui ritornano con regolarità. Essi sono gli esploratori del branco e perlustrano la spiaggia con molta attenzione. Se non trovano cambiamenti degni di sospetto «sbarcano» e qui combattono piuttosto aspramente per i posti migliori, per gli spuntoni di roccia e gli scogli più sicuri. Dopo l'arrivo delle femmine questi combattimenti assumono un carattere ancora più accanito e durano spesso giorni interi. Ogni maschio ora cerca di conquistare quante più femmine può ospitare e sorvegliare nel territorio così conquistato. Molte femmine incitano i vecchi «spadaccini» ad andare a prenderle e incorporarle nel loro harem. Altre vengono afferrate con la violenza o rubate al vicino pascià. E nessuno naturalmente si lascia derubare senza colpo ferire. Con forti ruggiti i rivali coperti di cicatrici si precipitano l'uno contro l'altro mordendo selvaggiamente all'impazzata e infliggendosi più di una volta serie ferite, specialmente alle pinne. In questi casi anche le femmine per le quali essi combattono non se la passano liscia. I maschi più forti radunano intorno a sé da 20 a 30 femmine circa. I vecchi maschi impediscono decisamente ai maschi più giovani di prendere terra. Se quest'ultimi osano avvicinarsi agli harem vengono puniti e ricacciati senza tanti riguardi in acqua. Del resto i vecchi mammiferi marini in questo periodo non hanno nemmeno paura dell'uomo e aggrediscono i cacciatori con decisione e energia.
    Le femmine lasciano per il momento con notevole pazienza che i maschi si battano rudemente per conquistare l'egemonia nei loro confronti. Esse rimangono impassibili, non si sentono per nulla spose ma solo future madri. Già nei giorni successivi esse partoriscono il piccolo dopo una gravidanza di undici mesi circa e si dedicano poi interamente ai loro doveri di madri. Sono delle madri coscienziosissime che non si allontanano mai dal figlio e lo riconoscono al richiamo, una specie di belato, e all'odore.
    Alle richieste dei maschi esse danno ascolto solo quando i piccoli sono in grado di nuotare. Allora anch'esse diventano più vivaci, manifestano una strana intolleranza reciproca e non sopportano neanche il minimo contatto con le altre. Il loro estro dura solo pochi giorni. L'accoppiamento ha luogo quasi sempre in acqua e con tutta la sua buona volontà il pascià non può evitare che i maschi più giovani che incrociavano davanti ai luoghi dove le femmine avevano partorito ora abbiano anch'essi la loro parte.
    Man mano che col tempo nei maschi si spegne la vitalità sessuale prende il suo posto un forte spirito protettivo. Essi assumono allora il ruolo di sorveglianti delle femmine che si bagnano nell'acqua, custodiscono i piccoli rimasti a terra, facendo attenzione che le piccole otarie non si arrischino troppo al largo e non si allontanino dal branco. Per giorni e notti essi praticamente non chiudono occhio, se non per brevi mezz'orette.
    Quasi ininterrottamente fanno sentire al branco la loro poderosa voce per tranquillizzare, richiamare o ammonire. E non pretendono, per loro, nemmeno un boccone. Per tutto il tempo in cui rimangono sulla terraferma, che dura quasi quattro mesi, essi consumano solo la loro grande riserva di grasso.
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    La Talpa dai piccoli denti (Euroscaptor parvidens Miller, 1940) è un mammifero della famiglia dei Talpidae, endemico del Vietnam.

    Descrizione


    La specie è poco conosciuta, essendone stati catturati pochi esemplari. Come gli altri membri della famiglia Talpidae, questa specie si è evoluta perfettamente per la vita sotto terra. Presenta un corpo cilindrico, coperto da una pelliccia densa e vellutata, che sulla testa si fa affusolato per far capo ad un muso aguzzo. Gli occhi sono molto piccoli e completamente nascosti nella pelliccia. Non presenta orecchio esterno. Le zampe anteriori sono ben sviluppate e permettono alla talpa dai piccoli denti di scavare e spostare la terra durante le pratiche di escavazione di cunicoli.

    Distribuzione e habitat


    Questa specie è diffusa in Vietnam (a sud e a nord, al confine con la Cina), ma si ritiene possibile una sua presenza anche in Laos e Cambogia. Abita differenti ambienti, dalle pianure fertili alle montagne, fino a 3000 m di altitudine.

    Abitudini

    Come le altre talpe, anche E. parvidens passa la maggior parte del suo tempo a scavare numerosi cunicoli, creando una serie di complessi comunicanti che fungono da tana e che permettono a questo animale di procacciarsi il cibo (vermi e altri invertebrati) che accumula in speciali dispense dopo averli paralizzati con un morso, creando delle riserve di cibo sempre fresco.

    Status e conservazione

    La Zoological Society of London, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera Euroscaptor parvidens una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione.
    La IUCN red list considera la specie in pericolo critico di estinzione (CR).
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    Il crotalo dell'isola di Catalina (Crotalus catalinensis) è un serpente velenoso endemico dell'isola di Santa catalina, Messico. Non sono state evidenziate delle sottospecie. Si tratta di un serpente relativamente piccolo, visto che può crescere, al massimo, di 71 cm.
    La sua caratteristica più importante, è che non emette il tipico suono generato dal sonaglio degli altri crotali. Si ritiene che ciò sia dovuto per l'adattamento al suo abitat, in modo da non spaventare le sue prede principali: gli uccelli.
    Questa specie di crotalo è stato inserito nella lista rossa dell'IUCN, ed è considerata una specie ad alto rischio di estinzione, a causa anche dei predatori introdotti sull'isola, come i gatti, oltre che per il danneggiamento dell'ambiente in cui vive
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    Il pesce pappagallo gigante (Bolbometopon muricatum) è un periforme dall'aspetto caratteristico.
    Il suo areale e' l'Indo-Pacifico tropicale dove e' possibile incontrarlo lungo i reef esterni fino a -40 mt. Puo' raggiungere la ragguardevole lunghezza di 1,2 mt. E' caratterizzato da grandi e robuste scaglie, livrea verde uniforme e ampia protuberanza, talvolta rosa, utile per utilizzarla come ariete per spezzare coralli. Gli esemplari adulti percorrono grandi distanze per raggiungere gli abituali pascoli dove dormiranno sempre nelle stesse tane. Di giorno e' possibile incontrarli riuniti in banchi costituiti da numerosi individui, percorrendo il reef a bassa profondita' e sminuzzando violentemente i coralli lungo il loro passaggio. Questa caratteristica gli ha dato loro l'appellativo di "pesci bisonte".
    I piccoli e gli esemplari giovani, caratterizzati da una colorazione differente, vivono nelle lagune, per poi spostarsi in mare aperto da adulti.
    A partire dal 2007 è stato inserito come specie vulnerabile vista la sua diminuzione nei mari. Le cause sono la pesca intensiva e la distruzione delle barriere coralline.
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    La lucertola alligatore Panamint (Elgaria panamintina) è una specie di lucertola appartenente alla famiglia delle Anguidae. Si trova solo in alcune zone remote della california (USA)
    La lunghezza della coda è incredibilmente lunga, visto che può essere lunga quanto l'intero corpo. Corpo che è ricoperto da piccole squame quadrate.
    Altra caratteristica di questa specie è la sua aggressività, capace di infliggere morsi molto forti e dolorosi.
    Viene considerata come specie vulnerabile a causa del suo ridotto areale di distribuzione e per le minacce da parte di animali domestici, veicoli fuoristrada e degrado ambientale.
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    La civetta malgascia (Fossa fossana, Muller 1776), detta anche fanaloka o fanaloca, è un mammifero carnivoro di piccola taglia, appartenente alla famiglia degli Eupleridi, endemico del Madagascar.
    Non va confusa con il fossa (Cryptoprocta ferox), altro carnivoro della stessa famiglia ma di taglia maggiore.
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    La giraffa di Rothschild, Giraffa camelopardalis rothschildi, chiamata così in onore del fondatore del museo zoologico di Tring, Lord Walter Rothschild, nota anche come giraffa di Baringo, dal nome dell'area del lago Baringo, in Kenya[2], o come giraffa ugandese, è la seconda sottospecie di giraffa più minacciata, dal momento che ne rimangono solo poche centinaia di esemplari. Tutti questi esemplari vivono in natura in aree protette del Kenya e dell'Uganda. (Recentemente è stato proposto che la giraffa di Rothschild sia una specie separata dalle altre giraffe e non una semplice sottospecie.) Mentre in genere le giraffe vengono classificate come a basso rischio, dipendente dalla conservazione, la giraffa di Rothschild è sottoposta ad un particolare rischio di ibridizzazione ed è per questo motivo che la sua popolazione è così limitata. Vi sono pochi luoghi in natura dove poter osservare la giraffa di Rothschild, ma i luoghi dove sono più numerose sono il parco nazionale del lago Nakuru, in Kenya, ed il parco nazionale delle cascate Murchison, nell'Uganda settentrionale. Esistono inoltre vari programmi di riproduzione in cattività - tra cui i più importanti sono quelli svolti dal Giraffe Centre di Nairobi, in Kenya, e dal parco safari di Woburn, nel Bedfordshire, in Inghilterra -, i quali aiutano ad espandere il pool genetico delle popolazioni selvatiche di giraffa di Rothschild.
    Le giraffe di Rothschild sono facilmente distinguibili dalle altre sottospecie. La caratteristica più ovvia è la colorazione del mantello, o pelame. Mentre la giraffa reticolata ha delle macchie scure nettamente definite separate tra loro da una rete biancastra brillante, la giraffa di Rothschild ricorda più strettamente la giraffa masai. Comunque, rispetto alla giraffa masai, la sottospecie di Rothschild è di colore più pallido, le macchie bruno-arancio hanno margini meno seghettati e aguzzi e la rete tra di esse presenta toni più sul color crema rispetto a quella della giraffa reticolata. Inoltre, la giraffa di Rothschild non presenta macchie sulla parte inferiore delle zampe, dando l'impressione che stia indossando delle calze bianche.
    Un altro aspetto caratteristico, sebbene difficile da notare, della giraffa di Rothschild è dovuto al numero di corna sulla testa. Questa è l'unica sottospecie che nasce con cinque «corna». Due di queste, quelle poste sulla sommità del capo e comuni a tutte le giraffe, sono corna «vere e proprie». Il terzo «corno» può spesso essere notato nel mezzo della fronte della giraffa e le altre due dietro ad ogni orecchio. È anche più alta di molte altre sottospecie, misurando fino a sei metri di altezza.
    Le giraffe di Rothschild si accoppiano in ogni periodo dell'anno ed hanno un periodo di gestazione tra i 14 ed i 16 mesi, dopo i quali nasce generalmente un solo piccolo. Vivono in piccoli branchi e maschi e femmine (con i loro piccoli) vivono separatamente, incontrandosi solo per accoppiarsi.
    I maschi sono più grandi delle femmine e le loro corna «vere e proprie» sono solitamente glabre a causa dei combattimenti. Tendono inoltre ad essere di colore più scuro delle femmine, anche se questa caratteristica non è un indicatore garantito del sesso degli esemplari.
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    Il Ghiretto del Giappone (Glirulus japonicus (Schinz, 1845)) è un roditore della famiglia dei Gliridi, affine al Ghiro (Glis glis) ed unico rappresentate del genere Glirulus.

    Descrizione

    La specie somiglia ad un piccolissimo scoiattolo, dal peso di 14-40 g e lungo mediamente 70 mm, escludendo la folta coda appiattita che misura all'incirca 50 mm. Il corpo è ricoperto da una soffice pelliccia marroncina-olivastra percorsa dorsalmente da striature scure, variabili in larghezza. La testa presenta occhi prominenti ed orecchie rotonde spesso nascoste da lunghi ciuffi di pelo.

    Distribuzione e habitat


    La specie è presente nelle foreste montane del Giappone (isole di Honshu, Shikoku e Kyushu), ad una altitudine compresa tra i 400 e i 1800 metri.

    Abitudini

    Il ghiretto del Giappone conduce una vita arboricola ed è attivo durante la notte. Come molti Gliridi, durante i mesi invernali cade in letargo, al quale si prepara procurandosi scorte di cibo dall'inizio dell'autunno. La sua dieta comprende semi, frutti, insetti e uova d'uccello. Dopo un periodo di gestazione di circa un mese, le femmine danno alla luce 3-5 piccoli, solitamente verso giungno o luglio ed occasionalmente anche in ottobre. In rapporto alla sua massa corporea, questa specie ha un home range relativamente grande, dovuto alle lunghe distanze percorse durante la notte per la ricerca del cibo.

    Status e conservazione

    La Zoological Society of London, in base a criteri di unicità evolutiva e di esiguità della popolazione, considera Glirulus japonicus una delle 100 specie di mammiferi a maggiore rischio di estinzione.
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